Introduzione
X
Nel primo viene mostrato come la responsabilità sociale (social
responsability) e il comportamento etico (business ethics) siano le sfide che le
attività industriali affrontano al fine di ottenere il più ampio consenso al loro
operato dal pubblico di riferimento e garantirsi in tal modo la sopravvivenza nel
lungo periodo. Per far ciò è necessario che le imprese si dotino di un sistema
organizzativo ad hoc, in relazione a quello che sono le caratteristiche aziendali e
le contingenze esterne.
Nel secondo capitolo si è posto l’accento su come l’esigenza di migliorare
gli strumenti di gestione e comunicazione abbia fatto sorgere appositi
riconoscimenti ufficiali, garantiti e rilasciati da soggetti imparziali, in grado di
dare visibilità agli sforzi profusi per il raggiungimento di prestazioni etiche
superiori a quelle richieste dai semplici adempimenti legislativi.
Tra le novità gestionali si annoverano la certificazione etica definita dallo
standard Social Accountability 8000 e dall’Accountability 1000; e i
riconoscimenti ambientali, nella duplice veste della norma ISO 14001 e del
Regolamento EMAS 761/2001.
La considerevole crescita del numero di imprese aderenti ai sistemi suddetti
è il presupposto del passaggio graduale da una fase passiva, limitata a subire le
normative ambientali, ad una fase attiva, protesa a conferire rilevanza strategica
alle tematiche della contabilità ambientale. In quest’ottica si inseriscono il
bilancio ambientale e il rendiconto ambientale, il primo come strumento di
gestione interna, mentre al secondo viene affidata una funzione informativa
esterna. La ricerca di informazioni di sintesi circa il rapporto dell’azienda con
l’ambiente favorisce l’utilizzo di indicatori di performance che permettono di
valutare l’efficacia e l’efficienza della gestione ambientale.
Il terzo capitolo è quello nel quale si affronta il tema del bilancio sociale.
Nonostante tale documento di rendicontazione sia stato oggetto di un’ampia
riflessione da parte della dottrina, sia nazionale che internazionale, la materia
appare tuttora non chiaramente definita.
Permangono, infatti, aree di incertezza riguardo alla forma espositiva dei
dati e dei valori, al contenuto informativo e alle funzioni svolte. Il che ha
XI
contribuito ad accrescere la perplessità del mondo imprenditoriale per superare le
quali, sono intervenuti il “Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale” (GBS) e l’
“Istituto europeo per il Bilancio Sociale” (IBS) con l’obiettivo di dare un
contenuto uniforme a questo nuovo strumento.
L’esperienza del bilancio sociale del Comparto Chimico e Petrolifero della
Provincia di Livorno è l’oggetto del quarto capitolo.
La scelta di presentare un Bilancio Sociale d’Area non è stata casuale, ma
dettata dalla volontà di mostrare come il Comparto abbia voluto documentare il
proprio impegno verso la “responsabilità sociale” e la “sostenibilità”. Del resto i
problemi di salvaguardia dell’ecosistema, della salute pubblica, della qualità
della vita hanno posto in risalto la necessità di affiancare al tradizionale obiettivo
dell’equilibrio economico a valere nel tempo l’attenzione all’ambiente
circostante e ai bisogni e valori degli interlocutori, endogeni ed esogeni.
La redazione del bilancio sociale di un’aggregazione d’imprese ha insite
delle difficoltà maggiori rispetto a quelle che può incontrare un’azienda singola.
È necessaria, infatti, una forte collaborazione tra le diverse unità produttive per
rendere visibile l’effettivo contributo quali-quantitativo del Comparto sul
territorio in termini di iniziative, scelte di miglioramento a favore della ricerca,
dell’occupazione, del marketing dei servizi, degli investimenti diretti ed indotti a
tutto vantaggio dell’economia locale.
In quest’ottica l’esperienza del Bilancio Sociale d’Area, realizzato per la
prima volta quattro anni fa, rappresenta una novità nel panorama sia nazionale
che internazionale. Non a caso, si è parlato di “prima esperienza europea che ha
reso visibile il coinvolgimento delle comunità locali nel processo decisionale di
un comparto industriale”.
Lo stesso incontro di rilevazione di opinione con gli stakeholders del
territorio ha evidenziato il contributo del bilancio sociale per far conoscere
meglio, perfino agli “addetti ai lavori” chi sono e cosa fanno le Aziende
Chimiche e Petrolifere della Provincia di Livorno e a creare un clima di
trasparenza tale da facilitare il dialogo e i rapporti.
