4
Nel secondo capitolo si mostra la natura dei cambiamenti (che vengono
continuamente) introdotti nella realtà dai media digitali, i quali attengono a due
ambiti: le nozioni di spazio e tempo e la riconfigurazione del testo ad opera degli
ipertesti. Per quanto riguarda il primo aspetto, i media digitali hanno ampliato le
capacità dell’uomo di fare uso della sua facoltà di coprire le distanze che separano
gli spazi in cui vive ed hanno modificato la topologia del globo da due punti di
vista: da un lato, infatti, hanno reso meno definiti i confini tra regioni (geografiche
e culturali) diverse mentre, dall’altro, hanno portato una maggiore rigidità nel
qualificare ambienti distanti in ragione del grado di partecipazione all’universo
dell’informazione e della comunicazione. La rete Internet è una delle realizzazioni
più chiare di tali cambiamenti. La peculiarità di tale medium (o ipermedium) si
manifesta inoltre nell’esplicitarsi ipertestuale della sua struttura. La scrittura
ipertestuale ha trovato in Internet il canale privilegiato per la realizzazione delle
sue potenzialità innovative: esse risiedono nell’abbandono del vincolo di linearità
del testo, nonché nel definitivo superamento del supporto cartaceo quale vettore
elettivo della parola scritta.
Il terzo capitolo conterrà l’esame delle posizioni filosofiche e delle analisi
dei commentatori rispetto all’argomento, valendosi anche dell’esame di alcuni
5
testi fantascientifici: i capolavori di Wells, Orwell, Bradbury e Huxley,
accomunati dal loro carattere di anticipazione apocalittica dei traguardi della
tecnologia. Seguono, nel paragrafo “precursori”, alcune evidenziazioni degli
assunti di Marshall McLuhan in Understanding Media, e la considerazione di
Apocalittici e integrati di Umberto Eco, quale spunto metodologico di fondo per il
proseguo della trattazione. Le posizioni che seguono, infatti, sono raggruppate in
tre categorie: “apocalittici”, “integrati” e “moderati-riformisti”, a seconda del
giudizio che i rispettivi autori esprimano sui media digitali. All’interno di tali
raggruppamenti, di fianco a posizioni più strettamente filosofiche - Pierre Lévy
nella sua analisi del virtuale, Derrick de Kerckhove nel suon saggio Brainframes,
Jacques Derrida e Bernard Stiegler in Échographies de la télévision - si prendono
in esame posizioni di commentatori provenienti da un’osservatorio intellettuale
più vasto di quello strettamente filosofico (Furio Colombo e il suo Confucio nel
computer e Tomàs Maldonado in Critica della ragione informatica, per esempio).
L’analisi di tale spettro di argomentazioni è propedeutico a una sintesi critica che
riscontra nella quasi totalità degli autori due ordini di problemi: il primo attiene
alla difficoltà del pensiero nell’intraprendere l’indagine in un ambito della realtà
che si manifesta anche attraverso la costituzione di un linguaggio e di un universo
6
esperienziale innovativi; il secondo problema concerne la generale attitudine a
trattare dei cambiamenti operati dai media digitali come se essi fossero già
sostanzialmente compiuti, ancorché le definizioni della sostanza di tale
compimento siano assai diverse tra loro.
Le conclusioni recano una critica al concetto di significazione come
imposizione di senso sul reale, basata sulle argomentazioni di Michel Foucault ne
L’ordre du discours, e l’assunzione del punto di vista di Jean Baudrillard a
riguardo dell’eccesso di rappresentazione e del proliferare dei discorsi volti a
svelare il reale. Infine, viene proposto un criterio metodologico per uscire dalle
difficoltà che si sono riscontrate negli approcci critici. Tale proposta trae spunto
dal saggio di Jean-François Lyotard Le transformateur duchamp, in cui l’autore
condusse un’analisi dell’opera e della persona di Marcel Duchamp muovendo
dall’assunto che bisognasse affrontare l’argomento nei termini di una ricerca su
Duchamp e sui suoi prodotti come traformazioni della realtà, piuttosto che come
“performazioni” operate attraverso la composizione di oggetti della realtà. Il
“metodo Lyotard” viene esibito e proposto nell’ambito dell’indagine sui media
digitali quale suggerimento per spostare il nucleo dell’indagine filosofica sul
processo di trasformazione della realtà ad opera di tali media.
