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CAPITOLO II
Elementi psicodinamici nella relazione di coppia
II.1. Il conflitto nel rapporto di coppia
La coppia è normalmente una realtà conflittuale, poiché è formata da due
individui diversi che quotidianamente devono raggiungere un accordo su delle scelte da
fare insieme. Quindi i due partner, per essere una buona coppia, devono innanzitutto
percepire la conflittualità come una realtà irrinunciabile della propria convivenza.
Evitare il conflitto, infatti, non è una buona strategia (Gambini, 2007).
Il conflitto è un aspetto naturale e inevitabile delle relazioni umane. Esso
caratterizza di per sé le relazioni interpersonali e sentimentali, costituendo l’espressione
più specifica della dinamicità e della processualità della vita emotiva diadica, che può
esprimersi con vari gradi di disaccordo o di difficoltà conclamata (Carli, Cavanna,
Zavattini, 2009).
La difficoltà a rintracciare un univoco punto di osservazione e definizione nello
studio del conflitto mette in luce la sua natura multidimensionale. Quest’ultima è
evidente nella difficoltà a identificare pienamente i significati connessi alle
manifestazioni conflittuali.
Lo studioso Lewin (1948) pone in primo piano la dimensione comportamentale
del conflitto, che si focalizza su quello che viene agito dagli individui. Egli evidenzia
come alla base di un conflitto coniugale è presente una situazione in cui i partner hanno
obiettivi incompatibili. Il conflitto, dunque, nasce quando i partner pongono i loro
obiettivi in modo tale da interferire con quelli dell’altro: si parla di conflitto di interessi.
Altri studiosi mettono in evidenza la dimensione cognitiva del conflitto, come ad
esempio Margolin secondo cui il conflitto è “incompatibilità o antagonismo di idee,
desideri e azioni”(Margolin, 1988, p. 195).
Il conflitto di coppia come fenomeno multidimensionale può essere analizzato
da varie prospettive teoriche.
Nella prospettiva psicoanalitica, il conflitto permette di vedere in azione alcuni
meccanismi di difesa, come l’identificazione proiettiva, attraverso cui il mondo
intrapsichico individuale entra in rapporto con il mondo intrapsichico dell’altro. A tale
proposito, l’autore Dicks (1963), lavorando negli anni Cinquanta e Sessanta alla
Tavistock Clinic, osserva che una delle principali fonti di scontro tra ai partner era il
fallimento di ciascuno nel confermare la vera natura e l’identità dell’altro. I partner
impiegavano i meccanismi di difesa di scissione e identificazione proiettiva al fine di
rendere esterno un conflitto interno in cui una rappresentazione oggettuale interna, di
solito il genitore, veniva scissa e proiettata nell’altro. Attraverso l’identificazione
proiettiva, i conflitti di coppia posso essere visti come la ri-creazione di conflitti irrisolti
con uno dei genitori.
La prospettiva comportamentale pone in evidenza il conflitto come evento
manifesto, sviluppando accurati sistemi di codifica osservazionale, basati sulle
dimensioni verbali e non verbali dei processi conflittuali. Nel focalizzarsi
sull’interazione tra i partner sono stati osservati la flessibilità vs. la rigidità di alcuni
modelli di comportamento espressi dalle coppie soddisfatte vs. quelle insoddisfatte.
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L’attenzione è posta sul processo manifesto del conflitto e sulle competenze e
inadeguatezza comunicative dei partner. A tale riguardo, Gottman (1994) ha
categorizzato le conseguenze distruttive delle comunicazioni di coppia allo scopo di
costruire indicatori diagnostici dei problemi che caratterizzano le coppie disfunzionali.
Queste categorie sono definite i quattro cavalieri dell’Apocalisse e offrono una
spiegazione della chiusura emotiva e del crescente ritiro della partnership: infatti, “alle
lamentele e critiche su alcune caratteristiche del partner segue nelle coppie altamente
insoddisfatte il disprezzo che a sua volta porta al mettersi in una posizione difensiva e
protezione di se stessi fino ad arrivare all’adozione di un comportamento definito muro
di gomma” (Ardone e Chiarolanza, 2007, p. 122).
