5
La corrente tesi è, quindi, suddivisa in cinque parti.
Il primo capitolo introduce MTV Networks. In principio, sono
illustrate dettagliatamente le cause industriali e culturali che hanno portato
all’origine del videoclip. MTV, (cioè Music Television), network tematico
musicale, basa, infatti, la propria programmazione principalmente sul
videoclip. In seguito, il capitolo presenta rapidamente la storia di MTV,
dalla sua nascita nel 1981, fino ai giorni nostri.
Il secondo capitolo fornisce una base teorica sulla strategia di
regionalizzazione. Di questo fenomeno, inserito inizialmente nel contesto
più ampio della globalizzazione, sono illustrate le cause e gli effetti, sia dal
punto di vista economico, sia culturale. Alla fine, un dettagliato excursus
storico presenterà la strategia di regionalizzazione di MTV Networks.
Il terzo capitolo illustra l’analisi semiotica dei programmi selezionati
di MTV Italia e MTV UK & Ireland. Dopo un’iniziale descrizione della
griglia teorica d’analisi applicata ad ogni programma esaminato, sono
esposte le diverse analisi, che affrontano, man mano, gli audiovisivi di
entrambe le emittenti, secondo la loro diversa origine. Inizialmente sono
proposte le analisi dei programmi globali, poi quelli globali localizzati, ed
infine, quelli prodotti localmente. Al termine del capitolo, un rapido
confronto delle analisi fa affiorare le prime differenze nella
regionalizzazione dei programmi.
Il quarto capitolo presenta i palinsesti di MTV Italia e MTV UK &
Ireland, descrivendoli, analizzando le loro composizioni e, infine,
confrontandoli minuziosamente, per far emergere, anche in questa sede, le
differenze sostanziali nella localizzazione del network.
6
L’ultima parte, quella relativa alle conclusioni, riassume brevemente
i risultati ottenuti tramite l’analisi presentata nel terzo e nel quarto capitolo,
e grazie ad esse, delinea i profili generali delle strategie di
regionalizzazione iniziate cinque anni or sono, ed affrontate rispettivamente
da MTV Italia e MTV UK & Ireland.
La base teorica sottesa a queste analisi, è quella della semiotica,
applicata in senso pragmatico, attraverso una griglia affrontata
elasticamente, a causa dell’estrema particolarità dei testi audiovisivi in
questione. Nelle analisi del terzo capitolo è stato utilizzato un campione di
31 programmi diversi, registrati da entrambe le emittenti, nella settimana
presa a campione (4-10 dicembre 2000). I programmi sono stati registrati in
loco, a Dublino per MTV UK & Ireland, e a Milano per MTV Italia, e sono
stati selezionati in base alla loro esemplarità, sia all’interno della singola
emittente, sia per i futuri fini della ricerca.
Nelle descrizioni del quarto capitolo, sono stati utilizzati i palinsesti
delle due emittenti, rappresentanti anch’essi la settimana presa a campione
(4-10 dicembre 2000). I palinsesti sono stati giornalmente scaricati dai siti
Internet ufficiali delle due emittenti: per MTV Italia, www.mtv.it, e per
MTV UK & Ireland, www.mtv.co.uk.
7
1. LA NASCITA DI MTV
1.1. Il videoclip
MTV: Music Television, ossia televisione musicale. Andrew Goodwin
la definisce come una specie di “radio visuale, che utilizza il formato del
flusso continuo associato alle stazioni radiofoniche di sola musica”
1
.
Questa breve definizione, come si vedrà più avanti, corrisponde
esclusivamente alla fase iniziale di MTV, ma nella sua semplicità ed
immediatezza, riesce ad evidenziare l’essenza, il denominatore comune
della programmazione di questa stazione televisiva: il videoclip
infinitamente ripetuto.
Queste prime pagine si propongono di tracciare un’accurata storia del
videoclip, risalendo alle sue origini, e alle cause economiche, tecnologiche,
culturali, che hanno portato al suo sviluppo, tutte collocabili verso la fine
degli anni ’70 e inizio anni ’80. Successivamente, verrà affrontato, sempre
dal punto di vista storico, il network MTV, che del videoclip ha fatto la sua
fortuna.
