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INTRODUZIONE
L‟Islanda, un paese abituato alla solitudine, isolato nell‟oceano Artico, per secoli
popolo di pescatori, è diventato, nel giro di un decennio, il mito della finanza e del
nuovo miracolo economico. Miracolo che, tuttavia, ha avuto una vita molto breve,
infatti nel giro di pochi mesi, l‟Islanda è sprofondata in un incubo e da buon esempio
per gli altri paesi europei è diventato la rappresentazione del “male” incarnato nella
connivenza tra finanza e politica. Oggi, secondo un‟opinione assai diffusa, la nazione
costituisce ancora il nuovo miracolo, grazie alla via intrapresa per uscire dalla crisi
(Kreppa).
Chiunque approfondisca il tema della crisi economica dell‟Islanda può facilmente
capire come i media internazionali abbiano alcune volte strumentalizzato la Kreppa e
può rendersi conto, inoltre, di come essa sia stata presentata e trattata con molta
superficialità. Effettivamente lo studio e soprattutto l‟esperienza di ricerca sul
territorio hanno rafforzato in me questo pensiero e mi hanno chiarito le idee riguardo
ad un paese che erroneamente è stato preso prima come simbolo della crescita
infinita e poi della rivolta contro le banche e il Fondo Monetario Internazionale
(FMI). Ritengo, per questo, che sia stato molto importante e produttivo per il lavoro
che mi sono proposto, poter conoscere direttamente le conseguenze di un collasso
economico su uno Stato. L‟Islanda, in effetti, ha avuto gli stessi problemi che altri
paesi hanno già vissuto e probabilmente altri vivranno in futuro, tuttavia credo che
essa rappresenti un‟eccezione non solo per quanto riguarda le conseguenze che la
crisi ha provocato, ma anche per le soluzioni che ha tentato di intraprendere.
L‟Islanda rappresenta un ideale campo di ricerca perché, essendo una comunità
ristretta, gli effetti della crisi sono stati più facilmente visibili.
La mia decisione di scegliere questi contenuti per una tesi specialistica nasce, in
primis, dal fatto che la maggioranza dei saggi in italiano o in inglese hanno
analizzato la Kreppa prevalentemente da un punto di vista economico. Se da tale
punto di vista, infatti, la situazione dell‟Islanda non può essere paragonata a quella di
altre nazioni, ritengo, invece, che dal punto di vista sociale e politico essa potrebbe
essere considerata come un modello in scala ridotta di quanto si stia verificando in
6
altri paesi Europei che sono investiti da una crisi non solo finanziaria ed economica,
ma anche sociale e politica. L‟unica differenza tra l‟Islanda e questi altri paesi è che
l‟Isola si è sforzata di trovare delle risposte in questi anni, ricercando vie di uscita
originali, alla stregua dei problemi che ha vissuto. L‟interrogativo che viene
affrontato e analizzato nella seconda parte della tesi è proprio quello relativo a come
la crisi economica del 2008 abbia cambiato l‟Islanda. Esso costituisce il quesito
principale del lavoro svolto in Italia e completato effettuando attività di ricerca,
vivendo per circa tre mesi a Reykjavik.
La prima parte - costruita in modo teorico - riguarda la storia e il sistema politico del
paese; in essa si cerca di spiegare le cause della crisi, gli interventi attuati dalla
politica e, infine, le conseguenze in termini economici, sociali e politici. La seconda
parte del lavoro, invece, nasce direttamente dalla mia esperienza e riporta quanto
appreso dalla permanenza in questo paese, a contatto diretto con l‟Islanda e con gli
islandesi. In essa, in particolare, attraverso l‟osservazione diretta che mi ha permesso
di operare un‟opportuna scelta dei contenuti, ho affrontato e approfondito quegli
aspetti che, a mio avviso, la crisi ha maggiormente colpito e condizionato.
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CAPITOLO PRIMO
DALLO STATO LIBERO ALLA REPUBBLICA D’I S LANDA
1.1 Lo Stato libero d‘Islanda – 1.2 L‘Old Convenant (fine dello Stato libero)
1.3 La seconda indipendenza – 1.4 Il post seconda guerra mondiale
1.1 Lo Stato libero d’ Islanda
L‟Islanda è stato l‟ultimo paese in Europa ad essere esplorato. Il primo a raggiungere
l‟isola fu probabilmente, nel 330 a.c., il navigatore greco Pytheas, che nel suo diario
descrive una terra di ghiaccio e fuoco a circa sei giorni di navigazione dall‟attuale
Regno Unito. Questa terra prese il nome di Thule dall‟etrusco “tular”, confine. I
racconti degli esploratori che raggiunsero Thule, generarono il mito dell‟ultima
Thule, come fu per la prima volta definita dal poeta latino Virgilio, nel senso di
qualcosa di estremo, l‟ultima terra conoscibile. Nel corso dei secoli, “ultima Thule”
diventerà l‟espressione per indicare tutte le terre aldilà del mondo conosciuto.
