6
Presidente dell’UE non più a rotazione semestrale, ma eletto per 2 anni e mezzo e dunque
stabile; un Alto Rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza, che si avvarrà di un
Servizio diplomatico, presiederà il Consiglio per gli Affari esteri, sottraendolo così alla
rotazione e sarà Vicepresidente della Commissione; l’introduzione di una flessibilità
maggiore nella dialettica tra unità e diversità all’interno dell’Unione, grazie alla possibilità di
instaurare cooperazioni rafforzate attivabili ad opera di soli nove Stati membri
1
.
Per quanto concerne in particolar modo l’azione esterna, oggetto di questo lavoro, il
Trattato di Lisbona, rispetto al trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, apporta
modifiche strutturali mediante la separazione del Titolo V del TUE – contenente
disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione, disposizioni specifiche sulla politica
estera e di sicurezza comune (PESC) e disposizioni sulla politica comune di sicurezza e
di difesa (PESD) – dalla Parte V del TFUE, contenente disposizioni generali sull’azione
esterna dell’Unione, la politica commerciale comune, la cooperazione con i paesi terzi e
l’aiuto umanitario, le misure restrittive, gli accordi internazionali, i paesi terzi e le
delegazioni dell’UE, e la clausola di solidarietà. Nel corso della trattazione verranno
analizzate le conseguenze di tale separazione mettendo a confronto Costituzione europea
e Trattato di Lisbona in modo da evidenziare differenze ed analogie tra i due trattati ed
agevolare la comprensione delle disposizioni degli stessi. Verranno inoltre esaminate le
innovazioni istituzionali introdotte dal trattato di Lisbona che avranno un impatto
significativo sull’azione esterna dell’Unione come – vedi sopra - la nomina di un presidente
“permanente” del Consiglio europeo, eletto per un mandato rinnovabile di due anni e
mezzo, e di un nuovo alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di
sicurezza, nonché vicepresidente della Commissione, che assicurerà la coerenza
dell'azione esterna dell'Unione grazie anche all’ausilio di un nuovo servizio diplomatico
europeo che assisterà l’alto rappresentante avvalendosi delle risorse dell’UE e degli Stati
membri
2
. A conclusione dell’opera si procederà ad un’analisi critica di quanto esposto
tenendo presente che il trattato di Lisbona non è ancora entrato in vigore e che il punto di
1
Ved
.
Le *nuove istituzioni europee. Commento al trattato di Lisbona / a cura di Franco Bassanini e Giulia Tiberi. - Bologna : Il
Mulino, [2008]. - 508 p. ; 22 cm.
2
Ved. www.europa.eu
7
riferimento dell’attività dell’UE fino a quando tutti i paesi europei non avranno completato il
processo di ratifica è l’attuale trattato di Nizza, entrato in vigore nel 2003.
8
CAPITOLO I : L’AZIONE ESTERNA NELLA
COSTITUZIONE EUROPEA
1.1 Premessa
Il dato più visibile del trattato che adotta una Costituzione per l’Europa consiste nella
abolizione dei pilastri, che contraddistinguono l’attuale assetto dell’Unione europea,e, di
concerto, nella unificazione dei trattati e nel dissolvimento della Comunità europea
nell’Unione, cui è espressamente riconosciuta la personalità giuridica. Se i pilastri
costituiscono l’incarnazione del diverso metodo con cui l’Unione e la Comunità
provvedono oggi a gestire i settori di attività ad essi rispettivamente facenti capo,
prevalentemente intergovernativo nel primo caso e comunitario nel secondo, la loro
scomparsa dovrebbe dunque essere il segno esteriore del venir meno delle differenze, o
quantomeno di una loro sensibile attenuazione. La scomparsa del secondo pilastro non si
accompagna invece ad una alterazione dei connotati essenziali della politica estera e di
sicurezza comune: questa rimane fondata, nel trattato costituzionale, su dinamiche
prettamente intergovernative. E’ bensì vero che l’abolizione della struttura formale dei
pilastri può comunque contribuire a rendere la stessa PESC più permeabile agli influssi del
modello comunitario, ma non sembra che tali influssi possano venire ad alterare i caratteri
salienti che contraddistinguono il funzionamento della azione politica esterna dell’Unione.