Introduzione
XII
Un risultato senza dubbio importante all’interno di quel processo di
miglioramento continuo, che è l’obiettivo di fondo del bilancio sociale.
XIII
RINGRAZIAMENTI
Alla fine del mio percorso universitario vorrei ringraziare le mie sorelle e tutta la
mia famiglia perché ho l’incrollabile certezza che, in qualsiasi momento della vita,
potrò sempre contare sul loro assoluto e incondizionato appoggio.
Un grande grazie va anche a tutti coloro che ho incontrato in questi anni e con i
quali ho condiviso i momenti di gioia e le piccole e grandi delusioni. Ognuno di loro
ha dato un contributo unico e indispensabile per farmi diventare la persona che sono
oggi.
Inoltre desidero estendere il mio ringraziamento al Prof. Marco Giannini per gli
utili suggerimenti durante tutto il corso della tesi.
Da ultimo, ma non meno prezioso, vorrei ricordare il contributo della Dr.ssa
Alessia Prosperi dell’Associazione fra gli Industriali della Provincia di Livorno che
con cortesia e disponibilità mi ha fornito la documentazione necessaria alla ricerca
empirica effettuata.
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
3
CAPITOLO 1
RESPONSABILITA’ SOCIALE E
GESTIONE D’IMPRESA
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
5
1.1 Il focus ambientale
L’azienda è una realtà viva e variabile e “data la sua caratteristica di sistema
aperto” […] “risente dei cambiamenti delle condizioni ambientali sia nei rapporti
con il mercato, sia nei confronti della propria organizzazione interna. E ciò ha
particolari ripercussioni sul piano della gestione aziendale”1 visto che ogni
giudizio di convenienza deve tener conto di due grandi categorie di interessi:
quelli di profittabilità e quelli di rispondenza alle esigenze dei diversi
stakeholders2 con i quali interagisce sistematicamente. La concezione
dell’impresa come fenomeno di durata3 rich iede il conseguimento non tanto e
non solo di un profitto di breve periodo, ma di un profitto “lungimirante”, frutto
di una gestione impegnata nella ricerca continua e nella costruzione di solide basi
competitive e di consenso sociale sulle quali fondare la sua redditività futura4. In
sostanza, è solo dalla sistematica ricerca di condizioni di equilibrio economico5 e
finanziario “a valere nel tempo” e dal loro conseguimento, da attuarsi non solo
amministrando saggiamente le risorse finanziarie, ma anche rispettando le istanze
dei soggetti operanti all’interno e all’esterno del sistema impresa, non ultime
quelle di tutela naturale, che la stessa potrà trarre vitalità e prosperità duratura.
Da ciò si comprende come nasca una domanda sociale che non è più quella
generica di disporre di una certa quantità di beni o servizi atti ad appagare i
1
Bertini (1984), pag. 19.
2
Letteralmente il termine stake significa posta, scommessa e gli stakeholders rappresentano tutti i
soggetti detentori di interesse nei confronti dell’attività produttiva che sono in grado di condizionare le
scelte strategiche e operative. E’ possibile distinguerli in primari (proprietari-azionisti, dipendenti, clienti,
fornitori, concorrenti, rivenditori e creditori) e di secondo livello (comunità locali, organizzazioni
sindacali, stampa, università, ecc.). Nel caso delle problematiche ambientali, questa seconda tipologia di
“portatori di interesse” assume notevole rilevanza. Sul concetto di stakeholders si vedano Petrolati
(1999), pag. 9; Rusconi (1988), pag. 32.
3
Zappa definisce l’impresa “istituto economico destinato a perdurare”. Cfr. Zappa (1956), pag. 37.
4
Cfr. Coda (1988), pagg. 87-91.
5
In merito all’equilibrio economico durevole, cfr. Giannessi (1960), pag. 44.
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
6
bisogni, ma piuttosto quella di un diverso modo di essere e di operare
dell’azienda, più attenta alla qualità dei beni e/o servizi realizzati, senza peraltro
dimenticare di valutare e, per quanto possibile minimizzare, i “costi” sostenuti
dalla collettività a seguito della loro produzione e consumo. Alle aziende si
richiede che, in modo cosciente e maturo, contribuiscano a creare le condizioni
per il soddisfacimento delle diffuse e crescenti richieste per una migliore “qualità
della vita” avanzate da ampi strati sociali6.
