8
ria e straordinaria. Per questo descriveremo analiticamente e dettagliatamente tutte le voci di
Stato Patrimoniale e Conto Economico che sono peculiari a questa classe d’azienda. Un ar-
gomento di grande interesse, poiché è attraverso la loro comprensione che ci capaciteremo del
perché si parla di conti “truccati” del pallone e del fatto che la cessazione totale dell’attività
per queste aziende è una possibilità più remota rispetto alle comuni imprese, nonostante i loro
conti, negli ultimi anni, costantemente in rosso. Le giustificazioni di queste specificità risie-
dono sia nelle norme della IV° direttiva CEE che nei particolari tipi di operazioni che queste
aziende possono compiere, in virtù della regolamentazione secondaria. Non mancheremo di
fornire utili paragoni di redazione del bilancio intereuropei, così da dare al lettore una mag-
giore ampiezza di vedute. Concluderemo il capitolo riportando alcune definizioni di voci ag-
gregate, preziose per la comprensione di alcuni fenomeni sociali e, quindi, per la quotazione.
In merito compiremo una dettagliata analisi – che solo ora diventa possibile - del rapporto di
cui oggi si discute tanto e che è davvero il cardine della comprensione della crisi odierna delle
società calcistiche, il quoziente lavoro/fatturato.
Il terzo capitolo è l’anello di congiunzione tra la prima e la seconda parte del lavoro. In
esso si porranno in evidenza quali sono i fattori critici di successo per un’azienda calcistica,
cioè quali sono le chiavi manageriali per riuscire ad ottenere un vantaggio competitivo man-
tenibile sulla concorrenza. In altri termini, benché non si presenti alcuna “formula magica”,
quel che si intende fare è presentare una rassegna di quegli stili di conduzione d’impresa che
sistematicamente nel passato hanno portato a performance relative migliori e che, tenendo
conto dei futuri sviluppi del quadro ambientale del settore calcistico, comunque assicureran-
no, anche per gli scenari venturi, strategie e nuove concezioni di mercato vincenti. Si partirà
da concezioni di marketing, con una particolare attenzione per il luogo di produzione e distri-
buzione dello spettacolo calcistico, lo stadio, per arrivare a comprender i modi con cui valo-
rizzarlo, massimizzando le entrate al “botteghino”. Di conseguenza si considereranno poi co-
me dovrebbero essere gestite le relazioni con gli altri attori, in particolare, sponsor, emittenti
televisive e multimediali, per poi arrivare a stilare un modello di amministrazione aziendale
virtuosa, ossia a descrivere il modo col quale si possa, a priori, “allargare la torta”.
Dall’analisi precedente potremo estrapolare le ragioni per le quali si dovrebbe investire in una
società calcistica, e, di qui all’apertura di posizioni azionarie in Borsa, il passo è breve. Per-
tanto passeremo ad elencare i principali fattori di rischio, i quali arricchiscono ecletticamente i
prospetti informativi reperibili per le tre aziende italiane quotate oggetto di studio. Infine ar-
ricchiamo l’analisi di studi trasversali compiuti sul fenomeno della quotazione di borsa (vo-
9
lumi di negoziazione, IPO, ecc.). In questo modo, dal punto di vista qualitativo, avremo otte-
nuto un completo tessuto causale.
Non ci resta dunque che “testare” questa trama di relazioni causa-effetto tramite strumenti
matematici, cosa che avviene, come annunciato, nella seconda parte della tesi.
I capitoli 4 e 5 serviranno da base per comprendere appieno l’analisi svolta.
Nel quarto capitolo verranno enunciate le nozioni dell’analisi dell’associazione, la quale
studia i caratteri di connessione tra le celle di una tabella a doppia entrata. Non verranno illu-
strati tutti i concetti e le dimostrazioni dei fondamenti matematico-statistici, per i quali si ri-
manda ai testi apposti, ma si riprenderanno solamente le nozioni basilari. Così, mentre eloge-
remo le tabelle a doppia entrata per il loro versatile metodo di costruzione, che ben si confacia
allo studio di informazioni qualitative, non tarderemo a presentare pregi e difetti degli indici
di connessione, la definizione formale di curva di distribuzione continua dei rendimenti stima-
ta a partire dagli istogrammi (definiti in uno spazio discreto) e lo stimatore di volatilità di
Yang e Zhang. Quest’ultimo è una stima di circa 5 volte più accurata dello scarto quadratico
medio e, data la sua recente introduzione (2000), esso sarà uno strumento che nel futuro di-
verrà sempre più prezioso per l’esatta determinazione del rischio di portafoglio e per il prez-
zaggio delle opzioni su azioni. Infine richiameremo alcuni indici e test essenziali dell’analisi
di regressione multipla, sulla quale si baserà la costruzione del modello di pricing.
