II
il malato si rivolge senza poter scegliere, di norma, chi concretamente gli offrirà la necessaria
assistenza, e nelle quali non é sempre facile instaurare quell‟elemento di fiducia e confidenza
che dovrebbe caratterizzare il rapporto tra il medico ed il malato.
D‟altra parte, la creazione di sempre più numerose specializzazioni che privilegiano lo studio di
malattie di determinati organi o apparati, pur comportando, almeno di regola, una maggiore
competenza rispetto a quella del medico di base, ha finito con il segmentare il rapporto medico-
paziente in una molteplicità di rapporti, talvolta occasionali, che, proprio per loro natura, non
consentono sempre quella conoscenza del malato come “persona” nella sua globalità, utile a
prevenire incomprensioni e conflitti.
Da qui, la necessità di valorizzare il momento comunicativo-informativo e gli aspetti relazionali
dell‟incontro clinico.
La relazione medico-paziente, tradizionalmente improntata al modello “paternalistico”, ove al
medico si attribuiva il ruolo attivo di garante della salute del paziente, in quanto unico deposita-
rio delle necessarie conoscenze scientifiche e tecniche, ha lasciato spazio ad un modello di “al-
leanza terapeutica”, fondato sulla sostanziale equiparazione dei protagonisti del rapporto di cu-
ra: benché fra il depositario del sapere medico ed il malato bisognoso di cure sussista una a-
simmetria informativa che non può essere colmata (ma solo ridotta, per quanto possibile) e, no-
nostante la peculiarità della situazione esistenziale ed emotiva di chi é affetto da una malattia,
non sono più accettabili né giustificabili ingerenze nella sfera dei diritti e delle libertà del pa-
ziente, motivate dalla posizione di superiorità e di garanzia del sanitario.
Il paziente, dunque, da “oggetto” di scelte terapeutiche altrui, diviene “soggetto decisionale au-
tonomo”, cui spetta il diritto di essere pienamente informato e di decidere liberamente quanto
alla propria salute ed integrità fisica.
La nuova centralità riconosciuta alla volontà ed ai diritti del paziente, fa sì che non si possa più
ragionare in termini di potestà di cura del medico, quanto, piuttosto, in termini di servizio al pa-
ziente e di collaborazione con quest‟ultimo, per la migliore tutela del suo diritto fondamentale
alla salute.
III
Tale processo di riequilibrio della relazione terapeutica, valorizza il consenso informato del pa-
ziente come strumento primario di esercizio dei diritti fondamentali alla libertà personale ed alla
salute e, così, quale principale condizione per il corretto esercizio dell‟attività medica.
Il consenso informato costituisce, indubbiamente, uno degli aspetti di maggiore interesse ed in-
sieme di problematicità nell‟odierno panorama della responsabilità medica, poiché l‟intervento
del professionista é valutato, non più esclusivamente in termini di corretta esecuzione del solo
“atto sanitario”, ma anche in relazione all‟informazione che deve essere fornita al paziente.
La prima parte di questo elaborato, dopo un necessario inquadramento della natura giuridica del
rapporto medico-paziente, affronta il tema della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
del medico libero professionista e della struttura sanitaria pubblica e privata, illustrandone i
principi generali, così come essi risultano dalla normativa vigente: un preliminare excursus sulla
natura del rapporto in oggetto, é indispensabile per definire i confini della responsabilità e per
individuarne la relativa disciplina.
Ampio spazio sarà dedicato ai più recenti contributi dottrinali e giurisprudenziali in materia, i
quali, ora specificando la funzione della colpa, ora ragionando in punto di nesso di causalità, ora
rivisitando la distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato, contribuiscono all‟affermarsi
di regole che individuano un diverso equilibrio nel rapporto medico-paziente, ispirato ad istanze
di maggiore tutela del malato.
Alla luce di tali orientamenti, costituiranno specifico oggetto di analisi, la natura
dell‟obbligazione assunta dal medico, la problematica della colpa medica in relazione all‟art.
