I
INTRODUZIONE
La rivolta dei Mau Mau ebbe luogo in Kenya tra il 1952 e il 1960. Fu un conflitto tra i popoli
kenyoti, principalmente tra i Kikuyu e la Gran Bretagna. Il Kenya era una colonia britannica
dal 1920, ma sotto il suo formale controllo fin dal 1895. Nei circa 70 anni del loro dominio gli
inglesi cambiarono l’ambiente e le relazioni tra i popoli costruendo un'unica entità politica
fortemente accentrata. Per comprendere i motivi della ribellione degli anni ‘50 è risultato
opportuno descrivere la situazione della colonia nei periodi antecedenti. Particolarmente
significativi furono i periodi che videro i kenyoti combattere a fianco degli inglesi per gli ideali
di libertà e democrazia contro le dittature. I Mau Mau esprimevano il disagio di molti kenyoti
nell’accettare l’espropriazione della terra e l’imposizione di metodi di coltivazione contrari alle
loro tradizioni e alla loro libertà di mantenere i costumi degli antenati. Essi miravano anche a
ripristinare la superiorità e il dominio precoloniale soprattutto dell’orgogliosa etnia dei Kikuyu.
Negli anni Quaranta furono presi di mira gli africani che lavoravano per il governo coloniale e
nel 1952 la situazione si deteriorò al punto da imporre la dichiarazione dello stato di emergenza
da parte degli inglesi. I ribelli fuggirono nella boscaglia dandosi una struttura militare. Gli
attacchi sia contro i bianchi che contro i nativi fedeli ai britannici crearono seri problemi alla
polizia e all’esercito che spesso vennero sopraffatti. È questo il momento nel quale i guerriglieri,
con i loro giuramenti tra sacro e profano, alimentarono un mito positivo per alcuni e fortemente
negativo e feroce per altri, mito amplificato e in qualche caso deformato da un sistematico
utilizzo di tutti i possibili canali di informazione. Vennero dunque chiamati, anche su
sollecitazione dei coloni bianchi, consistenti rinforzi dai britannici e avviata una campagna di
repressione breve ma brutale. Gli inglesi risposero alla ribellione dei Mau Mau, la cui tattica
era principalmente la guerriglia, in tre modi: in primo luogo trasferirono fuori dalla città di
Nairobi tutti i possibili combattenti e simpatizzati dei Mau Mau per bloccare i rifornimenti di
armi e di viveri ai combattenti della foresta. In secondo luogo avviarono una riforma agraria
poiché la distribuzione della terra era una delle principali cause di malcontento tra i Kenyoti.
Infine attuarono un piano di reinsediamento chiamato programma di villaggizzazione. Questo
programma sarebbe sopravvissuto agli altri poiché i Kenyoti, principalmente di etnia kikuyu,
erano ospitati ovunque, dagli insediamenti ai campi di concentramento a seconda delle loro
inclinazioni rivoluzionarie. Nel corso della guerra vennero compiuti diversi massacri da
entrambe le parti che provocarono la morte di molti civili. La ribellione dei Mau Mau esacerbò
conflitti sia a livello inter-etnico che intra-etnico. Gli inglesi sfruttarono queste differenze a
II
proprio vantaggio. Queste divisioni non sono del tutto scomparse anche dopo l’indipendenza
del Kenya nel 1963. Dalle dichiarazioni raccolte ai nostri giorni tra quanti combatterono nelle
file dei Mau Mau e quanti invece a fianco dei britannici risulta evidente che gli uni e gli altri
furono animati da forti convinzioni e motivazioni. Tutti sono pienamente convinti di essersi
battuti per una giusta causa. Per questo motivo si è cercato di comprendere ciò che fa credere
ancora oggi ai kenyoti degli opposti schieramenti di poter essere orgogliosi di quanto fecero
negli anni ‘50. In questo studio si è dunque tentato di sintetizzare il pensiero politico delle
