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Il programma per il controllo della popolazione ha, dunque, bisogno di essere riorientato
facendo leva sulla qualità dei servizi sanitari e della riproduzione, come è stato
raccomandato dalla Conferenza sulla popolazione svoltasi al Cairo nel 1994.
In questo mio lavoro ho cercato, attraverso un’ampia raccolta di informazioni statistiche e
bibliografiche, di descrivere quella che è la situazione demografica indiana per poi
incentrarmi maggiormente sugli aspetti concernenti la salute sessuale e riproduttiva e le
strategie di diffusione dell’informazione.
Nel paragrafo 2, “Dinamica della popolazione”, oltre a gettare anche un rapidissimo
sguardo sulla situazione socio-economica del paese, ho detto di come la popolazione
indiana, nonostante il recente lieve declino della fertilità, sia in continua crescita e delle
relazioni tra questo fatto e la tenera età al matrimonio delle donne, la loro subordinazione
agli uomini e la mancanza di istruzione femminile (la situazione sociale delle donne e il
ruolo marginale da esse ricoperto all’interno della società indiana, vista l’implicazione con i
temi demografici, sarà un leitmotiv costante di tutto il lavoro).
Nel terzo paragrafo ho analizzato le recenti tendenze demografiche (tasso di fecondità
totale in lieve ma continua diminuzione, tasso di mortalità in declino e persistente crescita
demografica) e la struttura per età della popolazione attraverso l’elaborazione degli
indicatori di struttura per età e l’evidenza grafica fornita dalle piramidi per età.
Nel quarto paragrafo, intitolato “Family planning e salute sessuale e riproduttiva”, ho
descritto i programmi ufficiali di family planning, contenuti all’interno di piani quinquennali,
dal 1952 (anno del primo programma ufficiale di family planning della storia indiana, che è
stato anche il primo della storia del mondo in un paese in via di sviluppo) ai giorni nostri,
prestando particolare attenzione agli aspetti riguardanti la salute sessuale e riproduttiva in
essi contenuti, ai cambiamenti che si sono verificati e alle ragioni che hanno portato al
fallimento di questi piani.
Nel quinto paragrafo ho analizzato la variazione della fecondità nel tempo nelle diverse
regioni della federazione indiana, in particolare negli anni che vanno dal 1961 al 1991, e la
mancanza di una diffusione geografica della transizione: come vedremo in India vi è una
forma di diffusione che non è né geografica né, pur essendo verticale, sociale; questa
forma di diffusione è stata denominata “top-down” (Srinivasan, 1995).
Nel sesto paragrafo ho descritto il recente approccio “target-free” al family planning
program (denominato, forse più appropriatamente, “self-determining strategy for work” in
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Maharashtra), gli ostacoli alla sua instaurazione e la conseguente decentralizzazione della
pianificazione e delle responsabilità.
Oggetto di osservazione del settimo paragrafo è il Reproductive and Child Health Program,
un programma lanciato dal governo nell’ottobre del 1997 che si indirizza verso la qualità
delle cure e la scelta informata arrivando addirittura a prevedere un forum per il dialogo
politico e per le revisioni periodiche del programma.
Il paragrafo 8 tratta brevemente dei modelli forniti dalle organizzazioni non governative
per quanto concerne la fornitura di vasti servizi di salute riproduttiva in termini di
attenzione ai servizi clinici di consulenza, alla promozione della salute, all’estensione dei
servizi a nubili, celibi, adolescenti e donne che hanno superato la menopausa.
Il nono paragrafo, parte di fondamentale importanza del lavoro, si incentra sulla diffusione
dell’informazione e sulla crucialità, a tal proposito, di un approccio basato sul cliente da
parte degli erogatori di servizi e sugli ostacoli strutturali e culturali che impediscono o,
quantomeno, limitano questa diffusione.
Il decimo paragrafo tratta, prestando particolare attenzione ad un metodo “radicale” quale
la sterilizzazione, della diffusione dei diversi metodi contraccettivi all’interno della
federazione indiana, diffusione che varia a seconda dell’area geografica, della religione
professata, del livello di istruzione raggiunto e dell’età degli individui.
Nell’undicesimo paragrafo ho descritto la particolare situazione riguardante i giovani: la
loro scarsa e spesso errata conoscenza per quanto riguarda i temi concernenti la salute
sessuale e riproduttiva, l’insufficiente attenzione loro prestata dal Family Welfare
Programme nell’erogazione dei suoi servizi e le possibili strategie migliorative.
A conclusione del lavoro ho posto un’appendice in cui sono descritte le attività svolte in
India dal Population Council e dall’UNFPA.
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2. DINAMICA DELLA POPOLAZIONE
Il matrimonio in tenera età è profondamente radicato nella cultura indiana al punto che,
nonostante nel 1978 sia stata introdotta per legge l’età minima legale e la si sia fissata ai
18 anni, è stato dimostrato che almeno il 50% dei matrimoni successivi al 1978 sono stati
contratti da donne di età inferiore alla minima richiesta, conseguentemente un numero
altissimo di donne diventa madre prima dei 20 anni.
E’ necessario insistere sulla necessità di allungare i tempi fra una nascita e l’altra, tra il
matrimonio e la nascita del primo figlio e ritardare l’età al matrimonio
L’unico strumento per poter cambiare questa situazione è, come ha detto Sangma,
l’istruzione: in particolare quella delle donne delle zone rurali; infatti, secondo un’inchiesta
nazionale sulla sanità, una donna che ha frequentato almeno la scuola media ha,
mediamente, due figli in meno di una donna analfabeta.
