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Introduzione
In questo elaborato viene presentato, attraverso riflessioni, progetti, ricerche e
approfondimenti tra i contributi della letteratura pedagogica e psicoanalitica, un
percorso che vuole portare l’attenzione sulla relazione prenatale e sul modo in cui
si sviluppa nei primi anni di vita. In questo caso, oltre agli aspetti
neurobiopsicologici, viene dato ampio spazio all’ambito sonoro-musicale, al modo
in cui il suono si manifesta a partire dalla gestazione e come viene percepito dal
feto, come accompagna lo sviluppo del bambino, e il ruolo che ricopre all’interno
della relazione primaria e nella composizione della famiglia.
L’idea di approfondire questa tematica nasce da una mia esperienza personale,
infatti, facendo musica con un bambino autistico mi è capitato di osservare che i
suoi comportamenti durante la performance musicale fossero estremamente
diversi rispetto a quelli abituali, era molto spontaneo e dava l’impressione di avere
un atteggiamento autentico; suonando egli si liberava dalle stereotipie e dalle
ecolalie, conquistava subito il contatto visivo con l’altro e si divertiva.
A fronte di questo effetto liberatorio che la musica aveva su di lui, pensai che
fosse importante che condividesse questi momenti oltre che con me, anche con la
mamma, figura primaria che lo accompagna e lo osserva durante tutti i giorni della
settimana, affinché potessero condividere un momento speciale in cui dedicarsi
l’uno all’altro. La mamma accolse con entusiasmo la mia proposta, e gli incontri
successivi furono un’esplosione di gioia e vitalità, i due comunicavano e
danzavano nella musica, il suono eliminava le differenze tra grandi e piccoli
ponendoli sullo stesso piano comunicativo e relazionale; avevano trovato un
linguaggio alternativo per esprimersi e condividere le proprie gioie, preoccupazioni
e speranze, la musica si era posta come canale preferenziale per la loro relazione.
Da questa esperienza, una strana sensazione iniziò ad accompagnare le mie
giornate, ed è grazie a questo lavoro, che qui andrò a descrivere, che sono
riuscita a dare una forma ed un colore a questa sensazione.
L’elaborato seguente è suddiviso in tre parti principali:
La prima parte approfondisce la tematica della relazione madre-bambino, il modo
in cui si instaura durante la gestazione e come si sviluppa dopo la nascita.
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Questo approfondimento viene fatto citando principalmente gli studi di Alessandra
Piontelli (1992) relativamente allo sviluppo del feto in utero e alle competenze che
possiede ancor prima di nascere, e Didier Anzieu (1985 ) per il concetto-teoria di
Io-pelle, in quanto sistema protettore della nostra individualità ma anche primo
luogo di scambio con gli altri.
Viene poi riportato il contributo di Daniel Stern (1987) relativamente agli aspetti
interazionali innati del bambino e, infine, la teoria dell’attaccamento di John
Bowlby, con una parte dedicata ai disturbi dell’attaccamento.
Proseguendo, l’attenzione si sposta sull’ importanza che ha saper stabilire una
buona relazione precoce in cui il bambino si senta accolto e protetto, e di come
questo fatto non fosse stato preso in considerazione fino al secolo scorso.
L’ultimo paragrafo è dedicato alla figura del padre, al particolare ruolo che ricopre
durante i mesi di gestazione e al concetto di famiglia inteso come luogo in cui il
bambino impara a riconoscersi, sviluppando il proprio pensiero e la propria
autostima.
La seconda parte, invece, è dedicata al mondo sonoro e musicale, riflettendo su
come il suono si manifesti al feto nella vita intrauterina e in quale modo si ponga
come elemento di comunicazione alle origini della vita.
Dopo alcune premesse di carattere strutturale, vengono riportati alcuni studi
specifici, come quello di Suzanne Maiello (1993) sull’oggetto sonoro, inteso come
elemento di continuità tra vita prenatale e vita postnatale, il contributo di Marie
Louise Aucher fondatrice della Psicofonia (1960), disciplina che ha elaborato le
corrispondenze esistenti tra le vibrazioni sonore e il corpo umano, trovando ad
ogni frequenza un punto di risonanza diverso nel nostro corpo.
Dopo questa parte teorica, viene dedicato uno spazio ad alcuni progetti di
Musicoterapia dove l’elemento musicale è utilizzato per favorire lo sviluppo di una
buona relazione primaria; troviamo infatti un interessante percorso che è nato
dalle radici teoriche della Psicofonia, il canto prenatale, ed è rivolto ai genitori in
attesa e rappresenta una modalità privilegiata per dare avvio alla relazione
circolare precoce e lega il padre, la madre e il bambino per mezzo della voce.
Nella terza parte vengono riportate le esperienze di alcuni progetti, tuttora attivi nei
vari territori, che si occupano di aiutare i bambini e le loro famiglie durante i primi
anni di vita.
