6
essere una disposizione meramente tautologica
2
, “vuota” dal punto di vista
contenutistico. Queste caratteristiche, vedremo, incidono, in qualche misura,
sul problema in questione.
Ma anche l’ambito dei reati associativi - banda armata (art. 306 c.p.),
associazione per delinquere (art. 416 c.p.), associazione per delinquere di tipo
mafioso (art. 416bis c.p.) - non è scevro da ogni sorta di incertezza e
problematicità. Pure in codesto settore, infatti, viene rilevata la carenza di
tassatività della fattispecie, restando sostanzialmente indeterminato il concetto
stesso di associazione
3
, oltre alla “incapacità delle presenti fattispecie di
esprimere un autonomo contenuto offensivo”
4
.
Solitamente è nell’ambito dello studio del concorso di persone nel reato che
viene in rilievo, parallelamente a quella relativa al c.d. “concorso esterno”
nell’associazione per delinquere, la problematica afferente alla responsabilità
concorsuale per l’esecuzione dei delitti-scopo, intendendosi, con tale
espressione, quei reati che “costituiscono il fisiologico e ordinario
svolgimento e l’attuazione del programma associativo”
5
, distinti dai c.d. reati-
mezzo o strumentali che sono quelli, per così dire, funzionali alla sussistenza
e al rafforzamento dell’associazione (es: procurarsi, mediante rapine, armi e
munizioni, denaro, autoveicoli…).
2
Confronta, fra gli altri, GRASSO, Disciplina normativa della compartecipazione criminosa e principio di
tassatività della fattispecie in STILE (a cura di), Le discrasie tra dottrina e giurisprudenza in diritto penale,
Napoli 1991, pag. 131; FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, parte generale, Bologna 2001, pag. 453;
SERENI, Istigazione al reato e autoresponsabilità. Sugli incerti confini del concorso morale, Padova 2000,
pag. 12; SEMINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato, Milano 1987, pag. 2.; PADOVANI,
op. cit., pag. 762.
3
DE FRANCESCO G.V., Societas sceleris. Tecniche repressive delle associazioni criminali in Riv. it. dir. proc.
pen., 1992, pag. 54; GROSSO, Le fattispecie associative: problemi dommatici e di politica criminale in Riv. it.
dir. proc. pen., 1996, pag. 413; FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, parte speciale, 1° vol., Bologna 2002,
pag. 33.
4
DE FRANCESCO G.V., op. cit., pag. 65. Confronta anche GROSSO, op. cit., pag. 413.
5
Cass. Pen., sez. VI, 02 aprile 1998, n.° 4070 (ced. 210209); in dottrina si veda, per tutti, MONTANARA,
Aspetti problematici dei reati associativi, Latina 1985, pag. 76.
7
In questo tema di indagine, per grandi linee, due sono le possibili soluzioni al
quesito che ci siamo posti. Infatti, premettendo, da un lato, l’autonomia tra il
reato associativo in sé considerato e i singoli delitti commessi dagli associati,
e, dall’altro lato, il principio secondo il quale, nel nostro ordinamento, la
responsabilità penale è personale (art. 27, 1° comma, Cost.), è possibile che
coloro i quali rivestono, all’interno della societas sceleris, ruoli
particolarmente rilevanti (capi, organizzatori) siano considerati concorrenti
morali (più o meno) automaticamente, sub specie di istigazione o
rafforzamento del proposito criminoso altrui, oppure è necessario che nella
loro condotta sia riscontrato, in concreto, l’esistenza di uno specifico
contributo causale e psicologico alla verificazione del fatto.
Se, a prima vista, potrebbe sembrare un interrogativo fine a se stesso, dalla
risposta scontata, in realtà vedremo come non sia così, o meglio, non sia stato
sempre così.
Ancora si deve sottolineare la notevole importanza del problema, oltre che,
indubbiamente, sotto il profilo dogmatico, anche sotto l’aspetto politico-
criminale, costituendo esso, per così dire, un crocevia attraverso cui sono
passati (e, purtroppo, continuano a passare), alcuni dei più importanti e
inquietanti eventi che la Repubblica ha dovuto affrontare (si pensi, fra gli
altri, ai c.d. “anni di piombo” e all’assassinio dell’on. Moro, alla barbarie
delle stragi di mafia in cui hanno perso la vita tanti valenti servitori dello
Stato, non dimenticando la stagione di “Tangentopoli” che, pur non essendo
oggetto della presente analisi, ha fornito anch’essa, come in seguito
accenneremo, utili elementi di riflessione).
