LA RELIGIONE DEI PELIGNI
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“geografia sacra” dei Peligni, intesa come la dislocazione spaziale dei luoghi di
culto (santuari, templi, ecc.).
Nel terzo ed ultimo capitolo – “Persistenze e trasformazioni” – ho
cercato di far riflettere su come alcune tradizioni e manifestazioni religiose
presenti attualmente o nel recente passato in territorio peligno possano
apparire come relitti di usanze più antiche e su come, inconsapevolmente, i
Peligni di oggi tengano vivo il ricordo della religiosità degli antichi progenitori.
Le due Appendici vanno intese come integrazioni necessarie alla piena
intelligenza del lavoro svolto: la prima (A), infatti, è una silloge delle
testimonianze epigrafiche note sull’argomento, mentre la seconda (B) si
compone di una serie di schede in ognuna delle quali viene illustrato un luogo
di culto, una completa trattazione del quale all’interno del capitolo dedicato
avrebbe oltremodo appesantito la struttura del capitolo stesso. L’Appendice B
presenta inoltre due sub-appendici che trattano “I luoghi della tradizione” (C)
e “I luoghi ‘sconosciuti’ ” (D).
Nelle Tavole delle illustrazioni sono state inserite quelle immagini
ritenute utili alla comprensione degli argomenti trattati, con l’intenzione,
tuttavia, di non dar loro uno spazio eccessivo, per non appesantire troppo
l’insieme.
Nella nota bibliografica sono riportati i testi citati all’interno della tesi
con lo scioglimento della sigla relativa, avendo adottato per la citazione il
sistema cognome autore – data (se ad un autore appartiene un solo testo è
stata omessa la data).
CAPITOLO 1.
IL PANTHEON PELIGNO E I MINISTRI DEL CULTO.
LA RELIGIONE DEI PELIGNI
7
1.1 Ercole.
Il culto più sentito dagli abitanti del territorio peligno, sia per attestazioni
epigrafiche che per quantità di materiali votivi rivenuti, era sicuramente quello
di Ercole, che, con l’epiclesi “Curino”1, è considerato da G. Devoto il “culto
nazionale dei Peligni”2. Esso era sicuramente legato alla transumanza ed alla
cultura pastorale ed il cospicuo numero di attestazioni epigrafiche, “che
permettono di far risalire ad epoca remota il fenomeno”3, ci fanno conoscere
l’eroe sotto tre aspetti: un Ercole, per così dire, “semplice” (cioè senza epiteti
particolari)4, un Hercules Victor5 e, infine, un Hercules Curinus (o Quirinus)6.
La testimonianza epigrafica più antica della diffusione di questo culto
(l’unica ancora in dialetto peligno) proviene da Molina Aterno (cfr. Appendice
A, n. 1)7 ed in essa troviamo ricordati i due (o tre8) personaggi che si
occuparono di curare la costruzione di un fanum9 in onore di Ercole sulla
sponda sinistra del fiume Aterno (“Herculi fanum faciendum curaverunt”10). Dallo
stesso luogo proviene anche una seconda iscrizione (questa in lingua latina11)
apposta da Sesto Vibio Caro in ringraziamento, evidentemente per una
“grazia” ricevuta dal dio.
Peculiarità di Ercole è che “egli non risiede nei templi ma ‘fausto si
manifesta’ e il giorno della sua festa, in cui si sciolgono i voti, è presso i peligni
1
Per la quale v. infra.
2
DEVOTO, p. 199.
3
POCCETTI 1982c, p. 27.
4
Cfr. Appendice A, nn. 1, 15, 16a, 17, 18, 22.
5
Cfr. Appendice A, nn. 16b, 19, 23 (?).
6
Cfr. Appendice A, nn. 20, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29.
7
L’interpretazione dell’epigrafe è quasi unanime, fatta salva qualche sfumatura nel significato da
attribuire al termine upsaseter:
A) a...... T. Nonius L. Alfius C. (f.) Herculi fanum operaretur curauerunt. (BOTTIGLIONI, p. 334).
B) A...... T. Nonius L. Alfius C. (f.) Herc. fanum fieret curauerunt. (JIMENEZ ZAMUDIO, p. 41)
C) A...... T. Nonius L. Alfius C. f. Herculi fanum fieret curaverunt. (PISANI, p. 118).