Tab.1 - Indici di fecondità relativi a donne sposate in possesso di diploma di scuola media
superiore in India, 1990-1992
STATO
Tasso di fecondità totale relativo a
donne sposate in possesso di
diploma di scuola media superiore
Percentuale di donne sposate in
possesso di diploma di scuola media
superiore che fa uso di metodi
anticoncezionali
INDIA 2,15 55
West Bengala 1,50 73
Kerala 1,95 63
Andhra Pradesh 1,84 52
Karnataka 2,00 57
Tamil Nadu 2,04 52
Maharashtra 2,08 45
Bihar 2,58 46
Punjab 2,23 62
Madhya Pradesh 2,47 50
Rajasthan 2,32 47
Uttar Pradesh 2,55 40
Orissa 1,63 49
Fonte: “Conditioning Factors for Fertility Decline in Bengal: History, Language Identity, and Openess to Innovation di Alaka
Malwade Basu e Sajeda Amin, 2000.
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A tale proposito è interessante constatare che, nonostante la costituzione garantisca
un’istruzione obbligatoria e gratuita a tutti i bambini e i ragazzi dai 6 ai 14 anni, circa il
50% della popolazione non sa né leggere né scrivere ma, mentre il tasso di
alfabetizzazione maschile raggiunge un, seppur mediocre, 63,7%, quello di
alfabetizzazione femminile si ferma ad un ancora più scoraggiante 39,4% (dati relativi al
censimento del 1991).
Questa differenza di valori è dovuta, evidentemente, a quello che è il rapporto tra i generi
vigente in India dove, sebbene dal punto di vista legislativo viga la parità tra uomini e
donne (stessi diritti all’istruzione e ad un’eguale retribuzione), la realtà è notevolmente
diversa, difatti, soprattutto a causa di tradizioni religiose, le donne rimangono subordinate
ad un uomo durante tutta la loro esistenza (legge di Manu): prima al padre, poi allo sposo
e, alla morte di questi, al figlio.
I.K.Gujral, Primo Ministro, commemorando l’indipendenza ha detto: “La priorità del mio
governo è di provvedere all’istruzione obbligatoria, in particolare per le donne,
all’eliminazione dell’analfabetismo e alla realizzazione di una società giusta”.
Nonostante tutto ciò, l’India ha fatto numerosi passi in avanti in numerosi settori. Il
censimento del 1993-94, per esempio, segnalava 573.000 scuole elementari e 820.000
scuole medie contro le 209.000 elementari e le 230.000 medie del 1951. La popolazione
scolastica è salita a 167 milioni di studenti, contro i 24 milioni del 1951. Ma, soprattutto, il
tasso di alfabetizzazione è passato dal 18,3% del 1951 al 52,2% attuale. Le campagne di
alfabetizzazione degli adulti si sono estese (dati, questi ultimi, del 1997) a 345 distretti,
mentre in altri 134 sono in corso programmi di consolidamento dei nuovi alfabetizzati.
Una grave piaga è poi quella del lavoro minorile, evidentemente strettamente correlato
alla mancata alfabetizzazione
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(l’India è il paese con il maggior numero assoluto di
bambini tra i 5 ed i 14 anni costretti a lavorare: 45-50 milioni). La principale ragione del
persistere di questo fenomeno consiste nel fatto che le famiglie, che vivono in miseria,
considerino i figli come possibili fonti di guadagno o quantomeno d’ausilio nel lavoro
quotidiano degli adulti.
Krishnan (2001) prende l’istruzione femminile come indicatore dello status della donna
nella società e della prossimità al cambiamento politico-demografico. L’idea razionale che
risiede dietro questo indicatore è che “when the vast majority of women become
educated, the socio-demographic picture of India will change”, cioè che quando la
stragrande maggioranza delle donne sarà istruita, la situazione socio-demografica indiana
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cambierà; Krishnan conclude la sua analisi affermando che la riduzione della mortalità
infantile e l’incremento del reddito sono le chiavi per una maggiore istruzione femminile
(naturalmente è vero anche l’opposto, cioè che la maggiore istruzione femminile porta ad
un minore tasso di mortalità infantile) e dunque per il cambiamento della politica
demografica in India.
L’India è un paese nel quale, come scriveva Alberto Moravia in “Viaggi. Articoli 1930-
1990”, al di là delle bellezze naturali, sono degni di interesse soprattutto gli aspetti umani.
Nonostante la povertà e la miseria (accentuate tra l’altro dalla liberalizzazione dei mercati)
siano, come detto nelle pagine precedenti, molto diffuse, soprattutto nelle remote aree
rurali lontane dal mercato internazionale e nelle megalopoli-baraccopoli (Calcutta ad
esempio ospita quindici milioni di individui, un terzo dei quali vive in strada di espedienti
ed in uno stato estremo di povertà), le differenze tra stato e stato all’ interno della
federazione indiana sono tante e tali che esistono esempi di “isole felici” come lo Stato del
Kerala, in India meridionale: più del 91% della popolazione, dopo una capillare campagna
di alfabetizzazione, sa leggere e scrivere; la mortalità infantile è al 24 per mille (la media
indiana è 80 per mille); la speranza di vita alla nascita è di 72 anni; l’85% della
popolazione ha accesso all’acqua potabile; la criminalità è ridotta; non si sono mai avute
campagne di sterilizzazione; solo il 9% delle ragazze si sposa prima del compimento del
diciottesimo anno di età (Zupi, 2003).
Volendo trattare della realtà indiana
contemporanea, c’è da dire che oggi i resti di
antichissime civiltà convivono con la società
tecnologica dell’informazione e comunicazione
digitale: l’India è, infatti, il primo produttore di
film del mondo e questo è principalmente
merito di Bollywood, l’industria cinematografica di Mumbay (nome che dal 1996 ha
sostituito quello di Bombay): ogni anno vengono prodotte circa 800 pellicole e circa 12
milioni sono ogni giorno gli spettatori.