Il presente lavoro proseguirà, innanzitutto, con l’analisi dell’istituto del
concorso di persone nel reato. In codesta parte, dopo aver delineato le opzioni
dogmatiche astrattamente possibili, si sono studiati, in particolare, i requisiti
del concorso morale e le notevoli problematiche che esso suscita.
8
Si è provveduto, altresì, a evidenziare brevemente i rapporti intercorrenti tra
l’istituto medesimo e le fattispecie associative.
L’analisi delle posizioni che ha assunto la giurisprudenza sul problema è stata
effettuata, nel secondo capitolo, cercando di seguire, per ciascuno dei settori
studiati, un ordine cronologico; dapprima si è richiamata la giurisprudenza (di
merito e di legittimità) sulle associazioni terroristiche, in un arco temporale
ampio più di due decenni; in seguito si è tratteggiato il complesso fenomeno
mafioso, in riferimento specificamente alle strutture di Cosa Nostra e alla
“spinosa” e controversa tematica del “consenso tacito”; da ultimo si è
osservato come la giurisprudenza abbia affrontato il problema in un campo, se
vogliamo, insolito quale quello delle associazioni religiose o presunte tali.
Nell’ultima parte, invero, si è cercato di fornire un panorama delle soluzioni e
posizioni che la dottrina ha elaborato, provvedendo a distinguere, molto
spesso più per necessità di chiarezza dell’esposizione che per elementi
sostanziali, tra posizioni favorevoli e posizioni contrarie (sarebbe stato, forse,
più opportuno definirle come maggiormente problematiche) alla suddetta
responsabilità e concludendo il lavoro con brevi osservazioni personali, in
un’ottica comparativistica e de iure condendo.
9
CAPITOLO PRIMO
LA FIGURA DEL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO
10
1: I modelli astratti di disciplina del concorso di persone e la
scelta del legislatore del ’30
Il capo III del titolo IV del libro I del codice Rocco disciplina la figura del
concorso di persone nel reato. Essa prende in considerazione le ipotesi in cui
un reato è commesso da due o più persone.
E’ necessario chiarire primariamente che intendiamo riferirci al concorso c.d.
eventuale di persone distinguendolo dal concorso necessario di persone che si
verifica quando è lo stesso legislatore a richiedere, come elemento essenziale
del reato, una pluralità di soggetti attivi (es: la rissa, l’associazione per
delinquere)6.
Della figura in esame si evidenzia la funzione integrativa rispetto alle
disposizioni della parte speciale del codice, che ci consente di perseguire, ed
eventualmente assoggettare a pena, anche comportamenti di per sé “atipici” e
non punibili7.
6
Confronta, più ampiamente, il paragrafo 5 del presente capitolo.
7
FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, p.g., op. cit., pag. 450; CADOPPI – VENEZIANI, Elementi di diritto
penale, parte generale, Padova 2002, pag. 384; VIGNALE, Ai confini della tipicità: L’identificazione della
condotta concorsuale in Riv. it. dir. proc. pen.,1983, pag. 1359 e pag. 1373. Accanto alla funzione integrativa
si evidenzia quella di disciplina che regola il trattamento sanzionatorio dei comportamenti dei singoli
compartecipi: GRASSO in ROMANO – GRASSO, Commentario sistematico del codice penale, 2° vol., Milano
1996, pag. 140; MARINUCCI – DOLCINI, Diritto Penale, parte generale, Milano 2002, pag. 311; PADOVANI,
Diritto penale, Milano 1990, pag. 355; RINALDINI, commento sub art. 110 c.p. in MARINUCCI – DOLCINI,
Codice penale commmentato, Milano 1999, pag. 900; MANTOVANI, Diritto Penale, parte generale, Padova
2001, pag. 528.
11
In astratto sono concepibili (e storicamente, come vedremo, sono stati
concepiti) diversi modelli di disciplina del concorso di persone: il modello
differenziato e il modello unitario.