Due libri sono fondamentali per conoscere la storia antica dell‟Islanda, il
Landnamabok (Libro dell‟Insediamento) e l‟Íslendingabók (Libro degli Islandesi). Il
Landnamabok racconta la colonizzazione dell‟Islanda da parte dei Vichinghi che
sbarcarono nel IX secolo nella baia di Reykjavík (baia fumosa); all‟epoca l‟isola era
già abitata da monaci irlandesi, che per non vivere accanto a uomini pagani
abbandonarono il territorio. Il manoscritto, di autore anonimo dell‟epoca medievale,
descrive i discendenti dei coloni originari e gli eventi più importanti della storia delle
varie famiglie durante il XII secolo. La maggioranza degli islandesi maschi era di
origine norvegese, mentre le donne arrivarono quasi tutte come schiave dalle isole
britanniche. Questi due ceppi consentirono la creazione nel tempo di una cultura
originale, sviluppatasi dalla fusione di quella celtica e di quella norrena
1
.
La popolazione islandese nacque, dunque, dall‟incrocio dei vari popoli presenti nei
paesi del nord Europa che cercarono rifugio su quell‟isola sperduta sia per
nascondersi sia per iniziare una nuova vita. Ma l‟opera più rilevante sulla storia
1
Cfr. A. Jonsson, Why Iceland? How one of the world‘s smallest countries became the meltdowns
biggest casualty, Mc Grow Hill, Milano, 2009, p.6
9
dell‟Islanda che è arrivata sino a noi è, senza dubbio, l'Íslendingabók. Il libro fu
scritto intorno al XII secolo dal religioso Ari Þorgilsson che, nell‟ultimo capitolo,
descrive la cristianizzazione dell‟Islanda voluta da Re Olaf I di Norvegia, quando
intorno all‟anno 1000 iniziò a inviare missionari sull‟isola.
La conversione al cristianesimo, tuttavia, non fu facile a causa del forte legame che i
primi abitanti avevano sviluppato verso il culto pagano. La religione, dunque, fu
motivo di scontro tra i nuovi arrivati cristiani e coloro che volevano rimanere legati
al culto originario, in particolare la situazione precipitò quando Re Olaf I di Norvegia
decise di dichiarare il Cristianesimo religione ufficiale del Regno. Tale decisione
stava portando rapidamente l‟Isola alla guerra civile. Ari Þorgilsson racconta che la
risoluzione del conflitto si ebbe quando il popolo scelse Þorgeir of Ljósavatn, un
sacerdote pagano di alto grado, uomo saggio e rispettato dai seguaci di entrambe le
religioni, concordando di seguire quanto lo stesso avrebbe indicato. La leggenda
narra che Ljósavatn decise in favore del cristianesimo dopo un giorno e una notte di
meditazione silenziosa sotto una coperta di pelliccia di pecora, arrivando ad un
compromesso in base al quale i pagani avrebbero potuto ancora praticare la propria
religione in privato - motivo per cui molte delle vecchie usanze sono state mantenute
e sono arrivate ai giorni nostri - e il cristianesimo sarebbe diventato la religione
ufficiale tutelata per legge
2
, scongiurando così il conflitto civile potenzialmente
disastroso. Il popolo seguì le sue parole e molti si battezzarono: ci sarebbero,
comunque, voluti decenni per vedere il cristianesimo diffondersi su tutta l‟isola. Al
contrario delle attese di Re Olaf, la conversione fu pacifica e la Chiesa entrò a far
parte del tessuto sociale della Nazione
3
(ancora oggi non esiste una formale
separazione tra Chiesa e Stato in Islanda). La conversione rappresentò l‟entrata
dell‟Islanda nell‟orbita della civiltà occidentale. Attraverso la Chiesa, infatti, gli
islandesi abbatterono la barriera che - salvo contatti saltuari con la madrepatria
norvegese - li aveva tenuti lontani dal resto del mondo. Si trattò di una vera e propria
rivoluzione che inciderà non solo sul credo di questa giovane colonia, ma anche sulla
sua organizzazione politica, sociale e, soprattutto, sulla sua cultura. Nell‟opera di Ari
Þorgilsson troviamo anche il racconto della nascita, nel 930, del Parlamento (Alþingi)
2
Cfr. R. Hjálmarsson, History of Iceland: From the Settlement to the Present Day, Forlagið
Publishing, Reykjavik:, 2009, pp. 20-36
3
Cfr.G. Karlsson, History of Iceland, University of Minnesota, Minneapolis, 2000, pp. 33-34
10
voluto dai capi delle famiglie più importanti. Oggi l‟Alþingi è considerato il più
antico Parlamento del mondo (condivide il record con il Parlamento siciliano) ed è
tuttora la massima istituzione dell‟isola
4
. Le sue riunioni avvenivano all‟aperto,
durante l‟estate, in un anfiteatro naturale a Þingvellir (pianura del Parlamento).
