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quote, senza alcuna perdita del controllo dell’impresa da parte della mano
pubblica.
Rimangono diverse aree dell’economia nazionale sotto una dominante
presenza di operatori pubblici e importanti imprese. A queste vanno ad
aggiungersi le società di gestione dei servizi pubblici locali, in particolare
quelle di distribuzione del gas, elettricità, ciclo idrico integrato, raccolta e
smaltimento dei rifiuti, in larga parte detenute o comunque controllate dalle
amministrazioni locali.
Privatizzazione e liberalizzazione presuppongono la fine delle privative,
ovvero situazioni di sottrazione al mercato di settori nei quali è possibile la
produzione e l’erogazione di servizi di interesse economico generale.
Un primo importante intervento della Corte Costituzionale è la sentenza
n. 272 del 27 Luglio 2004, in merito alla disciplina della gestione dei servizi
pubblici locali la quale, si afferma, non è riferibile né alla competenza
legislativa statale, in tema di determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali, poiché riguarda servizi di
rilevanza economica, né a quella di funzioni fondamentali di comuni,
province e città metropolitane, poiché non si tratta di funzioni proprie
dell’ente locale.
La disciplina, coinvolge certamente una vasta pluralità di interessi,
connessi allo sviluppo economico-produttivo e di competenza regionale, ma
questo non le consente di porsi al di fuori della tutela della concorrenza,
riservata dalla Costituzione all’Art. 117 comma 2 lettera E, alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato.
La posizione della Corte in merito alla competenza statale in materia di
servizi pubblici locali è stata ulteriormente specificata con la pronuncia
dell’ 1 Febbraio 2006 n. 29 nella quale si afferma che le modalità di
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gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica
concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative
delle discipline di settore.
2. I Servizi Pubblici Locali.
La definizione di Servizi Pubblici Locali è contenuta nell’Art. 112 del
D.Lgs. 267/2000, Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
Locali; sono tali, i servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di
beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo
economico e civile delle comunità locali.
Archiviata la vecchia distinzione tra servizio pubblico a rilevanza
industriale e servizio pubblico privo di rilevanza industriale, introdotta
dall’Art. 35 della legge 488/01, attualmente gli Art. 113 e 113 bis del
D.Lgs. 267/2000 (quest’ultimo articolo è stato dichiarato incostituzionale
dalla sentenza n. 272/04 Corte Costituzionale) sono rubricati
rispettivamente servizi pubblici di rilevanza economica e servizi pubblici
privi di rilevanza economica.
La riforma del Titolo V della Costituzione, nella parte rubricata Servizi e
Interventi Pubblici Locali, fa si che la disciplina del D.Lgs. n. 267/2000
trovi applicazione anche nella Regione Siciliana entro i limiti della loro
compatibilità con la normativa regionale.
La Gestione dei servizi pubblici locali, fino ad allora, era disciplinata
dall’Art. 113 e 113-bis del suddetto D.Lgs. oltre che dalle normative di
settore, e ove esistenti, dalle normative regionali.
Tale distinzione è dovuta al continuo e progressivo espandersi nel nostro
ordinamento, del diritto comunitario che non conosce la nozione di servizio
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pubblico ma quella di servizio di interesse economico generale e di servizio
di interesse generale il cui concetto trova fondamento nell’Art. 86 del
Trattato CE e nel Libro Verde sui servizi di interesse generale.
Visti i continui rilievi della Commissione Europea sulla precedente
normativa e per evitare che la stessa desse seguito, nei confronti dell’Italia,
al procedimento d’infrazione comunitaria, preannunciato nella formale
messa in mora del 26 Giugno del 2002 il Legislatore è dovuto intervenire
sulla normativa interna
4
con una nuova qualificazione dei servizi pubblici:
infatti, la locuzione rilevanza economica è non solo più aderente agli
orientamenti comunitari che associano il concetto di concorrenza ai servizi
economici ma, con essa il legislatore ha anche trovato un fondamento
costituzionale al proprio intervento atteso che significativo è il richiamo alla
tutela della concorrenza che, come già puntualmente detto, è materia
riservata in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia
5
definisce attività economica;
qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi in un determinato
mercato, contro retribuzione e con assunzione dei rischi finanziari connessi.