Il modello differenziato di tipizzazione del fatto si caratterizza per una
diversificazione delle figure di concorrenti a seconda dei ruoli assunti; si
parlerà
8
così di autore (colui che esegue l’azione tipica), di complice (colui
che partecipa al reato senza porre in essere alcuna azione tipica) ed ancora di
partecipazione psichica (che si verifica nella fase di ideazione o preparazione
del reato) e di partecipazione materiale (che si verifica, invece, nella
preparazione od esecuzione). Dalla diversità dei ruoli dei compartecipi
deriverà ovviamente una diversa cornice edittale di pena
9
.
Il modello unitario, viceversa, viene in rilievo per la mancanza di
diversificazione tra le figure dei compartecipi (c.d. tipizzazione causale
10
),
l’abbandono del principio di tassatività, proprio del modello differenziato, e
una eguale responsabilità penale, salvo poi la possibilità di commisurare la
pena in base al ruolo da ciascuno effettivamente svolto
11
.
La dottrina, per altro, restando ancora per un momento sull’aspetto teorico,
non manca di evidenziare, da un lato, il legame e la continuità “ideologica”
tra il pensiero liberale ottocentesco e il modello differenziato
12
e, dall’altro,
due vantaggi
13
che derivano dalla scelta dello stesso modello:
8
MANTOVANI, op. cit., pag. 531; GRASSO, Disciplina, op. cit., pag. 131.
9
MANTOVANI, op. cit., pag. 530.
10
FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, p.g., op. cit., pag. 450.
11
GRASSO, Disciplina, op. cit., pag.131; CADOPPI – VENEZIANI, op. cit., pag. 385; GALLO E., Concorso di
persone nei reati associativi in AAVV., Funzioni e limiti del diritto penale, Padova 1984, pag. 110-111,
parla infatti, a proposito del concorso come regolato dal legislatore del 1930, di un istituto che ha
“amplificato fino al limite del libido” la discrezionalità del giudice. In senso analogo confronta VALIANTE, La
criminalità organizzata. Il concorso di persone e il reato plurisoggettivo, Milano 1988, pag. 13; SEMINARA,
op. cit., pag. 2; SERENI, op. cit., pag. 24.
12
FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, p.g., op. cit., pag. 450.
13
GRASSO, Disciplina, op. cit., pag. 132 e pag. 143.
12
1) il giudice ha, proprio per “la tipizzazione normativa delle differenti
forme di partecipazione”, un minore ruolo creativo, anzi si può parlare
di un vero e proprio rapporto di proporzionalità inversa tra questi
concetti; per cui tanto maggiore è il guadagno in “termini di
determinatezza” della fattispecie quanto meno si usano “clausole
generali”;
2) conseguentemente “le cornici edittali di pene - fissate dal legislatore -
sono articolate in funzione del disvalore delle condotte”
14
.
Il legislatore del 1930 ha ripudiato espressamente “le varie ed antiche figure
di compartecipazione primaria, secondaria, morale, psichica, formale, di
correità, di complicità”
15
, con cui si era strutturato il codice Zanardelli del
1889, ed ha adottato il modello di tipizzazione unitaria del fatto.
Diversi sono i motivi che portarono a questa modifica sostanziale del sistema
penale
16
.
Innanzitutto questa innovazione deve essere messa in relazione con la
soluzione che il legislatore diede al problema del rapporto di causalità (art. 40
e seg. c.p.) dove si adottò il principio dell’equivalenza causale
17
. Si legge
infatti nella relazione al progetto definitivo del codice penale che “anche nelle
ipotesi che il fatto sia oggetto dell’attività di più persone, l’evento deve essere
messo a carico di tutti i concorrenti che con la loro azione contribuirono a
determinarla….”
18
(c.d. pari responsabilità).
14
Opinione diversa su quest’aspetto è espressa da SEMINARA, op. cit., pag. 247 e seg.
15
Così Cass. Pen., sez. I, 17 marzo1983, n.° 2062 (ced. 157836) citata da PISTORELLI, commento sub art. 110
c.p. in CRESPI – STELLA – ZUCCALÀ, Commentario breve del codice penale, Padova 2001, pag. 469;
confronta anche Cass. Pen., sez. I, 23 giugno 1981, n.° 6105; si veda anche GALLO E., op. cit., pag. 111;
CADOPPI – VENEZIANI, op. cit., pag. 384; SERENI, op. cit., pag. 26; TONINI, Istigazione, tentativo e
partecipazione al reato in Studi in memoria di G. Delitala, 3° vol., Milano 1984, pag. 1580; SEMERARO,
Concorso di persone nel reato e commisurazione della pena, Padova 1986, pag. 92.
