La rappresentanza nell‟era dei social network
3
UNIVERSITÀ AGLI STUDI DI BARI
“ALDO MORO”
FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
Corso di Laurea Specialistica Comunicazione e
Multimedia
TESI DI LAUREA
IN
COMUNICAZIONE POLITICA
LA RAPPRESENTANZA NELL’ERA
DEI SOCIAL NETWORK
LAUREANDA:
Maria Luigia Campaniello
N. matricola 555228
RELATORE:
Prof. Eugenio Iorio
CO-RELATRICE:
Prof. Paola Zaccaria
La rappresentanza nell‟era dei social network
9
"Felice il paese, che non ha bisogno di eroi!"
Vita di Galileo - Bertolt Brecht
La rappresentanza nell‟era dei social network
11
Introduzione
L‟idea di incrociare il senso della rappresentanza politica con i
miei studi di comunicazione viene da molto lontano.
Nella mia vita, la politica ha sempre avuto una grossa parte.
Appartengo alla generazione che ha fatto le grandi battaglie dal
„68 alla fine del ‟70, a soli tredici anni ero già in piazza a
manifestare e, a differenza di tanti altri, mi sono rifiutata di
intendere la politica come una professione, interpretandola
invece sempre come passione e impegno; mi è sembrato
naturale perciò ragionare intorno a questo tema.
La mia riflessione è partita dalle origini antiche del concetto di
rappresentanza, strettamente connesso a quello di democrazia.
Nel corso dei secoli i due temi sono stati motivo di dibattito
istituzionale, giuridico, politico e sociale. Oggi l‟intersezione tra
democrazia e rappresentanza è anche uno dei temi portanti
della comunicazione poiché l‟evoluzione della televisione, la
privatizzazione delle telecomunicazioni e l‟esplosione dei
network in rete hanno cambiato la relazione esistente fra
comunicazione e potere, producendo un fenomeno che si
mostra in maniera duale: da un lato si registra una rinnovata
attenzione, seguita da poderosi investimenti di corporate media
e politica mainstream, e dall‟altro si ridisegna la produzione di
significato nella mente delle persone, consentendo a milioni di
individui di definire autonomamente messaggi e contenuti.
La conseguenza di questa riflessione è l‟affermazione che c‟è
un legame diretto tra politica, politica dei media e crisi della
legittimità politica, fenomeno che in Italia ha prodotto, ad
esempio, alcune aberrazioni dell‟attuale presidente del
Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, e
contemporaneamente, nel mondo globale, consente ai
movimenti sociali antagonisti di intervenire con mezzi e
modalità innovative, in opposizione alle frame interpretative
offerte dalle logiche capitaliste di networking delle élite politiche
e del potere mediale.
L'orizzontalità della rete internet entra così potenzialmente in
conflitto con la verticalità del potere economico e politico,
Maria Luigia Campaniello
12
finendo per restituire potere all‟opposizione sociale e dando vita
a processi di comunicazione individuale di massa, come li
chiama Manuel Castells1, che attraverso siti, blog, social
network e la comunicazione via web e cellulare consentono la
diffusione virale di messaggi. Registriamo dunque uno
spostamento della politica, e più in generale della sfera
pubblica, dall‟universo istituzionale allo spazio più ampio della
comunicazione.
In questo contesto, in cui sono sempre più labili e
continuamente ridefiniti i confini tra produttore e ricettore, i
processi e le pratiche di rimediazione diventano fondamentali
per una produzione collettiva e alternativa di senso. Ne
consegue che in un mondo sociale in cui la cultura del visuale
prevale, in cui tutta la sfera pubblica è spettacolarizzata e in cui
l‟eccesso del visivo può rivelarsi l‟oppio dei popoli del
ventunesimo secolo, ridiventa centrale un problema antico che
ha a che fare con la consapevolezza e con la competenza degli
“spettatori”, con la loro capacità di interpretazione e ridefinizione
dei messaggi, in ultima analisi, con la loro abilità nella
produzione di senso collettivo.
