5
limiti che di fatto rendevano molto difficile il conferimento della
delega per la rappresentanza in assemblea.
La necessità di cambiamento della disciplina delle deleghe di voto
unita alla necessità di tutelare i soci di minoranza hanno condotto,
nell’ambito della riforma della disciplina delle società quotate,
all’introduzione di due procedure attraverso cui combattere
l’assenteismo assembleare: la raccolta e la sollecitazione delle
deleghe.
Nel corso del presente studio, dopo una carrellata delle varie
discipline che nel tempo si sono succedute, verrà presentata la nuova
disciplina introdotta dal T.U.F. e con particolare riferimento alla
raccolta verranno esaminati alcuni problemi interpretativi che
consentiranno di verificare il grado di tutela delle minoranze che
consentirà di raggiungere.
L’approccio alle questioni giuridiche non sempre è facile,
soprattutto si ha il timore di non riuscire ad esprimersi in maniera
appropriata e di non farsi comprendere. Ho indirizzato i miei sforzi in
questa direzione, spero di non aver fallito totalmente nel mio intento.
Ringranzio tutti coloro che mi sono stati vicino e mi hanno
sostenuto e senza i quali non avrei superato tutti gli ostacoli che
caratterizzano ogni percorso universitario.
6
Infine, rivolgo un sentito ringraziamento a chi ha collaborato nella
redazione di questo studio, senza i suoi preziosi consigli, che spero di
essere riuscita a seguire, e la sua paziente presenza, non sarei stata in
grado di affrontare le varie questioni che si sono presentate nel corso
della trattazione dell’argomento di seguito esaminato.
7
CAPITOLO I
IL TESTO UNICO DELLA FINANZA
E LA RACCOLTA DELLE DELEGHE
1.PREMESSA
“E’ così difficile trovare l’inizio. O meglio: è difficile cominciare
dall’inizio. E non tentare di andare ancora più indietro(…)”
1
.
Questa bella espressione di Wittgenstein rende l’idea di quanto duro e
tortuoso sia stato il percorso che ha portato alla redazione finale di quello
che noi definiamo il Testo Unico della finanza. Infatti molte delle norme
contenute nel provvedimento sono il risultato di orientamenti dottrinari
già sviluppati qualche anno fa. Il riferimento non può non andare che a
Tullio Ascarelli che quarant’anni fa, quasi profeticamente, aveva già
compreso quelli che erano i punti deboli della disciplina delle società
per azioni e solo oggi con la nuova normativa vengono sciolti quei nodi
che nitidamente prospettava. In un articolo che costituiva il manifesto
della neonata Rivista delle società, egli scriveva: “ il problema delle
società di capitali non è quello di tutelare i gruppi nel controllo che,
avendo il potere, si tutelano benissimo da se stessi, ma invece proprio di
disciplinare i gruppi nel controllo”.
2
Con questa espressione si dimostra
________________________________________
1
WITTGENSTEIN L., Della certezza. L’analisi filosofica del senso comune (trad. it. Di On certainly,
Oxford, 1969), Torino, 1978, p. 76.
2
ASCARELLI T., Problemi delle società anonime per azioni, in Rivista delle società, 1959, p.13.
8
che Ascarelli aveva compreso che la riforma doveva consistere in una
serie di norme volte a disciplinare le diverse fattispecie che già da allora
andavano sviluppandosi.
Ascarelli elaborò queste sue considerazioni in un progetto di riforma
che non si trasformò mai in legge dello stato. Il legislatore interruppe il
suo sonno solo nel 1974 con la legge n. 216, la quale introdusse due
importanti istituti : la Consob e le azioni di risparmio.
Dopo vari interventi legislativi che si limitavano a disciplinare
singoli aspetti del mercato finanziario ( ad esempio le Sicav nel 1992, il
decreto Eurosim nel 1994), si è giunti ad una disciplina organica: il
decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 intitolato Testo unico
delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.
2. LE DELEGHE DI VOTO DALLA RIFORMA DEL ’74 AL
TESTO UNICO DELLA FINANZA.