16
RINALDINI, op. cit., pag. 895.
17
SAMMARCO, Le condotte di partecipazione al reato, Napoli 1979, pag. 72 e seg; SEMINARA, op. cit., pag.
24; SERENI, op. cit., pag. 12.
18
Lavori preparatori del codice penale e di procedura penale, 6° vol., Roma 1929, 134.
13
Viene evidenziato
19
come fosse chiara intenzione del legislatore di “ancorare”
la regolamentazione del concorso sui principi che regolano il nesso di
causalità, tanto che si mette in rilievo come la disciplina dello stesso sia
l’antecedente logico dell’istituto del concorso.
Inoltre molto influirono anche le c.d. esigenze della prassi, cioè le difficoltà,
evidenziate da parte della dottrina e dalla giurisprudenza dell’epoca
20
, nella
ricerca di un criterio efficace per distinguere le diverse forme di
partecipazione e in particolare la distinzione tra correità e complicità. A
questo proposito, non si può non evidenziare
21
come questa distinzione, pur
non essendo più presente nella nozione di concorso dell’art. 110 c.p., non sia
scomparsa completamente dall’ordinamento se è vero che l’art. 114 c.p., in
tema di circostanze attenuanti, dà il potere al giudice di diminuire la pena per
colui tra i concorrenti la cui opera abbia avuto minima importanza. Ora
l’espressione “minima importanza” da un lato, pare richiami la distinzione tra
compartecipazione primaria e secondaria, e, dall’altro si pone di certo in
contraddizione con il principio “di equivalenza delle condizioni”
22
e di pari
responsabilità dei concorrenti nel reato. A conferma della non chiara presa di
posizione del legislatore sul tema, notiamo come alcuni studiosi
23
continuino
a parlare di distinzione tra correità e mera partecipazione nel concorso di
19
LATAGLIATA, Concorso di persone nel reato (dir. pen.) in Enciclopedia del diritto, Milano 1961, pag. 570.
20
LATAGLIATA, op. cit., pag. 570. In senso analogo si veda ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte
generale, Milano 1997, pag. 544; CADOPPI – VENEZIANI, op. cit., pag. 385; SAMMARCO, op. cit., pag. 75 e
ancora pag. 155 e seg; SEMINARA, op. cit., pag. 26.
21
FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, p.g., op. cit., pag. 452; INSOLERA, Concorso di persone nel reato in
Digesto discipline penalistiche, Torino 1988, pag. 442-443; GRASSO, Disciplina, op. cit., pag. 140.
22
PADOVANI, Il concorso, op. cit., pag. 762.
23
LATAGLIATA, op. cit., pag. 589: “…contrariamente alle intenzioni dei compilatori del codice del 1930 la
distinzione tra atti di correità e atti di mera complicità (materiale o morale) non è stata né soppressa né
abolita ma costituisce la base dell’intera disciplina dell’istituto del concorso di persone nel reato”. Si veda
pure PISAPIA G.D., Il VII congresso internazionale di diritto penale in Riv. it. dir. proc. pen., 1957, pag. 577.
14
persone e solamente di “preteso superamento” della stessa
24
.
Ancora, non si deve trascurare l’influenza della Scuola Positiva nel cui
ambito era stata elaborata la teoria della maggiore pericolosità sociale dei
delinquenti associati
25
.
Da ultimo, ma non certo in ordine di importanza, non si deve dimenticare
l’influsso che nelle scelte del legislatore penale, in tema di concorso, e non
solo, ebbero le tendenze “autoritario-repressive”
26
tipiche del codice Rocco.
Su quest’ultimo aspetto non vi è, in realtà, uniformità di posizioni.
Una parte della dottrina
27
evidenzia come le scelte in tema di concorso
rispondano più ad esigenze e ragioni tecniche che politico-ideologiche
sottolineando i notevoli imbarazzi in cui si era imbattuta la giurisprudenza
28
,
sotto la vigenza del codice Zanardelli, nel distinguere le diverse forme di
partecipazione al reato. In particolare
29
, si esaminano diverse teorie che
postulano una distinzione di nozioni di autore e di complice, al fine di
dimostrare come nessuna di esse sia esente da limiti.
Secondo una prima ricostruzione la distinzione si fonda sul fatto che l’autore
compie l’azione tipica mentre il complice pone in essere un’azione che sta in
un rapporto di accessorietà con questa.
