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Capitolo 2
La Realtà Virtuale in Psicologia Clinica
2.1_La Realtà Virtuale in ambito terapeutico
I primi studi e applicazioni di ambienti virtuali in ambito terapeutico si sono indirizzati
verso il trattamento degli stati fobici. La logica di base sta nel proporre al soggetto la
situazione ansiogena facendogli decidere a quale grado di intensità vivere tale
esperienza. In breve un‟esposizione progressiva al contenuto fobico.
Si ricrea in un ambiente controllato una situazione che in condizioni reali genererebbe
angoscia e perdita di controllo, è proprio il timore di affrontare nella realtà la causa dei
propri disagi che diventa spesso un limite insormontabile per molti pazienti. Grazie
all‟utilizzo dell‟ambiente tridimensionale l‟utente è in grado di affrontare situazioni
particolarmente stressanti in tutta sicurezza.
Persone affette da fobie di carattere sociale, in genere soggette a paura ed angoscia in
situazioni ove è presente l‟interazione umana, possono trarre benefici da un ambiente
simulativo. Nello studio Virtual Reality Exposure in the Treatment of Social Phobia,
sono state realizzati alcuni scenari che prevedono situazioni particolarmente stressanti,
quali parlare in pubblico, essere osservati da altre persone, stare in relativa intimità con
persone sconosciute o altre situazioni simili; inoltre a corredo dell‟applicativo sono stati
aggiunti scenari preparatori e di tutorial. L‟utente, grazie all‟aiuto del tutor, impara i
comportamenti adatti in ogni contesto sociale, con lo scopo di ridurre l‟ansia nelle
situazioni reali.
Nella “virtual reality exposure therapy” (VRET) i pazienti tipicamente indossano un
casco con un display che consente l‟immersione in una situazione ambientale simulata.
Il terapeuta può variare tutti i parametri della situazione virtuale per modularla sullo
specifico paziente, con riferimento alle sue reazioni e a seconda dei suoi progressi.
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Figura_2: Simulazione virtuale della paura del pubblico
(fonte: Google Immagini)
Questo tipo di tecnica psicoterapeutica si basa sull‟assunto che le persone immerse nella
realtà virtuale sperimentino “presenza”. La “presenza” è definita come uno stato
psicologico o una percezione soggettiva nella quale, anche se alcune parti dell‟attuale
esperienza dell‟individuo sono generate da/o filtrate attraverso la tecnologia, la
percezione dell’individuo fallisce nel riconoscere accuratamente il ruolo della
tecnologia nell’esperienza. Eccetto casi estremi, l‟individuo è pienamente consapevole
del fatto che sta usando la tecnologia, ma a “qualche livello” e “in qualche misura” le
sue percezioni superano questa consapevolezza e gli oggetti, gli eventi, le entità e gli
ambienti virtuali sono percepiti come se la tecnologia non fosse coinvolta
nell‟esperienza.
2.2_ Realtà Virtuale e psicoterapia
L‟uso della RV in psicoterapia deriva da un‟estensione delle applicazioni dei sistemi
virtuali in ambito medico e chirurgico. Per gli psicologi clinici la realtà virtuale
rappresenta la possibilità di sviluppare un nuovo paradigma di interazione uomo –
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computer, nel quale gli utenti non siano semplici osservatori esterni di immagini su un
monitor, bensì partecipanti attivi di un mondo virtuale tridimensionale generato dal
computer. L‟interazione non è più unidirezionale, l‟esperienza del contesto è attiva ed è
possibile modificare aspetti dell‟ambiente con azioni volontarie, in una condizione di
immersione sensoriale.
I vantaggi di tale strumento possono essere identificati in due principali possibilità
innovative:
1. Lo psicoterapeuta può ricostruire, con il paziente, una gerarchia degli stimoli
critici che sono alla base del disturbo in esame, in modo controllato e specifico
per il paziente.
