Anche indicata come “sapere del senso comune”, questa forma di
conoscenza è distinta, fra l’altro, dalla conoscenza scientifica; ma viene
considerata oggetto di studio in ragione della sua importanza nella vita
sociale, della chiarificazione che apporta ai processi cognitivi e alle
interazioni sociali.
Le rappresentazioni sociali, in quanto sistemi di interpretazione che
sorreggono le nostre relazioni con il mondo e con gli altri, orientano ed
organizzano i comportamenti e le comunicazioni sociali. Allo stesso modo
esse intervengono in vari processi, quali la diffusione e l’assimilazione
delle conoscenze, lo sviluppo individuale e collettivo, la definizione delle
identità personali e di gruppo, l’espressione dei gruppi e le trasformazioni
sociali.
In quanto fenomeni cognitivi, esse vincolano l’appartenenza sociale
degli individui alle implicazioni affettive e normative, all’interiorizzazione
delle esperienze, delle pratiche, dei modelli di condotta e di pensiero
socialmente inculcati o trasmessi attraverso la comunicazione sociale cui
sono legate. Pertanto il loro studio contribuisce alla comprensione della vita
mentale individuale e collettiva. Da questo punto di vista, le
rappresentazioni sociali sono studiate sia come il processo, sia come il
prodotto di un’attività di appropriazione della realtà, esterna al pensiero, e
di elaborazione psicologica e sociale di questa stessa realtà.
Rappresentare o rappresentarsi corrisponde ad un atto di pensiero,
attraverso il quale un soggetto si rapporta ad un oggetto. Questo può essere
una persona, una cosa, un avvenimento materiale, fisico o sociale, un
fenomeno naturale, un’idea, una teoria, ecc..; esso può essere reale o
immaginario o mitico, ma è sempre prodotto di una ricerca. Non c’è
rappresentazione senza soggetto ed oggetto, quest’ultimo ha delle
caratteristiche specifiche in rapporto ad altre attività mentali (percettive,
concettuali, di memoria, ecc…). D’altra parte la rappresentazione mentale,
come la rappresentazione figurativa, teatrale o politica, mette in evidenza
questo oggetto, ne tiene conto, lo sostituisce; essa lo rende presente quando
è lontano o assente. Inoltre, in quanto contenuto concreto dell’atto del
pensiero, essa porta il contrassegno del soggetto e della sua attività.
Quest’ultimo aspetto rinvia al carattere costruttivo, creativo, autonomo
della rappresentazione, che comporta una parte di ricostruzione, di
interpretazione dell’oggetto e di espressione del soggetto.
Queste caratteristiche generali della rappresentazione tengono conto
delle focalizzazioni della ricerca condotte sulle rappresentazioni sociali:
considerazione della particolarità degli oggetti, doppia concentrazione sui
contenuti e sui processi, attenzione alla dimensione sociale suscettibile di
indirizzare l’attività rappresentativa ed il suo prodotto. Partendo dalla
ricchezza fenomenica osservata intuitivamente, i differenti approcci
individueranno i singoli oggetti che saranno raccolti, analizzati e
manipolati grazie a procedure empiriche validate, per giungere a costrutti
scientifici che siano giustificabili teoricamente. La ricchezza della nozione
di rappresentazione e la diversità dei filoni di ricerca, portano a considerare
e a trattare i fenomeni rappresentativi secondo prospettive diverse.
C A P I T O L O 1
LE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI
1. La costruzione di una rappresentazione sociale
La nozione di rappresentazione sociale, dopo un lungo periodo di
latenza, fu rimessa in luce negli anni ’60 da Moscovici; essa presenta una
certa difficoltà sia di definizione sia di analisi. “La sua posizione mista,
all’incrocio di una serie di concetti psicologici e di concetti sociologici”
(Moscovici, 1976, p. 39), implica che essa sia messa in rapporto con i
processi rilevanti da una dinamica sociale e da una psichica, e che sia
elaborato un sistema teorico esso stesso complesso. Vanno presi, poi, in
considerazione il funzionamento cognitivo e dell’apparato psichico e il
funzionamento del sistema sociale, dei gruppi e delle loro interazioni, in
quanto essi riguardano la genesi, la struttura e l’evoluzione delle
rappresentazioni e sono interessati dal loro intervento.