Il tentativo del trattato costituzionale di ricondurre ad unità i vari aspetti della azione
esterna dell’Unione si esprime sotto due profili: dal punto di vista sostanziale, la PESC e le
altre politiche esterne vengono indirizzate al perseguimento dei medesimi obiettivi e
inserite in una medesima cornice di direttive politiche; dal punto di vista istituzionale, il
raccordo tra le varie dimensioni dell’azione esterna risulta affidato alla nuova figura del
Ministro degli affari esteri dell’Unione europea. Per quanto riguarda il primo profilo è
necessario citare gli artt. III-292 e III-293 del trattato. Il primo stabilisce che nella
elaborazione e attuazione dell’azione esterna l’Unione è tenuta a rispettare i principi e a
perseguire gli obiettivi che sono fissati nel testo dello stesso articolo. I principi sono quelli
su cui l’Unione si fonda e che essa si << prefigge di promuovere nel resto del mondo >> :
9
la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani, la solidarietà, il rispetto della Carta delle
Nazioni Unite e del diritto internazionale. Questi sono già presenti, in una forma o in
un’altra, nei trattati vigenti. La novità risiede nella previsione secondo cui tali principi e
obiettivi, estremamente generici ma anche tipicamente << politici >>, devono informare
non soltanto la PESC, ma tutta l’azione esterna dell’Unione, sia per quanto riguarda i vari
settori compresi nel titolo quinto della parte terza del trattato costituzionale, sia con
riferimento alle altre politiche nei loro aspetti esterni. E dunque l’Unione deve ad essi
conformarsi sia nel quadro, tra le altre, della politica commerciale comune o di quella di
cooperazione allo sviluppo, sia quando conclude accordi con Stati terzi o compie altre
attività di rilievo internazionale in qualunque altro settore di sua competenza, dal mercato
interno allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Il secondo prevede che, sulla base dei principi e obiettivi così enunciati, il Consiglio
europeo individui, per mezzo di << decisioni europee >>, gli interessi e gli obiettivi
strategici dell’Unione. Tali decisioni europee risultano essere le eredi delle attuali strategie
comuni del Consiglio europeo, ma, a differenza di queste ultime, si vedono attribuire
obiettivi più ampi e, ancora una volta, non limitano più il loro campo d’azione alla PESC,
ma riguardano anche << altri settori dell’azione esterna dell’Unione >>. Pertanto l’azione
esterna dell’Unione, in qualsiasi settore essa si esplichi, risulterà vincolata tanto alle
finalità di carattere generale indicate nel testo della Costituzione, quanto agli obiettivi più
specifici che, di volta in volta, vengano stabiliti dal Consiglio europeo
3
.
3
Ved. La *Costituzione europea : quale Europa dopo l'allargamento? / a cura di Maria Caterina Baruffi. ‐ Padova :
CEDAM, 2006. ‐ VIII, 246 p. ; 24 cm.
10
1.2 Il Ministro degli esteri dell’Unione europea e il
Presidente del Consiglio europeo
Veniamo ora al secondo dei due profili sopra citati. La nuova figura del Ministro degli esteri
dell’Unione rappresenta una parziale novità istituzionale, trattandosi, in realtà di
un’evoluzione dell’Alto Rappresentante PESC. Rispetto al suo predecessore, il Ministro
degli affari esteri ha una posizione di prestigio nettamente maggiore rispetto al Consiglio:
non si tratta più di un organo ausiliario di questa istituzione, ma di una figura indipendente
e dotata di poteri di primo piano. Dismessa la veste di Segretario generale del Consiglio,
con funzioni di mera assistenza nelle questioni rientranti nella PESC, il Ministro “guida” la
PESC stessa, avendo compiti sia di proposta che di attuazione delle decisioni assunte dal
Consiglio in questo campo, così come in quello della PESD. Ma soprattutto il Ministro
presiede il Consiglio “ Affari esteri” e partecipa ai lavori del Consiglio europeo. Come è
ovvio, si tratta di funzioni importantissime e senza precedenti, nel cui esercizio il ministro si
trova a dialogare allo stesso livello con i Ministri degli esteri degli Stati membri. Va tuttavia
chiarito che la partecipazione del Ministro ad entrambe le istituzioni non è accompagnata
da alcun diritto di voto.
