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LA RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI.
Normativa e organizzazione
INTRODUZIONE
“Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”
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“La natura non rifiuta niente, tutto viene assimilato dal nostro ambiente e spetta a
ciascuno di noi fare in modo che ciò avvenga nel modo giusto e conveniente”
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L’uomo è comparso sulla terra 5 milioni di anni fa e fino a quando è vissuto in piccoli
gruppi nei villaggi, ha mantenuto l’equilibrio naturale delle risorse, perché i pochi
rifiuti che produceva venivano riciclati completamente. Nel 5000 a. C. nacquero le
prime città e, da quel momento fino ai primi del XVIII sec. d.C., l’economia della
grande maggioranza delle famiglie che vivevano sia in città che in campagna era
fondata sull’arte del riciclo e del non spreco. Alla fine del 1700 in alcune aree della
terra, ancora oggi tra le più ricche, nacque l’industria e con essa le condizioni di vita
dell’uomo andarono migliorando. Intorno al 1925 il rifiuto più diffuso era la cenere,
ma già il vetro e i metalli venivano scartati. Nel secondo dopoguerra nasce la
cosiddetta “civiltà dei consumi”, da quel momento la quantità dei rifiuti è aumentata
vertiginosamente, in particolare materiali organici, vetro e carta, prodotti nuovi come
le plastiche e i materiali delle industrie siderurgiche. L’eccezionale crescita
demografica degli ultimi decenni e l’esplosione dei consumi dei paesi industrializzati,
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Aforisma di Antoine-Laurent de Lavoisier. Chimico francese. Parigi 1743-1794.
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N.Cassinetti-R.Del Duro, La raccolta differenziata dei rifiuti e il riciclo delle materie seconde ,Milano 2007,
pag.192.
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costituiscono un serio motivo di preoccupazione tanto per la quantità delle risorse
disponibili quanto per la qualità dell’ambiente in cui viviamo. Cosa fare dei rifiuti che
vengono prodotti in abbondanza? Promuovere una corretta gestione dei rifiuti
costituisce un fondamentale contributo all’opzione di “sviluppo sostenibile”, ormai
concordemente adottata a livello internazionale: “un modello di sviluppo in grado di
soddisfare i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere quelli delle
generazioni future”
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. Nella realizzazione di questa mia tesi mi sono trovata ad
analizzare una realtà normativa alquanto “caotica “ : “In materia di rifiuti, l’Italia si
disarticola in una struttura a pelle di leopardo, dove ogni gestione, ogni controllo, ogni
progetto è una storia a sé, indipendente da tutte le altre e da quella regola che tutti
dicono di conoscere. Una dissimmetria della percezione, questa è la legislazione sui
rifiuti in Italia: solo se si comprende questo, si può comprendere l’esperienza del caos
privo di spiegazioni” .
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La legislazione italiana in materia di rifiuti ha proporzioni inesatte e mancanza di
compostezza. Essa è priva di quell’ordine di cui pareva dotato, in una sorta di figura
geometrica, il Codice Civile, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4 aprile 1942 n.
79, con i suoi 2969 articoli, stampati con cura e giunti fino a noi; essa si sottrae al
gusto di poter essere tramandata e osservata, data l’enorme quantità di normative che
si succedono troppo rapidamente abrogando le precedenti. Nell’interessarmi a questo
contesto storico-normativo non semplice, ho strutturato questo mio lavoro in 5
capitoli.
Il primo ha ad oggetto la regolamentazione della materia dei rifiuti nelle direttive
adottate a livello comunitario e recepite in Italia con l’emanazione, da parte del
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“Principio dello sviluppo sostenibile”.D Lgs.152/2006 art 3-quater.
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Paola Ficco, “ Codice dei rifiuti 2011 “ , Ed. Ambiente, Milano 2011, Introduzione.
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legislatore italiano, di norme attuative della normativa comunitaria stessa.
L’emanazione del D. Lgs. 152/2006 recante “Norme in materia ambientale”, che
abroga nella sua parte IV, l’intero “Decreto Ronchi” (normativa, questa di riferimento
in materia di rifiuti prima del suindicato decreto legislativo).
Nel secondo capitolo, si analizza il “concetto di rifiuto” e la sua “classificazione”, per
poi procedere ad un esame della normativa sulla gestione integrata dei rifiuti in Italia,
incentrata sul concetto di “rifiuto da valorizzare” come risorsa o energia in modo da
raggiungere gli obiettivi prioritari, concordati a livello comunitario, della definizione
di una politica ambientale volta allo sviluppo sostenibile.
Il terzo capitolo approfondisce lo specifico ruolo della raccolta differenziata dei rifiuti,
all’interno del ciclo-gestione rifiuti, così come regolata dalle direttive Ce e recepita dal
legislatore italiano attraverso l’emanazione di Leggi, Decreti del Presidente della
Repubblica e Decreti Legislativi.
Si analizzano le diverse pratiche della raccolta differenziata dei rifiuti succedutesi nel
tempo, dal “metodo tradizionale” a quelli attualmente praticati, volti a realizzare
una ”efficace” differenziazione dei rifiuti, proprio per realizzare la ”politica della
valorizzazione del rifiuto”.
Nel quarto capitolo sono illustrate le competenze della pubblica amministrazione in
materia di gestione integrata dei rifiuti, partendo da un’analisi storico-giuridica della
funzione amministrativa in generale, fino a definire le competenze funzionali dei
singoli Enti locali e non, coinvolti nella gestione dei rifiuti. Vi è un riferimento alla
L.214/2011, c.d. “Manovra Monti”, modificativa delle competenze delle Province.