diverse parti e le ragioni profonde di contrasti tuttora irrisolti. Nel 2012 la Gran Bretagna ha
ammesso alcuni crimini di guerra avvenuti durante la rivolta e ha risarcito alcune vittime senza
peraltro offrire scuse formali. Proprio il tema delle mancate scuse è ancora attuale, tanto da
essere stato riproposto, anche nel 2023, durante la visita in Kenya del Re Carlo III. Da un punto
di vista storico gli studiosi non sono tutti d’accordo sul fatto che la lotta dei Mau Mau sia stata
decisiva per il percorso di indipendenza del paese. Gli stessi kenyoti hanno avuto e hanno
tutt’ora difficoltà a collocarlo nella loro storia nazionale. Il conflitto, del resto, è stato allo stesso
tempo una guerra di liberazione e una guerra civile che ha visto contrapporsi soprattutto africani
contro africani. Indipendentemente dalle diverse interpretazioni la rivolta, episodio
emblematico del colonialismo, appare particolarmente interessante per la sua storia complessa
e ricca di sfumature che si è cercato di ricostruire nelle sue linee essenziali partendo dall’inizio
dell’esperienza britannica in Kenya fino ai tempi più recenti. Le fonti utilizzate sono di natura
molto varia: innanzitutto si è fatto ricorso a ricerche e saggi svolti da autori che hanno affrontato
l’argomento da approcci diversi (storico, militare, antropologico, economico). Dall’esame dei
testi consultati emergono numerose e interessanti prospettive di studio: da quella dei contadini
privati della terra e costretti a lavorare per i coloni, alla trasformazione dei metodi di produzione
agricola, dai profondi cambiamenti negli usi e costumi della popolazione, alla composizione
etnica e sociale del movimento, dagli obiettivi della rivolta, alle tattiche militari dei belligeranti.
Nella documentazione raccolta vengono riportate anche significative interviste ai protagonisti
della guerra impegnati su opposti fronti. Una parte importante del materiale è costituito dai
documenti contenuti negli archivi britannici e resi pubblici solo da poco. Un’ulteriore categoria
di fonti è rappresentata da articoli giornalistici e da siti web in considerazione del fatto che della
storia dei Mau Mau ancora si parli e si discuta. Infine sono state esaminate le sentenze e i pareri
legali relativi alle cause intentate dalle vittime della repressione al governo inglese. Su
quest’ultimo aspetto, che implica valutazioni sul piano storico, etico e giuridico, si è allargato
l’approfondimento in relazione ai diversi punti di vista sugli eventuali obblighi risarcitori delle
ex potenze coloniali.
1
CAPITOLO 1: LA POLITICA COLONIALE IN KENYA
1.1 La progressiva emarginazione delle popolazioni indigene
La spartizione dell’Africa, chiamata convenzionalmente “Scramble for Africa”, ha costituito
uno dei processi più discussi della storia moderna. Le potenze europee tra le quali Gran
Bretagna, Francia, Germania e Portogallo si dividevano nel Congresso di Berlino del 1884-85
l’intero continente. Si trattava del primo passo nella creazione di territori che avrebbero diviso
le etnie e le reti commerciali. Gli europei erano convinti di portare la luce nel continente nero
in nome di una “missione civilizzatrice”. Secondo loro i nativi non avevano ancora raggiunto
un punto sufficiente sulla scala evolutiva per poter prendere decisioni in proprio. Tale
atteggiamento rimaneva relativamente immutato anche per gran parte del ventesimo secolo.
Questo era l’imperialismo culturale per eccellenza, questo era “il fardello dell’uomo bianco”
1
.
Dieci anni dopo la fine del Congresso di
Berlino, l’impero britannico, occupava
una vasta porzione dell’Africa Orientale
che comprendeva un territorio
corrispondente grossomodo a quello
dell’attuale Repubblica del Kenya
2
.