“Il videoclip è un breve testo audiovisivo, della durata media di tre-
quattro minuti, in cui si mette in scena per immagini una canzone, in modo
da poterla programmare per televisione”
2
. L’invenzione del videoclip viene
1
Andrew Goodwin, “MTV Meets Postmodern Theory” in Simon Frith, Andrew Goodwin, Lawrence
Grossberg, (ed.), Sound and Vision. The Music Video Reader, London, New York, Routledge, 1993, p.
50.
2
Gianni Sibilla, Musica da vedere. Il videoclip nella televisione italiana, Roma, RAI-ERI-VQPT,1999, p.
17.
8
spesso scorrettamente associata alla nascita di MTV, ignorando che i
primissimi tentativi di visualizzazione dei ritmi e delle parole di una
canzone, almeno a livello di “performance”, sono riscontrabili sin dalla fine
degli anni ’20 e inizi anni ’30. Fu nel 1927, infatti, che venne prodotto The
Jazz Singer, il primo film con audio registrato e colonna sonora musicale.
Esso divenne il precursore di numerosissimi altri film di generi diversi,
come il musical e il western, prodotti negli anni ’30, che incorporavano
nella loro struttura narrativa numeri musicali e vere e proprie performance
di canzoni
3
.
Forse, gli antenati più simili ai contemporanei videoclip possono
essere identificati nei “Soundies”, brevi filmati, (non più di tre minuti), in
bianco e nero, ritraenti artisti jazz del calibro di Duke Ellington, Louis
Armstrong e Nat “King” Cole, nelle loro esibizioni musicali. Questi filmati,
popolari negli anni ’40 e diffusi negli Stati Uniti, venivano mostrati nei
Panoram, una sorta di video-juke box, o addirittura, agli albori della
televisione americana, trasmessi tra un programma e l’altro. In Francia,
invece, intorno agli anni ’60, si diffusero gli “Scopitones”, molto simili ai
“Soundies”; questi ritraevano, a colori, artisti pop come Johnny Halliday e
Dionne Warwick
4
. Sebbene i “Soundies” godessero di numeroso successo,
lo sviluppo della televisione segnò il loro rapido declino, al quale contribuì
anche la notevole limitatezza del mezzo. Infatti, a causa dell’esiguo numero
di “Soundies” prodotti, gli addetti ai Panoram non riuscivano ad aggiornare
con la necessaria celerità i filmati rispetto ai cambiamenti del panorama
3
Cfr. Jack Banks, Monopoly Television. MTV’s Quest to Control the Music, Boulder, Westview, 1996, p.
23.
4
Cfr. Andrew Goodwin, Dancing in the Distraction Factory. Music Television and Popular Culture.
Minneapolis, University of Minnesota Press, 1992, p.202, nota 5.
9
musicale, trasformando queste macchine in un’inutile e non voluta rassegna
di musica del passato
5
.
Gli artisti dei “Soundies” erano anche i protagonisti di film più
tradizionali, (ad esempio, Benny Goodman in Hollywood Hotel), la cui
semplice trama, permetteva loro di presentare la propria musica.
Quest’usanza fu ripresa da artisti rock degli anni ’50, come Elvis Presley in
Jailhouse Rock o Loving You, e negli anni ’60, dai Beatles, in film come
Hard Day’s Night, Help!, o nel cartone animato Yellow Submarine
6
.
Alcune scene di questi film ricordano da vicino i moderni videoclip, che si
rifanno al canto e ai balletti dei musical di Hollywood, o al musical stesso
come “biografia”
7
.
Sul versante televisivo, indimenticabili furono le famose e
controverse apparizioni di Elvis Presley, e, in seguito, quelle dei Beatles in
diversi varietà, a cavallo fra gli anni ’50 e ’60. Nello stesso periodo,
nacquero molti spettacoli dedicati alla musica, specialmente al rock & roll:
il famosissimo e longevo Top of The Pops in Gran Bretagna, (classifica
settimanale delle canzoni più di successo), Ready, Steady, Go! e Oh Boy;
American Bandstand, Shindig! e Hullabaloo, negli Stati Uniti.