2236 c.c. e quella del concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, nonché il
complesso tema del nesso causale tra la condotta del medico e l‟evento dannoso.
Con riferimento alla responsabilità civile delle strutture sanitarie pubbliche e private, sarà ap-
profondito il tema dell‟applicabilità degli artt. 1228 e 2049 c.c. alla struttura sanitaria, in rela-
zione all‟attività del personale ivi occupato, e quello della responsabilità della struttura sanitaria
per disfunzioni organizzative.
IV
La seconda parte dell‟elaborato é dedicata alla responsabilità civile del medico per violazione
del consenso informato del paziente, il quale costituisce, oggi, presupposto indefettibile di ogni
trattamento sanitario.
La trattazione parte dall‟analisi delle origini e del fondamento giuridico-deontologico del con-
senso informato: un esaustivo approfondimento sull‟argomento non può prescindere da un in-
quadramento dei presupposti del consenso al trattamento sanitario, sotto il profilo
dell‟ordinamento costituzionale, legale e deontologico, nonché delle principali opinioni dottri-
nali e degli orientamenti giurisprudenziali in materia.
Tale ricognizione consente, poi, di evincere i principali requisiti di validità del consenso stesso.
Particolare attenzione é dedicata ad una delle problematiche più dibattute sul tema, ovvero quel-
la della individuazione della natura giuridica della responsabilità del medico per violazione del
consenso informato, con ciò che ne consegue quanto a disciplina applicabile, termini di prescri-
zione, onere della prova e danni risarcibili.
Costituiscono oggetto di approfondimento, gli indirizzi dottrinali e giurisprudenziali sul tema,
spesso divergenti tra loro, nonché le ipotesi di esclusione dell‟acquisizione del preventivo con-
senso.
I temi individuati con riguardo al consenso al trattamento sanitario, assumono caratteri peculiari
e stimolano ulteriori riflessioni, allorquando sono esaminati in relazione a specifiche problema-
tiche, come quella del dissenso alle cure o del rifiuto di interventi salvavita.
Infine, particolare rilievo é attribuito al problema della validità delle dichiarazioni anticipate di
trattamento (c.d. testamento biologico o testamento di vita), che costituisce fecondo terreno di
riflessione etica, oltre che giuridica, coinvolgendo, allo stesso tempo, questioni pratiche di sicu-
ra importanza.
Il dibattito sull‟argomento ha fatto ingresso anche nelle sedi istituzionali, in seguito alla presen-
tazione di numerosi disegni di legge (otto dei quali in corso di esame presso la XII Commissio-
ne permanente Igiene e Sanità del Senato) a dimostrazione del fatto che i tempi sono maturi per
V
un inquadramento normativo sistematico del consenso al trattamento sanitario e del testamento
biologico.
1
Capitolo 1 – La natura giuridica del rapporto medico-paziente
Prima di entrare nel merito della disciplina della responsabilità contrattuale ed extracontrat-
tuale del medico libero professionista e delle strutture sanitarie pubbliche e private, argomento
che formerà oggetto dei successivi capitoli, é opportuno svolgere una breve analisi sulla natura
giuridica del rapporto che si instaura tra il medico ed il paziente, e tra quest‟ultimo e la struttura
sanitaria (pubblica o privata), alla luce dell‟evoluzione degli orientamenti dottrinali e delle af-
fermazioni giurisprudenziali in materia.
Fino all‟entrata in vigore del codice civile del 1942, in assenza di apposite previsioni, gli inter-
preti erano fortemente divisi circa la natura dell‟incarico professionale conferito al medico: ta-
luni autori, sulla scorta dell‟esperienza francese, lo riconducevano allo schema del mandato, al-
tri addirittura escludevano la stessa natura negoziale in relazione agli atti di esercizio di una pro-
fessione liberale, con la conseguenza di attribuire natura extracontrattuale alla responsabilità de-
rivante dall‟esercizio di attività professionale1.