Le istanze di tutela dell’ambiente ecologico, tra cui il miglioramento delle
condizioni di vita dei lavoratori e il controllo della concorrenza e del mercato,
rendono manifesto il crescente interesse della collettività per gli aspetti
qualitativi dell’operare aziendale. Prende forma e si diffonde, quindi, una
concezione dell’azienda che non esaurisce i suoi rapporti nell’ambito dei più
diretti interlocutori, soci e lavoratori, ma si apre al dialogo e alla collaborazione
con organizzazioni imprenditoriali, collettività locale, istituzioni, rappresentanti
sindacali, organizzazioni dei consumatori, gruppi ambientalisti, operanti
nell’intorno del sistema aziendale7. La struttura e la dinamica di tali relazioni
influenza sensibilmente l’impresa inducendola a prestare una maggiore
attenzione agli aspetti etici della propria condotta nel pieno adempimento della
responsabilità e del “ruolo sociale” che le compete8.
6
In proposito Matacena (1984) afferma che il problema sociale passa da ”una accettazione nella filosofia
dell’operare della impresa con una più ampia coscienza sociale fino alla accettazione da parte dell’intero
sistema delle imprese, questo per effetto del crescere delle reazioni di gruppo (o dei gruppi) sociale in cui
si è sviluppato il problema stesso”, pag. 87.
7
“Non è difficile persuadersi che la responsabilità sociale di un’impresa è connaturata alla stessa sua vita.
Se si svolge economicamente, se, ripetiamo, essa produce in termini di valore, l’utilità recata al gruppo
sociale cui appartiene si traduce in un diritto di cittadinanza economica”, Caprara (1993), pag. 510.
8
“La responsabilità sociale dell’impresa può essere intesa, in generale, come l’attitudine dell’impresa a
“rispondere” alle iniziative poste in essere dall’ambiente come conseguenze delle sue attività; più in
particolare come valutazione e compensazione interna dei costi sociali dalla stessa generati ad
ampliamento dei suoi obiettivi per raggiungere una efficienza non solo economica ma anche sociale. La
finalità perseguita e quindi la conseguenza dovrebbe essere quella di ottenere una piena legittimazione al
suo operare sia da parte delle risorse umane direttamente coinvolte, sia da parte del contesto nel quale è
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
7
In passato, in assenza di attenzioni sociali e politiche, le aziende avevano
trascurato quasi completamente gli effetti prodotti dalla loro attività
sull’ambiente ecologico, preoccupate unicamente di produrre quantità di beni
sempre maggiori per soddisfare una domanda crescente9. Il danno ambientale,
sebbene imputabile all’interagire di molteplici circostanze10 è certamente il
risultato di una profonda diseducazione degli individui, della sostanziale
indifferenza circa le conseguenze ambientali dell’attività aziendale e, soprattutto,
del prevalere degli interessi economici privati.
La diffusione della sensibilità ecologica, nonostante il consolidamento degli
ultimi tempi, non è certamente un fatto nuovo. Già negli anni Settanta fioriscono,
sotto la spinta della contestazione politica e sociale, i primi movimenti ecologisti.
Ma è solo nel corso degli anni ’80 che l’interesse per il rispetto dell’ambiente
esce dal “movimentismo”11 e dal settarismo per diventare un fenomeno
generalizzato che coinvolge tutti i cittadini. La ragione di questa diffusa “presa di
coscienza” è ascrivibile all’interagire di una pluralità di circostanze. Tuttavia, si
può affermare che il risveglio della coscienza ecologica collettiva sia soprattutto
frutto dei valori etici e di una reale crescita morale. Sono, infatti, i principi etici
ad orientare il comportamento umano e, quindi, a generare il complesso sistema
di vincoli e controlli dell’operato aziendale in tema di salvaguardia dell’ambiente
ecologico. L’attività imprenditoriale è legittimata nella misura in cui si astiene da
tutti quegli atti che potrebbero turbare un ecosistema già labile.
Si afferma, quindi , una nuova visione del fenomeno azienda caratterizzata
dall’inserimento della tutela ecologica tra i principi e i valori base del suo
concreto operare e dall’adeguamento degli obiettivi alla stessa, assegnati da chi
la governa.
E’ in questo contesto che il rapporto azienda-ambiente fisico-naturale ha
acquistato sempre maggiore importanza.
inserita”, Marziantonio (1997), pag. 107
9
Cfr. Cosciani (1991), pag. 78.
10
Cfr. Lucianetti (1976), pagg. 18-61.