Questo discorso però non elude, anzi ripropone con forza, il
tema della rappresentanza politica e sociale di questa comunità
perennemente in bilico tra l‟aspirazione a una lettura evoluta dei
fenomeni sociali e una ricezione passiva di contenuti. Non si
tratta solo di trovare leader in grado di interpretare questa
complessità, si tratta anche di ridefinire le forme di espressione
e gli stessi obiettivi della politica in generale, innalzando i livelli
di consapevolezza dei rappresentati e restituendo loro una
parte del potere ceduto ai rappresentanti. Si tratta, infine, non
solo di ridefinire l’agenda setting dei contenuti politici, ma di
portare in evidenza i temi cancellati del tutto dal dibattito
collettivo, come ad esempio il lavoro, e di dare voce a coloro i
quali non riescono ad accedere alle forme di comunicazione
meanstream.
In uno scenario così descritto, sono stati analizzati in particolare
due casi ritenuti emblematici: la campagna presidenziale di
1
Manuel Castells “Comunicazione, Potere e Contropotere nella network
society” saggio pubblicato su Internationa Journal of Communication, 1/2007.
La rappresentanza nell‟era dei social network
13
Obama, che è stata un compendio di alcune tra le più recenti e
migliori pratiche di storytelling, framing e indexing, e
contestualmente ha disvelato al mondo intero le potenzialità
della rete per la politica, e la campagna di Vendola del 2010 per
la presidenza della giunta regionale in Puglia che ha cercato di
scrivere una storia condividendola con coloro che la fanno, i
cittadini pugliesi, e ponendo contemporaneamente l‟accento sul
tema della ricostruzione del lessico della sinistra in Italia,
ritenuta condizione necessaria per la sua unità.
A mio parere tutto ciò definisce il problema della
rappresentanza ai nostri giorni e potrebbe diventare il tema
fondamentale della definizione del confine che separa la
democrazia dal totalitarismo nella politica moderna.
In questa mia tesi, la riflessione è partita dall‟osservazione di
come siano cambiati gli scenari collettivi, mettendo in crisi l‟idea
di rappresentanza che ci era stata consegnata già dall‟antichità
e perciò mi è sembrato naturale partire da lì, dal concetto di
democrazia dei greci, che nel tempo si è evoluto fino a
diventare quel sistema che oggi chiamiamo democrazia
parlamentare occidentale.
Nel secondo capitolo ho affrontato il tema della crisi del
gatekeeper e dei rischi che i giornalisti siano mera espressione
delle tecniche di newsmaking del potere politico, ma anche di
come la rete abbia sconvolto gli scenari, rendendo sempre più
indefiniti e labili i confini tra il giornalista e il lettore. La
conclusione consegna al lettore una riflessione su come sia
necessario che produttore e consumatore dell‟informazione
debbano avere sempre maggiori competenze e padroneggiare
tutti i linguaggi per poter trattare con consapevolezza e analisi
critica le notizie prodotte da media tra loro diversi eppure
convergenti.
Nel terzo capitolo ho parlato dell‟overdose d’informazione,
fenomeno tipico della postmodernità, e ho analizzato i modelli
classici del sistema dei media, offrendo un quadro ampio, ma
certo non esaustivo, della riflessione scientifica sul tema. Una
delle riflessioni di maggior rilievo è stata che il vero problema
dell‟overdose cognitiva non è tanto legato alla quantità, ma
piuttosto alla possibilità di verificare le fonti delle notizie e la loro
Maria Luigia Campaniello
14
veridicità. La criticità è dunque soprattutto nella selezione che
fa dell‟overdose cognitiva un problema culturale e sociale, nel
quale i gap di conoscenza e consapevolezza possono essere
decisivi per il conseguimento e il mantenimento del potere.
Nel quarto capitolo ho approfondito gli scenari attuali in cui è
prodotta l‟informazione, ponendo particolare attenzione ai
processi di framing, priming e indexing, tra loro connessi e
declinati nelle tecniche di spin attraverso le quali sono stati
decisi i passaggi cruciali delle ultime campagne elettorali, al di
qua e al di là dell‟Atlantico. Conoscere il funzionamento delle
più raffinate tecniche di comunicazione politica può essere la
discriminante fondamentale per permettere all‟elettore/cittadino
di difendersi dai condizionamenti e affinare le sue capacità di
analisi e di critica.