24
A tal proposito mi sembra opportuno evidenziare l’ampia riflessione di SAMMARCO, op. cit., pag. 165 e
seg. L’Autore afferma come le esigenze “politico-criminali” possono certamente influenzare le scelte del
legislatore ma non fino a poter prescindere completamente dalle “nozioni di autore, istigatore ed ausiliatore”
che sono delle realtà ontologiche preesistenti al procedimento di qualificazione normativa, di cui bisogna
tener conto.
25
INSOLERA, op. cit., pag. 439. Confronta anche SAMMARCO, op. cit., pag. 155 e seg.
26
FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, p.g., op. cit., pag. 452. Si veda pure PATERNITI, Concorso di persone
nel reato in Enciclopedia giuridica Treccani, Roma 1988, pag. 3, che evidenzia come la disciplina del
concorso di persone oltre a perseguire esigenze di prevenzione generale si caratterizza per essere una
espressione dell’ “autoritarismo del codice Rocco” e, di conseguenza, per minare le garanzie dei consociati.
27
SEMINARA, op. cit., pag. 26 e seg.; GALIANI, Aspetti problematici del concorso di persone nel reato nella
giurisprudenza della Corte di Cassazione in Evoluzione giurisprudenziale nelle decisioni della Corte di
Cassazione, 5° vol., Roma 1984, pag. 245 e seg.
28
Confronta nota 20.
29
Si veda la particolareggiata analisi di GALIANI, op. cit.
15
Evidente è il limite principale insito in tale teoria: la circostanza che uno dei
concorrenti compia l’azione tipica non è sempre riscontrabile in concreto
30
.
Secondo un’altra ricostruzione, autore è colui che ha un dominio sul fatto. Il
criterio di distinzione riposa sul contenuto della volontà (c.d. teoria
soggettivistica della partecipazione), ma la volontà di dominare sul fatto si
può riscontare anche nel complice.
Ulteriore ricostruzione è quella che fonda la distinzione sul criterio causale,
cioè sul diverso contributo causale di ciascuno dei compartecipi. Anche
questa ricostruzione comunque non appare soddisfacente: se ogni
partecipazione è condicio sine qua non dell’evento, le diverse azioni, dal
punto di vista causale, non si possono distinguere tra di esse.
La conclusione cui si giunge è che, in realtà, l’attività del partecipe e quella
dell’autore non sono, qualitativamente, tra loro diverse e che, di conseguenza,
si spiega in tal modo la scelta del legislatore del ’30 in favore del modello
unitario. A ulteriore sostegno di questa tesi, si deve evidenziare come
31
,
mutato il contesto storico-politico-ideologico, nel 1973, in occasione
dell’approvazione da parte del Senato del progetto del nuovo codice penale,
non si apportò alcuna modifica alla disciplina dell’art. 110 c.p.
Per certi versi agli antipodi rispetto a questa tesi è la ricostruzione che
propone altra parte della dottrina
32
.
Richiamandosi proprio al passo dei lavori preparatori prima esaminato, si
evidenzia, in primo luogo, come non vi sia alcun legame di necessità tra
ciascun contributo concorsuale (che è condizionale rispetto all’evento) e
uguale punizione per tutti i concorrenti, in altre parole si possono prevedere (e
in concreto irrogare) pene diverse connotando con un “disvalore” diverso le
30
Si veda, più ampiamente, il paragrafo 2 di questo capitolo.
31
GALIANI, op. cit., pag. 246. Medesima circostanza è evidenziata da SEMINARA, op. cit., pag. 1.
32
DONINI, La partecipazione al reato tra responsabilità per fatto proprio e responsabilità per fatto altrui in
Riv. it. dir. proc. pen., 1984, pag. 170 e seg; GALLO E., op. cit., pag. 109; SAMMARCO, op. cit., pag. 87.
SEMERARO, op. cit., pag. 93.
16
varie condotte e cioè utilizzando dei criteri distintivi come quello
dell’importanza della partecipazione al reato. In estrema sintesi, è stato
sostenuto come, dietro le scelte dogmatiche del codice del 1930, siano altre le
vere ragioni di fondo del mutamento di modello rispetto al codice
Zanardelli
33
.