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Per concludere questo mio lavoro, nel quinto capitolo ho evidenziato come la buona
pratica della raccolta differenziata, ha reso “virtuoso” un piccolo comune cilentano del
sud Italia, nello specifico il Comune di Pollica.
Partendo da una breve presentazione del paese stesso, ma carica di contenuti
significativi, legati ad eventi, personaggi e uomini virtuosi, si arriva a maturare la
convinzione che quando si ama la propria terra, l’ambiente che la circonda, quando si
ha a cuore la salute dei propri cittadini e di tutti i cittadini del mondo, anche piccoli
gesti, ma studiati e attuati in obbedienza a normative nazionali e locali, fanno
diventare “grande“ una “piccola terra”!
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Capitolo 1
La disciplina comunitaria e italiana in materia di rifiuti
1.1 La disciplina comunitaria.
Con la firma del Trattato di Roma, in Campidoglio, nel 1957, Francia, Germania,
Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo istituirono la Comunità Economica Europea.
Il Trattato, aveva come finalità principale la equilibrata crescita di tutti gli Stati
membri della Comunità. In materia ambientale, il Trattato aveva come obiettivi la
salvaguardia e il miglioramento dell’ambiente, al fine di proteggere la salute
umana e migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Tra tutti il comparto dei
rifiuti è stato uno dei primi settori di intervento . E’ in questo ambito che la CEE
ha assunto iniziative normative di disciplina con gli articoli 110 e 235 del Trattato.
Tali articoli avevano lo scopo di “armonizzare le legislazioni nazionali e
contrastare le distorsioni alla concorrenza tra le imprese dei diversi Stati membri,
rese più marcate dal legame che sussisteva tra le merci destinate a circolare e
rifiuti sottoposti a rigoroso regime amministrativo per prevalente finalità di
protezione sanitaria e ambientale”.
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Una disparità tra le disposizioni nei vari Stati
membri per lo smaltimento dei rifiuti avrebbe creato delle disuguaglianze nelle
condizioni di concorrenza e avrebbe avuto un’incidenza diretta sul funzionamento
dei mercati. In maniera opposta una regolamentazione efficace e uniforme dello
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P. Dell’Anno, Manuale di diritto ambientale, Padova 2001, pag.440.
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smaltimento dei rifiuti avrebbe favorito la protezione della salute umana e
dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento,
del deposito dei rifiuti; avrebbe inoltre incentivato il recupero di rifiuti e l’utilizzo
dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali. Tali considerazioni
portarono il Consiglio delle Comunità Europee ad emanare la direttiva
75/442/CEE
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che dettava norme sui rifiuti, la direttiva 78/319/CEE
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relativa ai
rifiuti tossici e nocivi e la direttiva 76/403/CEE
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relativa allo smaltimento dei
policlorodifenili e policlorotrifenili. Di queste tre direttive, di cui l’ultima riferita a
particolari categorie di rifiuti, le prime due avevano per oggetto la problematica
dei rifiuti e introducevano importanti definizioni nell’ambito del comparto dei
rifiuti. L’articolo 1 della direttiva 75/442 fornì le definizioni di rifiuto e
smaltimento; ossia rifiuto: “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si
disfi o abbia l’obbligo di disfarsi secondo le disposizioni vigenti.”; al termine
smaltimento venne attribuito un duplice significato: “la raccolta, la cernita, il
trasporto, il trattamento dei rifiuti, nonché l’ammasso e il deposito dei medesimi
sul o nel suolo” e “le operazioni di trasformazione necessarie per il riutilizzo, il
recupero o il riciclo dei medesimi”. L’obiettivo della CEE era la promozione della
prevenzione o la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, il recupero
degli stessi mediante il riciclo e il reimpiego, il riutilizzo e l’uso dei rifiuti come
energia. Gli Stati membri dovevano adottare misure necessarie per assicurare il
recupero dei rifiuti o lo smaltimento degli stessi senza pericolo per la salute umana
e senza usare metodi pregiudizievoli per l’ambiente. Negli anni ‘90 la direttiva
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Direttiva del 15 luglio 1975.
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Direttiva del 20 marzo 1978.
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Direttiva del 6 aprile 1976.
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CEE 75/442 ha subito importanti modifiche; era avvertita la necessità di una più
efficace gestione dei rifiuti nell’ambito della Comunità europea, non più una
politica di emergenza, ma una politica con l’obiettivo della prevenzione in campo
ambientale e la possibilità di uno sviluppo durevole e sostenibile. Vi era la
necessità di adottare misure intese a limitare la formazione dei rifiuti promuovendo
le tecnologie “pulite” e i prodotti riciclabili e riutilizzabili, tenuto conto, anche,
delle possibilità del mercato per i rifiuti recuperati. In tale clima di necessità,
furono emanate la direttiva 91/156/CEE
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relativa ai rifiuti, la direttiva
91/689/CEE
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relativa ai rifiuti pericolosi, la direttiva 94/62/CEE
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sugli
imballaggi e sui rifiuti da imballaggi. La direttiva 91/156/ CEE modifica la
precedente 75/442/CEE, ha la struttura di una normativa quadro che obbliga a
perseguire una serie di obiettivi sulla base di determinati criteri e principi. Ai sensi
dell’articolo 1 della nuova direttiva si intende per :
a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nell’Allegato I
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e di cui il
detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi;
b) produttore: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti (produttore iniziale) e/o
la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre
operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;
c) detentore: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene;
d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti,
compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche
dopo la loro chiusura;
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Direttiva del 18 marzo 1991.
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Direttiva del 12 dicembre 1991.
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Direttiva del 20 dicembre 1994.
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L’Allegato I contiene un elenco di rifiuti con sigla da Q
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a Q
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