Rispetto all’attuale Alto Rappresentante PESC, le funzioni del Ministro degli esteri
presentano peraltro un carattere assai più composito, in ragione soprattutto del ruolo di
Vicepresidente della Commissione – responsabile per le relazioni esterne dell’attuale
primo pilastro. Per quanto la si possa giustificare in un’ottica di coerenza tra tutti gli
strumenti di azione esterna dell’Unione, la soluzione consistente nel cumulare in una
medesima figura funzioni così diverse presenta grandi difficoltà di carattere istituzionale e
rischia di cancellare alcuni dei vantaggi che si intendeva ottenere rafforzando la posizione
dell’Alto Rappresentante. Senza contare la sua partecipazione ai lavori del Consiglio
europeo, il Ministro è infatti membro a pieno titolo di due istituzioni che si sono sempre
poste tra loro in posizione dialettica, se non antagonistica. A riguardo sorgono numerosi
interrogativi. Come dovrebbe comportarsi il Ministro nei frequenti episodi di contrasto tra
Consiglio e Commissione in materia di relazioni esterne e di competenza a concludere
accordi internazionali ? Quale dei suoi due “cappelli” dovrebbe far prevalere? Deve
considerarsi maggiormente vincolato dai suoi doveri di collegialità rispetto al resto della
11
Commissione o deve ritenere di potere assumere in sede di Consiglio una posizione
autonoma o finanche opposta a quella decisa dalla Commissione?
D’altra parte, i poteri attribuiti dal trattato costituzionale al Ministro nell’ambito della PESC
e come Presidente del Consiglio affari esteri rischiano paradossalmente di far insorgere
contrasti con le altre due figure monocratiche istituite o rafforzate dalla Costituzione: il
Presidente del Consiglio europeo e il Presidente della Commissione. Per quanto riguarda,
in particolare, i rapporti con il Presidente della Commissione, si osservi come la “doppia
dipendenza” del Ministro degli esteri impone di escludere che, nei suoi confronti, il
Presidente goda di quella supremazia che gli è stata riconosciuta rispetto a tutti gli altri
membri della Commissione. E’ infatti il Consiglio europeo che nomina il ministro e che può
porre fine al suo mandato. Il Presidente della Commissione dà soltanto il suo accordo sulla
nomina e può soltanto chiederne le dimissioni. La Costituzione sottrae inoltre il Ministro
degli esteri ai poteri di orientamento propri del Presidente della Commissione. Il
Presidente potrebbe forse assegnare al Ministro altre responsabilità, ma certamente non
sottrargli quelle definite dalla stessa Costituzione, nemmeno avocandole a se stesso. Il
Ministro è persino parzialmente sottratto al dovere di non accettare istruzioni dai governi
nazionali. Egli è però soggetto, insieme a tutti i commissari, al voto di approvazione
collettivo del Parlamento europeo e deve dimettersi dalle sue funzioni in seno alla
Commissione nel caso in cui questa sia oggetto di una mozione di censura approvata dal
Parlamento. E’ dunque possibile che temporaneamente ( e cioè nel periodo di interregno
tra una Commissione sfiduciata e la successiva) il Ministro venga a ricoprire un ruolo
dimidiato ( continuando comunque a curare, in qualità di vicepresidente dimissionario della
Commissione, l’ordinaria amministrazione)
4
.
La presidenza del Consiglio “Affari esteri”, al quale il Presidente della Commissione non
ha alcun titolo per partecipare, consente infine al Ministro di gestire in piena autonomia i
dossiers comunitari che sono di competenza di quella formazione. E’ dunque facile notare
che il rischio di frizioni tra le due figure è molto elevato e che potrebbe essere lo stesso
Ministro, forte del sostegno del Consiglio europeo (ai cui lavori partecipa) e dello stesso
Consiglio “Affari esteri” (che presiede), ad avere la meglio sul Presidente della
Commissione, in un braccio di ferro istituzionale dai potenziali esiti infausti.