7
1. Entità dei cambiamenti
Le parole medium e digitale designano concetti variegati, almeno nella
misura in cui la nostra cultura - occidentale, capitalistica, tecnologica,
americanofila e sempre più anglofona
1
- li ha per così dire adottati, nutriti e
distribuiti quanto più possibile nelle zone del globo che essa permea. L’uso
comune, o popolare, di tali termini, rende quindi necessario che si stabilisca in
quali accezioni ne farò uso.
1.1. Cosa sono i media
La nostra cultura ha cucito addosso alla parola medium (ancorché venga
declinata quasi solamente al plurale, media, onde evitare possibili confusioni con
chi conduce sedute di spiritismo, occultismo, o altre pratiche affini) un significato
che riguarda quasi esclusivamente gli organi della comunicazione; ovvero, di
1
Questi aggettivi necessiterebbero di un’avvertenza sicuramente più estesa di quella che li ospita.
Sono anch’essi, infatti, nomi di largo uso, che possono rendere opaca la comunicazione, o gli
intenti di colui il quale sta cercando di comunicare, in quanto la loro “popolarità” li rende passibili
di qualifiche e accezioni assai diverse, a seconda del latore. Tale ulteriore avvertenza non avrà
luogo dal momento che, se per i termini “medium” e “digitale” ritengo sia utile guadagnare un
ambito d’uso che limiti i fraintedimenti (o quanto meno giustifichi l’impossibilità di restringerlo),
è altresì vero che deve pur esserci un terreno comune sul quale il paragrafo sopra possa attecchire,
pena il regresso all’infinito nella posizione dei termini.
Come apparirà sempre più chiaro nel corso della trattazione, ritengo che i fraintedimenti linguistici
siano più che mai alla base del misunderstanding che si crea analizzando argomenti di una portata
così vasta. Per quello che mi riuscirà possibile - compatibilmente con l’intento di armonizzare la
ricerca di territori linguistici comuni, senza scivolare in continui regressi del significato delle
parole - cercherò di chiarificare il più possibile gli ambiti d’uso delle parole le cui ricorrenze
numerose potrebbero sviare quanto a chiarezza ed esaustività.
8
solito, si concede che un medium sia un organo di diffusione di informazioni:
stampa, radio, televisione, Internet. Dal momento che il termine di cui sopra - o
meglio, il suo attuale valore tecno-culturale - ha una paternità, nonché un
significato più ampio di quello appena descritto, vale la pena di recuperare tale
accezione originaria, che oltre tutto rende più chiaro il motivo della successiva
limitazione, o delimitazione. L’opera a cui mi riferisco è Understanding Media ,
di Marshall McLuhan. McLuhan intese per medium “ogni estensione di noi
stessi” (McLuhan 1964: 16)
2
e incentrò la sua analisi sul modo in cui la tecnologia
elettrica, e il suo utlizzo nella creazione e nell’uso delle nostre “estensioni”, stava
cambiando la vita.
2
La citazione è tratta dall’incipit del capitolo 1, il cui titolo - Il medium è il messaggio -
rappresenta un’altra delle espressioni che il linguaggio comune ha mutuato dal filosofo canadese.
Riporto per esteso il brano:
«In una cultura come la nostra, abituata da tempo a frazionare e dividere ogni cosa al fine di
controllarla, è forse sconcertante sentirsi ricordare che, per quanto riguarda le sue conseguenze
pratiche, il medium è il messaggio. Che in altre parole le conseguenze individuali e sociali di ogni
medium, cioè di ogni estensione di noi stessi, derivano dalle nuove proporzioni introdotte nelle
nostre questioni personali da ognuna di tali estensioni o da ogni nuova tecnologia».