Nel quinto capitolo si è introdotto il concetto di narrazione /
storytelling che, preso a prestito dalla letteratura, ha fatto il suo
ingresso vincente prima nel marketing, e poi nella
comunicazione politica. Le storie sono uno strumento
potentissimo perché mettono in scena valori e coinvolgono
emotivamente e, se lo storytelling può essere tecnica di potere
e controllo, come i recenti fatti della guerra in Iraq hanno
dimostrato, ricomporre la frattura tra i fatti e la loro narrazione è
la sfida da vincere per salvaguardare la democrazia.
Collegandomi allo storytelling, nel sesto capitolo ho introdotto il
concetto di rimediazione, tecnica ampiamente utilizzata in rete,
con la quale ogni nuovo medium ri-traduce, o meglio
transcodifica, tutti i vecchi media. In sé la tecnologia digitale
possiede un alto potenziale di rimediazione e la sua diffusione
sta ridefinendo sia lo spettatore di un mondo in cui prevale il
visuale, che il produttore di contenuti. Per la comunicazione
politica, in particolare, la rimediazione può essere un
formidabile strumento di democrazia perché può rappresentare
la possibilità di riformulare una partecipazione dal basso di
nuova qualità, in cui il cittadino/elettore produce direttamente
contenuti, diventando esso stesso protagonista della campagna
elettorale.
Comunque, per essere efficaci nella comunicazione politica è
necessario essere consapevoli di tutti i meccanismi alla base
La rappresentanza nell‟era dei social network
15
dei processi di partecipazione, primo fra tutti il ruolo che
l‟emozione gioca nei fenomeni di mobilitazione delle anime e
delle coscienze. Questo il tema affrontato nel settimo capitolo:
dalla scoperta del ruolo delle emozioni nella capacità di
decisione degli individui, alla costruzione della campagna
elettorale come un‟emozione, un sogno da costruire
collettivamente e cooperativamente, utilizzando il mezzo che
meglio di tutti lo rende possibile oggi, la rete.
Obama è stato il primo che è riuscito efficacemente a
mescolare tutti questi fenomeni in un mix vincente e su di esso
ha costruito il suo inarrestabile successo alle ultime elezioni
elettorali americane e perciò l‟argomento che ho analizzato nel
dettaglio nell‟ottavo capitolo è stato la sua grassroots
campaign. La campagna portata avanti dalla gente comune,
chiave di successo del primo presidente nero / meticcio degli
Stati Uniti d‟America, è stata anche la prima che ha disvelato
interamente le potenzialità della rete e l‟efficacia di un uso
intelligente dei social network per la comunicazione politica.
Nel nono capitolo, tornando in Italia, sono partita dal problema
della crisi della rappresentanza e della politica nel nostro paese
che, nelle ultime elezioni politiche, si è tradotta nella più bassa
partecipazione al voto degli italiani dal dopoguerra. Il fenomeno
sta producendo anche altre conseguenze: dal prevalere
dell‟antipolitica, non solo nei movimenti di protesta,
all‟allontanamento dei giovani dall‟agone politico. In questo
contesto, la questione dell‟informazione, della sua produzione,
del suo controllo e della sua libertà diventa “la” questione
centrale della democrazia.
Continuando il ragionamento, nel decimo capitolo ho preso in
esame l‟ultima tornata elettorale, quella regionale dell‟anno in
corso, e, in particolare, ho studiato il ruolo giocato dagli
strumenti della rete introdotti anche in Italia, sulla scia di quanto
accaduto in USA. L‟analisi, ovviamente, non mi ha portato a
considerazioni esclusivamente positive, grandi sono, infatti, i
rischi di smarrimento di senso, ma è sicuramente vero che
internet può mettere in relazione mondi tra loro distanti e dare
vita a un metodo innovativo che coinvolga i destinatari
dell‟azione politica e dell‟azione pubblica per costruire nuove
geometrie di relazioni, in grado di cambiare lo stato di cose
Maria Luigia Campaniello
16
presenti. Ancora una volta è decisiva la competenza degli attori
coinvolti, la capacità di maneggiare i nuovi mezzi per la
costruzione cooperativa di nuovi contenuti e di senso.
