Università degli Studi della Tuscia
Tesi di Laurea Interfacoltà
Scienze Organizzative e Gestionali
Relatore: Prof. Federico SEPE di: Giovanni PALANTRA
SOG 41980
Capitolo 1. – Rappresentanza Militare: le origini
SOMMARIO: 1. Il regolamento “Andreotti” del 31.10.64 e la Costituzione
repubblicana; 2. Il Movimento dei Sottufficiali Democratici; 3. La legge 11 luglio
1978, n. 382
1. Il Regolamento “Andreotti”, Decreto Presidente della Repubblica
31.10.1964, e la Costituzione repubblicana.
Le Forze armate sono state sempre considerate come un elemento “estraneo” al
contesto giuridico statuale. La loro essenzialità alla sopravvivenza di uno stato
organizzato e la necessità di tenerle lontane dalla gestione diretta del potere, ha
permesso loro di diventare un corpo altro rispetto al resto dell’ordinamento statale.
Da questi presupposti è nata e si è sviluppata la concezione della necessità di
stabilire, per la società militare, norme regolamentari che fossero più stringenti e più
cogenti rispetto a quelle che governavano la società civile.
Tutti i regolamenti disciplinari degli eserciti, almeno fino al secondo dopoguerra,
riconoscevano, per i militari, delle forti limitazioni alle libertà civili riconosciute agli
altri cittadini dello stato. Uguale criterio venne scelto nel 1964 dall’allora ministro
della Difesa, Giulio Andreotti, per riscrivere il Regolamento di Disciplina Militare,
valido per tutte le forze armate e corpi armati dello Stato. Tale regolamento, che
aveva come sua unica fonte l’art. 38 del Codice Penale militare di Pace
2
, dimenticava
(volutamente?) l’esistenza della Costituzione Repubblicana, che pure era in vigore
dall’1.1.1948, e conteneva norme che erano chiaramente in contrasto con la legge
fondamentale della Repubblica italiana. Eppure svolse il suo ruolo, per quasi dieci
anni; poi, a cominciare dai soldati di leva negli anni 1971-72, venne messo in
discussione, e con esso tutto l’ordinamento militare, “attraverso lettere ai giornali,
scioperi della fame, casi di insubordinazione non violenta che finiscono per
2
C.P.M.P., art. 38 “Le violazioni dei doveri del servizio e della disciplina militare, non costituenti
reato, sono prevedute dalla legge ovvero dai regolamenti militari approvati con decreto del
Presidente della Repubblica, e sono punite con le sanzioni in essi stabilite.”
2
Università degli Studi della Tuscia
Tesi di Laurea Interfacoltà
Scienze Organizzative e Gestionali
Relatore: Prof. Federico SEPE di: Giovanni PALANTRA
SOG 41980
raddoppiare la media delle presenze nel carcere di Peschiera. Poi scendono in
campo i sergenti e i marescialli dell’Aeronautica.”
3
.
Il “regolamento Andreotti” era criticato e attaccato perché ritenuto, dal
movimento dei militari democratici, illegittimo e anticostituzionale da molti punti di
vista. Ad esempio il motivo dell’illegittimità era dato dalla violazione dell’art. 1 della
Legge 31.1.1926, n. 100
4
, che attribuisce al potere esecutivo la facoltà di emanare
norme giuridiche e il regolamento, che rientrava sicuramente tra quelle norme, non
era passato attraverso la necessaria delibera del Consiglio dei Ministri, né era stato
vagliato dal Consiglio di Stato, come è dimostrabile dalla semplice lettura del
preambolo al regolamento stesso
5
. Inoltre il regolamento veniva considerato
“inefficace” poiché non era mai stato inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei
decreti e non era stato mai pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, in violazione del
dettato del Regio Decreto 24.9.1931, n. 1256 “Approvazione del Testo Unico delle
Disposizioni legislative riguardanti la promulgazione e pubblicazione delle leggi e
dei regi decreti” (in G. U. n. 250 del 29.10.1931); infine veniva evidenziata
l’incostituzionalità nelle norme
6
che garantivano alle autorità militari di tenere in
cella di punizione, per settimane e mesi, i militari, senza alcuna garanzia di difesa o
reclamo, in palese contrasto con l’art. 13 della Costituzione
7
.
Notevoli erano anche le limitazioni alle libertà civili, spesso espresse in termini
talmente generici da permettere facili prevaricazioni da parte dei comandanti: è il
caso dell’art. 46, che proibiva la partecipazione “ad associazioni i cui fini o la cui
3
Cesare Medail, Sotto le stellette, Struzzi Einaudi, Torino, 1977; pag. 23
4
Legge 31.1.1926, n. 100 (G.U. n. 25 del 1.2.1926): SULLA FACOLTÀ DEL POTERE ESECUTIVO
DI EMANARE NORME GIURIDICHE, art. 1 “Sono emanate con Reale Decreto, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri e udito il parere del Consiglio di Stato, le norme giuridiche necessarie per
disciplinare: 1/A l’esecuzione delle leggi; 2/A l’uso delle facoltà spettanti al potere esecutivo; 3/A
l’organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni dello Stato, l’ordinamento del personale
ad esse addetto, ecc.”