Le rappresentazioni sociali devono essere studiate articolandone gli
elementi affettivi, mentali e sociali e integrando, accanto alla cognizione, al
linguaggio e alla comunicazione, la considerazione dei rapporti sociali che
determinano le rappresentazioni e la realtà materiale, sociale ed ideale,
sulle quali esse sono intervenute.
E’ in quest’ottica che Moscovici ha formulato ed elaborato la sua
teoria (cfr. 1976, 1981, 1982, 1984), unico tentativo sistematico e globale
esistente a tutt’oggi. Egli considera la rappresentazione sociale come “il
prodotto e il processo di un’attività mentale tramite la quale un individuo o
un gruppo di individui ricostituisce il reale che gli sta davanti e gli
attribuisce un significato specifico” (Moscovici, 1961).
La rappresentazione è definita come una forma di sapere pratico, che
lega un soggetto ad un oggetto. La rappresentazione sociale è sempre
rappresentazione di qualcosa (l’oggetto) e di qualcuno (il soggetto). Le
caratteristiche del soggetto e dell’oggetto avranno un’incidenza
determinante sulla sua formulazione.
La rappresentazione sociale è con il suo soggetto in un rapporto di
“simbolizzazione” (essa lo sostituisce) e di “interpretazione” (gli conferisce
dei significati). Questi significati risultano da un’attività che fa della
rappresentazione una “costruzione” ed una “espressione” del soggetto. Tale
attività può rinviare sia a processi cognitivi - il soggetto è allora
considerato da un punto di vista epistemico - sia a meccanismi intrapsichici
(proiezioni fantasmatiche, investimenti pulsionali, di identificazione,
motivazioni, ecc…) - il soggetto è allora considerato da un punto di vista
psicologico. Ma la particolarità dello studio delle rappresentazioni sociali è
di integrare nell’analisi di questi processi l’appartenenza e la partecipazione
sociali o culturali del soggetto. E’ questo che la distingue da una
prospettiva puramente cognitivista o clinica. Dall’altra parte, essa può
anche legarsi alla attività mentale di un gruppo o di una collettività, o
considerare questa attività come l’effetto dei processi ideologici che
attraversano gli individui.
In quanto forma di sapere, la rappresentazione si presenterà come
una “modellizzazione” dell’oggetto direttamente leggibile nei, o inferito
dai, diversi supporti linguistici, comportamentali o materiali. Tutto lo
studio delle rappresentazioni passerà attraverso un’analisi delle
caratteristiche legate al fatto che essa è una forma di conoscenza.
Qualificare questo sapere come “pratico” riconduce all’esperienza, a
partire da cui è prodotto, ai campi e alle condizioni nei quali si trova, e
soprattutto al fatto che la rappresentazione serve ad agire sul mondo e sugli
altri. Ciò porta ad analizzare le sue funzioni e la sua efficacia sociale. La
posizione occupata dalla rappresentazione nell’adattamento pratico del
soggetto al suo ambiente, porterà qualcuno a parlare di compromesso
psicosociale.
Le domande che questo insieme di elementi e di relazioni sollevano
possono essere ricondotte a tre ordini di problematiche: a) condizioni di
produzione e di circolazione delle rappresentazioni sociali; b) processi e
stati delle rappresentazioni sociali; c) statuto epistemologico delle
rappresentazioni sociali. Queste problematiche sono interdipendenti e
sottostanti i lavori teorici ed empirici.