Contestualizzare un pensiero datato 1964 a più di trent’anni di distanza è una responsabilità che
certamente porta con sé rischi ed errori. Ritengo quindi sia utile, in merito a McLuhan, e all’uso
che si fa dei suoi assunti profetici, aggiungere un recente commento di Umberto Eco: «If he
[McLuhan] were alive today he would be probably be writing books contradicting what he said 30
or 40 years ago. As it was, ha came up with the global village prophecy, which has turned out to
be at least partly true, the “end of the book” prophecy, which has turned out to be totally false, and
a great slogan - “The medium is the message” - which works a lot better for television than it does
for the Internet» (Eco 1997).
Infine, è il caso di aggiungere un‘espressione di Jean Baudrillard che la dice lunga sul suo
pensiero, rispetto al concetto mcLuhaniano di medium. Baudrillard dice infatti che ciò che
McLuhan considerava “estensioni dell’uomo” andrebbero piuttosto considerate “espulsioni
dell’uomo” (Baudrillard 1995: 41).
Il pensiero di Baudrillard apparirà comunque più chiaro in seguito e verrà analizzato in maniera
specifica nel capitolo 4.
9
Se le estensioni dell’uomo erano sempre state - precedentemente all’elettricità -
meccaniche o comunque protesiche, nel senso che erano pur sempre
amplificazioni degli arti umani o delle funzioni che l’uomo poteva compiere a
partire dall’uso di essi, l’avvento di quella che McLuhan chiama “tecnologia
elettrica” è foriero di una nuova qualifica dei media, che si manifesta senza
dubbio in un potenziamento degli stessi, nonché in una nuova accresciuta capacità
da parte dell’essere umano di condizionare la propria esistenza e l’ambiente che lo
circonda.
«Ora che - dopo l’avvento dell’energia elettrica - il nostro sistema nervoso
centrale viene tecnologicamente esteso sino a coinvolgerci in tutta l’umanità e a
incorporare tutta l’umanità in noi, siamo necessariamente implicati in profondità
nelle conseguenze di ogni nostra azione» (op. cit.: 10).
Il cambiamento della prospettiva dell’uomo - in quanto abitante e agente nel
mondo - si manifesta principalmente nella riduzione, o compressione, dello spazio
e nella contrazione del tempo necessario a percorrerlo.
10
La tecnologia comprime il mondo, avvicina all’uomo l’esperibile (già) esistente
3
e
rende il globo sempre più simile a quel “villaggio globale”
4
che McLuhan
“vedeva” più di trent’anni or sono.
Il trattamento digitale dell’informazione, ossia la capacità di manipolare qualsiasi
tipo di informazione a partire da una codifica binaria, riducendola in stringhe di
bit (binary units), ha ulteriormente accresciuto le facoltà peculiari dei media:
riduzione dello spazio e contrazione del tempo.
I media che prenderò in considerazione sono principalmente i media della
comunicazione (e con ciò sto recedendo al senso comune dell’uso di tale
espressione), ma l’analisi verterà anche e comunque sui media digitali che non
hanno tuttavia a che fare con la comunicazione, in quanto anch’essi partecipano
dei vantaggi
5
della digitalizzazione sopra menzionati.
3
L’espressione “(già) esistente” serve in questo momento a delimitare il concetto di “esperibile” a
ciò che esiste prima dell’uomo e indipendentemente dalla sua azione.
4
E’ interessante notare come l’espressione “villaggio globale” sia passibile - almeno - di due
interpretazioni. Da un lato la si può figurare come una compressione del globo alla condizione di
un villaggio, ovvero un nucleo abitativo all’interno del quale ogni cittadino conosce tutti gli altri e
dove può recarsi in qualsiasi luogo senza abbandonare il centro abitato, usufruendo di un lasso di
tempo di dimensione infinitesimale rispetto a quello che si può normalmente attribuire al concetto
di percorrenza, per esempio a un viaggio. D’altro canto, possiamo intendere l’espressione come
designante un villaggio che, pur mantenendo la propria topologia, assuma dimensioni e distanze
globali, senza che vi sia soluzione di continuità tra le località raggiungibili; questa seconda
accezione, più realistica, rende più chiaro il ruolo della tecnologia, considerata come artificio che
comprime spazi e tempi, in quanto la nozione di villaggio, affinché sia soddisfatta, deve mantenere
i suoi requisiti all’aumentare degli spazi, pena l’eventualità che tale villaggio diventi città, regione,
continente, ecc.