Dunque, sorge spontanea la domanda se la rete sia lo spazio
per la costruzione di una nuova narrazione collettiva ed è,
infatti, questo l‟argomento dell‟undicesimo capitolo. Nel mondo
della finzione mediatica, di cui ci parla magistralmente Marc
Augè2, è possibile costruire attraverso internet la
comunicazione di massa, transmodale, autonoma nella
generazione di contenuti, in grado di connettere da molti a
molti? La mass self communication, teorizzata da Manuel
Castells3, ha già dimostrato la sua forza nella campagna
elettorale di Obama, ora si tratta di capire come e se, attraverso
di essa, si possa dare vita a forme di contropotere e a un agire
collettivo, in grado di articolare una nuova narrazione che abbia
al centro il bene comune, piuttosto che il benessere dei singoli,
senza dover necessariamente annullare le individualità di
ciascuno.
E così sono arrivata al dodicesimo capitolo e all‟analisi del
“fenomeno Vendola” che ha fatto irruzione nello scenario della
politica italiana, rivoluzionando gli schemi tradizionali e
proponendo un nuovo metodo, orizzontale e partecipativo. In
Puglia, Vendola non ha solo vinto contro l‟establishment della
politica pugliese e nazionale, è riuscito a ridare senso alla
parola speranza ed è riuscito a capovolgere l‟assioma che le
elezioni si vincono al centro, pur non rinunciando a nessuna
delle sue contraddizioni e idee di comunista, cattolico e gay. Ha
anche prodotto una delle migliori campagne elettorali degli
ultimi anni, avendo dovuto, come lui stesso ama ricordare,
vincere prima contro la sinistra e poi contro la destra. Ma,
soprattutto, ha imparato la lezione di Obama e ha provato a
utilizzare la rete, non solo per vincere le elezioni, ma anche per
disegnare nuove forme di partecipazione alla politica.
Alla fine di questo lungo percorso non era semplice trarre
conclusioni. E infatti, ricordando il motto del Grande Timoniere4,
2
Marc Augé “La guerra dei sogni. Esercizi di etno-fiction” Elèuthera, 1998.
3
Manuel Castells “Comunicazione e Potere” Università Bocconi Edizioni, 2009.
4
Mao Tse Tung.
La rappresentanza nell‟era dei social network
17
la proposta è appunto quella di non cercare di ridurre il caos per
risolverlo, ma invece di imparare a starci dentro, addirittura a
promuovere il capovolgimento, per ritrovare in esso nuovi
percorsi di crescita collettiva. In questi percorsi, la rete è un
mezzo per costruire una nuova socialità, a patto che sia
realmente dialogica e capace di ricongiungersi con il reale.
Mettere insieme i social network e la piazza, questa è la sfida
per la sinistra del nuovo millennio, per riuscire a risolvere la
contrapposizione tra il comunismo dei piccoli passi graduali e
quello della rivoluzione, e tradurla in movimento reale che muta
lo stato di cose presenti.
Maria Luigia Campaniello
18
1 L’idea della democrazia e della
rappresentanza dall’antichità a oggi
1.1 Il Percorso culturale e politico dei greci
Attraverso una libera interpretazione e sintesi tratta dai manuali
di storia antica5, il discorso portato avanti da questa tesi parte
dall‟analisi del percorso culturale e politico dell‟antica Grecia.
Gli antichi consideravano la democrazia come il governo dei
poveri. Si ha democrazia, si legge nella Politica di Aristotele,
quando il potere supremo è nelle mani della moltitudine dei nati
liberi, i quali sono in maggioranza poveri. Nell'Atene classica si
riconosceva al popolo lo status di fonte di diritto pubblico e
privato e la polis ateniese era espressione di una democrazia
diretta, in cui i cittadini si riunivano nell‟agorà per discutere,
prendere le decisioni che riguardavano la collettività e
interessarsi allo stato.