La fonte della responsabilità contrattuale di chi esercita l‟attività medico-chirurgica é individua-
ta, dalla dottrina maggioritaria, in un rapporto contrattuale d‟opera intellettuale, che il codice
civile disciplina agli artt. 2229-2238, nel capo dedicato al lavoro autonomo2.
Tale affermazione é senz‟altro valida per il medico libero professionista, mentre, per quanto at-
tiene al medico inserito in una struttura sanitaria (pubblica o privata), si impongono delle preci-
sazioni3, che saranno oggetto d‟analisi nel presente capitolo.
1
U. Ruffolo, La responsabilità medica, Giuffré, Milano, 2004, 30.
2
M. Bilancetti, La responsabilità penale e civile del medico, Cedam, Padova, 2006, 987; U. Ruffolo, Op. cit., 30; N.
Todeschini, La responsabilità civile del medico, in Diritto & Diritti - Rivista giuridica elettronica, in
www.assomedici.it, 2006, 1.; C. Coratella, La responsabilità penale del medico, Giuffré, Milano, 2006, 6; P.G. Mo-
nateri, Manuale della responsabilità civile, UTET, Torino, 2001, 472 e segg.; E. Appendino >et al. ≅, Responsabilità
civile e penale e cartella clinica nell’attività medico-chirurgica, Giappichelli, Torino, 2006, 3.; M. Zana, Responsabi-
lità del professionista, in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991; A. e S. Baldassari, La responsabilità civile del
professionista, Giuffré, Milano, 1993, 7 e segg.
3
U. Ruffolo, Op.cit., 30.
2
Quella del medico é, peraltro, la figura di prestatore d‟opera intellettuale più emblematica e si-
gnificativa, dal momento che le conseguenze del suo operato hanno un riflesso immediato, sia
che il risultato sperato sia raggiunto, sia, soprattutto, nel caso contrario4.
La disciplina del contratto d‟opera intellettuale deve, poi, nel caso di specie, essere integrata
dalle leggi professionali, dettate per ciascuna attività, nonché dalle regole deontologiche proma-
nate dagli organi di autogoverno previsti per le professioni protette; in particolare, nel settore
della medicina, tali regole sono raccolte nel Codice di deontologia medica, il cui nuovo testo,
approvato dalla Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) il
16 dicembre 2006, é dalla stessa definito come “corpus di regole di autodisciplina predetermi-
nate dalla professione, vincolanti per gli iscritti all’ordine che a quelle norme devono adeguare
la loro condotta professionale”.
Il contratto d‟opera medica che, secondo quanto affermato dal Comitato Nazionale per la Bioe-
tica nel documento “Informazione e consenso all’atto medico” (approvato all‟unanimità nella
seduta plenaria del 20 giugno 1992), “si fonda sul presupposto di un mandato assistenziale di
tipo fiduciario, sia esso rivolto a finalità preventive che immediatamente curative”, si qualifica
come contratto bilaterale, sinallagmatico, essenzialmente oneroso, consensuale e ad effetti ob-
bligatori: il medico si obbliga a compiere la prestazione dedotta in contratto, ed il paziente é te-
nuto a corrispondere il relativo compenso5.
Relativamente alla prestazione contrattualmente domandata al medico si pone il problema
dell‟individuazione del suo contenuto: si tratta cioè di determinare se sul professionista gravi
un‟obbligazione di mezzi, ovvero se egli risponda del mancato conseguimento del risultato6.
La disamina del complesso problema della responsabilità civile del medico richiede, pertanto,
un breve accenno alla nozione di professione intellettuale che emerge dal codice civile e, soprat-
tutto, dall‟elaborazione dottrinale7.
4
E. Appendino >et al. ≅, 3.
5
U. Ruffolo, Op.cit., 30; G. Modesti, Responsabilità medica alla luce delle recenti sentenze della Corte di Cassazio-
ne, in www.overlex.com, 2007, 2.
6
Sul punto, v. Capitolo 2, 2.3.
3
La professione intellettuale consiste in quelle attività, di particolare pregio per il loro carattere
intellettuale, che trovano il loro elemento qualificante proprio nella prestazione dell‟opera pu-
ramente creativa, a significare la peculiarità che si ravvisa nell‟apporto offerto dall‟intelligenza
e dalla cultura del professionista medesimo8.