2. Le diverse componenti dell’ambiente virtuale sono suscettibili di un ampio
controllo da parte del terapeuta, così da consentirgli di stabilire quale grado di
difficoltà presentare al paziente, in relazione a un’attenta valutazione dei
progressi di trattamento.
Nell‟ambiente virtuale il paziente può apprendere a gestire con efficacia situazioni
problematiche connesse alla patologia. Gli ambienti virtuali possiedono un elevato
livello di flessibilità e programmabilità, rivelandosi pertanto particolarmente adatti
come setting esperienziali in cui i pazienti possano approcciarsi alla patologia senza
sentirsi minacciati. L‟esperienza virtuale è un “empowering environment” (Riva,
2001)
14
poiché mette i pazienti nelle condizioni di esplorare situazioni temibili in un
contesto protetto, favorendo in tal modo l‟abbandono delle credenze disfunzionali alla
base del disturbo stesso.
Gli ambienti virtuali inoltre, si collocano in una posizione intermedia tra la terapia e
l‟ambiente reale, favorendo il passaggio dal supporto guidato all‟autonomia. Un
ulteriore beneficio è riscontrabile nel fatto che i pazienti si sentono maggiormente
supportati sapendo che il terapeuta può vedere l‟ambiente ansiogeno e condividere
pertanto maggiormente la loro esperienza.
14
Riva G., Molinari E., Vincelli F. (2001), «Virtual Reality as comunicative medium between patient and
therapist», in Riva G., Davide F., Communication throught virtual technologies, IOS Press, Amsterdam.
26
Autori come Cristina Botella et al. (2004)
15
hanno analizzato in modo approfondito i
possibili vantaggi offerti dalla cyber terapia individuando, fra gli altri, i seguenti aspetti:
1) La terapia assistita mediante la Realtà Virtuale (Virtual Reality Therapy – VRT)
consente di strutturare la psicoterapia come un ambiente speciale e difeso. La
“verosimiglianza” dell‟ambiente virtuale è molto importante soprattutto se
considerata come step intermedio fondamentale tra la stanza del terapeuta
(completamente protetta) e l‟ambiente esterno (totalmente minaccioso). In tale
contesto molteplici situazioni, difficoltà, eventi imprevedibili, errori, conseguenze
drammatiche possono essere “provate” poiché, non accade nulla al paziente. In
breve egli si sente sicuro nella situazione virtuale e, con il supporto e la guida del
terapeuta, può affrontare il contesto tenuto in prima persona e senza rischi. Il fatto
di concepire la terapia come un contesto tutelato dove il paziente può iniziare a
esplorare, esperire in tutta tranquillità. L‟aggiunta dell‟elemento virtuale non altera
quelle caratteristiche essenziali della terapia rappresentate, secondo Korchin e
Sands (1983)
16
, dal credere nella possibilità di cambiamento, dalla fiducia nel
terapeuta come esperto, dalle aspettative positive riguardo la terapia stessa e dalla
motivazione. La RV entra a far parte dell‟alleanza terapeutica come un terzo
elemento su cui fare affidamento, in quanto ambiente di training nel quale il
paziente potrà apprendere modalità efficaci di interazione con elementi
“verosimili”, da trasferire gradualmente sull‟ambiente reale per una adeguata
gestione delle situazioni precedentemente percepite come minacciose.
2) L‟ambiente virtuale potrebbe essere visto come una sorta di base sicura bowlbiana
che il terapeuta offre al paziente, dal quale egli può liberamente esplorare,
sperimentare, vivere e rivivere sentimenti, pensieri e vissuti attuali e remoti,
accompagnato dalla sensazione di essere al sicuro. Nell‟ambiente virtuale il
paziente può sperimentarsi e sperimentare il mondo esterno in un modo nuovo,
alternativo rispetto alle credenze e alle assunzioni che caratterizzano lo stato
patologico. L‟individuo può rendersi conto della discrepanza tra percezioni e
15
Botella C., Quero S., Baños R. M., Perpiñá C., García Palacios A., Riva G. (2004), «Virtual Reality and
Psychoterapy» in Riva G., Botella C., Légeron P., Optale G. (a cura di), Cybertherapy. Internet and Virtual
Reality as Assessment and Rehabilitation Tools for Clinical Psychology and Neuroscience, IOS Press,
Amsterdam.
