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Prefazione
In questo lavoro si è cercato di illustrare le modalità in cui la radio è cambiata
con l’avvento di Internet. La connessione con il Web ha rappresentato, per questo
medium, una vera e propria rivoluzione nei vari ambiti che la riguardano: la
connessione con gli utenti; la capacità di diffusione; il design. In particolare, si porta
l’attenzione su un aspetto: la radio, come gli altri mezzi di comunicazione
tradizionali, crea un ‘ambiente’ mediatico. Ha una serie di caratteristiche che la
distinguono, utilizza un linguaggio unico, individua una tipologia di utenti (livellati
come ascoltatori), ha un proprio orizzonte d’attesa, oltre alla capacità di escludere o
includere una categoria di persone. L’incontro con il Web ha modificato questa
peculiarità. Ora la radio, che continua a creare un ambiente mediatico, è però
divenuta ‘contenuto’ di un altro medium: la Rete.
Nel primo capitolo si è tracciata una rapida storia del mezzo radiofonico,
partendo dalle teorie fisiche alla base del suo funzionamento. Si è posta l’attenzione
su due figure fondamentali nella storia di questo medium: Guglielmo Marconi, poiché
sviluppatore del primo efficace sistema di comunicazione senza fili e David Sarnoff,
primo imprenditore radiofonico. Grazie a quest’ultima figura la radio diviene
broadcasting, ossia rivolta a un pubblico vasto grazie alla trasmissione di contenuti di
vario genere. L’importanza di questo mezzo di comunicazione è riconosciuta durante
la guerra, quando diviene strumento vitale per ricevere e inviare informazioni, sia per
i soldati al fronte sia per i civili. È proprio durante il secondo conflitto mondiale che
la radio conosce un forte sviluppo anche in Italia. Al termine della guerra, inizia il
monopolio della Rai nelle comunicazioni radiofoniche lungo la penisola, anche grazie
alla costruzione di nuove stazioni radio e ricevitori. La radio pubblica accompagna
milioni d’italiani nella loro quotidianità, finché negli anni Settanta non iniziano a fare
la loro comparsa le emittenti private. Prima mal tollerate, poi accettate e legalizzate
nel 1976: inizia l’era delle radio private italiane, tuttora in corso.
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Dopo aver raccontato la storia della radio, nel secondo capitolo si descrive il suo
presente. Si parte dalle tipologie analizzate nel dettaglio: analogica, digitale, Web e
on demand. Da questa ‘forma’, si passa poi ad analizzare i contenuti, iniziando dalla
‘struttura’ di una radio: qui è spiegato cosa s’intende per format, clock, rotation e altri
termini che rappresentano le parti principali di un’emittente. Dopo averne spiegato la
forma e i contenuti, sono analizzate natura e diffusione delle emittenti che
compongono il panorama radiofonico italiano. Sono così descritte caratteristiche e
differenze di radio nazionali, pubbliche, private, comunitarie e di movimento. Tutte
queste stazioni offrono non solo un servizio, ma assolvono anche a tre funzioni
fondamentali per l’ascoltatore. La funzione ‘connettiva’, che serve a far sentire
l’utente connesso a una realtà più grande. ‘Identitaria’, poiché spesso riflette gusti e
caratteristiche della personalità dell’ascoltatore. ‘Partecipativa’, perché permette a chi
ascolta di partecipare attivamente o passivamente alla realtà cui si riferisce il servizio
offerto.
Il terzo capitolo rappresenta il nucleo portante di questo lavoro, andando a
spiegarne nel dettaglio il significato del titolo La radio dal digitale al Web, da
ambiente a contenuto. Si è utilizzata la storia di una delle più importanti emittenti
private nazionali, Radio Deejay, per portare un esempio concreto del passaggio del
mezzo radiofonico da ambiente a contenuto. Attraverso l’utilizzo di grafici, si è poi
analizzata la diffusione nel Paese di radio locali e web, quest’ultime per natura il
prodotto diretto dell’ibridazione tra Rete e radio. Infine si è fatto riferimento a due
grandi massmediologi del nostro tempo: Marshall McLuhan e Derrick de Kerckhove.
Sono state prese in considerazioni le tesi del sociologo canadese riguardo alla natura
‘calda’ del mezzo radiofonico, in quanto medium che eleva un unico senso fino a uno
stadio in cui si è abbondantemente colmi di dati. Una tesi elaborata nel 1964 e che
oggi subisce l’usura del tempo, venendo in parte rivisitata all’interno di questo
lavoro: la radio, grazie all’interazione permessa dalle nuove forme di comunicazione
rapida (sms, mail, chat, social network) sta subendo un processo di raffreddamento.
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Se alcune tesi del sociologo canadese iniziano ad essere corrose dal tempo, altre
mantengono intatto il loro valore. La radio è ancora un tamburo battente, tribale, che
attraverso il suo suono e i suoi ritmi ha la capacità di catalizzare attenzione e creare
comunità di aggregazione sempre più virtuali. Per quanto riguarda il lavoro del
Professore de Kerckhove, si è fatto riferimento soprattutto ai cambiamenti nella
forma: la radio, sotto la pressione dei cambiamenti tecnologici e sociali, si è prima
miniaturizzata e poi è scomparsa all’interno di altri media. È così passata, anche nella
forma più esteriore, a essere contenuto.
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Capitolo 1
Storia della Radio
Tu piccola scatola, che ho tenuto stretto
mentre fuggivo. Perché le tue valvole
non si spaccassero, che ho portato dalla
casa alla nave e dalla nave al treno,
perché i miei nemici potessero ancora
parlarmi accanto al mio letto, alla mia
pena ,l’ultima cosa la sera, la prima la
mattina, dalle loro vittorie e dalle mie
ansie, promettimi di non tacere
all’improvviso.