L‟ulteriore elemento caratterizzante é rappresentato dall‟autonomia di azione nella prestazione
dell‟opera professionale; tale elemento non va inteso in senso assoluto, al punto da renderlo e-
quivalente al concetto di libera professione; se é vero che il libero professionista é sempre anche
professionista intellettuale, non é vero il contrario. Quest‟ultimo, infatti, come spesso accade
nella pratica, può ben prestare la propria opera inquadrato in un rapporto di lavoro subordinato:
su tutti, l‟esempio del medico dipendente dall‟ente ospedaliero9.
Tra gli elementi caratterizzanti la categoria in esame, si deve segnalare, altresì, il carattere della
discrezionalità, che rappresenta la libertà di esercitare la propria professione, anche nell‟ipotesi
di inquadramento in un rapporto di lavoro subordinato, con piena autonomia in ordine alle mo-
dalità di estrinsecazione dell‟attività stessa. Tale aspetto risulta di tutta evidenza ed importanza
nella professione intellettuale del medico, anche in funzione delle sue prerogative e responsabi-
lità
10
.
L‟art. 2232 c.c., al primo comma, mette in luce un altro elemento essenziale, ossia il carattere
personale della prestazione, alludendo al rapporto fiduciario che si instaura tra il professionista e
il suo cliente, avendo quest‟ultimo diritto a che il primo presti personalmente la propria opera.
Nell‟adempimento della propria prestazione, il professionista potrà avvalersi dell‟ausilio di so-
stituti o ausiliari sotto la propria direzione e responsabilità, in modo da non far venir meno la
peculiarità del succitato legame11.
Il trattamento che il codice civile riserva ai professionisti intellettuali, in considerazione della
peculiarità della loro prestazione consiste sia in aspetti “favorevoli”, rappresentati ad esempio
7
N. Todeschini, Op cit., 1.
8
G. Cattaneo, La responsabilità del professionista, Giuffré, Milano, 1958, 134.
9
U. Ruffolo. Op. cit., 33.
10
N. Todeschini, Op. cit., 1.
11
Ibidem, 1.
4
dalla disciplina contenuta negli artt. 2233 e 2234 c.c. relativamente al compenso, alle spese ed
agli acconti, nonché nella stessa disciplina relativa alla responsabilità del prestatore d‟opera di
cui all‟art. 2236 c.c. (anche se, l‟interpretazione giurisprudenziale ne ha gradatamente eroso
l‟ambito di applicazione12), sia in aspetti “non certo di favore”, quale quello che emerge dalla
lettera dell‟art. 2237 c.c. sulla facoltà di recesso del cliente13.
Come già osservato poc‟anzi, la prestazione medico-professionale può essere eseguita sia da un
medico libero professionista, sia da un medico dipendente da una struttura sanitaria (pubblica o
privata), nell‟ambito, quindi, di un rapporto di lavoro subordinato.
Nella prima ipotesi il paziente conclude un contratto d‟opera intellettuale direttamente con il
professionista e, di conseguenza, la responsabilità di quest‟ultimo, per i danni cagionati
nell‟esercizio della sua attività diagnostica o terapeutica, é pacificamente riconducibile all‟alveo
della responsabilità contrattuale14, ed alla relativa disciplina.
Nel secondo caso, invece, una convenzione intercorre soltanto tra la struttura sanitaria ed il pa-
ziente, e quest‟ultimo é affidato (o sceglie di affidarsi) ad un medico dalla stessa dipendente.
In tale evenienza, la presenza di una dicotomia tra parte formale del contratto e soggetto che ef-
fettivamente esegue la prestazione professionale, ha dato luogo ad un vivace dibattito dottrinale
e giurisprudenziale avente ad oggetto la natura giuridica del rapporto che si instaura tra medico
dipendente e paziente e, di conseguenza, alla qualificazione della responsabilità del primo, per i
danni cagionati dalla sua attività diagnostica e terapeutica, nei confronti del secondo15.