Nell’Agosto del 1896 il governo
coloniale decideva di dare il via alla
costruzione di una linea ferroviaria
chiamata “Uganda Railway” che avrebbe
collegato il porto di Mombasa in Kenya
con i territori più interni dell’Uganda. Lo
scopo principale del progetto era quello
di proteggere militarmente i
possedimenti britannici dalle mire
espansionistiche della Germania
interessata al controllo delle sorgenti del
1
L’ i d e a c h e g l i inglesi stessero portando la civiltà nelle aree “incivili” del mondo è espressa nella poesia di Rudyard
Kipling “The white man’ s burden” 1899.
2
Il territorio che divenne il Kenya era stato occupato con riluttanza dalla Gran Bretagna, non per le risorse che
conteneva, ma perché si trovava tra l’Uganda, già sua colonia e il mare R.A. Frost, “Sir Philip Mitchell, Governor
of Kenya.” African Affairs 78, no. 313, Oxford University Press, Oxford, 1979 p.535
http://www.jstor.org/stable/721757.
I
ZZ
uf
a
z:
J
E
@
@
!
a
o
V
=
z
I
z
\1
z
É,
§.
u!
sf
o\
rn
o\
I
z
I-lJ
Y
u-
Z
o
J
o
I
o-
=
I
=< é@\
6o
@-
@H
-w
.t".., s>
"'''6..-r"'i
+'
-"*''
It
C)
"d
o
Li
ql
tr
èo
É
d
a
t<
o
)
=
,J
r=
(c
c0
()
t-
ci
è!
-
It
A.
l,)
1(+
,r7
1-
) .t:
t>'
J>
d
't.
x9
3È
'i
cn
()
(r:
5.
?(
()
é(
A'r
-dt
o)(
o
€
o
tr
q
chl
,(s
lÈ
1d
)o0
)a
;B
)^
DO
ih
D'2
\à
9É
o" -c
o.o
i,d
>-X
CC)
iDE
VÉ
d6)
6q
.d(!
.v^ ><
o
Hr\
'o(
t:C
,tT
);
)o,
Je(
)Òl
a .'.
-.,1 ti
3IJ P
dO
'- (-)
C§^
rro
_()
(, t-{
ts6
s
&É
E>()
>'u
rF) o"
(H)
oa
7=
ld
-() 6)
=V
a.é
,AL
Èc
ot
.^ c
A!
g"
«J'
iÉ1
t\
. o-
3
-.,r
io
io
DO
)O tr
3É
abo
o
9iA
o:i
€E
C)
5e
3>
(t \-/
o>
bì
()
Fr -
(,)
:^È
A ."_
(È
hl
C,)
é0
-=(
iÉi
,€
[
lco
rH-
i'-.
lAi
-()
JòO
163
>l
nO
o
$6
()0)
+L
(§i.
Ò
oc)
-> .=
oC
->
(n
>,F
§i
È^*
c
a
cS;
o.ì
B]
a
o'
ca
li
tà
)r -d
L
oò
Its
)a
)oB
9-
j6
)o
pi
-c5
H
2a
É9
*ts
l3 >-
;: tt
2a
bC§
Éio
É
cùa
èo _!
';^ C
)ll
1ì3 )
ial
i (,.'I
, 6)-
.()E
io9,
i *r
Éoo
3.!r
o ts.
C)
?6)
9d
0)=
Ébo
H!
àbÉ
co()
Éo
0)
o.
€!
d(n
6)a
ox
6J2
:eE
'ii
c
.§b
())r
Lr
ot
.2'+
à6
Frt
dl*
5qE
()
.-,1 (
É+
(n
(-)
C)
bo
li
o
o
€:
()
-o
0)
br)
cO
.d
gr lr
C)
9.: É
ÈE U
Ji
'rj
o
(§3>
- -o
c-r
.,de
o);i
98s É
ÈFÉ
()É
EBb
o/H
t)
/ Si
-
L w
tsd9
oÈ
o
i^ 6)
; E€
,!2 ()
6) '!i cn
>$/(Ù
e6 ii o.r
=/ à!ò. ,9
.o)
"iE
P
à
(Bp
a
^É L-A
BE É
99
o
a€
ÈÀ
*ào>\
o'É s
e
>.6
é O.=
=^(u
.=oÒ
r.E
cd<
E
9-
É
É a 6).!l
'= FE Jl Ò0
,ì .:
ALV
ÈÈÈ E?BEsÈÉEB:E
Eie eetAÉE eE€ ÈÉ
i ÉlÉs'ÉÉgEsÉr;*g
É l§agàLgiAÉt?ÈBE
3 §§1EB:?:gE;$1
E.E
ɧa§à:ÉgtetÉggeE
t?i:!;;E;gesg;É
§?È?EEEÉEÉÉ;?Eà
=
!iilt:zÉEEE§§EÉs
u
IJJ
J
Ji
-.