Il quinto capitolo si sofferma sui metodi di ricerca e trattamento dell’informazione che
abbiamo operato. E’ fondamentale comprendere come i dati siano stati catalogati, soprattutto
in presenza di variabili qualitative, perché altrimenti non potremmo cogliere l’essenza ultima
del filone d’indagine. Le informazioni raccolte sono state idealmente suddivise in 4 principali
aggregati: così abbiamo dati sulle gare della prima squadra, le aspettative che il mercato con-
gettura su di esse, gli eventi di calciomercato e gli infortuni dei giocatori titolari. A questi
quattro database, che raccontano un sottoinsieme dell’attività caratteristica, la gestione spor-
tiva, ne abbiamo affiancato un quinto, che comprende le notizie riguardanti la società in senso
lato, con inclusione delle informazioni sportive non incluse nei precedenti cluster.
A partire dal sesto capitolo inizia l’analisi vera e propria. Essa generalmente studia,
database per database, le relazioni che nascono da una connessione logica negli eventi, prima
tramite l’analisi dell’associazione (redazione delle tabelle di frequenze doppie e loro primo
commento) e poi con l’ausilio dei coefficienti di correlazione. Viene comunque sempre riba-
dita la necessità di indagini incrociate e versatili per non ottenere esiti fuorvianti, mantenen-
doci ben lontani da algoritmi inquisitori. In questo modo – grazie anche all’integrazione dello
10
studio della distribuzione dei rendimenti (e quindi della loro dispersione) – completiamo con
metodi statistici il tessuto causale come enunciato nel capitolo terzo.
Tuttavia un buon operatore non deve essere in grado soltanto di legare un certo evento al
segno del rendimento azionario di borsa, prevedendone pressappoco gli effetti, ed essere abile
a scovare nuove relazioni in virtù delle nozioni acquisite ai capitoli precedenti: deve saper an-
che dare il giusto peso alle interpretazioni ed il modo migliore per farlo è stilare un modello di
pricing (capitolo 7°). Tale capitolo è la chiave di volta di tutto lo studio: dopo aver elencato i
motivi che ci hanno spinto a scegliere quel tipo di modello e non un altro, noteremo come i
pesi attribuiti a ciascuna variabile esplicativa integrino e limino l’analisi fatta precedentemen-
te, portando il tessuto causale al più alto livello di esplicitazione. Svolgeremo anche alcuni
test statistici per trarre altri importanti conclusioni, pur ricordando che l’applicazione della re-
gressione multipla vive, nel nostro caso, all’ombra dell’utilitarismo e non della rigorosità dei
metodi statistici.
11
CAPITOLO PRIMO: L’INDUSTRIA DEL CALCIO
1.1 Cenni storici: dalle associazioni alle SpA calcistiche
Il calcio moderno nasce nell’Inghilterra di metà Ottocento, tra gli studenti delle public
school e delle università. Fin dall’età classica si effettuano giochi con la palla, ma è il 23 otto-
bre del 1863 quando viene costituita l’English Football Association e si codificano le regole
per il gioco del tutto simili a quelle attuali. In precedenza, si era costituita la prima società
calcistica del mondo: nel 1855 viene fondato lo Sheffield Club.
Il gioco del calcio si diffonde velocemente in Inghilterra tant’è che nel 1882 si contano già
un migliaio di società, molte delle quali nascono attorno a parrocchie, aziende, scuole ed uni-
versità. In poco tempo il football entra nelle abitudini e nella cultura della gente comune e si
rende necessaria la costruzione di stadi sempre più grandi per contenere il crescente numero
di spettatori.
Le società di calcio in Italia sono nate come club di praticanti di un determinato sport,
spesso per iniziativa di marinai inglesi
1
. La fattispecie giuridica generalmente adottata era
quella della associazione non riconosciuta, regolamentata dagli articoli 36, 37 e 38 del Libro I
del codice civile. Come tale non avevano personalità giuridica e gli associati mediante
l’apporto di beni e contributi costituivano il cosiddetto fondo comune che rappresentava una
garanzia verso i terzi. Infatti l’articolo 38 del codice civile, al 1° comma, afferma che “per le
obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere
i loro diritti sul fondo comune”; il 2° comma dello stesso articolo del codice civile precisa i-
noltre che “delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidamente le perso-
ne che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”. L’associazione non riconosciuta è
dunque la forma giuridica che meglio si adatta come strumento giuridico per lo svolgimento
iniziale dell’attività sportiva; la regolamentazione legislativa ad essa dedicata consente grande
libertà contrattuale agli associati che si trovano a costituire un gruppo di persone riunite per il
raggiungimento di scopi comuni.
Ancora oggi questa forma giuridica è quella scelta dalle numerose società sportive dilet-
tantistiche.