Nell’ideologia fascista proprio il concorso di persone (come pure
l’associazione per delinquere) diventa una delle forme più “inquietanti” e
pericolose di delinquenza, per cui più rigorosa e decisa deve essere la
disciplina e la risposta sanzionatoria. Non si poteva costruire “il diritto
punitivo dello Stato come un diritto di difesa della società contro il pericolo di
reati”
34
e poi lasciare, nel concorso di persone, il modello differenziato,
ancorato, come notato sopra, al pensiero liberale ottocentesco.
Una la fondamentale obiezione rivolta al modello delineato dall’articolo 110
c.p.
35
.
Si sostiene come il venir meno del principio di tassatività della fattispecie
comporta la mancanza di una “sufficiente precisione” nella determinazione
della responsabilità dei concorrenti e, quindi, il pericolo di una eccessiva
dilatazione della responsabilità del concorso
36
.
33
DONINI, op. cit., pag. 182 –189: “La riflessione tecnica giuridica, pertanto, non fu la ragione delle soluzioni
accolte, ma semplicemente lo strumento che servì alla costruzione di una normativa ispirata a esigenze di
repressione e prevenzione generale… Le esigenze pratiche… non possono giustificare né i severi dettagli
della normativa creata, né tanto meno lo spirito che la contraddistingue”. Anche SAMMARCO, op. cit., pag. 94
parla di una “costante preoccupazione dei compilatori: attuare, per il tramite della funzione intimidativa della
pena, una lotta indiscriminata con ogni mezzo e senza quartiere contro ogni forma o pericolo di delitto”.
Inoltre, anche SEMERARO, op. cit., pag. 93 fa riferimento “all’impronta autoritaria che permea un’ampia parte
del codice”.
34
DONINI, op. cit., pag. 184.
35
SEMINARA, op. cit., pag. 2 e pag. 255 e seg.; RINALDINI, op. cit., pag. 895; FIANDACA – MUSCO, Diritto
Penale, p.g., op. cit., pag. 453; VIGNALE, op. cit., pag. 1358 e pag. 1374; SAMMARCO, op. cit., pag. 156;
STORTONI, Agevolazione e concorso di persone nel reato, Padova 1981, pag. 1 e seg.
36
Così GRASSO, Disciplina, op. cit., pag.131 e FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, p.g., op. cit., pag. 453
che evidenziano pure, richiamando un dattiloscritto di BETTIOL, Brevi considerazioni sul concorso di più
persone nel reato in CNR – CNPDS La riforma della parte generale del Codice Penale. Concorso di
persone, s. d., pag. 4, gli eventuali profili di illegittimità costituzionale della norma.
17
A questo elemento bisogna aggiungere una prassi giurisprudenziale
37
che
tende a trascurare i “requisiti oggettivi minimi” per la sussistenza di
responsabilità a titolo di concorso nel reato.
A questo proposito è opportuno, sia pure brevemente, richiamare i progetti di
un nuovo codice penale portati avanti dalla “Commissione Pagliaro” (1992) e
dalla “Commissione Grosso” (1999)
38
.
La prima esperienza, al fine di ovviare all’eccessiva “vaghezza” dell’attuale
art. 110 c.p.
39
, ha utilizzato un modello di concorso di persone c.d.
“differenziato in concreto”
40
in cui si descrivono le “oggettive modalità della
partecipazione”
41
: l’art. 26 di tale progetto afferma, infatti, che “concorre nel
reato chi, nella fase ideativa, preparatoria o esecutiva dà un contributo
necessario, o quanto meno agevolatore, alla realizzazione dell’evento
offensivo”. Inoltre viene definita la nozione di agevolazione come quella
condotta che aumenta “le probabilità che l’evento si realizzi, oppure ne
acceleri il verificarsi o comunque lo renda più grave”
42
.
In senso analogo si è mossa l’altra Commissione che ha sottolineato
l’esigenza di una norma che dia rilevanza “soltanto a condotte sicuramente
causali in ordine alla condotta di un altro concorrente o al comune evento
37
Confronta Cass. Pen., sez. II, 16 luglio 1992, n.° 8017 (ced. 191289) secondo cui il concorso si può
identificare “in qualsiasi attività… che si esaurisca in un rafforzamento della volontà dei compartecipi di
commettere il delitto, o in un contributo, qualunque ne sia la natura e l’incidenza nell’eziologia e nella
dinamica, nella consumazione collettiva del reato”. In senso analogo Cass. Pen., sez. I, 4 luglio 1987, n.°
8084 (ced. 176335).