La sezione III del Testo Unico si intitola: “Deleghe di voto”,
disciplina quindi la rappresentanza dei soci nelle assemblea, una
questione molto delicata, infatti nelle società di vaste dimensioni,
caratterizzate dalla presenza di un capitale di comando ben individuato e
dalla dispersione tra il pubblico del capitale di risparmio, lo strumento
della delega di voto se considerato in astratto, ha indubbiamente degli
9
aspetti positivi. Esso infatti da un lato consente ai numerosi azionisti di
minoranza di partecipare all’assemblea e , dall’altro, costituisce un utile
strumento per garantire il funzionamento della società, facilitando il
raggiungimento degli elevati quorum richiesti dalla legge e dall’atto
costitutivo. Non si può però negare che lo stesso istituto se lasciato
senza nessuna regolamentazione, si presta ad essere strumento di
concentrazione del potere e di facili abusi che alterano le regole del
gioco sia con riguardo al principio di maggioranza del capitale sociale,
sia con riguardo al rapporto tra soci e gestori. Da quanto sopra detto si
può comprendere che la disciplina data alle deleghe di voto costituisce
un eccellente osservatorio per individuare quali siano le scelte
strategiche compiute dall’ordinamento in tema di tutela delle minoranze
azionarie. Al riguardo è possibile individuare due impostazioni di fondo:
1) secondo una prima, occorre ammettere che nelle società quotate le
minoranze azionarie non hanno la capacità di partecipare attivamente
alla vita della società, esercitando i diritti inerenti alle loro partecipazioni
sociali. Pertanto la loro protezione deve essere affidata a strumenti di
eterotutela, mentre inutile, o addirittura dannoso risulta il potenziamento
dei diritti c.d. partecipativi. Un’opzione di questo tipo comporta in
10
termini generali un ampio ricorso a norme inderogabili e a controlli
pubblici;
3
2) secondo l’altra impostazione, le minoranze azionarie, ove fornite di
un’adeguata informazione e di adeguate forme di protezione giuridica
affidate alla loro diretta iniziativa, sono in grado di autotutelarsi sia nella
scelta della società in cui investire, sia nella gestione dell’investimento;
un’opzione di questo altro tipo implica, invece, in termini generali, un
maggiore riconoscimento dell’autonomia statutaria , mentre i controlli,
affidati all’Autorità di vigilanza sono essenzialmente di trasparenza.
4
La prima impostazione ha come coerente conseguenza in materia di
procure di voto, l’adozione di una disciplina pesantemente restrittiva
della possibilità di conferire tali deleghe. Questo è quello che è avvenuto
con la modifica dell’art. 2372 in applicazione della legge n.216 del 7
giugno 1974. La seconda impostazione invece, ha come sua coerente
conseguenza in materia di deleghe di voto, l’adozione di una disciplina
che , pur circondando di molte cautele il rilascio delle procure consenta
in modo assai ampio una partecipazione, sebbene indiretta, all’assemblea
da parte delle minoranze azionarie. A questo esempio parrebbe ispirata,
in linea di principio, la regolamentazione delle procure di voto dettata
________________________________________
3
Progetto MARCHETTI, in Riv. Soc., 1973, p. 298.
4
Progetto ASCARELLI (del 1956) e “Schema di disegno di legge” redatto nel 1966 dalla
Commissione DE GREGORIO, che si leggono in La Riforma delle Società’ di Capitali Progetto e
Documenti, Milano, p. 54 e p. 270.
11
dal T.U.
5
.
La legge 216 del 74 definita “miniriforma” modificò il
contenuto dell’art.2372
6
c.c. ed era caratterizzata da una moltiplicazione
di divieti.
In sintesi i principi della riforma del ’74 erano i seguenti:
1. La rappresentanza doveva essere conferita per iscritto, non
potevano essere rilasciate procure in bianco;
2. Era stabilito il divieto di rilasciare la rappresentanza agli
amministratori, ai sindaci e ai dipendenti della società, alle società da
essa controllate e agli amministratori, ai sindaci e dipendenti di queste,
ad aziende ed istituti di credito;
3. La stessa persona non poteva rappresentare in assemblea più di 10
soci, mentre nelle società con azioni quotate in borsa il numero massimo
di soci che potevano essere rappresentati dalla stessa persona variava da
50 a 200 in relazione all’ammontare del capitale sociale.
Questa riforma venne criticata da parte della dottrina, ad esempio
Jaeger
7
riteneva che la scelta di proibire l’attribuzione delle deleghe,
oltre che agli amministratori, ai sindaci, ai dipendenti delle società,
________________________________________
5
SACCHI R., Sollecitazione e raccolta delle deleghe di voto, in AA. VV., La riforma delle società
quotate, Milano, 1998, p.383.
6
Il testo originale dell’art.2372 era il seguente: “ Salva disposizione contraria dell’atto costitutivo,
i soci possono farsi rappresentare in assemblea. La rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i
documenti relativi devono essere conservati dalla società. Gli amministratori e i dipendenti non
possono rappresentare i soci nell’assemblea”.
7
Cfr. JAEGER P.G., La nuova disciplina della rappresentanza azionaria, in Giur. Comm., 1974,
p. 554.