5
Mi si conceda il termine “vantaggi”, il quale, a rigore, denotando un giudizio positivo,
introdurrebbe una faziosità immotivata in una fase così preliminare dell’analisi.
11
1.2. Tecnologia digitale e media
Le estensioni di cui l’uomo fa uso sono sempre più figlie della tecnologia
digitale, sia dal punto di vista della generazione strictu sensu, in quanto vengono
pensate, create e prodotte con l’ausilio di computer e attrezzature controllate da
microprocessori, sia dal punto di vista del loro funzionamento, che è sempre più
gestito dalla tecnologia digitale.
L’applicazione delle tecnologie digitali (e, prima di essa, l’evoluzione
delle scienze dell’informazione) sta conoscendo una fase di espansione
esponenziale. Gli elettrodomestici fruiscono delle innovazioni di scienze quali
l’intelligenza artificiale tanto quanto i computer, diventando essi stessi piccoli
elaboratori (“piccoli” in quanto la loro capacità computazionale è ristretta ai
compiti per i quali sono costruiti). Tale tendenza sta portando i progettisti di
questi media a sviluppare strumenti che limitino quanto più possibile gli sforzi -
fisici e mentali - dell’utente, alla volta di un futuro (che per certi versi è già qui) in
cui non avremo più il problema di impostare il programma della lavabiancheria,
12
né quello di sudare e innervosirci per parcheggiare l’automobile in uno spazio
angusto della nostra città
6
.
Il confine tra intelligenza artificale e realtà virtuale (intendendo per ora
con tale espressione la creazione di mondi simulati con l’ausilio del computer) si
perde anch’esso all’interno delle applicazioni. Un simulatore di volo, per esempio,
è uno strumento che abbina entrambe queste conoscenze. La realtà virtuale
altrimenti intesa come cyberspazio
7
è il mondo virtuale creato dalle reti, o meglio
dalla rete Internet e dal suo principale canale di accesso, il WWW (World Wide
Web).
In questa accezione non si fa riferimento alla simulazione generata dalla grafica
3D (anche se si trovano ambienti virtuali immersivi
8
sempre più sovente, nei siti
WWW), ma, estendendo il concetto di virtualizzazione, si pensa proprio a un
6
Per quanto riguarda questi aspetti delle tecnologie dell’informazione, e in particolare
l’applicazione della logica Fuzzy nei campi più svariati, si veda Fuzzy Thinking (Kosko 1993).
7
La definizione originaria di questo termine si deve al romanziere americano William Gibson, nel
suo Neuromancer, il romanzo che segna la nascita del genere cyberpunk. Riporto il passaggio per
esteso:
«Cyberspazio: un’allucinazione vissuta consensualmente da miliardi di operatori legali, in ogni
nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti matematici... Una rappresentazione grafica
di dati ricavati dai banchi di ogni computer del sistema umano. Impensabile complessità. Linee di
luce allineate nel non-spazio della mente, ammassi e costellazioni di dati. Come le luci di una città,
che si allontanano...» (Gibson 1984: 52).
8
Per “immersivo” si intende un ambiente virtuale che possa venire praticato in modo che l’utente
vi sia immerso. Gli ambienti di realtà virtuale immersiva ottenuti attraverso la grafica 3D
necessitano, affinché il coinvolgimento sia il più verosimile possibile, di apparecchiature quali gli
HMD (Head Mounted Display), che riempiano completamente il campo visivo e uditivo
dell’utente.