Tuttavia, la tipologia delle associazioni non riconosciute pongono problematiche legate alla
loro amministrazione e alla mancanza di precise forme di controllo della loro gestione.
Nel corso degli anni ’60, in coincidenza dell’accresciuta importanza economica e finan-
ziaria dell’attività calcistica, si palesano le problematiche relative alla amministrazione ed al
1
Non a caso il Genoa fu una delle prime associazioni calcistiche, essendo stata fondata nel 1893, e la prima
squadra a vincere il campionato italiano di serie A (1898).
12
controllo di gestione. In questo periodo si assiste al passaggio dalla figura di associato prati-
cante a quella di atleta professionista che presta la propria opera dietro il pagamento di un
compenso. Alla trasformazione delle associazione di calcio in società osta l’articolo 25 del
C.O.N.I. che affermava che “ le società e le associazioni sportive non devono avere scopo di
lucro”, tuttavia, alcuni sodalizi si costituirono sotto forma di S.p.A., come ad esempio la Cal-
cio Napoli S.p.A. sorta nel 1964, per rispondere in modo più adeguato alle esigenze nate dalle
dimensioni e dai connotati imprenditoriali assunti dall’attività calcistica. Queste S.p.A. di cal-
cio non possono però avere scopo di lucro.
La F.I.G.C. , rendendosi conto dell’importanza che andava ad assumere il settore calcisti-
co, dispone con una delibera del 16 settembre 1966 lo scioglimento dei consigli direttivi delle
associazioni di calcio professionistiche e la nomina dei commissari straordinari che devono
procedere alla liquidazione delle associazioni stesse e alla loro ricostruzione sotto forma di
società per azioni. L’intervento della F.I.G.C. viene aspramente criticato soprattutto dalla giu-
risprudenza: il provvedimento determina una lesione di un diritto soggettivo. Lo scioglimento
di un ente privato non può essere imposto dalla F.I.G.C. , ma è una sanzione del tutto ecce-
zionale che deve trovare necessariamente nella legge la sua specifica determinazione. Al fine
di sanare questo comportamento ritenuto illegittimo sia dalla Suprema Corte, che dal Consi-
glio di Stato vengono adottati due diversi comportamenti:
1. adozione di una delibera di scioglimento delle “vecchie” associazioni e successiva ricostru-
zione delle nuove società su iniziativa dei membri delle liquidate associazioni;
2. adozione di una delibera di trasformazione in società per azioni o a responsabilità limitata
senza un precedente atto di scioglimento delle associazioni.
La personalità giuridica diviene la condizione necessaria per l’iscrizione al campionato
1966/1967.
Oltre all’inadeguatezza delle norme giuridiche vigenti rispetto al grande sviluppo del
“mondo del pallone”, emerge un altro problema nella gestione delle società: il deficit di bilan-
cio. Il bilancio complessivo delle squadre di serie A e B è passato dai 18 miliardi di passivo
nel 1972 a ben 86 miliardi nel 1980. In questo contesto viene varata la legge 23 marzo 1981,
n. 91, che rappresenta il primo tentativo di regolamentazione dello sport professionistico in
Italia. Questa legge è un intervento di vasta portata che disciplina le società sportive profes-
sionistiche, la prestazione di lavoro sportivo e la figura dell’atleta professionista abolendo il
cosiddetto “vincolo sportivo”, secondo il quale la società sportiva era titolare del “diritto di
utilizzazione esclusiva delle prestazioni di ciascun suo giocatore”. La legge 91/1981, così co-
me la riforma federale del 1966, riconosce all’impresa sportiva il lucro oggettivo, cioè la pos-
13
sibilità di creare degli utili, ma ne negano il lucro soggettivo cioè la possibilità di dividerli.
Tale norma ha regolamentato l’attività calcistica per oltre quindici anni. In questo periodo si è
evidenziata la sempre crescente importanza degli aspetti economici ed imprenditoriali che tut-
tavia vengono fortemente penalizzati dal divieto del fine di lucro
2
.
Nel Capo Primo della legge 91/1981 viene introdotta e definita la figura di sportivo pro-
fessionista; l’articolo 2 afferma che “ai fini dell’applicazione della presente legge, sono pro-
fessionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnici-sportivi ed i preparatori atletici, che eser-
citano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipli-
ne regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive na-
zionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive
stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”.
Nel Secondo Capo il legislatore fornisce la definizione delle “società sportive e federazio-
ni sportive nazionali”. Viene ammessa la facoltà per queste società di scegliere la forma giuri-
dica di cui dotarsi: società per azioni o società a responsabilità limitata.
Nel Terzo Capo della legge vengono riportate le disposizioni tributarie riguardanti sia
l’atleta professionista che le società. Nel Quarto ed ultimo Capo vengono riportate le disposi-
zioni transitorie e finali, in cui si assiste all’abolizione del vincolo sportivo di cui si è già detto
in precedenza.
