La repressione penale del riciclaggio Tesi di Laurea di Francesco La Mattina
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Capitolo I
Il reato di riciclaggio: genesi ed evoluzione. La normativa
vigente.
1. Introduzione
Il delitto di riciclaggio mal si presta ad essere ricondotto ad una
serie tassativa di comportamenti, e può identificarsi con qualsiasi
operazione, o complesso di operazioni, idonei a mascherare l’illecita
provenienza di denaro, beni od utilità, onde consentirne l’impiego in
attività economico-produttive legali. E’ stata proposta la seguente
definizione: “procedimento attraverso il quale qualcuno nasconde
l’esistenza, la fonte illegale, o l’illegale utilizzo di redditi e proventi,
e poi camuffa gli stessi per farli apparire legittimi”
1
Il fenomeno del riciclaggio e l’insieme delle attività legate ad esso,
tendenti a “ripulire” il denaro sporco, occultando la sua provenienza
delittuosa, ha assunto nel tempo proporzioni rilevanti, non piø
limitate ai singoli confini nazionali. Un rapporto elaborato nel
febbraio del 1990 da una “Task Force” di azione finanziaria,
istituita nel 1989 nell’ambito del vertice di Parigi del G7, e
composta dai rappresentanti di quindici nazioni ad alta
1
President’s Commission on Organizzed Crime, The Cash Connection: Organized Crime, Financial
Istitutions, and Money Laundering. Interim Report to the President and the Attorney General, Washington
D.C., 1984.
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industrializzazione,
2
ha stimato in 85 miliardi di dollari il giro
d’affari annuo dei proventi da traffico di stupefacenti disponibile
per il riciclaggio ed il reinvestimento in Europa e negli U.S.A.
Oggi, l’esigenza di fronteggiare tale reato, è divenuta una delle
priorità assolute degli ordinamenti statali, anche e soprattutto per via
dei suoi stretti legami con la criminalità organizzata. Le
organizzazioni criminali hanno saputo infatti valersi della nuova
realtà socio-economica derivante dall’Unione Europea e degli effetti
della c.d. “globalizzazione dell’economia mondiale”, per interferire
in modo sempre piø pregnante sull’organizzazione e sul libero
sviluppo dei mercati.
L’attività di contrasto al riciclaggio si presenta dunque complessa e
laboriosa, ed appare necessario l’impegno congiunto delle autorità
politiche nazionali e sovranazionali, delle imprese, del sistema
finanziario, del legislatore e di tutti i cittadini; il riciclaggio infatti,
sebbene sempre piø invasivo e trasformista, potrebbe costituire
l’anello debole della struttura della criminalità organizzata, visto
che resta comunque difficile rimettere in circolazione e reinvestire
somme ingenti senza dare nell’occhio. Dagli investimenti sospetti,
ricostruendo fase dopo fase i movimenti dei capitali di dubbia
provenienza, si potrebbe giungere alla dimostrazione della loro
origine illecita, colpendo in tal modo i destinatari di tali ricchezze: i
vertici delle organizzazioni criminali.
2
FINANCIAL ACTION TASK FORCE ON MONEY LAUNDERING, Report, Parigi, 7 febbraio 1990. Il
numero degli Stati che fanno parte del FATF (in italiano GAFI: Gruppo d’Azione Finanziaria) è salito fino a
superare le venti unità nel 1994.
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2. La fattispecie penale di riciclaggio e la sua evoluzione
normativa
Il riciclaggio si compone di piø fasi in successione. In dottrina,
nel corso degli anni ’80 e ’90, si sono avvicendati due modelli di
suddivisione. Il primo prevede due momenti del riciclaggio: il
“lavaggio” (money laundering), consistente nelle operazioni a breve
termine dirette a mascherare l’origine illecita del denaro o del bene,
e l’ “impiego” (recycling), che si concreta in manovre a medio
lungo termine volte a reintrodurre i capitali ripuliti nel ciclo
economico lecito. Questa tradizionale bipartizione
3
ha ispirato molte
discipline penali di antiriciclaggio, compresa quella italiana che
prevede una fattispecie di “riciclaggio” (art. 648 bis C.P.), ed una di
“impiego” di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto (art.
648 ter C.P.).
A partire dagli anni ’90 la dottrina internazionale ha però preferito
un secondo modello che prevede la scomposizione del delitto di
riciclaggio in tre fasi: “placement”, “layering” e “integration”
4
.