5
D.P.R. 31.10.1964 Regolamento di disciplina militare, Preambolo, “Il Presidente della Repubblica,
VISTO l’art. 38 del Codice Penale Militare di Pace; SENTITO il Consiglio Superiore delle Forze
Armate; SULLA PROPOSTA del Ministro per la Difesa; DECRETA …”
6
Regolamento di Disciplina Militare, Min. Difesa-Centro C.F.T. Aeronautica, 1967; pag 88 e seg.
7
Art. 13 Cost. “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di
ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per
atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di
necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare
provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria
e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di
ogni effetto.”
3
Università degli Studi della Tuscia
Tesi di Laurea Interfacoltà
Scienze Organizzative e Gestionali
Relatore: Prof. Federico SEPE di: Giovanni PALANTRA
SOG 41980
attività non siano compatibili con gli obblighi del giuramento prestato, o possano
costituire ostacolo alla rigorosa osservanza della disciplina”
8
, in evidente contrasto
con la libertà di associazione sancita dall’art.18 della Costituzione; oppure la norma
dell’art. 47, che proibiva ai militari la partecipazione alla vita politica, con la sola
eccezione del caso in cui il militare fosse stato candidato.
Pesanti limitazioni erano poste pure alla libertà di pensiero e alla pubblica
manifestazione di esso, ancora una volta anteponendo al dettato costituzionale
dell’art. 21
9
, quello regolamentare. Particolarmente invisa era l’invadenza nella vita
privata dei militari, chiaramente espressa dalla norma dell’art. 49 che, al terzo
comma, recitava: “Gli ufficiali e i sottufficiali in servizio permanente devono porre
particolare cura nella scelta della sposa, tenendo presente l’ambiente del quale la
sposa stessa verrà a far parte”.
Allo stesso modo influenzavano pesantemente la sfera privata del militare, le
norme sulla libera uscita, le licenze, i permessi o comunque relative alla permanenza
fuori dagli apprestamenti militari o dalle imbarcazioni
10
.
2. Il Movimento dei Sottufficiali Democratici.
La riforma del regolamento di disciplina e il riconoscimento dei “diritti di
cittadinanza”, cioè quei diritti garantiti dalla Costituzione repubblicana a tutti i
cittadini italiani, erano le motivazioni principali del “movimento” che si stava
formando nelle caserme italiane, in particolare in quelle dell’Aeronautica. Accanto a
queste rivendicazioni ve ne erano anche, come ovvio, alcune di carattere economico.
Ma quali erano le origini di queste rivendicazioni? Da dove proveniva la richiesta
di cambiamento che, in maniera sempre più forte cominciava a levarsi tra le fila dei
soldati italiani? E perché queste richieste erano più forti nell’Aeronautica che nelle
altre Forze armate?
Le prime esigenze di una sindacalizzazione del personale militare, si
manifestarono, in Italia come nel resto d’Europa, all’inizio degli anni ’50. “Nacquero
8
Regolamento di Disciplina Militare, ib. pag. 55
9
Art. 21 Cost. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o
censure.”
10
Erano gli articoli da 57 a 60 del Titolo III, Capo III: Libera uscita, permessi, licenza.
4
Università degli Studi della Tuscia
Tesi di Laurea Interfacoltà
Scienze Organizzative e Gestionali
Relatore: Prof. Federico SEPE di: Giovanni PALANTRA
SOG 41980
così le prime associazioni professionali di categoria dei militari in congedo, con
l’obiettivo precipuo di tutelare gli interessi del personale. Gli stessi, nel 1969, si
unirono dando origine all’ANAM (Associazione Nazionale Autonoma Militari)”
11
.
Da questa associazione, che aveva nel “Giornale dei Militari” diretto da Giorgio
Castellano, il suo organo di stampa, nacque, nel dicembre 1972, il SINAM
(Sindacato Nazionale Autonomo dei Militari); nell’ottobre 1974 il SINAM aderisce
all’UNSA (Unione dei Sindacati Autonomi), organizzazione vicina alla destra
democristiana e sostenuta anche da parlamentari socialdemocratici che si
“affezionano” particolarmente al SINAM
12
.
Questa vicinanza ad ambienti considerati conservatori se non addirittura
reazionari, che permetteva al SINAM di avere molta visibilità e poche difficoltà da
parte delle gerarchie militari e dagli organi giudiziari, fu molto contrastata dal
movimento che stava nascendo nelle caserme e che non si riconosceva nelle
posizioni, nelle affermazioni e nelle protezioni di cui godevano il SINAM e i suoi
dirigenti.