La legge che definisce i limiti tra il mondo dilettantistico e quello professionistico non
ammette ancora per le società sportive la possibilità di perseguire un lucro soggettivo; viene
ribadito al 2° comma dell’articolo 10 che “l’atto costitutivo deve prevedere che gli utili siano
interamente reinvestiti nella società per il perseguimento dell’attività sportiva”.
Per introduzione del fine di lucro tra gli obiettivi statutari delle società calcistiche bisogna at-
tendere il decreto legge del 20 settembre 1996, n. 485.
Frattanto, nel 1994 la F.I.G.C. istituisce una commissione di studi con il compito di varare
un progetto di riforma da presentare in Parlamento incentrato sul riconoscimento della finalità
di lucro soggettivo nelle società di calcio.
Il divieto di questo lucro soggettivo era stato indicato da più parti come il principale moti-
vo del costante e crescente indebitamento delle società di calcio, in quanto manca l’incentivo
ad una gestione che porti a conseguire un risultato d’esercizio positivo. Per i club calcistici
questo fatto segna una vera e propria svolta nella gestione e nell’attività delle società sportive
professionistiche, in quanto i soci possono partecipare alla distribuzione degli utili generati e
2
Non a caso il bilancio viene considerato da molti manager e studiosi del tempo come “mero obbligo di legge”.
Vedi M. Masucci, op. cit.
14
possono così vedere remunerato il rischio d’impresa. Il decreto legge n. 485/1996 sostituisce
l’intero articolo 2 della precedente legge n. 91/1981, quello che ammette il solo lucro oggetti-
vo per le società sportive. L’unica restrizione alla totale distribuzione degli utili inclusa nel
decreto legge del 1996 riguarda una quota, non inferiore al 10%, del risultato d’esercizio che
va devoluto a scuole di formazione sportiva. Da allora le società di calcio sono considerate
società di capitali in tutto e per tutto.
La legge 18 novembre 1996 n°586 ha convertito il D.L. 485/96: viene introdotto l’obbligo
di istituire il Collegio Sindacale (poi recepito dalle norme Figc).
Tuttavia vi è un altro fatto essenziale che occorre in questo periodo e che è determinante
per la nascita delle attuali società calcistiche: la pronuncia del 15 dicembre 1995 della Corte
di Giustizia della Comunità Europea, nota come Sentenza Bosman
3
. Tale sentenza porta:
- 1. alla liberalizzazione dei trasferimenti degli atleti professionisti comunitari tra i paesi della
Comunità Europea abolendo le limitazioni di impiego imposte dalle diverse Federazioni Spor-
tive Nazionali;
- 2. alla soppressione della necessità del versamento dell’indennità di preparazione e promo-
zione al club cedente il giocatore comunitario. Il D.L. 17 maggio 1996 n. 272 ha abolito
l’indennità di promozione informandosi a quanto affermato dalla Corte di Giustizia;
4
- 3. all’adeguamento a uniformi criteri di valutazione e d’ammortamento dei contratti (vedi
capitolo successivo), non senza impatti sul Conto Economico, specie nel breve periodo (vedi
nota precedente).
Rimane soltanto un “premio di addestramento e formazione tecnica” in caso di primo con-
tratto professionistico per un giocatore dilettante.(art 99 Noif
5
). La sua entità si basa su criteri
3
Questi in sintesi i fatti: la Federazione calcistica belga aveva impedito il trasferimento di J.M. Bosman dal Lie-
gi FC al club transalpino del Dunkerque. Il Liegi decise di ridurre lo stipendio al giocatore a un milione di lire al
mese ed egli avversò tale decisione ricorrendo al foro competente di liegi. Ritenne fondate le sue ragioni anche
in merito all’indennità di trasferimento in caso di accordo del giocatore con un altro club. Dopo alterne vicende
la Corte d’Appello di Liegi si rivolse alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee per verificare la compatibi-
lità dei regolamenti calcistici nazionali ed internazionali in materia di indennità di trasferimento con il Trattato
dell’Unione, sia sotto il profilo della normativa antitrust che sotto quello della libera circolazione dei lavoratori.
La Corte di Giustizia ha verificato l’incompatibilità con gli articoli 48,85 e 86 del Trattato. In particolare l’art. 48
“osta ad un’indennità di trasferimento, formazione e promozione; osta al limite di schierare un certo numero di
giocatori stranieri in campo (principio della libera circolazione dei cittadini comunitari); non può essere fatto va-
lere con riguardo a situazioni giuridiche già definite, mentre va fatta eccezione per coloro che, prima del
15/12/1995 abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi equivalenti”.
Il 22 dicembre 1998 la Federazione belga riconoscerà a Bosman un risarcimento di circa 770 milioni di lire.