La dottrina afferma, inoltre, che nei servizi pubblici locali a rilevanza
economica il gestore si remunera attraverso il pagamento di un prezzo da
parte degli utenti ed assume il rischio della gestione del servizio.
La rilevanza economica è data quindi, dal rischio di gestione.
Si può quindi affermare che sono Servizi Pubblici Locali a rilevanza
economica, quelli che riguardano la collettività e che vengono offerti sul
mercato e acquistati dagli utenti dietro il pagamento di un prezzo.
4
Riforma introdotta con l’art.14 del D.L. n.269/2003, convertito in legge n.326/2003 e
successive modifiche
5
Corte di Giustizia Sentenza C-180-184/98, in Racc. 2000
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Sono invece Servizi Pubblici Locali privi di rilevanza economica, quelli
che hanno carattere principalmente solidaristico e che non vengono svolti a
scopo di lucro.
La stessa Commissione Europea, in merito alla distinzione tra attività
economiche e non economiche, sottolinea come essa abbia carattere
dinamico ed evolutivo, spetta pertanto al giudice nazionale valutare le
circostanze e le condizioni in cui il servizio viene prestato.
L’ultima evoluzione normativa vede la conversione del D.L. 112 in data
13 Luglio 2008, con il quale le Commissioni Bilancio e Finanze della
Camera hanno introdotto l'Art. 23 bis sui servizi pubblici locali di rilevanza
economica.
Viene stabilito che, il conferimento della gestione dei servizi pubblici
locali avviene, in via ordinaria, a imprenditori o società in qualunque forma
costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica,
nel rispetto dei principi del Trattato e dei principi generali relativi ai
contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia,
imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità
di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità.
Più nel dettaglio, il Legislatore, con la disposizione in commento, ha
aperto la possibilità di concorrere per l’affidamento della gestione di servizi
pubblici locali a tutti gli imprenditori e a tutte le società indipendentemente
dalla veste giuridica assunta correggendo quanto originariamente previsto
nel decreto di riforma dei servizi pubblici locali che riconosceva tale chance
alle sole società di capitali.
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La norma precedente, infatti, si poneva in evidente contrasto con quanto
affermato dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo
6
la quale, aveva invitato
i giudici italiani a disapplicare l’Art. 113, comma 5, lettera a) del D.Lgs. n.
267/2000 per manifesta incompatibilità con i principi di parità di
trattamento, di divieto di discriminazione e di libera concorrenza sanciti dal
Trattato UE.
3. Le modalità di erogazione dei Servizi Pubblici Locali dotati
di rilevanza economica.
Ai sensi del comma 5 dell’Art. 113 del D.Lgs. 267/2000 e successive
modifiche, si dispone che: l’erogazione del servizio avviene secondo le
discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione Europea,
con conferimento della titolarità del servizio:
a) affidamento a società di capitali individuate attraverso l’espletamento
di gare mediante procedura ad evidenza pubblica;
b) affidamento a società di capitale misto pubblico/privato, nelle quali il
socio privato sia scelto attraverso gare ad evidenza pubblica che
abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in
materia di concorrenza;
c) affidamento a società di capitale interamente pubblico, a condizione
che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino un controllo
analogo a quello esercitato sui propri servizi, con l’obbligo che la
società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente
o gli enti pubblici che la controllano (c.d. in house).
6
Sentenza del 18 dicembre 2007, C - 357/06, meglio conosciuta come Frigerio
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Nessun problema pone il caso disciplinato dalla lettera a) del comma 5;
appare evidente che l’evidenza pubblica è la regola a cui deve sottostare la
P.A. ogni qual volta voglia garantire il rispetto della normativa posta a
tutela della concorrenza e quindi procedere in modo del tutto obiettivo alla
scelta del gestore ritenuto più idoneo.
Problemi si riscontrano invece per quanto concerne la lettera b).
Trattandosi di società miste il socio privato deve essere necessariamente
scelto attraverso procedura ad evidenza pubblica.