La giurisprudenza ha inizialmente inquadrato tale responsabilità come extracontrattuale (o aqui-
liana, dal nome della Lex Aquilia de damno che, per prima, nel diritto romano, disciplinò la re-
sponsabilità ex delicto), ai sensi dell‟art 2043 c.c., sulla base della considerazione che, in tali
fattispecie, il paziente stipula un contratto con la struttura sanitaria, ma non con il medico curan-
12
Sul punto, v. Capitolo 2, 2.4.
13
N. Todeschini, Op. cit., 1.
14
B. Fioretto, La natura giuridica della responsabilità del medico, in www.iureconsult.com, 2.
15
Ibidem, 2.
5
te, il quale svolge la sua attività diagnostica e terapeutica quale organo dell‟ente rimanendo, per-
tanto, estraneo al contratto d‟opera professionale intercorso tra il paziente e l‟ente stesso16:
“L’accettazione del paziente nell’ospedale, ai fini del ricovero oppure di una visita ambulato-
riale, comporta la conclusione di un contratto d’opera professionale tra il paziente e l’ente o-
spedaliero...contratto, questo, che viene concluso tra il paziente e l’ente ospedaliero, il quale
assume a proprio carico, nei confronti del paziente, l’obbligazione di compiere l’attività dia-
gnostica e la conseguente attività terapeutica, in relazione alla specifica situazione patologica
del paziente preso in cura. Parte nel contratto d’opera professionale, e nel conseguente rappor-
to obbligatorio, é l’ente ospedaliero ed esso soltanto”17.
Più di recente, la Suprema Corte é intervenuta sulla materia, rifiutando tanto l‟impostazione ex-
tracontrattuale quanto quella puramente contrattuale, facendo proprio un orientamento innovati-
vo fondato sulla dottrina dell‟obbligazione da “contatto sociale”18.
La ragione di tale revirement si rinviene nella considerazione che tra medico dipendente e pa-
ziente si instaura, di fatto, una sorta di “contatto sociale”, alla stregua di un normale contratto:
“L’obbligazione del medico dipendente dal Servizio Sanitario Nazionale per responsabilità
professionale nei confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul contatto
sociale, ha natura contrattuale...consegue che in ordine a questa responsabilità i regimi della
ripartizione dell’onere della prova, del grado della colpa e della prescrizione sono quelli tipici
delle obbligazioni da contratto d’opera intellettuale professionale...controversa é la natura del-
la responsabilità del medico dipendente di una struttura pubblica nei confronti del paziente...
sennonché l’ascrizione dell’attività del medico dipendente della struttura sanitaria alla respon-
sabilità extracontrattuale non appare persuasiva. Anzitutto proprio colui (il medico) che si pre-
senta al paziente come apprestatore di cure all’uopo designato dalla struttura sanitaria, viene
considerato come l’autore di un qualsiasi fatto illecito (un quisque). L’esito sembra cozzare
16
P.G. Monateri, Cumulo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (Analisi comparata di un problema),
Cedam, Padova , 1989, 770.
17
Cass. 24.3.1979, n. 1716, in Foro it, 1979, I, 2870.
18
P.G. Monateri, Manuale della responsabilità civile, cit., 473.