4
Principale obiettivo di questo decreto era “diluire” su tre esercizi le minusvalenze derivanti dall’azzeramento
degli indennizzi. Le minusvalenze derivavano dalla prassi di molte società di calcolare – secondo tre metodi che
qui non esamineremo- l’ammortamento dei diritti alle prestazioni calcistiche con una base al netto della futura
indennità che si andrà ad incassare in caso di dismissione del giocatore.
15
oggettivi, stabiliti dalla Figc, ossia su un parametro base, rappresentato dal compenso globale
annuo minimo previsto dall’accordo collettivo tra le Leghe e le Associazioni di Categoria
6
,
moltiplicato per un coefficiente estrapolabile da una tabella che discrimina in base ad età ana-
grafica e serie di destinazione (A, B o C). Il premio è ovviamente tanto maggiore quanto più
giovane è il giocatore e tanto più la Serie di “approdo” è elevata. E’ previsto un caso di mag-
giorazione del totale per i giocatori under 21. I pagamenti avvengono per tramite della Lega
c/Trasferimenti. Si ricorda che inoltre non è obbligatorio alcun indennizzo in caso di trasferi-
mento di giocatore extracomunitario se il suo contratto di lavoro è giunto a scadenza.
Dunque la Sentenza Bosman ha avuto riflessi economici e gestionali: oltre a quelli enun-
ciati, si assiste a un rafforzamento dei vivai come unica contromisura allo strapotere negoziale
dei giocatori migliori (come risorsa indispensabile per la Nazionale) e soprattutto come im-
portante elemento per contenere i costi per l’acquisto di calciatori. Sul profilo “emotivo” si
ha la definitiva ablazione dell’immagine della rosa della prima squadra come rappresentativa
dei migliori giovani del luogo o della città (progressivo sradicamento dal territorio dei club).
Con tale sentenza si conclude l’evoluzione giuridica delle società calcistiche in Italia
7
- i
profili tributari esulano dagli scopi del presente lavoro.
5
Rilevante il comma 2:”L'importo relativo al premio di addestramento e formazione tecnica non deve essere su-
periore a quello di cui alla tabella B e può essere ridotto con accordo scritto tra le due società”; lo stesso deve
essere inviato per conoscenza all’Ufficio del Lavoro della F.I.G.C. entro novanta giorni dalla sottoscrizione.
6
Esistono associazioni di categoria per i calciatori professionisti (Associazione Italiana Calciatori), per gli alle-
natori, per i preparatori atletici, per i medici sportivi, ecc.
7
Si discute ancora sulla necessità di intervenire sulla sentenza Bosman; la proposta Veltroni -per il momento la
più accreditata, consta nel porre un tetto di 5 giocatori stranieri in campo per le partite della prima squadra.
Un’altra propone un numero minimo di 10 giocatori nazionali nella rosa della prima squadra. Attualmente
l’unico passo fatto è stato il blocco, molto discusso, imposto dal presidente Carraro nel luglio scorso, all’acquisto
di giocatori extracomunitari.
16
1.2 La dimensione sociale del calcio
Che il calcio sia lo sport “nazionale” italiano è noto, ma lo è meno il fatto che sia anche lo
sport più praticato, sia a livello professionistico che amatoriale, e quello mediamente più se-
guito
8
dagli italiani, nonchè la quindicesima industria del paese
9
, superiore a quella alimenta-
re
10
. L’Italia è una delle nazioni dalla più affermata tradizione calcistica; è l’unica in Europa
ad avere ben tre quotidiani sportivi; è ancora tra le prime come numero di presenti medio allo
stadio.
Questo non è un fenomeno circoscritto al nostro paese: il calcio è lo sport più diffuso e
praticato al mondo secondo quanto emerge da un’indagine della Fédération Internationale des
Associations de Football (F.I.F.A.)
11
.
I dati statistici relativi al fenomeno calcistico evidenziano che nel mondo esistono oltre un
milione e mezzo di squadre di football e più di 300mila club, in generale, tra professionisti,
giovani, dilettanti e calciatori occasionali, 242 milioni di persone che giocano a calcio.
Oltre alla grandissima importanza del calcio come fenomeno sportivo negli ultimi anni si
è assistito ad una crescente importanza dello stesso come fenomeno economico.
Le società di calcio professionistiche hanno visto le poste, positive e negative, del proprio
bilancio crescere costantemente e velocemente, molte società di calcio hanno quotato le pro-
prie azioni in borsa altre hanno messo le basi per una futura quotazione.
La crescente importanza del calcio come fenomeno economico emerge anche dal fatto che
importanti quotidiani e periodici economici, come Il Sole 24 Ore e Bloomberg Investimenti,
dedicano quasi ogni giorno degli articoli alle società di calcio, e dalla nascita di periodici di
economia dello sport, come Il Sole 24 Ore Sport e Sportbiz. Dai conti economici aggregati
della Lega Nazionale Professionisti (serie A, B, C1 e C2) emergono, per l’esercizio 2001-
2002, ricavi per ben 1150676000 € ,con un incremento in quattro anni del 77 %.