Questi comportamenti comunicativi producono, quindi, un effetto a cascata
amplificando la difficoltà per le coppie insoddisfatte a mettere in atto modalità di
negoziazione costruttive per gestire il conflitto.
Un ulteriore prospettiva, quella cognitivista, definisce il conflitto come
divergenza tra percezioni e opinioni tra i partner. Nello specifico, il conflitto viene
studiato in riferimento a processi di attribuzione, cioè al significato attribuito ai
comportamenti agiti durante il processo conflittuale, ai motivi che i partner
attribuiscono al loro disaccordo di coppia. Tali attribuzioni (causa, responsabilità e colpa)
influenzano la soddisfazione di coppia.
Nell’ambito degli studi sulla marital research, allo scopo di analizzare la
comunicazione e in particolare il comunicare conflittuale (conflict talk), gli studiosi
hanno elaborato sistemi di codifica dell’interazione tra partner con la possibilità di
evidenziare le modalità relazionali tipiche della coppia ma soprattutto le sequenze
comunicative, sia verbali sia non verbali, che danno forma a cicli di reciprocità negativa
a processi di validazione reciproca.
Tra questi si può riportare il sistema di codifica RMICS (rapid marital
interaction codic system) di Heyman e Vivian (2000) che si propone di descrivere tutti i
tipi di comportamento che i partner mettono in atto nel corso di discussioni
videoregistrate sia in situazioni di laboratorio che nel proprio ambiente domestico.
L’RMICS comprende 5 codifiche negative, 4 codifiche positive, 1 codifica
neutrale e 1 codifica altro, utilizzata per codificare ciò che non è rilevante per l’area di
studio.
Codifiche negative
Abuso psicologico (PA). Si tratta di una comunicazione finalizzata a causare
dolore a un’altra persona, ovvero una comunicazione percepita come avente
quell’intenzione. L’abuso psicologico è codificato sia per i comportamenti verbali che
non verbali. Quello verbale include comportamenti come il disgusto, il disprezzo, le
minacce e la svalutazione. Quello non verbale comprende comportamenti come il
guardare con rabbia e l’intimidire fisicamente.
Attribuzione che mantiene l’insoddisfazione coniugale (DA). La spiegazione di
un evento negativo e rilevante per la coppia è espressa attraverso l’attribuzione a tratti di
personalità o a cause volontarie o intenzionali di uno dei partner. L’attribuzione per
l’evento negativo è assegnata a cause stabili, globali e con un locus causale interno.
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Ostilità (HO). Tale codifica si riferisce a comunicazioni connesse all’irritazione e
alla rabbia cioè ogni affermazione con un forte contenuto negativo. L’ostilità può essere
espressa sia in forma verbale che non verbale. Questa codifica include comportamenti
come il dispiacere, il tono di voce negativo, la critica, il girare il capo dall’altra parte.
Sconforto (DY). Si riferisce a stati emotivi espressi in modo triste o depresso e a
lamentele. Esso viene codificato per ogni affermazione che si riferisce a sé e che indica
che il soggetto ha esperito o sta attualmente provando uno stato negativo. Per stato si
intendono problemi fisici, psicologici o una valutazione negativa di sé. Quelli
psicologici possono essere espressi in modo specifico come rabbia, paura, depressione o
ansia o in termini globali come essere irritati. Gli indicatori non verbali sono
rappresentati da voce lenta, monotona e bassa ma anche dall’apparire stanchi e senza
energie.
Ritiro (WI). La codifica si riferisce al ritirarsi dall’interazione, alzando un muro
o non ascoltando il parlante. Essa è espressa generalmente come un desiderio di finire la
conversazione con un tono di voce non neutrale. Indizi non verbali sono costituiti da
chiusura, tensione muscolare, mancanza di contatto visivo verso chi parla, decremento
improvviso dei comportamenti di assenso dell’ascoltatore (backchannel)
Codifiche positive
Accettazione dell’Altro (AC). L’accettazione include abilità di ascolto attivo che
aiuta il partner a sentirsi compreso e accettato. Questa codifica comprende tutte le
espressioni che dimostrano comprensione e accettazione del partner. In particolare
include l’espressione dei sentimenti dell’altro.