La polis aveva origini antichissime, era stata il luogo in cui si
svolgevano le attività decisive per la comunità: da quelle legate
al culto degli dei a quelle politiche, mentre, in caso di guerra,
essa era stata il rifugio dell‟intera popolazione. Ma fu solo con la
rinascita economica della Grecia (IX – VIII secolo) che la polis
iniziò a non essere più monopolio delle classi alte, per diventare
un centro in cui si riuniva una parte consistente della
popolazione per scambiare i propri prodotti e divenire dunque
un luogo accessibile anche al popolo. Si stava formando un
nuovo concetto di comunità fondata su leggi scritte e su
istituzioni che segnò l‟ascesa e l‟affermazione politica del
popolo, con il contemporaneo restringimento dei privilegi delle
classi aristocratiche. Questo segnò l‟inizio di un lungo processo
di partecipazione popolare alla vita politica, culminato molto
tempo dopo nella nascita della città-stato.
Nella prima fase del suo sviluppo, la polis era ancora dominata
da uno o più re (basileis), l‟aristocrazia era gerarchicamente al
5
“Storia greca. Lineamenti essenziali” a cura di Elena Pastorio Monduzzi 2006
- “I Greci. Storia, cultura, arte, società” vol. II, Una storia greca. Definizione - a
cura di Salvatore Settis Einaudi, 1997.
La rappresentanza nell‟era dei social network
19
di sotto di essi e il popolo al disotto di entrambi. Il potere del
sovrano si fondava su ricchezza e potenza effettive - egli era il
maggiore possidente terriero - ma era comunque limitato dal
consiglio degli anziani notabili che condizionava le scelte del re,
rendendo la decisionalità politica frutto della dialettica tra la
nobiltà e il sovrano. Invece, l‟Ecclesia era l‟assemblea popolare,
ovvero l‟insieme dei piccoli e medi possidenti che avessero
raggiunto la maggiore età, a cui spettava il diritto formale di
approvare le decisioni, per acclamazione, dopo che le venivano
comunicate nella piazza della città, l‟agorà appunto. Anche se il
sostanziale potere della piazza era certamente marginale, la
polis era realmente un luogo di aggregazione dell‟intera
popolazione - adulta e possidente - e rappresentava, dunque,
una prima forma di partecipazione alle attività decisionali delle
classi dominanti.
In una fase più matura, i basileis scomparvero attraverso un
processo graduale e pacifico in cui la nobiltà assunse
progressivamente potere e ricchezza, divenendo un‟entità
politica stabile e organizzata in modo collegiale. Si crearono
allora tensioni sociali sempre più profonde e pericolose mentre
il conflitto si spostò tra l‟aristocrazia e il popolo che chiedeva
una più equa redistribuzione delle terre.
In questo contesto, tra l‟VIII e il VII secolo, nacquero la prima
legislazione scritta e i primi legislatori, figure elette col consenso
dell‟intera cittadinanza, sia dei nobili che dei plebei. La loro
opera ebbe l‟importante ruolo di sottrarre all‟aristocrazia
guerriera il privilegio di amministrare a suo capriccio la giustizia
e la vita della società e il mezzo della scrittura svolse il ruolo
fondamentale di fissare le leggi che, in quanto scritte, divennero
patrimonio negoziato e condiviso dell‟intera comunità. Prese
corpo anche la secolare lotta tra aristocratici e plebei (diremmo
oggi, come ieri, tra ricchi e poveri) e la nobiltà, consapevole
della propria difficile condizione sebbene ancora detentrice dei
più rilevanti poteri politici, elaborò quegli ideali etici ed estetici
attraverso i quali cercò di dare una giustificazione alla propria
supremazia politica. Fu così che saggezza, equilibrio e
moderazione divennero in realtà valori trasversali, accettati da
tutti, senza rilevanti distinzioni di rango o di classe.