12
Il successo sportivo per le società di calcio professionistiche non è più il fine della loro at-
tività ma costituisce un mezzo per ottenere dei successi da un punto di vista economico e fi-
nanziario.
8
25 milioni sono gli italiani che seguono le vicende calcistiche e 18 quelli che lo guardano regolarmente in tele-
visione. Da un’indagine di M.Brunelli-M.Spinedi, Sport ed economia in Italia,Un’analisi macroeconomia, in
L’industria, n.3,2001
9
Classifica Mediobanca 1997 riferendosi al volume d’affari.
10
Negli USA lo sport è al decimo posto. Vedi Basile-Brunelli-Cazzuolo, 1997.
11
FIFA,Big count, Summer 2000.
12
Rapporto Deloitte & Touche sul calcio 2000-2001, del giugno 2002.
17
Non solo fenomeno sportivo dunque, ma anche (e spesso prepotentemente) economico,
sociale e culturale: nascono corsi universitari ad hoc, cresce il valore dei contratti di sponso-
rizzazione, licensing e franchising e fino allo scorso anno anche quello dell’esclusiva delle
trasmissioni radiotelevisive, in chiaro o in criptato. Il calcio dei grandi e medi club si è quindi
allontanato molto più velocemente di altri sport, (si pensi ad esempio al tiro con l’arco), da
quelle che erano le finalità di utilità sociale originarie, comportando un mutamento della strut-
tura giuridica (come vedremo) da quella di associazione calcistica senza scopo di lucro (il co-
siddetto “calcio dei sentimenti”) a quella di società per azioni e dello stile di direzione da pa-
ternalistico/patrocinante a manageriale e altamente professionale.
18
1.3 Il prodotto “calcio”
Che tipo di industria si appresta a diventare (o, come altri sostengono, si appresta a rico-
noscersi come tale) il calcio italiano? Sicuramente è un’industria diversa da tutte le altre, per
il semplice fatto che è assolutamente peculiare il prodotto che essa è in grado di offrire sul
mercato. Anzi, sui mercati, visto che la prima caratteristica che rende un’azienda calcistica
un’azienda assai complessa è la pluralità dei suoi mercati di riferimento. Questi spaziano dagli
spettatori sugli spalti, davanti alla televisione, al computer collegato in rete o al telefonino ai
lettori delle riviste sociali, dei quotidiani specializzati o dei comuni trafiletti sportivi; dalle a-
ziende sponsor a quelle connesse col merchadising dei gadgets della squadra, a quelle che le-
gano parte dei propri ricavi al marchio societario; dalla comunità locale alle altre aziende cal-
cistiche concorrenti –un campionato è davvero bello e profittevole se anche gli avversari sono
“in forma”- ; dalle emittenti radiotelevisive alle istituzioni sportive (Lega, Coni, Federcalcio),
a quelle fiscali e governative.
Il prodotto di questa azienda è, per sua definizione, intangibile e soggettivo, il che gli con-
ferisce un elevatissimo grado di unicità. Tuttavia è possibile isolare alcune caratteristiche del
prodotto-calcio:
9 La passione e il senso di appartenenza, che non ha eguali nelle altre industrie, (“at-
taccamento alla bandiera”), ovvero il consenso diffuso che si esprime nella con-
vinzione di giocare per il successo. Questo spiega perché enti che sono stati stori-
camente caratterizzati da performance economico-finanziarie piuttosto deludenti
siano sopravvissuti senza venire dilaniati da lotte intestine tra stakeholders e ab-
biano trovato sempre qualche “patron” (presidente, soci, industriali, comunità lo-
cale, dirigenti e dipendenti, organi di governo inferiori, ecc.) disposto a garantirne
la sopravvivenza anche contro le più elementari norme di mercato (con le cautele
del caso – vedi Fiorentina e Cecchi Gori).
9 La connotazione sociale che può assumere il consumo, nonché il radicamento ter-
ritoriale. Ciò comporta possibilità di contributi fiscali (es: incentivi per le categorie
di biglietti più popolari) e di ottenere benefici gratuiti (es: testimonial e campagne
pubblicitarie a favore di una squadra) e politiche di marketing che tendano, per
quanto possibile, alla stabilità dei prezzi di vendita, in concomitanza però con una
certa rigidità della domanda.