Tutti questi show erano piuttosto simili: ogni settimana un gruppo
ospite suonava le proprie canzoni. In caso di impossibilità, da parte di
questi gruppi, a partecipare allo spettacolo, venivano registrati dei filmati
da trasmettere al posto della loro performance live. I filmati erano
fortemente stereotipati: il gruppo era ripreso su di un palco mentre mimava
in playback una canzone. Ma certi videoclip già colpivano per la loro
5
Cfr. Jack Banks, op. cit., p. 24.
6
Cfr. Jack Banks, op. cit., p. 24.
7
Cfr. Andrew Goodwin, Dancing …, cit., p.202, nota 6.
10
creatività, (ad esempio, i Beatles con i promo di Penny Lane, Strawberry
Fields, We can’t work it out)
8
.
Per evitare i clamori e gli scandali associati alle rockstar e alle loro
apparizioni, i produttori televisivi decisero di creare le loro rock band,
ripulite da tutte le idee relative alla cultura rock, come il sesso, le droghe,
…ma capaci di divertire innocentemente e di attirare folle enormi. Così
nacquero i The Monkees, un gruppo appositamente creato per la
televisione, modellato sui Beatles, e protagonista della serie televisiva
omonima d’enorme successo negli anni ’60, spesso menzionata come
precorritrice dei videoclip stessi
9
.
Tuttavia, è agli inizi degli anni ’70 che vennero prodotti i primissimi
videoclip musicali comunemente intesi, forse un po’ grezzamente, in cui gli
artisti rock presentavano canzoni da album appena pubblicati. Queste
performance filmate venivano solitamente commissionate da grandi case
discografiche come nuovo mezzo promozionale a basso costo, e in genere
mostravano semplicemente l’artista in concerto. Lo scopo era quello di
presentarle nei grandi negozi di dischi, nei locali notturni, o come
pubblicità in televisione, nel tentativo di risvegliare l’interesse del
consumatore.
La produzione di videoclip si sviluppò prima in Europa,
(specialmente in Gran Bretagna), rispetto agli Stati Uniti. In Europa la
televisione ha sempre giocato un ruolo predominante nel lanciare nuovi
artisti e nuova musica. Negli Stati Uniti, infatti, la radio rappresentava il
mezzo principale per diffondere la musica pop e rock; i programmi
8
Cfr. Tom McGrath, MTV The Making of a Revolution, Philadelphia, London, Running Press, 1996,
p.36-37.
9
Cfr. Jack Banks, op. cit., p. 25.
11
radiofonici erano molto specializzati e presentavano ogni tipo di musica,
sebbene si dimostrassero un po’ ostili all’introduzione di novità. La
televisione si rifiutava di dedicare regolarmente delle trasmissioni ai
videoclip, perseguendo unicamente audience di massa e, di fatto, rifiutando
la possibilità di realizzare programmi più specializzati, dedicati a gruppi
demografici specifici basati, per esempio, sulla musica e sul videoclip, (il
cosiddetto narrowcasting).
In Gran Bretagna, invece, a causa del numero molto limitato di
stazioni radio, i cui programmi trasmettevano esclusivamente grandi
successi, non c’era spazio per la diffusione di musica nuova e alternativa.
La televisione assunse, quindi, questo ruolo, annoverando nei palinsesti,
show come Top of The Pops e Ready, Steady, Go!, dedicati alla musica, i
quali presentavano videoclip di canzoni recenti. Le compagnie
discografiche, una volta capito che una tale esposizione televisiva aiutava
nelle vendite degli album, cominciarono a premere per esibire in questi
nuovi programmi i videoclip dei loro artisti
10
.
Non per niente il videoclip candidato ad essere considerato il
“primo” nella cronologia convenzionale è quello di una band inglese, i
Queen, con Bohemian Rapsody, prodotto nel 1975. Questo videoclip è
spesso citato, in quanto si tratta del primo tentativo di visualizzazione di
ritmi e parole di una canzone, (ai tempi, di un famoso hit), al di là della
semplice performance
11
.