16
Korchin S., Sands S. (1983), «Principles common to all psychotherapies» in Walker C. E. Walker (a cura di),
The handbook of clinical psychology, Dow Jones-Irwin, New York.
27
cognizioni, e comprendere come il mondo esterno, così com‟è vissuto, non
corrisponde a qualcosa di fisso, dato, oggettivo, bensì rappresenta una simulazione,
un‟interpretazione possibile e soggettiva
3) La maggioranza degli approcci terapeutici sottolineano l‟importanza che il paziente
affronti (superi, assimili, elabori…) le proprie paure.
Come precedentemente affermato, la RV consente di programmare, e variare con
flessibilità e in tempo reale, un graduale processo di esposizione a stimoli ansiogeni
o minacciosi. A poco a poco, partendo dalla conoscenza e dal dominio di situazioni
interattive con i molteplici elementi dell‟ambiente virtuale, il paziente potrà essere
in grado di gestire il mondo reale. La RV è un modo per consentire al pz di iniziare
a conoscere le situazioni temute, e di interagire con esse
4) Bandura (1977)
17
annovera, tra gli aspetti che maggiormente contribuiscono a
generare un senso di autoefficacia, l‟esperienza di performances di successo. La RV
può rappresentare un‟eccellente fonte di informazioni circa l‟efficacia personale in
tale ambito, in particolare per via del fatto che il terapeuta può controllare gli
stimoli somministrati e fare in modo che il feedback sia più o meno positivo
rispetto alle performances del soggetto, in accordo con le mete terapeutiche
previste. Bandura sostiene che il senso di autoefficacia prodotto da ripetuti successi
diminuisca l‟impatto di eventuali fallimenti. Inoltre, gli insuccessi superati con il
coinvolgimento attivo del soggetto rafforzeranno la sua determinazione. È
importante però che il paziente si sperimenti come efficace, competente e in grado
di gestire le situazioni che l‟ambiente presenta. Inoltre, è decisivo che il soggetto
attribuisca i successi compiuti a qualità interne come l‟impegno e la costanza: la
convinzione che un atteggiamento determinato e deciso sia alla base dei propri
successi crea le condizioni per una adeguata interazione con l‟ambiente.
La teoria dell‟autoefficacia prevede che tale vissuto tenda a generalizzarsi ad altre
situazioni; per questo motivo la RV sembra ancora una volta un ottimo training per
acquisire nuovi e più efficaci modi di sperimentarsi e sperimentare il mondo
esterno.
17
Bandura A. (1977), «Self-efficay: Toward a Unifying Theory of Behavior Change, in Psychological
Review, 84, 191-215.
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5) La RV consente un elevato grado di controllo delle situazioni. Da un lato, è
possibile determinare l‟occorrenza di un evento grazie al software, evento che
altrimenti andrebbe cercato e atteso, ma non sempre con successo, nel caso di
un‟esposizione in vivo. La RV garantisce inoltre amplissime possibilità di training,
grazie alla flessibilità nel generare stimoli ad hoc , il che è correlato con un buon
esito della terapia.
6) Un ulteriore importante aspetto della RV è che essa consente al paziente di andare
oltre la realtà stessa. La RV rende possibile variare e modificare i contesti ansiogeni
a proprio piacimento, consente di mettere il paziente di fronte a situazioni che non
sarebbero controllabili nella realtà, ma che hanno efficacia come contesti espositivi
all‟interno dei quali mettere alla prova le proprie convinzioni. In questo modo è
possibile far si che il paziente vada oltre la situazione temuta.