D) ... (?) T. Nonius L. Alfius C. (f.) Herc(ulis) templ(um) (ut) exstrueretur curaverunt. (VETTER, p. 152).
E) A. - - T. Nonius (- f. ?) L. Alfius C. f. Herculi fanum operaretur (d. h. fieret) curauerunt. (VON PLANTA,
p. 546).
F) A...... Titus Nonius L. albius Caii f. Herculi fanum fieret curauerunt. (ZVETAIEFF, p. 26).
8
Ma in questo caso il nome del primo sarebbe molto lacunoso.
9
Per il quale v. infra: Cap. 2.2 e Appendice B, n. 7.
10
Secondo TIBILETTI BRUNO, p. 100.
11
Appendice A, n. 18.
CAPITOLO 1. IL PANTHEON PELIGNO E I MINISTRI DEL CULTO
8
(ma presumibilmente anche presso gli altri popoli dell’Abruzzo antico), il 13
agosto”12, giorno dedicato al ricordo di S. Ippolito per il calendario cristiano
ed ai festeggiamenti in onore di Ercole e Diana-Ecate in quello romano. In
questo giorno, fino a qualche decennio fa, da Corfino ci si recava in
“pellegrinaggio alla sorgente [di S. Ippolito] dove avveniva una sorta di
purificazione simboleggiata dal gesto di versare l’acqua, ritenuta miracolosa,
nell’orecchio con un ditale”13. E proprio da questo santuario14 proviene
un’altra iscrizione votiva ad Ercole (cfr. Appendice A, n. 17), senza attributi
specifici, la cui sfera d’azione, però, può essere dedotta grazie alle particolari
condizioni che hanno permesso la sopravvivenza del culto anche dopo
l’avvento del cristianesimo: qui Ercole era venerato come apportatore di salute
ed i riti connessi alla devozione, come nella maggior parte degli altri luoghi di
culto dell’eroe nel territorio peligno15, erano strettamente legati alla presenza
dell’acqua, vista come elemento purificatore e apportatore di vita per
eccellenza, al di là dell’essere, come qualità prima e più pratica, causa
dell’elezione di una particolare zona a luogo di sosta e di ristoro delle greggi (o
delle mandrie) e, naturalmente, dei pastori. A testimonianza di questa
particolare devozione abbiamo diversi ex-voto fittili anatomici (piedi, teste,
mani, mammelle, falli), legati ai riti della sanatio, ma anche riproduzioni in
ceramica di bovidi, rappresentanti una delle più importanti risorse economiche
di questa popolazione, e dei quali, in quanto tali, veniva implorata la salute al
pari di quella degli uomini16.
12
CAMPANELLI 1997, p. 134.
13
Santuario Ercole, p. 189. Per l’analisi del rito cfr. Cap. 3.2.
14
Per il quale v. infra: Cap. 2.2 e Appendice B, n. 6.
15
Cfr. infra: Cap. 2.2 e Appendice B, nn. 3 (Castelvecchio Subequo), 4 (Cocullo), 7 (Molina Aterno),
10 e 11 (Scanno), 12 (Secinaro), 13 (Sulmona) e 16 (Vittorito).
16
Lo stesso tipo di ex-voto fittili a forma di bovino si ritrova nel santuario di Fonte Coperta (Scanno;
cfr. infra: Cap. 2.2 e Appendice B, n. 11), dove l’eroe era invocato come protettore del bestiame, “seule
ressource pour les habitants de ces endroits” (cfr. VAN WONTERGHEM 1973, p. 42). Nel territorio di
Corfinio doveva esserci anche un’altra fonte ritenuta miracolosa se tre ministrei fecero costruire un
altare in onore della dea Fons componendo anche un’iscrizione in memoria di questo fatto (cfr.
Appendice A, n. 53).