10
Cfr. Jack Banks, op. cit., p. 28-30.
11
Cfr. Gianni Sibilla, op. cit., p.177.
12
1.1.1. L’origine del videoclip
Per capire pienamente l’origine dei videoclip, (e anche del suo
conseguente successo), è necessario inserirla in un contesto ben preciso.
Verso la fine degli anni ’70 e primi anni ’80, è avvenuta una serie di
mutamenti sul piano economico, tecnologico, culturale, senza la quale il
videoclip sarebbe rimasto un fenomeno minoritario, in cui le industrie
discografiche non avrebbero investito.
I cambiamenti che generarono la televisione musicale furono cinque:
a) Modifiche dei processi di registrazione ed esibizione della musica pop.
b) Mutamenti dell’ideologia rock provocati dallo sviluppo del “New Pop”
in Gran Bretagna.
c) Espansione dei servizi televisivi, specialmente della tv via cavo, negli
Stati Uniti.
d) Recessione del mercato musicale e interesse crescente verso l’home
video.
e) Cambiamento delle costanti demografiche nel consumo di musica rock e
pop.
1.1.1.1. I processi di registrazione ed esibizione musicali
Secondo Goodwin, nei primi anni ’80, in Gran Bretagna, nacque il
“New Pop” o “New Wave”, un movimento musicale che si basava su
“nuove capacità di intendere le relazioni fra la musica, l’immagine e il
13
mercato discografico, che si svilupparono in parte come reazione al
percepito "fallimento" del punk rock”
12
, il movimento precedente. In questo
passaggio, infatti, hanno luogo dei mutamenti nei processi di produzione,
che fungeranno da punto di partenza per la promozione attraverso i
videoclip. Il caposaldo del movimento punk era il “do it yourself”, vale a
dire “il fai da te”, grazie al quale musicisti amatoriali erano incoraggiati ad
imparare a suonare, e a formare band.
Nel punk, l’enfasi era posta sulla spontaneità dei musicisti, sulla vera
performance “umana”, rispecchiando la sua ideologia che inneggiava al
potere operaio. Ma quando quel periodo passò, verso la fine degli anni ’70,
i musicisti iniziarono ad interessarsi a generi più “mainstream”, più
popolari, come la musica dance. I nuovi gruppi che si formarono dopo il
punk, o che in quel periodo non ebbero successo, s’indirizzarono verso il
“New Pop”, lo stesso fecero alcuni membri di gruppi punk famosi, che
spostarono la loro attenzione verso la musica dance, anche a causa di nuovi
interessi per le drum machine e i sintetizzatori. Esempi di questo
cambiamento di genere furono i Joy Division che si tramutarono nei New
Order, gli Scritti Politti, i Thompson Twins. Fra i nuovi gruppi invece si
distinguono i Depeche Mode, i Frankie Goes to Hollywood, …
13
Negli anni ’80, l’uso delle ormai sofisticate drum machine, diventò di
routine nella produzione musicale; l’enfasi fu posta sui sintetizzatori e sulla
loro memoria sempre più espansa, trasportabile su un palco e utilizzabile
“live” per interi concerti. La destituzione del musicista si avverò
definitivamente, con la controversa accettazione del playback e del mimare
12
Andrew Goodwin, Dancing …, cit, p.31.
13
Andrew Goodwin, Dancing …, cit, p.31.
14
la performance nei concerti dal vivo. Dal “New Pop” in poi la distinzione
fra performance umana e quella automatizzata si confuse sempre di più:
gruppi che utilizzavano i sequencers nelle loro registrazioni, iniziarono a
farlo anche dal vivo, rendendo impossibile la percezione della vera fonte
dei suoni emessi sul palco; inoltre, nello stesso periodo, il rap cancellò la
differenza fra la creazione della musica e appropriazione della stessa,
grazie all’impiego dei campionatori. “Quindi, durante gli anni ’80, il
pubblico della musica rock, pop e rap si abituò all’idea che certa musica
ascoltata dal vivo potesse essere preregistrata su un nastro, provenire da
una macchina, o altresì essere un campionamento di musica registrata
altrove”
14
.