11
Cfr. Tarquinio (1997), pag. 392.
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
8
In particolare si è soliti individuare due diversi tipi di relazione:
1. relazione di tipo fisico, che determina modifiche quantitative e qualitative al
patrimonio naturale;
2. relazione di tipo economico, nell’ambito della quale si tiene conto
dell’influenza, diretta e indiretta, che il degrado ambientale provoca
sull’economia dell’impresa.
Gli interventi dell’impresa sull’ambiente, durante lo svolgimento
dell’attività istituzionale (produzione di beni e servizi), possono essere ricondotti
a due precisi momenti del processo produttivo:
a) il momento di prelievo, quando l’azienda si procura le materie
prime necessarie o estraendole dal loro sito naturale o acquistando
beni immessi sul mercato da altre imprese: in questa fase si ha un
deprezzamento fisico delle risorse prelevate;
b) il momento in cui l’impresa scarica nell’ambiente materiali
inquinanti, provocandone il degrado e originando un
deprezzamento qualitativo del capitale naturale.
L’impatto ambientale addebitabile al “sistema impresa” non termina
nell’atto della produzione, ma continua con l’immissione del prodotto finito nel
mercato e con il suo utilizzo, che può essere causa di ulteriori danni collegati al
consumo del bene stesso.
E’ necessario, quindi, considerare, oltre agli aspetti relativi allo svolgimento
del processo tecnico-produttivo, anche l’impatto che si avrà lungo il ciclo di vita
del bene dal momento in cui si prelevano le materie prime fino alla loro
trasformazione in prodotto finito, al consumo e alla dismissione finale12. In
quest’ottica, l’impresa deve farsi carico dei relativi problemi di inquinamento fin
12
“Il concetto nuovo è quello che dà al produttore la responsabilità di progettare e costruire il prodotto in
funzione di tutta la sua vita, “dalla culla alla tomba”, eventualmente assumendosi la responsabilità delle
operazioni di smaltimento o anche inserendo nel costo del prodotto nuovo (“internalizzando”) il futuro
costo di smaltimento”, Longo (1993), pag. 14.
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
9
dall’inizio del processo produttivo, nella fase di studio, progettazione e ricerca di
nuovi prodotti.
Gli eventuali impatti negativi, economici e di benessere, che si possono
avere sull’ambiente vengono percepiti solo successivamente, quando gli effetti
sono avvertiti dai consumatori e dalla stessa azienda. La nascita di una presa di
coscienza collettiva ha dato vita a numerose associazioni che svolgono una
costante informazione dell’opinione pubblica, rendendola consapevole della
necessità di dover mantenere degli standard qualitativi minimi, allo scopo di
conservare anche in futuro condizioni di vita accettabili. Questa nuova sensibilità
si riflette principalmente in due comportamenti: da un lato si assiste ad
un’evoluzione della richiesta di prodotti che comprovino un più elevato grado di
compatibilità con l’ambiente e con il benessere psichico-fisico dell’individuo,
dall’altro crescono le pressioni verso il governo o i vari enti pubblici per
l’approvazione di norme maggiormente restrittive e l’utilizzo di strumenti
economici a tutela dell’ambiente.
Da quanto detto si deduce che la riduzione dell’impatto ambientale non solo
è foriera di una sua maggiore accettabilità sociale, ma soddisfacendo le istanze e
le attese degli interlocutori, può tradursi in uno strumento elettivo di
aggregazione del consenso. Consenso da cui nessuna azienda può prescindere a
lungo, senza ledere le proprie prospettiche condizioni di sopravvivenza e
sviluppo.
L’impresa che, con approccio anticipatore, integra la protezione
dell’ambiente naturale tra i valori che spingono l’azione imprenditoriale, può
maturare rispetto alle concorrenti rilevanti potenzialità13. Conseguentemente,
anche se agli ingenti costi per investimenti in tutela ambientale non sempre si
contrappongono ricavi remuneratori, occorre comunque tener conto delle risorse,
quindi del potenziale, di cui l’impresa può disporre se, in modo responsabile e
avveduto, coglie la criticità delle problematiche di salvaguardia ambientale. Ci si
13
La potenzialità, scrive Salvatore Vicari, non è una “semplice attualizzazione di un futuro previsto, è
invece, un concetto ben più complesso: è la ridondanza delle risorse, è il potenziale accumulato per una
molteplicità di situazioni, è la capacità di evolvere in un mondo di possibili”. Cfr. Vicari (1991), pag. 106.