LA RELIGIONE DEI PELIGNI
9
La caratteristica peculiare dei Peligni Superaequani, invece, era la
particolare devozione ad Ercole Vincitore17, testimoniata da due attestazioni
epigrafiche (Appendice A, nn. 16 [da Castelvecchio Subequo] e 19 [da
Secinaro]), la prima delle quali si compone in realtà di due dediche (a-b), incise,
da mani diverse ed a circa un secolo di distanza tra loro, da due personaggi
facenti parte della stessa famiglia, Salvio Seio (figlio di Lucio) e Lucio Seio
(figlio di Salvio), il primo in ringraziamento (brat[-] datas) ad Ercole, il secondo
in onore di Ercole Vincitore18. Come fa notare P. Poccetti “il culto di Hercules
Victor era... particolarmente diffuso negli ambienti commerciali e tra i capi
dell’esercito presso i quali era viva la consuetudine, per tutta l’età repubblicana,
di devolvere la decima dei guadagni o della preda di guerra [ad un
santuario]”19, e gli autori delle due dediche potrebbero essere stati padre e
figlio, documentando in questo caso una situazione simile a quella attestata
dall’epigrafe detta “dei Vertulei” (CIL I2, 1531), in cui il padre offre un dono
dopo aver ricevuto una grazia, mentre il figlio deve solo assolvere il voto
paterno, non indicando perciò nell’iscrizione alcuna espressione di
ringraziamento20. Il dono offerto al santuario potrebbe essere stato – sempre
secondo lo studioso – proprio la decima (decuma) delle entrate di qualche
iniziativa di carattere commerciale, più che militare, anche perchè ritroviamo il
gentilizio tra quelli dei negotiatores italici presenti in età repubblicana a Praeneste,
in Campania e soprattutto nell’isola di Delo, dove si trova il maggior numero
di attestazioni epigrafiche riguardanti anche schiavi e liberti della gens Seia,
spesso nelle vesti di magistri in dediche ad Ercole, Mercurio e Giove21. Secondo
A. L. Prosdocimi, al contrario, l’epiteto Victor sarebbe da ricondurre non “ad
una vittoria civile o mercantile, come pure è stato proposto (Poccetti)” ma
17
Secondo D. Golini, al contrario, ci sarebbe un santuario dedicato ad Ercole Vincitore anche nella
Valle Peligna, i cui resti sarebbero ravvisabili nelle strutture emerse all’interno della chiesa di S.
Michele Arcangelo a Vittorito, toponimo derivato proprio alla presenza del santuario (cfr. GOLINI, pp.
12-13).
18
Dallo stesso santuario proviene anche l’iscrizione n. 15, in cui è ricordato un altro membro della
famiglia Seia.
19
POCCETTI 1982c, p. 30.
20
Cfr. ivi, p. 31 e ID. 1982d, p. 186. Tale ipotesi è stata in seguito efficacemente contrastata da M.
Buonocore (cfr. BUONOCORE 1989b, p. 195).
21
POCCETTI 1982c, pp. 31-32 e ID. 1982d, p.187.
CAPITOLO 1. IL PANTHEON PELIGNO E I MINISTRI DEL CULTO
10
piuttosto alla “ideologia della vittoria guerriera che ben si addice ad Ercole”22,
supportato in questa affermazione dai reperti restituiti dal sito, una serie di
statuette di bronzo raffiguranti l’eroe per la maggior parte dei casi nella
tipologia iconografica detta promachos, cioè in posizione d’assalto. La seconda
iscrizione (n. 19) proviene dal santuario di Fonte S. Gregorio23 ed è incisa nella
parte frontale di un cippo tronco-piramidale sul cui lato sinistro è raffigurata
una clava (attributo di Ercole); è contemporanea alla n. 16b e venne posta da
tre curatores (del santuario?), T. Fuficius, L. Amaus e T. Lucius, per Hercules Victor.
Nei pressi dello stesso santuario di Secinaro si reperì nel 1968 anche un altro
cippo votivo, privo di iscrizioni, ma recante scolpita nella parte frontale una
protome leonina che regge con la bocca un anello da cui pende una clava,
conferma della presenza di un luogo di culto erculeo24. Il fatto che questa
devozione sia circoscritta alla Valle Subequana (non abbiamo, infatti,
testimonianze dalle altre zone abitate dai Peligni25) potrebbe indurre ad
ipotizzare una sua introduzione nella regione, alla fine dell’età repubblicana, da
parte di commercianti venuti in contatto col grandioso santuario di Tivoli
dedicato proprio ad Ercole Vincitore, che era letteralmente attraversato dalla
via Tiburtina, la quale poi giungeva nel territorio occupato dai Peligni proprio
attraverso la valle di Superaequum. A parziale conferma di questa ipotesi si può
addurre la “prova linguistica”, il fatto, cioè, che “la conservazione del nesso -ct-
[in Victurei e Victor] è… indice di latinismo”26, quindi si tratta di una
“importazione diretta” da un’area di lingua latina o da parte di personaggi
parlanti latino.