Addirittura, verso la fine degli anni ’90, si scoprì che certi cantanti nei
concerti dal vivo mimavano le loro performance grazie a voci preregistrate;
la minaccia d’azione legale obbligò i tour promoter a rendere pubblico il
losco affare. Poco tempo dopo, i Milli Vanilli vennero privati del Grammy
Award 1990 come Migliore Nuovo Artista, poiché si scoprì che il duo non
aveva mai realmente cantato né sull’album che nelle varie esibizioni, ma
che si trattava di ballerini “presta immagine” sostituitosi, di fatto, ai reali
esecutori. Altri eventi di questo genere, che, implicano la rottura del patto
di fiducia sottoscritto nel momento in cui noi vediamo un artista cantare o
un musicista suonare, accaddero, anche in Europa. Tipico è il caso dei
Black Box, gruppo dance italiano, che, nel 1989, impiegò una certa vocalist
per il loro hit Ride on Time, la quale non apparve mai nel video, ma fu
sostituita da una modella.
14
Andrew Goodwin, Dancing …, cit p.32.
15
Questi eventi si rivelarono importantissimi per lo sviluppo del video
musicale come meccanismo di vendita consolidato. Le nuove tecnologie in
campo musicale dimostrarono a tutti che la performance era un’esperienza
visuale. L’accettare che la musica pop significasse cantare su suoni
registrati quasi del tutto identici a quelli pubblicati su disco o cassetta,
portò a legittimare la pratica di mimare la stessa performance per un
videoclip. I progressi della tecnologia ratificarono e giustificarono il “lip-
synch” (la sincronizzazione fra il labiale del cantante nelle immagini del
videoclip con le parole enunciate nella canzone
15
), e il playback, come
validi elementi della cultura pop.
In passato, gli artisti nelle apparizioni televisive avevano sempre
cercato di nascondere o sdrammatizzare il fatto che fossero in playback,
ridicolizzando la situazione o inserendo nell’esibizione musicisti estranei
inesistenti su disco. Invece, il “New Pop” accettò apertamente la questione:
“riconobbe la performance come un mezzo visuale con una colonna
sonora”
16
ed evidenziò questo aspetto, da sempre esistito, grazie ai grandi
cambiamenti nella tecnologia musicale. Quindi, non fu il video musicale a
creare questo mutamento, ma da esso venne convalidato.
1.1.1.2. L’ideologia rock e l’atteggiamento dell’artista verso il
marketing e i mass media
“Punk e rock condivisero la stessa ideologia relativa ai codici della
performance che presupponeva una corrispondenza fra la creatività e la
15
Cfr. Gianni Sibilla, op. cit., p.28.
16
Andrew Goodwin, Dancing …, cit, p.33.
16
performance”
17
. L’esibizione era vista come un evento autentico in cui
l’artista comunicava la propria musica ad un pubblico. Autori o produttori
non potevano far parte dell’immagine pubblica di un gruppo, anche se
numerosi furono i tentativi di riconoscere certi produttori come membri
aggiuntivi nelle band. Nei casi in cui questo patto veniva a mancare,
l’ideologia rock negava al gruppo qualsiasi credibilità musicale e immagine
d’autenticità, (ad es.: il gruppo The Monkees nell’omonima serie
televisiva).
I cambiamenti portati dal “New Pop” fecero sì che quest’ideologia
non ebbe più senso. “Nel 1983, quando i Frankie Goes to Hollywood
raggiunsero il successo in Gran Bretagna, a nessuno più interessava se i
musicisti suonassero realmente nei loro album”
18
. Negli Stati Uniti la
nozione d’autenticità rock era ancora salda, ma artisti del calibro di
Madonna, alla fine degli anni ’80, affrontarono il mercato con strategie che
ricordavano da vicino quelle del “New Pop”. Nel 1990, durante i concerti
del suo Blond Ambition tour, Madonna annunciava l’intenzione di voler
fare qualcosa di “cattivo” e poi cantava in playback la canzone Hanky
Panky dal film Dick Tracy.