12
nonché alle aziende ed istituti di credito e la limitazione del numero di
soggetti che potevano essere rappresentati dalla stessa persona, non era
condivisibile. Infatti si rendeva facile l’elusione dei divieti, infatti le
norme in questione potevano al massimo aumentare le spese e il tempo
necessario per programmare operazioni di raccolta di voti ma questi non
potevano essere considerati ostacoli tali da scoraggiare iniziative quali,
ad esempio, l’utilizzo di prestanomi. Jaeger riteneva che le ragioni di
questi divieti erano da ricercarsi nella sfiducia nei confronti delle
capacità dell’azionariato diffuso di prendere decisioni autonome. I
piccoli azionisti venivano considerati poco disposti ad impegnarsi e ad
interessarsi nel prendere iniziative miranti ad evitare l’incetta di voti da
parte dei soci organizzati. L’autore, così, giunge a tale conclusione:
“Non essendo l’azionariato disperso in grado di tutelare i propri interessi,
era opportuno che venisse messo in grado di non farsi del male, come si
tolgono ai bambini dei giocattoli pericolosi”.
8
In conclusione , fondata sull’assunto per cui l’introduzione di vincoli e
divieti alla raccolta delle deleghe avrebbe stroncato gli abusi legati
all’incetta delle procure ed incentivato la partecipazione dei piccoli
azionisti alla vita societaria, la disciplina ha finito con l’ottenere effetti
opposti a quelli voluti, accentuando l’assenteismo degli azionisti di
________________________________________
8
Cfr.. JAEGER P.G, Le deleghe di voto, in AA.V., La riforma delle società quotate,
13
minoranza e rendendo semplicemente più costoso l’aggiramento del
dettato legislativo.
Lo sviluppo del diritto azionario, unitamente alla crescita delle
dimensioni delle società, hanno imposto, nonostante la previsione
legislativa, l’esigenza del ricorso alle deleghe di voto, divenute sempre
più uno strumento essenziale ed insostituibile nella struttura della
società per azioni. Tutto ciò è stato compreso dal legislatore che con il
testo unico cambia l’impostazione normativa sulle deleghe di voto, cioè
si passa da una disciplina dei divieti ad una disciplina dell’esercizio. La
disciplina prevista nel testo unico, ha lo scopo di consentire l’esercizio
consapevole del voto, attraverso il rilascio delle deleghe da parte dei
piccoli azionisti. Questo obiettivo viene raggiunto attraverso un sistema
di informazioni analitiche, di cui sono destinatari direttamente i soci.
Ciò consente che ogni azionista valuti con consapevolezza sia
l’opportunità di esprimere la propria opinione attraverso il voto, sia il
tipo di orientamento da dare al voto voto stesso.
La scelta fatta dal legislatore della tutela del singolo socio attraverso
l’informazione, è frutto della convinzione che il voto è strumento di
gestione della società e deve poter essere esercitato da tutti con
consapevolezza. Resta salva la possibilità del non esercizio, in ogni caso,
____________________________________
Milano,1998, p.85.
14
frutto anch’esso di una scelta effettuata dal socio sulla base delle
informazioni ricevute e non per ignoranza dei fatti.
9
La disciplina delle deleghe di voto, contenuta nella sezione III agli
artt.136-144 del T.U., è caratterizzata da norme generali, il cui contenuto
deve essere integrato da disposizioni regolamentari redatte dalla
CONSOB.
L’art. 137 recita: “ La sollecitazione e la raccolta delle deleghe di voto
sono disciplinate dalle disposizioni della presente sezione in deroga
all’art. 2372 del codice civile”. Quindi l’entrata in vigore del T.U. ha
avuto come prima conseguenza la parziale modifica dell’art. 2372 e
l’introduzione di due nuove figure giuridiche che prima non esistevano
nel nostro ordinamento: la sollecitazione e la raccolta delle deleghe di
voto.
3. I RAPPORTI TRA L’ART. 137 DEL T.U.F. E L’ART.2372 C.C.
L’art. 137 del T.U. individua l’ambito di operatività della nuova
disciplina delle deleghe di voto. La norma, come visto, prevede che la
sollecitazione e la raccolta delle deleghe sono disciplinate dalle norme
contenute nel T.U. in deroga all’art. 2372 c.c., inoltre il legislatore non si
________________________________________
9
CARDARELLI C., Le deleghe di voto, in PATRONI GRIFFI A. – SANDULLI M. SANTORO
V. (a cura di), Intermediari finanziari mercati e società quotate, Torino, 1999, p. 899.
15
è limitato a dettare una disciplina applicabile alle società italiane quotate
in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione europea, ma
è intervenuto sulla disciplina codicistica con una modifica destinata ad
avere riflessi sulla generalità delle società per azioni. In base all’art.210,
1° comma del T.U., infatti “ nell’art. 2372, 4° comma, del codice civile
sono soppresse le parole : né ad aziende ed istituti di credito”, ciò
significa che oggi per gli azionisti di qualsiasi società per azioni sarà
possibile conferire una procura di voto ad una banca, a condizione che si
rispettino i limiti quantitativi e i vincoli formali ancora vigenti.