2. Lo sviluppo della teoria della rappresentazione sociale
Nello sviluppo dell’attività di ricerca si può notare che è di
fondamentale importanza il rapporto della rappresentazione con la scienza
e la società. Moscovici (1961) riprese il concetto di Durkheim (1895), che
fu il primo ad identificare tali oggetti come produzioni mentali sociali
emergenti da uno studio sulla ”ideazione collettiva”, con l’intento di dare
alla psicologia sociale degli oggetti e strumenti concettuali, che
permettessero una conoscenza cumulativa, capace di rispondere alle
domande poste dalla vita sociale. Lo studio dell’incontro tra una teoria e i
modi di pensiero, propri di differenti gruppi sociali, indicava come si opera
la trasformazione di un sapere (scientifico) in un altro (senso comune) e
viceversa. Due assi di interesse vi sono associati: il primo si lega alla
produzione di una conoscenza “popolare”, all’approccio sociale della
scienza attraverso una “società pensante”, composta da “scienziati
dilettanti”, e allo studio dei caratteri distintivi del pensiero naturale rispetto
al pensiero scientifico. Il secondo asse concerne la diffusione delle
conoscenze, attraverso la didattica delle scienze, la formazione degli adulti
e il ruolo delle rappresentazioni sociali che può fungere da ostacolo o
servire da punto di sostegno all’assimilazione del sapere scientifico e
tecnico.
Postulato fondamentale nello studio delle rappresentazioni sociali è
l’interrelazione, la corrispondenza tra le forme di organizzazione e di
comunicazione sociali e le modalità del pensiero sociale, analizzate
dall’angolazione delle sue categorie, delle sue operazioni e della sua logica.
Esso trova la sua formulazione prima in Durkheim, che insisteva
sull’isomorfismo tra rappresentazioni e istituzioni: le categorie che servono
alla classificazione degli oggetti sono solidali con le forme di
raggruppamento sociale, le relazioni tra classi lo sono con quelle che
organizzano la società. Esso è stato diversamente sviluppato secondo
l’attenzione portata dagli autori sul legame esistente tra comunicazione
sociale da una parte, struttura sociale dall’altra e rappresentazioni. Questo
postulato è un’ipotesi forte di Moscovici, che spiega i fenomeni cognitivi
partendo da divisioni e interazioni sociali.
3. Il ruolo della comunicazione
Moscovici (1961) ha particolarmente insistito sul ruolo della
comunicazione per più ragioni. Innanzitutto, si tratta di un oggetto proprio
della psicologia sociale, che contribuisce in modo originale all’approccio ai
fenomeni cognitivi; secondo, la comunicazione gioca un ruolo
fondamentale negli scambi e nelle interazioni, che concorrono
all’istituzione di un universo consensuale. Infine, essa rinvia a dei
fenomeni di influenza e di appartenenza sociali decisivi nell’elaborazione
dei sistemi intellettuali e delle loro forme. L’incidenza della comunicazione
è esaminata da Moscovici a tre livelli: 1) al livello dell’emergenza delle
rappresentazioni, le cui condizioni influenzano gli aspetti cognitivi. Tra
tutte queste condizioni troviamo la dispersione e la diminuzione delle
informazioni concernenti l’oggetto rappresentato e che sono diversamente
accessibili secondo i gruppi; la focalizzazione su certi aspetti dell’oggetto
in funzione degli interessi e dell’implicazione dei soggetti; la pressione
all’inferenza dovuta alla necessità di agire, prendere posizione o ottenere la
conferma e l’adesione degli altri; 2) a livello dei processi di formazione
delle rappresentazioni, l’oggettivazione e l’ancoraggio, che rendono conto
dell’interdipendenza tra l’attività cognitiva e le sue condizioni sociali di
esercizio, sul piano del concatenamento dei contenuti, dei significati e
dell’utilità che sono loro conferiti; 3) a livello delle dimensioni delle
rappresentazioni, che riguardano la costruzione della condotta: opinione,
atteggiamento, stereotipo, sui quali intervengono i sistemi di
comunicazione dei media. Questi, secondo gli effetti ricercati sui loro
destinatari presentano delle proprietà strutturali differenti corrispondenti
alla diffusione, la propagazione e la propaganda. La diffusione è messa in
relazione con la formazione di opinioni, la propagazione con quella degli
atteggiamenti e la propaganda con quella degli stereotipi.
Pertanto, nei fenomeni rappresentativi la comunicazione è di
fondamentale importanza. Innanzitutto, è il vettore di trasmissione del
linguaggio, esso stesso portatore di rappresentazioni. Inoltre, ha
un’incidenza sugli aspetti strutturali e formali del pensiero sociale, nella
misura in cui essa implichi dei processi di interazione sociale, influenza,
consenso o dissenso e polemica. Infine, concorre a formare le
rappresentazioni che sono pertinenti alla vita pratica e affettiva dei gruppi.