In questa trasformazione, la casa discografica ZTT Records giocò un
ruolo molto importante. Fondata dal produttore Trevor Horn e l’autore rock
Paul Morley, lanciò gruppi come i Frankie Goes to Hollywood, gli ABC, e
gli Art of Noise, con un approccio pubblicitario ironico, e consapevole,
(molto di più rispetto al passato), delle potenzialità promozionali dei
videoclip e della loro strategicità.
17
Andrew Goodwin, Dancing …, cit ,p.34 .
18
Andrew Goodwin, Dancing …, cit, p.35.
17
“Entro la metà degli anni ’80, il pop inglese creò molti gruppi di
successo che non si esibivano dal vivo, e spesso non potevano farlo, poiché
la loro musica era riproducibile solo attraverso l’utilizzo di uno studio
multitraccia e relativa strumentazione”
19
. Gruppi come gli Wham!, Human
League, fecero pochissimi concerti, o addirittura nessuno, agli albori delle
loro carriere, infrangendo così la tradizione rock che prevedeva che un
gruppo dovesse prima “fare la gavetta” con concerti nei piccoli locali e nei
college. Questi gruppi, invece, registravano in studio e apparivano solo
attraverso i mass media, inclusi i videoclip.
Il “New Pop” arrivò a lanciare sul mercato un gruppo come gli Art of
Noise, i cui membri non erano per niente identificabili, e un duo come gli
Wham!, in cui un membro non contribuiva in nessun modo alla musica.
“Fu tramite i videoclip che i gruppi “New Pop” si fecero accettare come
"performers", sebbene spesso mimassero musica che non stavano suonando
veramente”
20
. Il “New Pop” divenne, quindi, il precursore di un’altra
tendenza, attuale, dove artisti come Prince o i Whitesnake, la cui musica è
il risultato di una registrazione multitraccia effettuata da un’unica persona,
(nel caso dei Whitesnake, Dave Coverdale), utilizzano dei musicisti per
mimare le parti che loro non suonano per dare l’impressione di una
performance di gruppo.
Secondo Goodwin, quindi, “il cambiamento delle pratiche di
produzione musicale e i nuovi atteggiamenti verso il marketing e
l’immagine dell’artista costituirono due dei fondamenti per lo sviluppo
della televisione musicale”
21
. Le nuove tecnologie permisero al lip-synch e
19
Andrew Goodwin, Dancing …, cit, p.35.
20
Andrew Goodwin, Dancing …, cit, p.36.
21
Andrew Goodwin, Dancing …, cit. p.36.
18
al playback di entrare legittimamente a far parte della performance pop, e il
nuovo approccio al marketing portò alla creazione di procedure di routine
per la promozione di singoli attraverso la videomusica. “I video musicali,
quindi, non generarono da soli le condizioni per il loro successo, ma esso fu
reso possibile solo grazie a questi mutamenti avvenuti all’interno
dell’industria”
22
. Ma questo non basta a spiegare la nascita della televisione
musicale; i videoclip furono prodotti perché c’era un’audience. Quindi è
necessario considerare il legame tra musica e televisione.
1.1.1.3. Lo sviluppo televisivo
“Allo scopo di capire perché i videoclip si svilupparono così
velocemente negli anni ’80, è necessario considerare l’economia politica
delle industrie dei mezzi di comunicazione di massa, dato che fu proprio in
quest’ambito, (piuttosto che nella domanda del pubblico), dove si generò
l’impulso di produrre videoclip musicali su larga scala”
23
.
Goodwin colloca uno degli elementi determinanti per la nascita della
televisione musicale nell’aumento globale della quantità dei programmi
televisivi
24
. Negli Stati Uniti si verificò una grandissima espansione della
televisione via cavo, ed anche nei mercati più regolati come quelli europei,
le televisioni broadcast, via cavo e satellitare, subirono un significativo
aumento nel numero d’ore di programmazione necessarie per riempire i
22
Andrew Goodwin, Dancing …, cit. p.37.
23
Andrew Goodwin, Dancing …, cit, p. 37.
24
Andrew Goodwin, Dancing …, cit, p. 37.