6
contro l’esigenza che la forma giuridica sia il più possibile aderente alla realtà materia-
le...inoltre, se la responsabilità del medico (dipendente) fosse tutta ristretta esclusivamente
all’ambito della responsabilità aquiliana, essa sarebbe configurabile solo nel caso di lesione
della salute del paziente conseguente all’attività del sanitario e quindi di violazione
dell’obbligo di protezione dell’altrui sfera giuridica...se invece il paziente non realizza il risul-
tato positivo che, secondo le normali tecniche sanitarie, avrebbe dovuto raggiungere, non sa-
rebbe configurabile una responsabilità aquiliana del medico per il semplice fatto che egli non
ha subito un danno rispetto alla situazione quo ante, ma solo non ha raggiunto un risultato po-
sitivo (o migliorativo) che, se gli é dovuto nell’ambito di un rapporto di natura contrattuale,
non altrettanto può dirsi fuori di esso...secondo un altro orientamento...la responsabilità
dell’ente ospedaliero, gestore di un servizio pubblico, e del medico suo dipendente per i danni
subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica, inserendo-
si nell’ambito di un rapporto giuridico pubblico (o privato) tra l’ente gestore ed il privato...ha
natura contrattuale di tipo professionale...quindi si ammette che le obbligazioni possano sorge-
re da rapporti contrattuali di fatto, nei casi in cui taluni soggetti entrano in contatto...in questi
casi non può esservi (solo) responsabilità aquiliana, poiché questa non nasce dalla violazione
di obblighi ma dalla lesione di situazioni giuridiche soggettive altrui...da tutto ciò consegue che
la responsabilità dell’ente gestore del servizio ospedaliero e quella del medico dipendente han-
no entrambe radice nell’esecuzione non diligente o errata della prestazione sanitaria da parte
del medico, per cui, accertata la stessa, risulta contestualmente accertata la responsabilità a
contenuto contrattuale di entrambi (qualificazione che discende non dalla fonte
dell’obbligazione, ma dal contenuto del rapporto)”19.
La sentenza in esame ha costituito l‟occasione per inaugurare un orientamento destinato tenden-
zialmente a consolidarsi nel tempo, proprio perché una scelta ermeneutica viene promulgata do-
po un contestuale vaglio critico di opinioni tra le più affermate in dottrina e in giurisprudenza20.
19
Cass. 22.1.1999, n.589 in Corriere Giuridico 1999, 441.
20
G. Toscano, Informazione, consenso e responsabilità sanitaria, Giuffré, Milano, 2006, 234.
7
Tale pronuncia affronta funditus il problema della qualificazione della responsabilità del medico
dipendente di struttura (pubblica o privata): la Suprema Corte formula la tesi del “contatto so-
ciale”, configurabile come “contratto di fatto”, in base al quale, tra paziente e struttura, si rea-
lizza un rapporto contrattuale di spedalità21 nel momento stesso in cui è “accettato” il ricovero,
venendosi così a creare una situazione di contatto socialmente predisposto e non casuale che
può considerarsi simile all‟incontro delle parti che predispongano un contratto, incontro qui
propiziato da una contestualità creata da un contratto di spedalità tra paziente e struttura.
Si viene a determinare, pertanto, un rapporto di natura contrattuale non da un contratto fra quel-
le parti (medico e paziente), bensì da due contratti che alla fine hanno in comune un‟unica parte,
ovvero la struttura22.
Anche recentemente la Corte di Cassazione ha affermato che:
“Questa Corte ha costantemente inquadrato la responsabilità dell’ente ospedaliero nella re-
sponsabilità contrattuale, sul rilievo che l’accettazione del paziente, ai fini del ricovero o di una
visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto (Cass.589/1999; Cass.
9198/1999; Cass.3492/2002; Cass.11001/2003; Cass.11316/2003)...la responsabilità dell’ente
ospedaliero ha dunque natura contrattuale, e può conseguire, a norma dell’art. 1218 c.c,
all’inadempimento di quelle obbligazioni che sono direttamente a carico dell’ente debitore. E
può anche conseguire, a norma dell’art. 1228 c.c., all’inadempimento della prestazione medi-
co-professionale svolta direttamente dal medico, che assume la veste di ausiliario necessario
del debitore”23.
Stante la natura contrattuale della responsabilità del medico dipendente, come di quella della
struttura che eroga il servizio sanitario, i regimi della ripartizione dell‟onere della prova, del
grado della colpa e della prescrizione, sono quelli tipici delle obbligazioni da contratto d‟opera
intellettuale professionale24.
21
Sul concetto di contratto di spedalità, v. infra, pag.10 e segg.
22
G. Toscano, Op. cit., 234.
23
Cass. civ. sez. III, 2.2.2005, n. 2042, in www.med.unibo.it.