Attribuzione che migliora la relazione (RA). Tale codifica attribuisce
comportamenti negativi, rilevanti per la coppia, alle circostanze, a cause involontarie o
non intenzionali. Essa spiega i comportamenti positivi come dovuti a tratti di personalità
o a cause volontarie o intenzionali del parlante.
Apertura di sé (SD). Si tratta di una codifica delle affermazioni che riguardano i
sentimenti, le speranze e le credenze del parlante. In genere, comprende affermazioni
che cominciano con ‘Io’ e che rivelano qualcosa del parlante, riferita sia la presente che
al passato. Un esempio è costituito dall’accettazione di responsabilità per un problema
passato.
Umorismo (HM). Questa codifica è di solito espressa con un tono umoristico ed
è quasi sempre accompagnato da una risata della persona che sta facendo l’affermazione.
Essa comprende proposte che sono chiaramente soluzioni scherzose al problema ed
affermazioni che possono suonare come una critica per l’altro, ma sono espresse in tono
lieve.
Codifica neutrale
Discussione e soluzione costruttiva del problema (PD). Questa codifica
comprende tutti gli approcci costruttivi alla discussione o alla soluzione del problema.
Essa comprende la descrizione del problema, soluzioni costruttive (suggerimenti per la
soluzione del problema), le domande, le manifestazioni di accordo.
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Codifica non pertinente
Altro (OT). Viene usata quando viene discussa la situazione sperimentale.
Questa codifica deve essere utilizzata quando chiaramente si esprime qualcosa di
differente dal problema oggetto della discussione. Se il problema che viene discusso
non riguarda esplicitamente il topic scelto, ma riguarda la relazione di coppia, si deve
scegliere una codifica più alta nella gerarchia.
Spesso i partner sostengono che la sola esistenza di sentimenti negativi nei
confronti dell’altro (rabbia e disprezzo) durante l’espressione di un conflitto siano degli
indicatori di un rapporto di coppia deteriorato. In realtà, ciò che distingue le relazioni
soddisfacenti da quelli insoddisfacenti non è la presenza del conflitto, ma piuttosto la
sua gestione (Ardone e Chiarolanza, 2007).
Il modo in cui le coppie affrontano e gestiscono il conflitto all’interno del loro
rapporto è un indicatore importante rispetto alla loro soddisfazione, ma soprattutto della
stabilità della relazione.
Per gestione del conflitto si intende “l’insieme dei comportamenti, atteggiamenti,
strategie e tattiche mostrati dalle parti" (Arielli e Scotto, 2003, p. 162) allo scopo di
interagire all’interno di dinamiche conflittuali.
Secondo Braiker e Kelley (1979), la frequenza dei conflitti aumenta nei diversi
stadi della relazione affettiva adulta, e in particolare, nel passaggio dalla fase di
corteggiamento non impegnato a quello serio. Gli autori, dunque, sostengono che più
aumenta l’interdipendenza affettiva, più aumentano le aree potenziali del conflitto
poiché ognuno dei partner dipende dall’altro per raggiungere gli obiettivi di benessere.
La gestione del conflitto è diversa a seconda che sia inserita in una relazione
cooperativa o in una relazione competitiva (Ardone e Chiarolanza, 2007).
Nella relazione cooperativa, il conflitto è considerato come una configurazione
relazionale in cui gli obiettivi dei partner sono positivamente interdipendenti e in cui la
risoluzione del conflitto può realizzarsi attraverso uno sforzo di collaborazione da parte
dei partner.
Il processo cooperativo è caratterizzato da una comunicazione aperta e sincera,
che permette di andare oltre la comunicazione superficiale e di costruire una definizione
precisa dei problemi che si stanno affrontando per mezzo dell’ascolto attivo. Inoltre,
nella relazione cooperativa si concretizza, attraverso le azioni collaborative, il
sentimento di essere in accordo con le idee dell’altro e il senso di condividere credenze
e valori. La comunicazione avviene in un clima di amicizia e di disponibilità , di
promozione delle capacità e del benessere dell’altro, di un impegno reciproco alla
risoluzione del problema, che viene considerato occasione di scambio e confronto.