Il terzo “volto” col quale Ercole si presentava alla devozione dei Peligni
era quello di protettore dell’ethnos, Hercules Curinus, “culto nazionale”27, che
22
Cfr. PROSDOCIMI 1989, p. 529.
23
Cfr. infra: Cap. 2.2 e Appendice B, n.12 .
24
Cfr. RICCI 1969, pp. 54-55, con erronea interpretazione.
25
Tranne, forse, l’iscrizione n. 23 dell’Appendice A, in cui al verso 8 si legge H(erculi) C(urino) V(ictori),
interpretazione non unanimemente condivisa, ed il presunto tempio di Ercole Vincitore a Vittorito (v.
supra, nota 17).
26
PROSDOCIMI 1989, p. 529.
27
Secondo DEVOTO, p. 199.
LA RELIGIONE DEI PELIGNI
11
veniva onorato nel maestoso santuario presso Sulmona28, preesistente ma
ingrandito e definito nelle forme monumentali che vediamo oggi nel I sec. a.C.
L’epiclesi con la quale era appellato l’eroe, Curinus29 o Quirinus30, fin dalla sua
“scoperta” ha generato una ridda di ipotesi sul significato da attribuire al
termine: nel fondamentale studio di M. Guarducci, la prima ad aver dato una
panoramica completa delle attestazioni rinvenute nel santuario peligno (molte
delle quali graffite sulle pareti), la studiosa escludeva l’etimologia varroniana31
che legava Quirinus alla città sabina di Cures (dov’era fiorente il culto di Ercole),
per la mancanza di testimonianze di rapporti tra le due comunità e per la stessa
distanza tra Cures e Sulmo, e così pure l’altra etimologia32 che faceva derivare il
nome Quirinus dal termine col quale si designava la lancia in lingua sabina
(curis). Proponeva come ipotesi solutiva, invece, di rifarsi a “quel fenomeno,
attestato più volte sia in Grecia sia in Italia, per cui due divinità si fondono in
un personaggio unico”33, interpretando in questo modo la figura dell’Hercules
Curinus come il risultato del sincretismo di due personaggi mitici, Ercole e
Quirino, e quindi, in definitiva, come “la versione romana di un culto
indigeno”34. Successivamente altri studiosi35 hanno pensato all’epiteto Curinus
come ad un termine derivato dall’area laziale per indicare il sinecismo che
aveva portato i diversi insediamenti della Valle Peligna meridionale ad unirsi
nell’entità amministrativa di Sulmo, elevata al rango di municipium36, così come
accade a Roma dove Quirino (che spesso è assimilato a Romolo divinizzato) è
il protettore delle curiae, cioè le “associazioni di uomini che componevano le
28
Cfr. infra: Cap. 2.2 e Appendice B, n. 13.
29
Appendice A, nn. 20, 21, 23, 24 e 25. È attestata anche la variante Corinus (n. 29).
30
Appendice A, nn. 27. Due attestazioni anche per la variante Queirinus (nn. 26 e 28). Nell’iscrizione n.
28 compare anche l’epiteto Saturnius, interpretabile sia come Italicus (a ricordo dell’antica divinità che
fu re del Lazio nella mitica età dell’oro), sia come “discendente di Saturno” (perchè Ercole era figlio di
Giove); cfr. GUARDUCCI, pp. 237-238.
31
Varro Ling. Lat. V, 51 e 73.
32
Riportata, tra gli altri, da Ovidio (Fast. II, 475-480).
33
GUARDUCCI, p. 228. F. Van Wonterghem ricorda a tal proposito anche l’evidente “parentela” esistente
con il termine Caranos (o Quirinus), che sarebbe stato attribuito ad Ercole al momento dell’introduzione
del suo culto a Roma (cfr. VAN WONTERGHEM 1984a, p. 253).
34
MATTIOCCO-VAN WONTERGHEM, p. 60.
35
Ibidem.
36
A mio parere, lo stesso discorso può valere anche per il Giove Quirino testimoniato nel territorio di
Castel di Ieri (v. infra: Cap. 1.3), divinità posta a tutela del sinecismo che aveva riunito i centri abitati
dell’area superequana nel municipium di Superaequum.