L‟epoca tra la nascita dell‟Alþingi e l‟inizio della dominazione norvegese è
considerata il periodo dello Stato libero islandese
5
. A circa cinquant‟anni dai primi
insediamenti, gli islandesi fondarono quella che oggi sarebbe definita una
federazione; la loro società, infatti, non aveva alcun Capo ma solo un‟istituzione
rappresentativa centrale con il compito di legiferare. Il paese era diviso in 39
circoscrizioni chiamati goðorð, ogni goðorð non identificava un territorio ma un
clan, la maggior parte delle volte nomade, che eleggeva un rappresentante per
l‟Alþingi, il goði considerato l‟istituzione massima di ogni goðorð. Il goði guidava il
suo clan e risolveva le dispute giudiziarie secondo la legge dell‟assemblea di
Þingvellir. L‟appartenenza ad un goðorð era una scelta individuale ed ognuno poteva
cambiare goðorð a suo piacimento. Il potere di colui che era a capo del clan trae la
sua origine dal periodo pagano, quando chi deteneva questa carica aveva oltre al
potere politico anche quello religioso: il nome stesso goðar deriva da quello dei
templi presenti in epoca precristiana detti hofgoði
6
.
Dopo l‟istituzione dell‟Alþingi, un altro passo importante per l‟Islanda si ebbe nel
1015, con la suddivisione del suo territorio in quattro quadranti, ordinati secondo i
punti cardinali, in ognuno dei quali era prevista un‟assemblea locale chiamata Corte.
Il sistema venne modificato poco più tardi attraverso la nascita di una quinta Corte
chiamata Fimmtardómur. Essa svolgeva i compiti di una moderna Corte Suprema,
operava presso l‟Alþingi e coordinava, come Corte di secondo grado, le quattro Corti
locali. Sempre durante il periodo dello Stato libero, fu importante l‟istituzione delle
Hreppur, le prime unità amministrative in cui si organizzò la società. Le Hreppur
erano delle immense fattorie che dovevano essere autosufficienti, a causa
dell‟impossibilità, in quel periodo, per Islanda di avere scambi commerciali. Inoltre,
l‟unione delle forze era l‟unico metodo di sopravvivenza in una terra così poco
4
Cfr. G. Halfdanarson, Historical dictionary of Iceland, Scarecrow Press Inc, Lanham, 2008, p.11
5
Si veda Gunnar Karlsson, How and why is the history of Iceland divided into periods? The Icelandic
Web of Political Science, in www.why.is/svar.php?id=4785, 5 Marzo 2005
6
Cfr. R. Cleasby,G. Virgfusson, An Icelandic-English Dictionary, 1874, p. 208
11
fertile. Tali istituzioni permettevano anche di mantenere l‟ordine sociale, visto che
ogni Hreppur si autogovernava ed il reggente eletto era chiamato hreppstjorar
7
. Esse
rappresentavano il tratto tipico della cultura antica islandese: l‟isolamento e
l‟autorganizzazione. Questa realtà tipica dell‟Islanda, col tempo scomparve
principalmente a causa delle varie dominazioni straniere, che, ovviamente, non
potevano sopportare la presenza di un potere indipendente a livello locale e, in
secondo luogo, per l‟evoluzione della società e dell‟economia che portò a sminuire il
ruolo della campagna.
La Hreppur, ad ogni modo, sopravvisse fino al XX secolo, quando il governo,
attraverso un piano di ridistribuzione delle terre volto a incentivare una sorta di
capitalismo agricolo e a scardinare gli ultimi residui di una società agraria fortemente
gerarchizzata, ne segnò la definitiva scomparsa
8
.
1.2 L’old convenant (fine dello Stato libero)
Con il passare del tempo, il modello federale (Alþingi e le assemblee locali dei
goðar) affermatosi nel 930 non bastò più a mantenere l‟ordine. Quella Repubblica,
nata sotto il motto “l‟Islanda è governata da leggi non dal re”
9
, che si vantava di
essere in grado di risolvere tutti i suoi affari attraverso la giurisprudenza dei goðar,
purtroppo non era più sufficiente. L‟assenza di un potere esecutivo centrale che
avesse la forza necessaria per mantenere l‟ordine su tutta l‟isola fu determinante
quando, in sua mancanza, non si riuscì a gestire i disordini scoppiati tra le più
importanti famiglie islandesi in lotta per l‟egemonia. Nel XIII secolo, l‟Islanda
assistette ad una vera e propria guerra civile, che dalla storiografia dell‟isola è
ricordata come l‟età degli Sturlungar (Sturlungaöld). Gli Sturlungar erano la
famiglia più potente dell‟epoca, oltre ad essere vassalli del Re di Norvegia, il quale
attraverso di essi voleva raggiungere l‟obiettivo di dominare l‟Islanda. L‟idea era che
qualora gli Sturlungar fossero stati sconfitti, il Re - chiamato dalle famiglie in lotta -
sarebbe intervenuto per riportare l‟ordine, assumendo il ruolo di salvatore.
7
G. Halfdanarson, op.cit., p. 36
8
Cfr. G. Magnùsson, Wasteland with words, Reaktion Books, London, 2010, pp. 24-26
9
G. Karlsson, op.cit., pp. 83-86