Le prime rivendicazioni di carattere politico e sociale nelle Forze armate,
cominciano, tra i soldati di leva. “Nella primavera del 1970 presso il CAR (Centro
Addestramento Reclute) di Casale 800 reclute manifestarono contro le penose
condizioni igienico-sanitarie della caserma e il duro regime di vita loro imposti.
13
Queste proteste, e quelle dei mesi successivi, trovano spazio tra i movimenti e i
partiti della sinistra extraparlamentare e, nello stesso anno, al congresso nazionale
tenuto a Torino, Lotta Continua lancia l’organizzazione del movimento dei
“Proletari in divisa”. Il movimento di protesta dei soldati si diffonde in tutta Italia
con punti di forza in Friuli e nelle grandi città.
La reazione delle gerarchie militari, in parte sorprese da quanto stava avvenendo
nelle caserme, fu di tipo repressivo; ricorrendo a provvedimenti amministrativi come
i trasferimenti punitivi e le punizioni disciplinari, lasciate dal regolamento alla
assoluta discrezionalità dei comandanti, si cercava di colpire gli elementi più in vista
e più capaci di aggregare le proteste. A favore delle gerarchie sembrava poi giocare
11
Morena Soru, La Rappresentanza Militare, Tesi breve di Laurea, Università degli Studi Cagliari,
Facoltà di Giurisprudenza, 2006; pag. 19
12
AA.VV., Dossier Forze armate, Casa Editrice Roberto Napoleone, ROMA, 1975; pag 40 e seg.
13
A. De Marchi, G. Rochat, La battaglia per la democratizzazione delle forze armate italiane, in “I
diritti del soldato”, Giangiacomo Feltrinelli editore, Milano, 1978; pag.20
5
Università degli Studi della Tuscia
Tesi di Laurea Interfacoltà
Scienze Organizzative e Gestionali
Relatore: Prof. Federico SEPE di: Giovanni PALANTRA
SOG 41980
anche il rapido avvicendamento dei contingenti che impedisce di rafforzare le
conquiste ottenute dal movimento.
La novità nella protesta dei “proletari in divisa”, destinata anche ad abbattere il
muro di separazione tra caserme e società civile, fu certamente “la denuncia del
ruolo repressivo dell’apparato militare nella politica interna, la preparazione di un
intervento armato e le minacce di golpe”
14
. Nello stesso tempo crebbe anche
l’attenzione delle forze politiche verso le Forze armate, anche se il movimento dei
militari incontrò sempre forti resistenze a un concreto riconoscimento e sostegno da
parte del più importante partito della sinistra italiana, il Partito Comunista (e questa
“avversione”, come vedremo in seguito, è rimasta impressa nelle radici dei partiti
succeduti al P.C.I.)
Nel 1975 il movimento dei militari ricevette un’altra spinta verso l’accentuazione
delle lotte e delle proteste: scesero in piazza i sottufficiali, in particolar modo i
sergenti ed i marescialli dell’Aeronautica. Questi erano circa un terzo di tutti i
sottufficiali delle Forze armate, ma avevano una formazione culturale molto diversa
dagli altri. L’Aeronautica era la componente più moderna delle nostre forze armate;
l’alto livello tecnologico dei sistemi d’arma utilizzati imponeva una selezione ed una
formazione del personale molto più attenta alle capacità ed alle conoscenze culturali
dei giovani da arruolare, ciò fece si che le contraddizioni tra capacità professionali
d’avanguardia, pagate molto meglio nel mondo del lavoro “civile”, e uno status
sociale che non riconosceva questa professionalità, esplodessero in Aeronautica
prima che nel resto delle forze armate italiane.
La prima manifestazione venne organizzata in concomitanza delle celebrazioni
per il trentennale della Liberazione, il 25 aprile 1975: “la partecipazione di soldati in
divisa, col volto coperto da un fazzoletto alle manifestazioni del 25 aprile suscita
grande scalpore e sembra rilanciare le lotte nelle caserme”
15
. Il culmine di queste
manifestazioni si raggiunge nel successivo mese di giugno. Giovedì 26 giugno, a
Roma “circa trecento sottufficiali dell’Aeronautica si radunano Piazza Venezia, essi
chiedono tutta una serie di rivendicazioni
16
a carattere economico e normativo. E’
14
A. De Marchi, G. Rochat, ib.; pag.22
15
A. De Marchi, G. Rochat, ib.; pag.23
16
Sono indicate in un volantino che viene distribuito nella piazza, nel quale viene chiesto: “1)
Chiarire e modificare il metodo di avanzamento nel grado unificandolo a quello delle altre forze
6