Riassumendo, possiamo dire che le psicoterapie che si avvalgono del supporto della
tecnologia virtuale promuovono, come detto finora, l‟attivo coinvolgimento del paziente
in quanto agente responsabile del proprio cambiamento, andando a incidere sui livelli di
autoefficacia percepita. I vantaggi che l‟esposizione virtuale possiede rispetto a quella in
vivo, in particolare in termini di senso di protezione, rendono tali terapie preferibili per i
pazienti rispetto a quelle tradizionali. Un ulteriore beneficio è riscontrabile nel fatto che
i pazienti si sentono maggiormente supportati sapendo che il terapeuta può vedere
l‟ambiente ansiogeno e condividere pertanto maggiormente la loro esperienza
2.3_ Dall’immaginazione alla RV
Le idee che ciascun individuo possiede di se stesso, del mondo e del proprio futuro sono
rappresentate nel sistema cognitivo sotto forma di immagini.
I processi di rievocazione, elaborazione e risposta agli stimoli hanno origine
nell‟immaginazione.
Il ruolo dell‟immaginazione nel determinare il comportamento è stato indagato e
confermato da numerosi studi che hanno mostrato come l‟induzione di specifici processi
immaginativi comporti lo sviluppo, nei soggetti, di particolari alterazioni fisiologiche
(Barber et al., 1964).
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Sono moltissime le tecniche psicoterapeutiche fondate sulla manipolazione delle
immagini mentali; esse implicano che rappresentazioni disfunzionali siano connesse
allo sviluppo al mantenimento delle psicopatologie, compromettendo l‟adattamento
degli individui al mondo esterno. Uno dei motivi per cui risulta tanto difficile per le
persone modificare le proprie assunzioni è che tale cambiamento spesso richiede uno
step precedente: il riconoscimento della differenza tra percezioni e cognizione.
Fintanto che non si rivelano fallaci, le assunzioni costituiscono il mondo stesso
dell‟individuo.
La RV si mostra come un sistema immaginativo avanzato, vale a dire una forma
esperienziale di immaginazione che può essere utilizzata per aiutare il paziente a
distinguere tra percezione e cognizione. Usando l‟immediatezza della RV, il terapeuta
può dimostrare al paziente che le sue percezioni, che appaiono reali ai suoi occhi, sono
invece illusorie; vale a dire che non corrispondono alla realtà oggettiva, bensì a una
lettura soggettiva della stessa. Una volta chiarito questo aspetto, sarà più semplice
trattare e correggere le cognizioni disadattive. I pazienti sembrano essere ben disposti
verso questo tipo di tecnica terapeutica.
In un recente studio, Garcia – Palacios et al (2002)
18
hanno infatti rilevato come l‟80%
del loro campione di studio abbia espresso preferenza per un protocollo che prevedesse
più sessioni di RV, piuttosto che una o più sessioni espositive in vivo. Ecco allora che la
RV si configura come strumento in grado di fornire al paziente contesti esperienziali
vividi in cui testare l‟inesattezza delle proprie credenze, nel sicuro ambiente dello studio
terapeutico. Il terapeuta beneficia, come abbiamo descritto, del notevole vantaggio di
poter manipolare le componenti ansiogene dei diversi ambienti, che verranno presentati
in uno schema gerarchico stabilito insieme al paziente. Come hanno confermato
Vincelli e Molinari (1998)
19
, l‟esperienza attraverso lo strumento virtuale può
incrementare l‟abilità del paziente nel rievocare esperienze passate o immaginare
possibili situazioni future, inducendo un benefico senso di padronanza e consapevolezza
delle proprie capacità, messe a dura prova dalla situazione invalidante determinata dal
disturbo.
18
García-Palacios A., Hoffman H. G., Carlin A., Furness T. A., Botella C. (2002), «Virtual Reality in the
treatment of spider phobia: A controller study, in Behaviour Research and Therapy, 40, 983-993.
19
Vincelli F., Molinari E. (1998), «Virtual Reality and Imaginative Techniques», in G. Riva, B. K. Wiederhold,
E. Molinari (a cura di), Virtual Environments in Clinical Psychology and Neuroscience, IOS Press,
Amsterdam.