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La prima esperienza è quella della Maison Verte di Françoise Dolto a Parigi,
segue poi l’esperienza del “Servizio 0-5” della Clinica Tavistock a Londra, e infine
l’esperienza di un progetto locale, il Centro per bambini e famiglie al Porto antico
di Genova; questi luoghi offrono alle famiglie spazi di ritrovo e condivisione dove
poter esporre le proprie preoccupazioni senza la paura di essere giudicati,
rappresentano un servizio di qualità e di rilevante importanza, poiché, oltre al forte
valore educativo e pedagogico hanno un ruolo centrale nella prevenzione dei
disturbi legati alla relazione e alla comunicazione.
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Capitolo I
1. Alcuni studi psicoanalitici
La relazione madre – bambino è quel contatto che si instaura a partire dalla
gravidanza, col tempo si consolida e, sulla base del tipo di relazione che il
bambino stabilirà con il proprio caregiver, egli avrà modo di creare le proprie
rappresentazioni e di seguito costruire il proprio sé.
Questo rapporto, al contrario di come si credeva fino al secolo scorso, nasce già
durante il periodo della gravidanza; infatti il feto riceve diverse stimolazioni, egli
non è isolato, ma è avvolto da una serie di suoni, come il battito del cuore della
madre, il respiro e le attività gastrointestinali, il suono più frequente è quello della
principale arteria dell’utero e il secondo è la voce della madre.
Il feto già dal secondo trimestre di gravidanza ha sviluppato le funzioni sensoriali,
ed è in grado di rispondere agli stimoli tattili, cinestesici, termici, gustativi e
dolorosi (Piontelli, 1992).
Didier Anzieu (1985), psicoanalista francese, in relazione a questi studi elabora il
concetto-teoria di Io-Pelle, e tratta quale sia la funzione della pelle, e il significato
che assume a livello psicoanalitico.
Nell’embrione, la pelle fa la sua comparsa prima di qualsiasi altro sistema
sensoriale, verso la fine del secondo mese di gestazione precedendo il sistema
olfattivo e gustativo, e quello visivo. Di tutti gli organi di senso è il più vitale, infatti
si può vivere da ciechi, sordi, senza gusto e odorato, ma non senza l’integrità della
maggior parte della pelle.
La pelle è intesa come sistema che protegge la nostra individualità e ha quindi una
funzione di contenimento, e allo stesso tempo è il primo luogo e strumento di
scambio con gli altri, con una funzione di differenziazione.
L’Io-Pelle ha principalmente tre funzioni: è il sacco che contiene all’interno il
buono dell’allattamento e delle cure materne, è la superficie di separazione tra
dentro e fuori, la barriera che protegge dagli aggressori, e, infine, è insieme alla
bocca un mezzo di comunicazione primario con gli altri, con cui stabilire relazioni
significative.
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Questo concetto può essere spiegato come una rappresentazione dell’Io del
bambino, che egli utilizza nelle prime fasi del suo sviluppo, e gli permette di
costruire un’immagine di sé come essere capace di contenere materiale psichico,
e partendo dalla consapevolezza della propria superficie corporea, permettergli di
differenziare lo spazio interno da quello esterno.
Un contributo importante su questo argomento ci arriva dallo psichiatra
statunitense Daniel Stern (1987), che con le sue ricerche introduce concetti
totalmente nuovi, mettendo in discussione alcuni capisaldi del modello
psicoanalitico, riguardo lo studio dello sviluppo infantile; infatti per la clinica
psicoanalitica il bambino si apre al mondo della realtà per soddisfare i suoi bisogni
orali, invece secondo Stern il bambino non si limita ad alimentarsi, ma è
preadattato ad instaurare relazioni sociali con la madre e gli altri esseri umani, egli
non è passivo, ma è in grado di stimolare le interazioni sociali e anche di
rispondere. Il suo "sistema interazionale" si evolve molto velocemente in relazione
al grado e alla qualità della sincronia fra lui e la madre (condivisione dello stesso
codice di segnali), dalla reciprocità (riconoscimento che il rapporto è bilaterale e
intercambiabile), dall'intenzionalità in base alla quale il neonato apprende
progressivamente che il suo comportamento è efficace e comunicativo.
Stern quindi, introduce un punto di vista nuovo su come osservare i bambini, infatti
viene enfatizzato lo studio degli aspetti interazionali del bambino, mentre nelle
ricerche psicoanalitiche sono stati sempre osservati gli aspetti intrapsichici e
intersoggettivi.
Al centro degli studi compiuti da Stern troviamo il Sé, o meglio il Senso del Sé, e
della sua controparte il Se dell’altro.
In base ai concetti sopra citati, e cioè che il bambino al momento della nascita ha
già la concezione di un proprio sé e di un sé dell’altro, e anzi, al contrario di come
dicono gli autori della psicoanalisi, una possibile esperienza fusionale con la
madre avverrà piuttosto in seguito e non viceversa, Stern individua quattro sensi
del Sé che si sviluppano parallelamente alla crescita del bambino e al grado di
interazione con la madre e sono: il Senso di un Sé emergente che si sviluppa da
zero a due mesi, ed è l’esperienza che il bambino sperimenta della nascita di
un’organizzazione e quindi un processo oltre che la formazione di un prodotto.
L’emergere di un’organizzazione è una forma di apprendimento. Affinché il
bambino possa avere un qualsiasi senso formato del Sé, deve esserci una