24
G. Toscano, Op. cit., 233.
8
In sostanza, seguendo l‟orientamento più recente, si potrà sostenere che nei confronti del medi-
co dipendente si configura responsabilità contrattuale da “obbligazione senza prestazione, ai
confini tra contratto e torto”, ossia da rapporto contrattuale di fatto25.
Infatti, poiché sul medico gravano obblighi di cura impostigli dall‟ars medica che esercita, e sui
quali il paziente ha fatto affidamento entrando in contatto con il medico stesso, pur in assenza di
un formale negozio giuridico, il vincolo con il paziente esiste, nonostante non dia adito ad un
obbligo di prestazione, e la sua violazione si configura come culpa in non facendo, la quale, a
sua volta, dà origine a responsabilità contrattuale26.
Questa teoria é stata invocata dai giudici di legittimità per estendere l‟ambito delle fonti di ob-
bligazione ex art. 1173 c.c., ed applicare la disciplina in tema di responsabilità contrattuale an-
che ai rapporti che sorgono attraverso il solo obbligo sociale di prestazione27:
“Va subito rilevato che non si può criticare la definizione come "contrattuale" della responsabi-
lità del medico dipendente di struttura sanitaria, limitandosi ad invocare la rigidità del catalo-
go delle fonti ex art. 1173 c.c., che non consentirebbe obbligazioni contrattuali in assenza di
contratto. Infatti la più recente ed autorevole dottrina ha rilevato che l'art. 1173 c.c., stabilendo
che le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito o da altro atto o fatto idoneo a pro-
durle in conformità dell'ordinamento giuridico, consente di inserire, tra le fonti, principi, so-
prattutto di rango costituzionale (tra cui, con specifico riguardo alla fattispecie, può annove-
rarsi il diritto alla salute), che trascendono singole proposizioni legislative”28.
I principi dettati in tema di responsabilità contrattuale hanno permesso di affermare che il medi-
co é tenuto a rispettare obblighi di protezione, ossia obblighi accessori alla prestazione principa-
le (nella specie, diagnosi e cura) che, seppur non espressamente stabiliti, sono posti a carico del
debitore al fine di rafforzare la tutela del creditore29:
25
P.G. Monateri, Op.cit., 474.
26
G. Modesti, Op. cit., 8.
27
Stefano Meani, La responsabilità civile del medico e della struttura ospedaliera, in www.leadershipmedica.com.
28
Cass. 22.1.1999, n. 589, cit.
29
Stefano Meani, Op. cit., 2.
9
“Il contratto di prestazione professionale avente ad oggetto la prestazione medica...impone al
sanitario dipendente della struttura ospedaliera gli obblighi di diagnosi, di cura ed assistenza e
gli altri obblighi di protezione propri della prestazione medica”30.
Grazie a questi concetti, si é potuto ampliare il raggio d‟azione della responsabilità contrattuale,
ricomprendendovi anche la violazione di obblighi esterni alla prestazione principale, altrimenti
destinati a ricevere tutela in base ai principi della responsabilità extracontrattuale.
Fra questi obblighi accessori posti a carico del medico rientra anche l‟obbligo di sorveglianza
sulla salute del soggetto, anche nella fase postoperatoria31 e l‟obbligo di informazione32, che co-
stituirà oggetto di approfondita analisi nell‟ultimo capitolo33.
Va da ultimo segnalato che, per quanto concerne lo specifico rapporto contrattuale tra struttura
sanitaria e paziente, la giurisprudenza ha nel tempo mutato le sue posizioni originarie.
L‟orientamento tradizionale riteneva che l‟attività svolta dall‟ente che eroga il servizio sanitario
fosse simile all‟attività svolta dal medico nell‟esecuzione dell‟obbligazione privatistica della
prestazione:
“Nel servizio pubblico sanitario, l’attività svolta dall’ente pubblico gestore del servizio a mezzo
dei suoi dipendenti...é di tipo professionale medico, similare all’attività svolta, nell’esecuzione
dell’obbligazione (privatistica) di prestazione, dal medico che abbia concluso con il paziente un
contratto d’opera professionale. Ed appunto per questa similarità...la responsabilità é analoga
a quella del professionista medico privato. Con la conseguenza che vanno applicate, analogi-
camente, le norme che regolano la responsabilità in tema di prestazione professionale medica
in esecuzione d’un contratto d’opera professionale.”34.