4
Ved. Una *Costituzione per l'Unione europea / a cura di Giuseppe Morbidelli e Filippo Donati ; scritti di Adelina
Adinolfi ... [et al.]. ‐ Torino : G. Giappichelli, [2006]. ‐ VIII, 264 p. ; 24 cm.
Ved. La *Costituzione europea : quale Europa dopo l'allargamento? / a cura di Maria Caterina Baruffi. ‐ Padova :
CEDAM, 2006. ‐ VIII, 246 p. ; 24 cm.
12
Altra novità del trattato costituzionale è rappresentata dalla figura del Presidente del
Consiglio europeo che, rispetto al regime attualmente in vigore, acquista una buona
stabilità grazie ad un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una sola volta. Questa
innovazione abolisce l’idea stessa del “semestre” e ha l’effetto di distribuire su un ampio
arco temporale lo svolgimento di funzioni divenute sempre più complesse, soprattutto in
seguito all’aumento del numero degli Stati membri. La presidenza non è più esercitata da
un organo-individuo di uno Stato membro (il Capo di Stato o di governo dello Stato
membro al quale, in quel semestre, spetta la presidenza del Consiglio), ma da una
persona che, al contrario, “non può esercitare un mandato nazionale”. E’ indubbio che tale
innovazione aumenti il grado di autonomia del Presidente rispetto ai singoli Stati membri.
Non altrettanto può dirsi della sua posizione rispetto al Consiglio europeo, visto che a
questa istituzione spetta il potere di nomina e di revoca. Da questo punto di vista, è difficile
immaginare come tale Presidente possa riuscire ad acquistare autonomia e
autorevolezza. Probabilmente senza un sistema di elezione diretta da parte dei cittadini o,
almeno, da parte del Parlamento europeo, l’unica strada possibile per un’emancipazione
del Presidente sarebbe quella di affermarsi grazie al prestigio personale e alla notorietà
dello stesso. Il compito in verità è assai arduo, non soltanto per la durata del mandato
troppo breve a questo fine, ma anche per l’inevitabile sovrapposizione con il Presidente
della Commissione, figura già nota ed affermata agli occhi della pubblica opinione, e con
lo stesso Ministro degli affari esteri. Rispetto al rischio di sovrapposizione con il primo,
ogni difficoltà potrebbe essere superata qualora il Consiglio europeo si risolvesse a
cumulare in un’unica persona le due cariche. E’ da supporre tuttavia che l’idea di un
potente e popolare Presidente “doppio”, perché presidente del Consiglio europeo e della
Commissione non è facile da accettare. Che, al di là della volontà proclamata, non si
voglia un Presidente del Consiglio europeo troppo forte risulta confermato dall’esame
delle funzioni attribuite a tale figura dal confronto con quelle del Ministro degli affari esteri.
In particolare colpisce come al Presidente del Consiglio europeo si chieda di “assicurare la
preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo” non soltanto in cooperazione
con il Presidente della Commissione, ma anche in base ai lavori del Consiglio “Affari
generali”, benché egli non partecipi affatto a tale formazione e non sia pertanto in grado di
influire direttamente sui suoi lavori
5
.
5
Ved. Una *Costituzione per l'Unione europea / a cura di Giuseppe Morbidelli e Filippo Donati ; scritti di Adelina
Adinolfi ... [et al.]. ‐ Torino : G. Giappichelli, [2006]. ‐ VIII, 264 p. ; 24 cm.