CAPITOLO 1. IL PANTHEON PELIGNO E I MINISTRI DEL CULTO
12
primitive assemblee”37. Delle testimonianze epigrafiche provenienti dal
santuario38 la più interessante è sicuramente quella contrassegnata dal n. 23
nell’Appendice A, che recita: “nei (giorni) di Agosto, o Curino santo,
allestiamo preparativi degni di te. È infatti opportuno sciogliere i voti dovuti.
Ed ecco che viene il nume sacro e fausto si manifesta; veniamo portando gli
antichi voti, e sappiamo quali siano stati i latori precedenti; (ma) tu negli stessi
modi, fai voto ad Ercole Curino Vincitore, se vuoi che ogni cosa vada secondo
il (tuo) desiderio”39. Da questa iscrizione possiamo apprendere diverse
informazioni sui tempi e i modi del culto di Ercole Curino: in primo luogo,
che l’eroe veniva festeggiato in questo santuario, e da tutti i Peligni, nel mese di
agosto40, probabilmente alle idi (13), quando in tutta Italia si onorava Diana-
Ecate41 ed a Roma Hercules Victor42, e questa circostanza sarebbe confermata
dalla persistenza del giorno festivo a Corfinio presso il santuario di Fonte S.
Ippolito43. In occasione di questa festa, secondo M. Guarducci, “i fedeli
sembra fossero tenuti a sciogliere i voti già fatti (solvere vota) ed eventualmente a
farne di nuovi (vovere)”44 e, infatti, abbiamo altre tre testimonianze di
quest’uso45. Inoltre, la frase “numenque sacratum / ecce venit felixque pat[et]”
indicherebbe la particolare caratteristica dell’Ercole peligno, che, invocato, si
manifesta ai fedeli “per dar loro benevolo ascolto”46: si palesa così “il carattere
oracolare (di tipo cleromantico) del luogo di culto, a somiglianza di altri
37
MASTROCINQUE, p. 39. L’epiclesi Quirinus (Curinus) deriverebbe quindi da co-viria o co-virium,
“riunione di uomini”.
38
Di quelle prese in considerazione per questo studio, sei sono graffite su frammenti di intonaco
provenienti da ambiente ignoto del santuario (Appendice A, nn. 23-28), due sono incise su basi votive
in calcare (nn. 21 e 22) e una si trova scolpita su un pilastrino di marmo (n. 20).
39
BUONOCORE 1988, p. 42.
40
Non a caso M. Guarducci traduceva il primo verso “per le (feste) di Agosto, o Curino santo...”
(GUARDUCCI, p. 234).
41
Cfr. SALMON, p. 164.
42
Cfr. INVERNIZZI A., Vita e costumi dei Romani antichi - Il Calendario, Museo della Civiltà Romana,
Roma 1994, p. 88. Il giorno precedente si celebrava la festa di Hercules Invictus presso il Circo Massimo.
43
Cfr. supra e infra, Cap. 3.2.
44
GUARDUCCI, p. 231.
45
Due iscrizioni furono apposte da liberti (nn. 20 [L. Albius Eros, scalpto(r) statuarius] e 21 [C. Domitius
Amemptus]) ed una da un soldato di ritorno da una campagna militare (n. 25 [C. Nonius]). Secondo M.
Buonocore anche nell’iscrizione n. 24 si farebbe riferimento, con molta probabilità, a “voti (privati) del
fedele (o dei fedeli) ad Ercole Curino sciolti (non sappiamo se rinnovati) nel mese di maggio”
(BUONOCORE 1988, p. 43).
46
GUARDUCCI, p. 231.
LA RELIGIONE DEI PELIGNI
13
complessi templari extraurbani dell’Italia antica”47, come i santuari laziali, tra
cui quello della Fortuna Primigenia a Palestrina, dov’era presente anche un
“pozzo delle sorti”48. Per quanto riguarda l’espletamento del rito oracolare,
possiamo azzardare l’ipotesi che nel santuario di Ercole Curino avvenisse
tramite l’incubatio, pratica di cui abbiamo testimonianze per i grandi santuari di
Asclepio/Esculapio, sia in Grecia (Epidauro, Pergamo) che a Roma (Isola
Tiberina), e di cui si hanno testimonianze della diffusione in territorio peligno
a partire dal Medioevo49.
47
MATTIOCCO-VAN WONTERGHEM, p. 62.
48
Cfr. COARELLI, p. 94-116.
49
Cfr. infra, Cap. 3.1.