A tal proposito occorre ricordare che le modalità di espletamento e
aggiudicazione delle gare per l’affidamento del servizio, dettate dal
legislatore nazionale, sono state dichiarate incostituzionali
7
dai Giudici di
Legittimità che hanno ritenuto ingiustificato l’intervento, in relazione al
grado di dettaglio con cui sono stati disciplinati i criteri di indizione e
aggiudicazione della gara, e sproporzionato poiché, pur riguardando la
materia tutela della concorrenza, ha invaso la sfera della competenza delle
singole regioni.
La questione sulla scelta del socio e l’affidamento del servizio, è stata al
centro del contrasto tra la Comunità Europea e l’Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato. Due furono gli orientamenti a riguardo:
a) Commissione Europea
8
: non è assolutamente necessario bandire due
gare, scelta del partner privato e affidamento dell’opera o del
servizio, quando trattasi di Partenariato Pubblico-Privato
Istituzionalizzato (PPPI, ovvero la società mista).
7
Sentenza della Corte Costituzionale n.272/2004
8
Commissione delle Comunità Europee, Bruxelles 05 Febbraio 2008 C(2007)6661
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b) Consiglio di Stato
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: quando si è in presenza di servizi pubblici locali
la gara per la scelta del socio non assorbe la gara per l’affidamento
del servizio; trattandosi del c.d. in house spurio che necessiterebbe
pertanto di due gare che hanno presupposti differenti.
Le posizioni contrastanti assunte dai due organi istituzionali, sono
successivamente state ufficializzate in due documenti approvati a meno di
un mese di distanza l’uno dall’altro.
Una modalità del tutto singolare è quella prevista dalla lettera c) del
comma 5; si tratta del c.d. modello dell’ in house providing, con il quale la
P.A. per produrre beni e/o servizi non si rivolge all’esterno ma si avvale di
società appositamente costituite .
Pertanto, in deroga alla regola generale della gara ad evidenza pubblica,
non viene bandita nessuna gara per l’affidamento del servizio pubblico
locale ma lo fa gestire direttamente alla società che risponde integralmente
all’ente stesso.
Da sottolineare come il mancato ricorso al mercato può realizzarsi, così
come specificato dalla lettera c) del comma 5 dell’Art. 113, solo qualora:
a) l’ente pubblico detenga integralmente il capitale della società;
b) l’ente pubblico eserciti sulle società un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi;
c) la società realizzi la parte più importante dell’attività con l’ente o gli
enti che la controllano.
9
Sentenza dell’Adunanza Plenari del Consiglio di Stato n.1/2008
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Con riferimento al controllo analogo esso deve essere di tipo sostanziale,
ovvero esplicarsi sugli organi e sugli atti della società: ad esempio l’ente
deve avere il potere di nomina e revoca della maggioranza degli organi di
gestione, di amministrazione e di controllo e deve avere la possibilità di
autorizzare o annullare gli atti più significativi della società.
In tale contesto, sembra doveroso ritenere, che lo statuto della società
debba essere blindato, negando, anche per il futuro, la possibilità d’ingresso
di un socio privato, che altrimenti, inquinerebbe l’affidamento diretto.
4. Il Libro Verde relativo ai Partenariati Pubblico-Privati ed al
Diritto Comunitario degli Appalti Pubblici e delle
Concessioni
10
.
Nel corso dell'ultimo decennio, il fenomeno del Partenariato Pubblico-
Privato (PPP) si è sviluppato in molti settori rientranti nella sfera pubblica.
L’aumento del ricorso a tali operazioni è riconducibile a vari fattori, qui
di seguito brevemente esposti.
In presenza delle restrizioni di bilancio cui gli Stati membri devono fare
fronte, esso risponde alla necessità di assicurare il contributo di
finanziamenti privati al settore pubblico. Il fenomeno è altresì spiegabile
con la volontà di beneficiare maggiormente del know-how e dei metodi di
funzionamento del settore privato nel quadro della vita pubblica.
10
Presentato dalla Commissione Europea in Bruxelles il 30 aprile 2004