Al contrario, nella relazione competitiva, il processo competitivo induce a
considerare il conflitto di interessi come caratterizzato da un’interdipendenza negativa e
da obiettivi divergenti in cui la risoluzione del conflitto è possibile solo quando una
parte si impone sull’altra. Ciò si verifica quando vengono amplificati i significati
connessi agli interessi in gioco: il conflitto quindi si estende e si riferisce non solo a un
episodio limitato nel tempo e nello spazio, ma diventa una questione di principio.
Il conflitto distruttivo legato a situazioni di tipo competitivo è caratterizzato da
manipolazione, dominio, coercizione, violenza e attacco. La comunicazione è
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impoverita, le energie disponibili sono incanalate per ingannare e intimidire l’altro e
l'esperienza ripetuta di disaccordo riduce la fiducia l'uno sull'altro. Di conseguenza
viene bloccato ogni tentantivo di metacomunicazione da parte dei partner.
Quest'ultima, infatti, permette di andare oltre gli aspetti concettuali del conflitto,
spostandosi sul significato che questo ha nel mantenimento di una condizione che per
quanto disfunzionale è l'unica che tutela i partner dall'eventuale cambiamento (Togliatti
e Lavadera, 2002)
Diverse sono le variabili che entrano in campo nel determinare l'esito di un
conflitto: le caratteristiche personologiche di ciascun partner, le capacità di problem
solving e negoziazione, che dovrebbero integrarsi in una collusione funzionale al
raggiungimento dello scopo. Se questo non accade, i conflitti si possono evolvere in
vere e proprie escalation simmetriche, cioè in interazioni che non portano alla soluzione
del problema e che non hanno una conclusione costruttiva: in queste situazioni il
conflitto termina perché uno dei due partner abbandona l'interazione rinunciando alla
possibilità di trovare un compromesso e di negoziare le differenze. Nel momento in cui
il problema si presenta, la coppia mette in atto le stesse dinamiche conflittuali, dando
origine a una coazione a ripetere di scambi distruttivi che minacciano l'armonia della
diade e determinano inoltre una significativa riduzione delle interazioni positive. In
questo ciclo coercitivo, il contenuto del conflitto smette di avere importanza e quello
che veramente conta è la vittoria rispetto alla relazione (Baiocco e Cacioppo, 2013).
Gli studiosi Canary, Cupach e Messman (1995) ritengono che gli stili di gestione
del conflitto possono essere ricompresi lungo tre dimensioni:
fronteggiamento (engagement) vs evitamento, definita anche come
attività: si tratta di una strategia che interessa l'aperto ed esplicito
confronto verbale su temi della propria vita di relazione e può consentire
una modalità costruttiva e di arricchimento reciproco per le parti; al
contrario, l'evitamento determina il rifiuto e il ritiro di una discussione
aperta sulle cause del problema fino ad arrivare alla negazione stessa del
problema attraverso una distorsione cognitiva del conflitto che azzera le
differenze. Esso è connesso alla difficoltà a trattare in modo diretto i temi
del conflitto di coppia.
positività vs. negatività degli affetti che caratterizzano gli stili di gestione
del conflitto;
costruttività vs. distruttività: il conflitto costruttivo è considerato
prosociale, cooperativo, preservante la relazione, mentre il conflitto
distruttivo è ritenuto altamente competitivo, antisociale e minacciante la
relazione stessa. La negoziazione, la comunicazione cooperativa, il
compromesso e la capacità di problem solving costituiscono modalità
costruttive di gestire il conflitto; l'aggressività verbale, la violenza fisica,
l'esercizio unilaterale del potere si riferiscono a una modalità distruttiva
di gestire il conflitto.
Le strategie di regolazione di regolazione affettiva come esprimere i propri
sentimenti all'altro, fornire sostegno emotivo e comprensione sono tipici di coppie
funzionali già dalle prime fasi della relazione (Alexandrow, Cowan e Cowan, 2005).