13
Tornando al Ministro degli affari esteri è necessario sottolineare che, da un lato, egli risulta
essere l’erede dell’attuale Alto rappresentante per la PESC, ma ad un livello più elevato di
autorità e (almeno potenzialmente) di incisività. Se l’Alto rappresentante è un collaboratore
del Consiglio, di cui è Segretario generale, e che esso assiste nella preparazione ed
attuazione degli atti e nella condizione del dialogo politico con i terzi (art.26 TUE), e per
quanto l’Alto rappresentante attuale abbia acquisito di fatto un ruolo non trascurabile, il
Ministro diventa l’organo che è preposto alla attuazione degli atti del Consiglio europeo e
del Consiglio in materia di politica estera e di sicurezza e che rappresenta l’Unione per le
materie che rientrano in tale politica, conduce il dialogo politico con i terzi ed esprime la
posizione dell’Unione nelle organizzazioni internazionali e in seno alle conferenze
internazionali; nel presiedere il Consiglio affari esteri può esercitare un’influenza che al
Segretario generale del Consiglio non è concessa. Ancora, il Ministro esercita un potere di
iniziativa (singolarmente o << con l’appoggio della Commissione >>) in relazione alla
adozione degli atti del Consiglio relativi alla politica estera e di sicurezza, può convocare
d’urgenza il Consiglio nei casi che richiedano decisioni rapide (art.III-299), può sollecitarlo
a raccomandare al Consiglio europeo l’adozione di una decisione europea che individui gli
interessi e obiettivi strategici dell’unione (art. III-293,par.2), organizza il coordinamento tra
le azioni degli Stati membri nelle organizzazioni e conferenze internazionali (art. III-305,
par.1); i rappresentanti speciali, cui il Consiglio conferisce un mandato per questioni
politiche specifiche, lo esercitano sotto l’autorità del Ministro (art. III-302). Infine, egli
svolge compiti rilevanti nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune: in
particolare, << sotto l’autorità del Consiglio e in stretto e costante contatto con il comitato
politico e di sicurezza, provvede a coordinare gli aspetti civili e militari >> delle missioni di
mantenimento della pace (in senso lato) dell’Unione (art. III-309, par.2).
Dall’altro lato attraverso la sua incardinazione nella Commissione il Ministro viene a riunire
sul proprio capo i due cappelli, quello di guida della PESC e quello di commissario alle
relazione esterne, venendo dunque a svolgere quel ruolo di coordinamento tra tutte le
politiche esterne dell’Unione, oggi facenti capo rispettivamente all’Unione e alla Comunità
europea. Anche sotto questo profilo il Ministro degli affari esteri godrebbe dunque di una
libertà di manovra oggi sconosciuta all’Alto rappresentante.
Sempre nell’ottica del coordinamento e della promozione della coerenza complessiva della
azione esterna dell’Unione, il trattato costituzionale prevede l’istituzione, alle dipendenze
del Ministro degli affari esteri, del << Servizio europeo per l’azione esterna>>, il quale
dovrebbe essere composto da funzionari del Segretariato generale del Consiglio e della
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Commissione nonché da personale distaccato dai servizi diplomatici nazionali e
cooperare con questi ultimi ( art. III-296, par.3). A tale Servizio ( da istituirsi con decisione
europea del Consiglio, su proposta del Ministro degli affari esteri, previa consultazione del
Parlamento europeo e previa approvazione della Commissione), dovrebbero far capo
anche tutte le delegazioni dell’Unione europea presso i paesi terzi e le organizzazioni
internazionali, venendosi così a determinare la nascita di un vero e proprio corpo
diplomatico dell’Unione. Non contraddirebbe questa interpretazione la disposizione dell’art.
I-26, par.1, secondo cui la Commissione assicura la rappresentanza esterna dell’Unione,
fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune. Potrebbe essere previsto, al
limite, che la rappresentanza venga affidata, nell’ambito del Servizio europeo per l’azione
esterna, a funzionari della Commissione, per gli aspetti di competenza di quest’ultima:
senza dimenticare che anche in questo caso il ruolo guida della Commissione verrebbe
esercitato tramite il Ministro degli affari esteri, il quale deve pur sempre assicurarsi della
coerenza complessiva anche dell’azione delle rappresentanze dell’Unione all’estero
6
.
6
Ved. La *Costituzione europea : quale Europa dopo l'allargamento? / a cura di Maria Caterina Baruffi. ‐ Padova :
CEDAM, 2006. ‐ VIII, 246 p. ; 24 cm.