Cartina della colonia del Kenya
Fonte: Nick Van Der Bijl, Mau Mau Rebellion
2
Nilo. La ferrovia, infatti, avrebbe consentito, in caso di necessità, un rapido spostamento di
truppe e armamenti per contrastare ogni tipo di possibile invasione. Un'altra finalità perseguita
era quella di favorire la conversione delle popolazioni indigene al cristianesimo mettendo a
disposizione dei missionari un mezzo di trasporto in grado di raggiungere molti villaggi della
colonia
3
. L’impresa, tuttavia, si era dimostrata ben presto più costosa del previsto, sia in termini
di vite umane che in termini economici. Più di trentamila operai indiani morirono per le malattie
contratte e per i numerosi incidenti tra cui attacchi da parte dei leoni. I costi complessivi
dell’operazione ammontavano secondo alcuni a 6.5 milioni di sterline dell’epoca
4
secondo altri
a 5.5 milioni
5
. L’opinione pubblica inglese non comprendeva la scelta del governo coloniale
che venne apertamente criticata dai giornali per lo sforamento del budget e per le orribili storie
di leoni mangiatori di uomini. Fu così che la ferrovia venne ironicamente rinominata dagli stessi
tabloid “Lunatic Express”. Al fine di rientrare, almeno in parte, nelle spese sostenute per la
costruzione della ferrovia, non si sarebbe potuto fare affidamento, secondo il primo
commissario dell’Africa Orientale Britannica, Charles Eliot, sulla popolazione indigena, troppo
esigua di numero e soprattutto troppo povera per poter utilizzare la linea pagandone il biglietto.
In realtà il numero di indigeni che vivevano lungo il percorso della ferrovia era diminuito in
modo considerevole perché le terre erano state espropriate con la violenza ai Masai e ai Kikuyu
proprio per la realizzazione dell’opera. Il governo britannico decideva di favorire
l’insediamento di coloni allo scopo di garantire lo sviluppo economico del territorio. Veniva
così avviata una capillare propaganda per convincere britannici e coloni sudafricani a trasferirsi
nelle fertili vallate del Kenya che offrivano buone prospettive di guadagno. La campagna di
propaganda aveva avuto successo inducendo molte persone a trasferirsi nella colonia in cerca
di fortuna. I nuovi coloni che affluivano in Kenya appartenevano principalmente a due classi
sociali: piccoli agricoltori e aristocratici. I piccoli agricoltori, provenienti dal Sud Africa,
portavano i loro ideali razzisti privando ulteriormente di terra i nativi. Gli aristocratici che
provenivano invece dall’Inghilterra facevano parte di una nobiltà fortemente indebolita da un
punto di vista economico. Nel solo 1905 arrivavano più di tremila coloni che avrebbero portato
3
Per M. Green in Mau Mau Oathing Rituals and Political Ideology in Kenya: A Re-Analysis Africa: Journal of the
International African Institute V ol. 60 No. 1, Cambridge University Press, Cambridge, 1990 p.70 DOI:
https://doi.org/10.2307/1160427 la ferrovia avrebbe avuto anche scopi commerciali: “All'inizio del XX secolo, il
completamento della ferrovia apri l'interno del Kenya allo sfruttamento commerciale. La politica del governo
britannico era quella di creare un'economia di coloni in grado di esportare prodotti in quantità sufficiente a
giustificare alti livelli di investimento”.