13
13
Una corrente di pensiero sostiene che il calcio sia un bene meritorio, cioè ritenuto dalla collettività partico-
larmente desiderabile, e pertanto è giustificato l’intervento statale, in quanto l’attività sportiva (praticata e non)
19
9 La caratteristica di produzione congiunta e l’atipicità dei meccanismi concorren-
ziali fanno sì che le società di calcio competano per “vincere la partita di pallone”
e che l’operare in un regime di monopolio – qui si noti il termine ha una caratteriz-
zazione differente dal significato di essere l’ “unico sulla piazza” – non garantisca
i risultati migliori. Come già accennato, tra queste società non esiste possibilità di
sostituzione, ma di inevitabile complementarietà. Il primo competitore per un club
calcistico è quello che si affronta nelle competizioni e/o con cui ci si confronta di-
rettamente per un obiettivo calcistico prestigioso. All’interno della competizione
calcistica la concorrenza è molto forte, ma è anche molto segmentata in settori vi-
sto che per i vari obiettivi di classifica competono solo pochi club
14
. Da notare al-
cuni casi di concorrenza diretta molto forte, tra club calcistici rappresentanti della
medesima area territoriale (Lazio e Roma, appunto).
9 Un’altra peculiarità delle società calcistiche rispetto ad altre imprese riguarda
l’oggetto della competizione. Per esse si osserva una forte competizione non tanto
nei confronti di quelli che forniscono il materiale tecnico (divise, palloni, scarpe,
abbigliamento sportivo e di rappresentanza…), ma verso altri club che dispongono
del giocatore per cui si scatena una vera e propria asta. La società che detiene il
campione del momento, l’oggetto del competere, acquista un forte potere contrat-
tuale e può fissare il prezzo che ritiene il più redditizio. In ogni fase di calcio mer-
cato si osserva come arrivino offerte sempre crescenti per quei giocatori per le loro
prestazioni calcistiche sono i più contesi (concorrenza sui fattori produttivi)
15
. Al-
cune tabelle saranno di esempio: nella prima si prende in considerazione il solo
monte salari lordo corrisposto annualmente ai giocatori di prima squadra :
produce impatti postivi sul benessere psico-fisico degli individui (esternalità positive), eccetto fenomeni devianti
quali delinquenza e vandalismo (esternalità negative).
14
La tradizionale partizione della Serie A distingue un primo gruppo, quello dei grandi club che rivaleggiano per
lo scudetto e un buon piazzamento in Champions League (del quale fanno parte le nostre quotate, Roma, Juven-
tus e Lazio); un secondo gruppo che lotta per una buona posizione in classifica, oltre alla qualificazione in Cop-
pa UEFA e torneo Intertoto; un terzo gruppo –storicamente dato da neopromosse, piccoli club, e le cd. Squadre
ascensore (che cambiano frequentemente la Serie di appartenenza)- che aspira alla sola “salvezza”.
15
Benché i calciatori –o meglio, i diritti all’uso delle loro prestazioni- siano iscritti in bilancio come Immobiliz-
zazioni Immateriali, da un punto di vista aziendale la rosa della Prima Squadra deve considerarsi come comples-
so di fattori produttivi dello spettacolo calcistico.
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Tabella 1.1: Giocatori per fascia retributiva 2002 (numero e in %)
Stipendio (mila euro) Serie A Serie B
0 - 100 168 28,4% 209 38,8%
100 - 250 60 10,1% 192 35,6%
250 - 500 121 20,4% 98 18,2%
500 - 1.000 100 16,9% 36 6,7%
oltre 1.000 143 24,2% 4 0,7%
Fonte: La Repubblica 2 novembre 2002
Negli ultimi anni si è assistito ad una crescente “polarizzazione” degli stipendi: au-
menta il numero di calciatori sotto la fascia di 100mila Euro , così come il numero di
quelli sopra i 1000. Questo evidenzia il fatto che i club vogliono dotarsi di alcuni fuo-
riclasse come titolari fissi (generalmente più produttivi, in termini di goal e immagine,
della classica “formazione compatta”), risparmiando sulla panchina e su ruoli ormai
divenuti di secondo piano (es: i mediani), magari attingendo al vivaio.