L’art.137 dispiega la sua efficacia esclusivamente nei confronti delle
società con azioni quotate in borsa, quindi non “abroga” l’art.2372, ma
vi deroga. In altri termini, come ha ben illustrato Sacchi: “chi intenda
raccogliere deleghe di voto deve uniformarsi alla normativa del T.U.
solo qualora intenda superare i divieti soggettivi e le restrizioni
quantitative dettati dall’art. 2372 c.c.”
10
. Quindi il fatto che il legislatore
abbia fatto esplicito riferimento alla sollecitazione e alla raccolta delle
deleghe induce a ritenere che i limiti soggettivi e quantitativi indicati
nell’art. 2372 continuino a trovare applicazione, anche nei confronti
delle società quotate, tutte le volte in cui la delega sia frutto non di
un’iniziativa del committente o di una associazione di azionisti, ma di un
____________________________________
10
SACCHI, Sollecitazione e raccolta delle deleghe, cit., p.386
16
autonoma iniziativa del singolo socio il quale voglia farsi sostituire in
assemblea.
4. I TRATTI FONDAMENTALI DELLA SOLLECITAZIONE E
DELLA RACCOLTA DELLE DELEGHE
Il T.U. contempla due modalità di richiesta di conferimento delle
deleghe di voto attraverso le quali è possibile superare i limiti
quantitativi e soggettivi posti dall’art. 2372 c.c..
La prima di queste viene definita sollecitazione, tale procedura
prevede l’intervento di due distinti soggetti:
1. L’intermediario, ovvero il soggetto che effettua la sollecitazione
per conto del committente (art.136, lett. d);
2. Il committente, vale a dire il soggetto o i soggetti che
congiuntamente promuovono la sollecitazione, richiedendo l’adesione a
specifiche proposte di voto (art.136, lett. c).
Sono committenti, a norma dell’art. 128 quei soci che possiedano
azioni che consentono loro l’esercizio del diritto di voto nell’assemblea
per la quale è richiesta la delega in misura almeno pari all’1% del
capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto e inoltre che
siano iscritti nel libro dei soci da almeno sei mesi per la medesima
____________________________________
17
quantità di azioni. I committenti che abbiano detti requisiti possono
promuovere una sollecitazione di procure ma non realizzarla
direttamente. A tal fine essi devono avvalersi di un intermediario
abilitato, ovvero di imprese di investimento, banche, società di gestione
del risparmio, società di investimento a capitale variabile e società di
capitali aventi per oggetto esclusivo attività di sollecitazione e la
rappresentanza dei soci in assemblea (art.140).
La sollecitazione può essere avviata solo dopo la pubblicazione di un
avviso pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale e la
trasmissione dei documenti di sollecitazione (il prospetto e il modulo di
delega alla CONSOB).
La seconda modalità di richiesta delle deleghe di voto, denominate
raccolta delle deleghe, può essere intrapresa esclusivamente da
associazioni di azionisti composte da almeno cinquanta persone fisiche
ciascuna delle quali sia proprietaria di un quantitativo di azioni non
superiore allo 0,1% del capitale sociale rappresentato da azioni con
diritto di voto. L’associazione di azionisti deve essere costituita con
scrittura privata autenticata e non deve esercitare attività d’impresa,
salvo quella necessaria al raggiungimento dello scopo associativo. A tali
associazioni è consentito effettuare una raccolta delle deleghe, che deve
____________________________________
18
essere indirizzata esclusivamente ai propri associati ( art. 136 lett. e). La
raccolta viene esercitata mediante la diffusione del modulo di delega, ma
non del prospetto. La delega deve essere rilasciata ai legali
rappresentanti dell’associazione che voteranno anche in modo divergente
in conformità delle indicazioni espresse da ciascun associato nel modulo
di delega.
Il dualismo creato nel T.U. risponde a differenti esigenze di tutela: la
raccolta è procedura diretta a tutelare gli interessi dei membri
dell’associazione di azionisti, l’unico soggetto legittimato a
rappresentare gli stessi in assemblea e ad esprimere il voto in nome e per
conto degli associati; la sollecitazione è procedura costituita per tutelare
gli interessi del committenti, il quale rappresenta in assemblea i deleganti
ed esprime il voto in nome loro, ma per conto proprio. Quindi la
sollecitazione è strumento di rafforzamento del potere del committente il
quale socio anch’egli, finisce, grazie alle deleghe, con l’incrementare il
proprio peso nell’assemblea.
11
________________________________________
11
CARDARELLI C. , Le deleghe di voto, cit., p.901.