3.1 Il ruolo delle parole come supporto delle rappresentazioni sociali
Una rappresentazione sociale è la versione di una teoria; facendo
ricorso ad una rappresentazione sociale, un individuo impiega uno o più
concetti fondamentali di questa teoria. La messa in opera di una
rappresentazione sociale può essere effettuata attraverso attività pratiche,
ma più spesso si tratta di attività simboliche, ed in particolare di un modo di
parlare. Una delle caratteristiche dei lavori di Moscovici (Social Research,
1985) è stata quella di porre l’accento sui rapporti esistenti fra l’attività
linguistica e la manifestazione delle rappresentazioni sociali. Ci sono stati
anche altri studiosi che si sono occupati di esaminare i diversi modi in cui
una rappresentazione sociale si inscrive nel linguaggio.
Potter e Litton (1985) hanno avanzato l’ipotesi che il repertorio
linguistico costituisca un supporto concreto per le rappresentazioni sociali.
La diffusione di una teoria è avvantaggiata dall'uso di un vocabolario
comune adeguato; la distinzione fra l’uso di tale vocabolario nell’ambito
delle spiegazioni operatorie e il fatto di servirsene per dar conto dei propri
comportamenti agli altri, sono due aspetti importanti nell’ambito del
“vocabolario delle emozioni”. Studi antropologici sul linguaggio hanno
mostrato che esiste una relazione molto stretta tra il possesso di un
vocabolario da parte degli individui ed il repertorio di emozioni disponibile
nelle interazioni collettive e sociali.
Il concetto di rappresentazione sociale assume un ruolo fondamentale
nel rendere conto dell’organizzazione dei comportamenti collettivi: essi
sono presenti nelle strutture formali, sintattiche delle lingue parlate e scritte
e nell’organizzazione semantica del loro lessico.
Si pone l’esigenza di elaborare una teoria che illustri il processo
attraverso il quale le rappresentazioni sociali divengono parte integrante
delle credenze e delle pratiche condivise dagli individui. Questa teoria
stabilisce che numerose rappresentazioni sociali importanti sono acquisite
come credenze individuali nel corso dell’apprendimento di una lingua, ed
in particolare della lingua madre. Facendo un rapido excursus storico, per
quattro secoli la concezione cartesiana della natura dello spirito ha fatto da
quadro di riferimento per l’oggetto della psicologia: alla base di questa
concezione vi erano due idee fondamentali: qualunque sia il pensiero o la
sensazione, essi sono un attribuito del soggetto e appaiono come
soggettive.
Una teoria alternativa si è sviluppata successivamente, essa si può
chiamare “costruzionismo”: invece che opporre spirito e corpo, si può
disegnare uno “spazio” concettuale a due dimensioni. Ad una prima
dimensione, che riguarda la “manifestazione” di un processo cognitivo o di
uno stato affettivo, corrisponde il suo carattere pubblico, cioè accettabile da
chiunque, o privato, ossia conservato per sé. L’asse ortogonale, che
rappresenta la dimensione della localizzazione, precisa se un processo
cognitivo o uno stato affettivo riguardano un individuo isolato, o esistono
solo all’interno di un gruppo: questi due assi forniscono uno “spazio” a
quattro quadranti. In ciascuno di questi quadranti possiamo incontrare
diversi fenomeni. L’asse della manifestazione ha ai suoi estremi la
dimensione pubblica e quella privata; quest’asse si incrocia con quella della
localizzazione che ha agli estremi la dimensione individuale e collettiva.
Nel quadrante formato dalle dimensioni pubblica e collettiva si trova il
mondo sociale, in quello formato dalle dimensioni individuale e privata si
trova, invece, il mondo personale.
Un insieme di rappresentazioni sociali è inserito in un vocabolario
apparentemente descrittivo. L’uso di parole ben precise o di parole, a volte,
poco appropriate alla conversazione in atto, mettono in moto un
meccanismo di costruzione di rappresentazioni individuali negli
interlocutori. Anche il contesto nel quale si svolge la conversazione ha una
sua importanza.