Tabella 1.2: Fasce reddituali dei calciatori di Serie A
Stipendio
(mila euro)
30/06/1998 30/06/1999 30/06/2000 30/06/2001 30/06/2002
0 -103 20,0% 25,0% 28,4% 32,2% 32,2%
104 - 258 20,2% 14,6% 10,1% 8,8% 8,8%
259 - 516 24,4% 23,4% 20,4% 15,5% 12,6%
517 - 1.033 19,5% 17,0% 16,9% 16,7% 16,9%
oltre 1.033 15,9% 20,0% 24,2% 26,8% 29,9%
Totale 100% 100% 100% 100% 100%
Fonte: Il Mondo 02/08/2002
Un’altra tabella illustra come storicamente sia sempre stata molto accesa la sfida per i
“calciatori del momento” e come sia praticamente esplosa negli ultimi 3-4 anni:
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Tabella 1.3: I 30 giocatori più costosi della storia del calcio
Anno Giocatore Venditore Acquirente
mln
di
euro
mld di
Lire
1 2001 Zidane Juventus Real Madrid 77 150
2 2000 Figo Barcellona Real Madrid 72 140
3 2000 Crespo Parma Lazio 57 110
4 2001 Buffon Parma Juventus 54 105
5 2002 Rio Ferdinand Leeds
Manchester
Utd
47 91
6 1999 Vieri Lazio Inter 46 90
7 2001 Rui Costa Fiorentina Milan 46 90
8 2002 Ronaldo Inter Real Madrid 45 87
9 2001 Thuram Parma Juventus 44 85
10 2002 Crespo * Lazio Inter 42 81
11 1999 Anelka Arsenal Real Madrid 41 80
12 2000 Lopez Valencia Lazio 36 70
13 1997 Denilson San Paolo Betis 34 65
14 1999 Amoroso Udinese Parma 34 65
15 1997 Rivaldo Deportivo Barcellona 33 63
16 2002 Nesta Lazio Milan 32 62
17 1999 Veron Parma Lazio 31 60
18 2000 Milosevic Saragozza Parma 31 60
19 2000 Overmars Arsenal Barcellona 28 55
20 1998 Vieri
Atletico
Madrid
Lazio 28 55
21 1997 Ronaldo Barcellona Inter 28 55
22 1999 Shevchenko
Dinamo
Kiev
Milan 28 54
23 1999 Montella Sampdoria Roma 26 50
24 2002 Di Vaio * Parma Juventus 25 48
25 1996 Shearer Blackburn Newcastle 25 48
26 2001 Inzaghi Juventus Milan 24 47
27 2000 Batistuta Fiorentina Roma 23 45
28 1996 Vieri Juventus
Atletico
Madrid
23 45
29 1996 Ronaldo Psv Barcellona 21 40
30 2002 Corradi Inter Lazio 20 39
*Fonte: Calcioinborsa.com
Fonte: www.datasport.it
9 Puntualizziamo inoltre che nel caso del bene oggetto dei nostri studi, bisogna conside-
rare che il consumatore tipo di questo bene è lo spettatore (tifoso di una squadra) che
ha a sua disposizione la possibilità di guardare l’incontro desiderato in televisione op-
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pure direttamente allo stadio. Inoltre dobbiamo fare un'altra considerazione: la quantità
di partite che una squadra gioca in una stagione è data. Questo significa che i consu-
matori possono avere il bene desiderato solo un certo numero di volte. Nel caso del
bene spettacolo calcistico esiste, quindi, un limite superiore per la quantità del bene
domandato ed offerto. Ciò che permette di giocare un numero maggiore di volte sono i
risultati sportivi che vengono via via conseguiti dalla squadra. Infatti, tanto migliori
sono i risultati conseguiti da una squadra sul campo, tanto maggiore sarà il numero di
consumatori che desiderano assistere ai suoi incontri e maggiore sarà il numero di par-
tite che una società calcistica potrà offrire ai suoi tifosi. L’elemento derivante dalla
componente del gioco è, quindi, influente sia sul lato della domanda sia su quello
dell’offerta. In merito le società calcistiche competono su due mercati: quello dei tifo-
si-clienti e dei calciatori.
9 Il calcio è portatore di una miriade di messaggi sociali
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e in realtà ogni partita di
calcio costituisce un evento simbolico.
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La nascita di centri e accademie calcistiche (Intercampus, il progetto “Insieme US Lecce…diamo un calcio
all’emarginazione” in Albania e l’accademia Ajax) non si qualificano solo come centri di formazione tecnica,
ma sovente si fanno cariche di iniziative di volontariato volte a combattere episodi di disagio sociale, a promuo-
vere infanzie quanto più serene possibili – condizione necessaria per una crescita equilibrata-, a gestire in manie-
ra ottimale il tempo dedicato allo sport con quello dedicato agli studi. Talora si esula completamente da scopi di
talent scouting, nelle parole dell’allenatore del Lecce, A.Cavasin, “probabilmente nessuno dei ragazzi che rac-
coglieremo in questi centri diventerà un calciatore professionista.[…]E’ un altro l’obiettivo:aiutarli a diventare
uomini”.
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Il prodotto calcio si fa quindi co-portatore di trasversali valori immateriali (solidarietà, senso di appartenenza,
fedeltà ad una bandiera..) e su questo dovrebbero far leva le politiche di marketing. A ciò si aggiunge il fatto che
una domenica allo stadio si dovrebbe tradurre non solo come mera visione di uno spettacolo sportivo, - secondo
le più moderne linee di marketing strategico- , ma come fruizione di un servizio di entertainment che duri molte
ore e che sia ontologicamente variegato. Non solo “gara”, bensì “spettacolo” sportivo dunque.