Il “placement” è il piazzamento o collocamento materiale dei
proventi del reato (ad es. contanti ricavati dallo spaccio di
stupefacenti in strada) presso istituzioni od intermediari finanziari
tradizionali e non, direttamente nel mercato od all’estero; il
“layering” (lett. “stratificazione”) che si concreta nel compimento di
3
Per questo modello di suddivisione PECORELLA, “Denaro (sostituzione di)”, in Digesto/Pen., vol. III,
Torino, 1989, 369.
4
Per questa tripartizione si veda SAVONA-DEFEO, Money Trails: International Money Laundering Trends
and Prevention/control Policies, rapporto presentato alla Conferenza internazionale sulla prevenzione ed il
controllo del riciclaggio e l’impiego dei proventi da reato, Courmayeur 17-20 giugno 1994, oppure,
COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, Il Reparto operazioni, Ufficio Operazioni, Il
Fenomeno del Riciclaggio, Roma, 1992, 55.
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una serie di operazioni finanziarie dirette a separare il capitale dalla
sua origine illecita: in tale fase, specie nei circuiti internazionali,
interviene l’operato dei professionisti dell’alta finanza capaci di far
viaggiare “on line” i capitali illeciti, attraverso le istituzioni
finanziarie di mezzo mondo con preferenza verso i c.d. paradisi
fiscali “off shore”.
L’ultimo momento di questa tripartizione è definito “integration”
poichØ in esso sono presenti tutti gli sforzi compiuti per consentire
l’integrazione dei capitali di origine delittuosa nei circuiti economici
leciti.
2.1. Il “delitto di riciclaggio” nel D.L. 21 Marzo 1978 n° 59
Ancor prima dell’introduzione di una norma penale “ad hoc”, in
Italia venivano già perseguite penalmente condotte in qualche
maniera riconducibili al riciclaggio. La presenza nel codice dell’ art.
648 C.P. (ricettazione), insieme alle ipotesi di favoreggiamento
reale e personale e di incauto acquisto, permettevano una certa
tutela, anche se non del tutto adeguata, nei confronti di
comportamenti idonei a confondere le tracce dell’origine delittuosa
di denaro o valori. Il legislatore italiano decise nel 1978, in anticipo
rispetto alle normative di altri stati, di inserire nel codice penale una
previsione diretta esplicitamente a sanzionare le condotte di
riciclaggio. Il periodo storico era particolarmente travagliato e la
norma era diretta a contrastare il preoccupante sviluppo
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“dell’industria dei rapimenti e dei ricatti”
5
, mirando “ad impedire il
rientro nella legalità dei proventi illeciti specificamente derivanti dai
sequestri estorsivi e dalle rapine”
6
.
La norma era formulata come “fattispecie di particolare
ricettazione”, sotto la rubrica “Sostituzione di denaro o valori
provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di
persona a scopo di estorsione”. Fin dall’inizio la sua struttura
apparve insufficiente a predisporre un’adeguata tutela contro il
riciclaggio. La fattispecie era costruita in termini di attentato, e
quindi veniva punito solo il compimento di atti o fatti diretti alla
sostituzione del denaro o valori di provenienza illecita con altro
denaro o valori; inoltre, i sequestri estorsivi e le rapine erano i soli
delitti-presupposto, e non vi rientravano una serie di reati come ad
es. il traffico di stupefacenti, la concussione, la corruzione, di per sØ
idonei a generare proventi illeciti. L’elemento psicologico era
caratterizzato da un dolo specifico alternativo, di ricettazione o di
favoreggiamento reale (“al fine di procurare a sØ o ad altri un
profitto o di aiutare gli autori dei delitti suddetti ad assicurarsi il
profitto del reato”)
7
.
5
FIANDACA-MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, Vol. II, tomo secondo, 2^ ed., Bologna, 1996, p. 235.
6
FIANDACA-MUSCO, op. loco cit.
7
Ampia la letteratura sulla versione originaria della norma. Si vedano, tra gli altri, PALAZZO, La recente
legislazione penale, Padova, 1981, 144 ss.; DALIA, L’attentato agli impianti e il delitto di riciclaggio,
Milano, 1978; REINOTTI, “Ricettazione e riciclaggio”, in Enc. dir., XI, Milano, 1989, 461 ss. .