13
mondo parallelo, popolato da persone e identità che non necessariamente sono
“presenti” nella realtà reale. Internet è certamente l’ultimo traguardo e il trend più
vivo nell’applicazione delle tecnologie dell’informazione che il mondo sta
conoscendo negli ultimi quattro
9
anni. La rete Internet è altresì al centro del
dibattito che prenderò in analisi, avendo essa stimolato - se non monopolizzato,
assieme alla televisione - le analisi della Filosofia di fine millennio.
Questo breve panorama, lungi dal voler fornire un quadro esauriente degli
usi e dei traguardi delle tecnologie digitali, vuole mostrare come “il digitale” sia
già parte integrante delle nostre esperienze quotidiane (anche all’interno di media
che riterremmo “insospettabili”) e come la frontiera di tali tecnologie, insieme al
miglioramento delle applicazioni esistenti, sia l’unione di tutti i dispositivi in una
sede unica, ossia la creazione di reti (domestiche e planetarie) che
sincronizzeranno il funzionamento di tutti i dispositivi elettronici di cui ci
9
L’assegnazione di questo lasso di tempo non è casuale. Il periodo inizia infatti nel 1993, anno in
cui Marc Andreesen crea Mosaic, il software intuitivo e dotato di interfaccia grafica user-friendly
che ha cambiato il modo di usare Internet e ha segnato la nascita del World Wide Web, ovvero il
canale per l’accesso alla Rete attraverso la lettura di documenti scritti nel linguaggio ipertestuale e
ipermediale HTML (Hypertext Markup Language). Un’altra data certamente importante, che segna
- almeno in USA - l’inizio della grande espansione del fenomeno Internet è il 1995, se prendiamo
ancora come calendario il successo di Mr. Andreesen; in questo caso mi riferisco alla quotazione
in borsa della sua società, la Netscape Communications Corporation.
14
serviremo
10
. Le implicazioni dei cambiamenti che la tecnologia sta (im)ponendo
nei nostri stili di vita sono sicuramente tra le più svariate; la stringata descrizione
di cui sopra non ha, in tal senso, nessun intento di fornire una qualificazione
morale. Più avanti, l’analisi condurrà a occuparci di simili giudizi.
E’ necessario a questo punto condurre un rapido excursus sul termine
tecnologia, in quanto credo che anche questa parola necessiti di una
chiarificazione: «E’ preferibile rimanere il più possibile concreti quando si
ragiona sulla tecnologia, riferendosi a tecnologie specifiche in contesti specifici
[...], piuttosto che alla tecnologia come una forza monolitica e demoniaca o un
movimento storico di liberazione» (Woodward 1995: 37). L’immaginario sociale
che dipinge la tecnologia come un potere lontano, induce a sottolineare questo
assunto importante, ovvero come essa dipenda anche e soprattutto dal quadro
d’uso che se ne fa, oltre che dalla conoscenza dei reali processi di funzionamento
e progettazione degli artefatti tecnologici
11
.
10
Il presidente della Microsoft, a questo riguardo, sostiene che: «Quando le potenti macchine
informatiche saranno tutte collegate all’autostrada [informatica], persone, computer, divertimento
e informazione saranno tutti accessibili» (Gates 1994: 17).
11
Considerazioni affini saranno riprese nel paragrafo 3.5, relativamente al testo di Derrida-
Stiegler, Échographies de la télévision.
15
«Mentre il quadro di funzionamento di una tecnologia si elabora principalmente in
seno alla comunità tecnologica e nei laboratori di ricerca, la costruzione del
quadro d’uso mobilita attori più diversificati e si manifesta attraverso discorsi più
vari, tenuti non solo da tecnici, ma anche da “letterati”: romanzieri, volgarizzatori,
giornalisti, ecc. Tutti questi discorsi partecipano all’elaborazione di un
immaginario sociale, una tra le componenti fondamentali del quadro d’uso di una
nuova tecnologia» (Flichy 1995: 191).
Assumeremo quindi il significato di “tecnologia” relativamente all’ambito
dei media digitali, intendendo per essa quell’insieme di teorie, ricerche e
procedimenti applicativi che rendono possibile la creazione, la produzione e la
fruizione degli strumenti che abbiamo indicato.