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
10
riferisce, fondamentalmente, alle risorse di cui l’impresa può usufruire in termini
di know-how tecnologico, di marketing, di capacità e conoscenze manageriali
nonché a quelle di cui può godere presso i suoi interlocutori in termini di
immagine, di stima, di fiducia.
Tali risorse, meglio identificabili come “risorse immateriali”14, concorrono
a comporre il prezioso capitale intangibile dell’impresa e, ove non effimere e
saggiamente amministrate, possono determinare una sua maggiore competitività
rispetto a minacce concorrenziali attuali e future.
Non meno rilevante è il vantaggio concorrenziale ecologico derivante dalla
sensibile riduzione dei costi che, nel lungo periodo, l’investimento in tecnologie
di protezione ambientale può generare.
Il cambiamento dei sistemi di produzione, le manutenzioni più frequenti, la
sostituzione dei materiali inquinanti, il recupero degli scarti o il loro riutilizzo,
comportando la riduzione degli sprechi delle risorse, l’abbassamento delle
emissioni e dei residui di lavorazione da smaltire e persino la valorizzazione dei
sottoprodotti, è foriera di una migliore efficienza d’impresa che non mancherà di
garantire sensibili e vantaggiose economie.
Anche la realizzazione di prodotti “eco-compatibili” può costituire fattore
di vantaggio competitivo. La “differenziazione” dei propri prodotti rispetto a
quelli delle concorrenti incapaci di un pronto adeguamento alle emergenti istanze
dei consumatori, determina una più forte posizione concorrenziale dell’impresa
che potrà generare, nel tempo, il miglioramento della sua situazione reddituale.
La capacità di mantenere per lungo periodo i vantaggi competitivi
conseguiti verso i concorrenti, frutto di un impegno costante e di continui
progressi, oltre a tradursi, in prospettiva, in migliori performance competitive e
reddituali, costituisce, per la stessa, un rilevante “generatore di valore”.
Quanto fino ad ora affermato ci porta ad esprimere almeno due diverse
considerazioni.
14
La nozione di “risorse immateriali” adottata è quella proposta da Itami che le identifica come “risorse
basate sull’informazione o che la incorporano”, Itami (1988), pag. 35.
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
11
La prima è che, in presenza di crescenti costi di tutela ambientale, i
vantaggi determinati da una maggiore attenzione alla questione ecologica non
emergono e dunque non possono essere apprezzati, se non con ampi margini di
errore, semplicemente valutando in che misura i costi per investimenti ambientali
risultino reintegrati, o meglio reintegrabili, con gli stessi o forse sperati
incrementi reddituali. Occorrerebbe, piuttosto , concentrarsi sul confronto, in
un’ottica di medio-lungo periodo, tra vantaggi per l’ambiente e creazione del
valore.
La seconda ci porta a chiarire cosa qui si intenda per “creazione del valore”.
In buona sostanza, quando si parla di valore, il riferimento è alla potenzialità di
“esistenza, di sviluppo, di evoluzione” incorporata nelle risorse d’impresa e alla
capacità di generarne, nel continuo, sempre di nuove a partire da quelle
accumulate15. L’investimento in tutela ambientale, come già rilevato, produce
certamente risorse importanti per l’azienda, dotate, da un punto di vista
economico, di elevato valore. Tale valore (o capacità o potenzialità) è il mezzo
attraverso cui generare rinnovate possibilità di esistenza e sviluppo. Basti
pensare, ad esempio, al reperimento dei mezzi finanziari a titolo di capitale di
credito, o di capitale di pieno rischio ed altre ancora. Occorre però precisare che,
se la creazione del valore è fondamento dell’esistenza dell’impresa e del
potenziale sviluppo, condizione indispensabile al raggiungimento di un tale
ambizioso e irrinunciabile obiettivo è che dal valore dalla stessa “aggregato”16
consegua il suo “riconoscimento”17 da parte dell’ambiente. Per comprendere
appieno l’assunto in esame si pensi al rifiuto e alla conseguente astensione
dall’acquisto di quei prodotti giudicati dannosi dai consumatori a causa dei guasti
15
Cfr. Vicari (1991), pag. 105.
16
“Il totale dei costi annuali, esprimendo la sommatoria delle intensità dei flussi di servizi che si sono
generati nell’arco di tempo considerato mediante l’utilizzo dei fattori produttivi, rappresenta il “valore”
che una qualunque impresa ha “aggregato” od “assemblato” nel medesimo periodo”, Catturi (1994), pag.