38
FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, p.g., op. cit., pag. 453 e SERENI, op. cit., pag. 203 evidenziano come
entrambi i progetti si muovano nella “prospettiva di una maggiore tipizzazione” dei contributi dei partecipi.
Anche DE FRANCESCO G.V., Dogmatica e politica criminale nei rapporti tra concorso di persone ed
intervento normativo contro il crimine organizzato in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, pag. 1302, evidenzia, de
iure condendo, l’esigenza di una maggiore tipizzazione delle condotte di compartecipazione criminosa.
39
Confronta Relazione “Commissione Pagliaro” in www.Trani-Ius.it / Le Riforme.
40
MILITELLO, Agevolazione e concorso di persone nel Progetto del 1992 in Indice Penale, 1993, pag. 576.
41
Elemento di “pregio” evidenziato da GRASSO, Commentario, op. cit., pag. 126 e SEMINARA, op. cit., pag.
438 e 440.
42
Critiche a questa nozione di agevolazione vengono espresse da GRASSO, Commentario, op. cit., pag. 126
che evidenzia il pericolo di un “consolidamento della prassi giurisprudenziale che ha dilatato a dismisura gli
estremi della partecipazione punibile”.
18
criminoso attraverso una dettagliata descrizione delle condotte tipiche”
43
e ha
proposto una formulazione della norma sul concorso così strutturata:
“concorre nel reato chiunque abbia partecipato o istigato alla sua esecuzione
ovvero rafforzato il proposito di altro concorrente o agevolato l’esecuzione
fornendo aiuto o assistenza”
44
.
43
Relazione “Commissione Grosso” per la riforma del Codice Penale – VII Concorso di persone nel reato e
reati associativi in www.Trani-Ius.it / Le Riforme.
44
Relazione “Commissione Grosso”, op. cit. Si afferma pure come il Progetto del 1992 “realizzi in maniera
ancora insufficiente le esigenze di tipizzazione degli apporti causali idonei a rilevare come concorso nel
reato”.
19
2: Cenni alle diverse teorie sul concorso di persone
Per spiegare la figura della compartecipazione criminosa e la sua punibilità, la
dottrina ha elaborato diverse teorie riconducibili tutte a tre filoni principali,
salvo ulteriori articolazioni.
1) Una prima teoria è quella della natura accessoria della partecipazione al
reato.
Presupposto di questa teoria è che vi sia e si tenga ferma la distinzione tra
autore e mero partecipe
45
, cioè tra una vera e propria condotta tipica e
punibile (in astratto) e una condotta, quella del partecipe, di per sé atipica e
non rilevante penalmente. Questa condotta intanto viene ad assumere rilievo
per l’interprete in quanto sia in relazione, “acceda” al reato posto in essere
dall’autore
46
: da qui le nozioni di condotta “principale” (prevista come reato
da una norma di parte speciale) e condotta “accessoria” (c.d. accessorietà in
senso qualitativo)
47
.
Esistono diverse formulazioni di questa teoria
48
che attengono alla nozione di
accessorietà in senso quantitativo
49
.
Si parla, infatti, di “accessorietà estrema” quando l’azione di per sé atipica
può essere punita solo se accede a una condotta principale punibile “in
concreto” (imputabilità, antigiuridicità, colpevolezza); di “accessorietà
limitata” secondo cui il fatto principale deve quantomeno essere
“obiettivamente antigiuridico” e di “accessorietà minima” secondo cui basta
la “realizzazione del fatto tipico”.
45
LATAGLIATA, op. cit., pag. 591 e seg.; CONTENTO, Corso di diritto penale, 2° vol., Bari 1996, pag. 452;
MARINUCCI – DOLCINI, op. cit., pag. 312.
46
ANTOLISEI, op. cit., pag. 545; FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, p.g., op. cit., pag. 454; MANTOVANI,
op. cit., pag. 529; SERENI, op. cit., pag. 110.
47
SEMINARA, op. cit., pag. 281; RINALDINI, op. cit., pag. 899.
48
In questo senso oltre agli Autori citati alla nota 46, si veda GRASSO, Commentario, op. cit., pag. 128;
PAGLIARO, Principi di diritto penale, Milano 2000, pag. 535; PADOVANI, Diritto Penale, op. cit., pag. 356.
49
SEMINARA, op. cit., pag. 281; RINALDINI, op. cit., pag. 899.