Al rapporto contrattuale tra ente e paziente si applicherebbero quindi, in via analogica, le norme
che disciplinano il contratto di prestazione d‟opera intellettuale.
30
Cass. 2.10.2001, n. 12198, in Giust. civ., 2002, I, 3167.
31
Così Lanotte, nota a Cass. 21.7.2003, n. 11316, in Foro it, 2003, I, 2970.
32
M. Bilancetti, Op. cit., 1026.
33
V. Cap. 4, 4.2.
34
Cass. civ. sez. III, 1.3.1988, n. 2144, in Resp. civ., 1988, 992; Cass. 27.7.1998, n. 7336, in Resp. civ. e prev., 1999,
996.
10
In questo ambito, il presupposto essenziale per l‟affermazione della responsabilità contrattuale
dell‟ente diviene l‟accertamento di un comportamento non diligente del sanitario, il cui operato
é riferibile all‟ente o attraverso il richiamo all‟art. 28 della Costituzione, o attraverso il richiamo
all‟art. 1228 c.c., che disciplina la responsabilità del debitore per il fatto dei propri ausiliari.
L‟orientamento più recente muove invece dalla constatazione che i servizi erogati dalla struttura
sanitaria sono molto più ampi e complessi rispetto a quelli resi dal singolo medico, tenuto anche
conto della forma organizzata attraverso la quale sono gestiti35.
Per questo motivo é stata prospettata una diversa qualificazione del rapporto struttura-paziente
che troverebbe la sua fonte in un contratto definito “contratto di spedalità” 36, da taluni qualifi-
cato come contratto atipico, da altri come misto37, che si perfeziona già prima dell‟inizio del
trattamento o degli accertamenti, con l‟accordo tra le parti, o con l‟inizio dell‟attività propria-
mente diagnostica o, quantomeno, nel momento dell‟accettazione del paziente nella struttura sa-
nitaria38:
“...fra l’U.s.l. (oggi A.s.l.) e il paziente viene stipulato implicitamente (ma inequivocabilmente)
un contratto atipico di spedalità, in cui le prestazioni a carico dell’ente non si esauriscono
nell’espletamento della prestazione sanitaria, in guisa che il contratto, pur prevedendolo, non
coincide con la conclusione di un mandato professionale”39.
Oggetto di tale convenzione risulta essere un‟obbligazione complessa facente capo alla struttu-
ra, il cui contenuto non si sostanzia unicamente nella prestazione terapeutica stricto sensu inte-
sa, ma si estende sino a racchiudere, sotto la sintetica espressione di “assistenza sanitaria”, an-
che prestazioni lato sensu organizzative, di sicurezza dell‟attrezzatura e degli impianti, di vigi-
35
Stefano Meani, Op. cit.
36
M. Bilancetti, Op. cit., 1071.
37
G. Cattaneo, Op. cit., 303, il quale individua nel contratto concluso con l‟ospedale, un negozio misto, in cui con-
fluiscono, locazione, somministrazione e cura; F. Galgano, Contratto e responsabilità contrattuale nell’attività sani-
taria, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, 711, il quale rinviene nella fattispecie un contratto atipico, rientrante
nell‟ampio schema della locatio operis, regolato dai principi generali sui contratti ed in particolare da quelli che han-
no per oggetto un‟obbligazione di risultato.
38
U. Ruffolo, Op.cit., 108; M. Bilancetti, Op.cit., 918.
39
Trib. Verona, 15.10.1990, in Nuova giur. civ. comm., 1991, I, 357. (con nota di Pucella). A tale pronuncia si attri-
buisce il merito della creazione del negozio in parola.