[Bertholt Brecht, La radio come mezzo
di comunicazione
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]
1.1– Le teorie fisiche alla base
La radio nasce come radiotelegrafia, come ‘telegrafo senza fili’: una forma di
comunicazione punto a punto, l’offerta cioè di un canale attraverso il quale inviare
informazione a più soggetti, cui spetta il compito di inserire il contenuto, ciò che
intendono trasmettere a uno o più destinatari da loro prescelti. Si tratta
sostanzialmente di un’applicazione pratica della natura ondulatoria della luce,
teorizzata dal matematico e fisico scozzese James Maxwell e della sua conferma
sperimentale, con la scoperta delle onde elettromagnetiche da parte del fisico tedesco
Heinrich Hertz, negli Ottanta dell’Ottocento. Il risultato di queste ricerche porta alla
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Brecht Bertolt, La radio come mezzo di comunicazione, in Scritti sulla letteratura e sull’arte, Torino, Einaudi, 1975
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consapevolezza che l’etere, cioè l’atmosfera, può dunque essere percorso da onde, di
varia frequenza, che l’uomo può generare artificialmente.
1.2 - Marconi, primo cervello in fuga
Nel 1896 Guglielmo Marconi solca la Manica insieme alla madre, per ottenere
fondi sulla trasmissione telegrafica senza fili. Una decisione difficile ma necessaria
per continuare i suoi studi. Bisogna tornare indietro di qualche anno per capire
meglio le ragioni che spingono il geniale ventenne ad abbandonare l’Italia. Secondo
quanto si racconta, in una notte di dicembre del 1892, Guglielmo sveglia la madre e
la conduce emozionato nella soffitta dove porta avanti i suoi esperimenti. Qui le
mostra di riuscire a far suonare un campanello elettrico su di un apparecchio
ricevente (come quelli del telegrafo di Morse) posto all’estremità opposta della
stanza, premendo un tasto telegrafico. In seguito Marconi trasmette segnali a distanze
sempre più ampie e ottiene l’interesse - e quindi i finanziamenti - del padre. Grazie ai
nuovi mezzi economici e all’aiuto del fratello maggiore Alfonso e del maggiordomo,
riesce a mettere insieme una strumentazione di emissione e ricezione più potente -
inventando il sistema antenna – terra
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e a spostare i suoi esperimenti all’aperto.
Passano tre anni da quella dimostrazione in soffitta. È il 1895 quando Marconi riesce
nella trasmissione di un segnale nell’alfabeto telegrafico Morse (punti e linee) nei
terreni del podere paterno, alle porte di Bologna. Oltre la collina, il fratello maggiore
attende vicino all’apparecchio ricevente. Con lui c’è un contadino che imbraccia un
fucile: se il segnale giungerà a destinazione, la consegna è di sparare un colpo in aria.
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Il sistema è costituito essenzialmente da un circuito, connesso a un generatore di corrente alternata ad alta frequenza,
in grado di creare tra l'antenna e il terreno sottostante un campo elettrico il quale, a sua volta per un effetto studiato già
all'inizio dell'800 dal fisico danese Hans Christian Oesrted - dà origine ad un campo magnetico ad esso perpendicolare.
Tale campo magnetico, a sua volta, genera un nuovo campo elettrico e questo ancora un campo magnetico e così via.
Queste due serie di campi sono concatenati l'uno all'altro e costituiscono le onde elettromagnetiche che si propagano
tutt'attorno all'antenna con una velocità pari a quella delle onde luminose. Quando quest'onda incontra nel suo
propagarsi nello spazio, un secondo circuito antenna-terra connesso ad un ricevitore, fa nascere in esso una debole
corrente elettrica che, resa percepibile per mezzo di un rivelatore del tipo del coherer, permette di recepire il segnale
trasmesso. Essa può divenire così l'onda portante per la trasmissione del segnale.
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Come raccontato da qualsiasi sussidiario moderno delle scuole elementari, a un tratto
risuonò chiaramente un colpo di fucile.
È a questo punto che entra in gioco Annie Jameson, cittadina britannica e madre
di Guglielmo. In Italia l’invenzione riceve solo scherni e rifiuti, per questo Annie
decide di scrivere all’ambasciatore italiano a Londra. La risposta è immediata: il
giovane inventore deve essere portato subito sull’isola. Così accade: nella primavera
del 1896 Marconi, accompagnato dalla madre, arriva a Londra dove deposita diversi
brevetti, tra cui quello definitivo per la radio, il 2 giugno dello stesso anno. Tuttavia
la paternità dell’invenzione fu presto messa in discussione da un altro inventore,
Nikola Tesla. Non è compito di questo lavoro dirimere una questione ancora irrisolta.
In queste parole pronunciate da Marconi durante un convegno all’Accademia dei
Lincei, c’è forse una risposta:
A Firenze tutti ammirano la cupola di Santa Maria del Fiore e in tale opera
tutti ammirano il genio di Filippo Brunelleschi. Ma questo grande architetto
non avrebbe mai realizzato la sua opera se non avesse utilizzato i mattoni di
Pontassieve, i marmi di Carrara, le impalcature di mastro Alberico di Forlì,
le corde di Narduccio il pisano. Raramente l'uomo dimostra riconoscenza e
comprensione. Il Vasari non ci ha rivelato chi seccò al sole i mattoni, chi
morì sotto i blocchi di marmo di Carrara, chi abbatté gli alti abeti impiegati
nelle impalcature. I miei mattoni sono Rudolph Hertz, Augusto Righi.
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Le applicazioni navali della nuova invenzione furono immediate e vastissime,
tanto che ancora oggi il radiotelegrafista di una nave si chiama marconista.
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Solari Luigi, Storia della radio, Milano, Treves, 1939, p. 34.