158.
17
“I ricavi conseguiti con la vendita di beni fabbricati o dei servizi resi costituiscono la “testimonianza”,
ovvero il “valore riconosciuto” dall’ambiente o dal mercato del valore effettivamente proposto
dall’impresa”, Catturi (1994), pag. 159.
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
12
causati o causabili all’ambiente ecologico e alla riduzione del volume dei ricavi
conseguiti dall’unità economica produttrice. In questo caso al “valore aggregato”
raggiunto dall’impresa per l’ottenimento del prodotto si contrappone il mancato
riconoscimento da parte della collettività.
Secondo un’accezione puramente contabile, tale circostanza determina
ricavi insufficienti alla copertura dei costi con evidenti riflessi sul reddito e sul
capitale d’esercizio. Il ripetersi nel tempo di comportamenti palesemente in
contrasto con i valori e le istanze sociali non mancherà di incidere sul flusso di
reddito prospettico e, per tale via, sul valore del capitale economico.
Secondo un’accezione più ampia, il mancato riconoscimento di valore da
parte della collettività, espressione del disatteso soddisfacimento dei bisogni
dalla stessa avvertiti, determina la delegittimazione del sistema impresa,
prodroma di una lenta e progressiva distruzione di quella “potenzialità” su cui si
fonda la sua stessa esistenza.
L’azienda, dunque, per poter fronteggiare per tempo i vincoli derivanti dalle
pressanti esigenze di tutela dell’ambiente e per trarre massimo beneficio dalle
opportunità che le si presentano, garantendosi condizioni di durabilità, deve
interiorizzare gli innovati valori ambientali e porli a fondamento di una nuova
cultura d’impresa.
Nell’ambito della più ampia responsabilità sociale che l’impresa assume
verso il contesto in cui vive ed opera, prende quindi forma una sua specifica
responsabilità ambientale. Per il sistema impresa aprirsi a tale responsabilità
significa impegnarsi a perseguire quelle politiche, assumere quelle decisioni e
realizzare quegli atti di gestione capaci di garantire il rispetto dell’ambiente
ecologico e quindi la soddisfazione delle istanze sociali. Ciò presuppone, ad
evidenza, una profonda maturazione culturale di tale sistema, chiara espressione
dell’affermazione di una reale etica ambientale. E’ bene sottolineare che un
concreto, fattivo e responsabile impegno dell’impresa sul fronte della tutela
ambientale si dimostra con un atteggiamento attivo e propositivo che certamente
rifugge le convenienze momentanee per affrontare la situazione in maniera
sistematica e strutturata.
Capitolo 1 - Responsabilità sociale e gestione d’impresa
13
1.2 Le imprese tra economicità, socialità ed etica
Spesso in passato il rapporto tra economia e morale veniva accantonato o
ridotto in termini di dibattito su moralistiche esortazioni che non potevano
trovare alcun ambito di riferimento in campo economico, dove vigeva
l’imperativo che la massima “business is business” esprime perfettamente.
L’opinione prevalente riteneva il mercato in grado di stabilire se un’azienda, in
relazione o meno al successo riconosciutole, realizzava un’attività in grado di
soddisfare, attraverso prodotti e servizi più innovativi, i bisogni della collettività.
Il raggiungimento e il mantenimento di una posizione di equilibrio economico
era la dimostrazione che l’azienda svolgeva in modo adeguato la propria attività
anche in campo sociale.
Negli ultimi anni si è sviluppato un dibattito intenso che sostiene
l’inscindibilità degli aspetti tra problemi di scelta economici e problemi etici:
l’aumento degli squilibri sociali in una società in cui le disuguaglianze tra i vari
cittadini invece di ridursi tendono ad aumentare, la maggiore libertà d’azione
delle imprese legata al diffuso affermarsi delle tendenze liberalistiche e
dell’iniziativa privata, non può non far riflettere sul piano del comportamento
etico dell’azienda.
Come afferma Onida: “L’amministrazione dell’impresa in quanto è
volontaria attività dell’uomo associato, svolgentesi largamente nella sfera dei
beni economici e rivolta a fini umani, presenta gli aspetti dell’economicità, della
socialità e dell’efficienza in ogni suo atteggiamento ed in tutto il suo operare”18.
Non solo, esiste un ben preciso legame tra economicità, intesa come
presupposto dell’equilibrio economico, e socialità.
Da un lato, l’economicità, cioè “la capacità della gestione di mantenersi in
18
Onida (1961), pag. 57.