4
C. Elkins Britain’ s Gulag. The brutal end of empire in Kenya, Bodley Head, Londra, 2014 p. 2.
5
T. Askwith in From Mau Mau to Harambee, African Studies Centre University of Cambridge, Cambridge, 1995
p. 34
3
con loro negli altopiani del Kenya tutto il necessario per ricreare lo stile di vita britannico
6
(vedi
tabella 1.1). Nel 1906 veniva istituito il Dipartimento dell’Agricoltura per favorire lo sviluppo
di piantagioni. Il mais, il caffè e il grano si affermavano gradualmente come colture intensive
di produzione primaria. Gli agricoltori europei chiedevano e ottenevano, per aumentare la
produzione delle piantagioni, vari servizi di supporto come stazioni di ricerca e un sistema di
classificazione certificata. Ciò contribuiva a modernizzare l’agricoltura del paese modificando
tuttavia le tradizioni e la cultura dei nativi
7
. In quel periodo vivevano nel paese tre principali
gruppi autoctoni: i Bantù, i Luo e quelli nomadi. I Bantù (Kikuyu, Kamba e altre etnie affini)
erano agricoltori. I Luo erano invece prevalentemente allevatori, così come i nomadi che
comprendevano, tra gli altri, i Masai
8
. Sebbene tutte i gruppi etnici venivano influenzati dal
dominio coloniale, nessuna soffriva una trasformazione così intensa come i Kikuyu. Questa
etnia infatti, era pesantemente colpita dalle pratiche di alienazione ed espropriazione delle terre.
I Kikuyu persero circa sessantamila acri di terra fertile nei pressi di Nairobi; tentarono allora di
fare ritorno nel territorio dei loro antenati, posto sugli altopiani ma anche qui trovarono settlers
già insediati. I Kikuyu si lamentarono della perdita, per loro devastante, delle terre, ma non
ricevettero alcun sostegno dal governo coloniale. Ad ottenere garanzie, al contrario, furono i
settlers che si videro riconoscere il pieno ed esclusivo possesso degli altopiani
significativamente rinominati “White Highlands” ai cui margini i kikuyu si ridussero a vivere
9
.
C’era anche un problema di scarsità di forza lavoro. Proprio questo era uno dei problemi che
dovettero affrontare i settlers che avevano difficoltà a convincere le popolazioni indigene a
lavorare per loro. I settlers non avevano solo bisogno di una manodopera a basso costo ma
anche di contadini esperti nella coltivazione delle terre africane. Nella tradizione dei Kikuyu,
tuttavia, un uomo per essere considerato, tale doveva possedere della terra e non limitarsi a
coltivare la terra altrui. Il concetto di lavoro salariato e di denaro non era nemmeno concepibile
nella cultura Kikuyu che considerava la terra come l’unica fonte di sostentamento possibile. Per
risolvere il problema dei settlers che necessitavano di manodopera venne approvato un
complesso insieme di leggi volte a controllare ogni aspetto della vita dei Kikuyu. In particolare,
6
C. Elkins Britain’ s Gulag. The brutal end of empire in Kenya, Bodley Head, Londra, 2014 p. 10
7
A. Thurston Smallholder agriculture in colonial Kenya the official mind and the swynnerton plan, Cambridge
African monografes studies centre, Cambridge 1987 p.4
8
T. Askwith in From Mau Mau to Harambee, cit p.27
9
Nel suo lavoro D. Anderson, Histories of the Hanged. The Dirty War in Kenya and the End of Empire, Londra,
We i d e n f e l d N i c o l s o n , 2 0 0 5 p.12 sottolinea che “I coloni avevano rivendicato per la prima volta nel 1902 le fertili
colline intorno a Nairobi. Nel 1914 gli agricoltori Kikuyu si trovarono sempre più circondati dalla presenza degli
europei. Un senso di miseria causata dell’espropriazione e dall’alienazione sarebbe cresciuto gradualmente fino a
raggiungere il suo apice a partire dagli anni trenta”.