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promozione dell’integrazione graduale dei Paesi in via di sviluppo (PVS)
nell’economia mondiale, alla lotta contro le disuguaglianze.
Il 75% delle persone classificate come povere vive in aree rurali. La
povertà, dunque, è un fenomeno prevalentemente rurale. L’85% della
popolazione delle aree rurali risulta inoltre essere impegnato in agricoltura
(FAO, 2002a). Il settore agricolo, inoltre, contribuisce alla produzione di una
quota significativa del PIL. Per questi motivi l’agricoltura è il settore
economico determinante per lo sradicamento della povertà e dell’insicurezza
alimentare, e spesso anche il volano per l’intera economia di quei Paesi che
non sono dotati di altre risorse naturali.
La politica di sviluppo dell’UE guarda quindi alla sicurezza alimentare
e allo sviluppo rurale come componenti strettamente interrelate, che peraltro
necessitano di interventi multi-settoriali. Il legame tra commercio e sicurezza
alimentare varia molto a seconda della struttura dell’agricoltura del Paese e dal
numero e dalla tipologia dei prodotti esportati. Molti PVS hanno un’enorme
dipendenza dai proventi derivanti dalle esportazioni di un unico prodotto
agricolo, basti pensare che in molti casi essi rappresentano più della metà del
valore complessivo delle esportazioni. Tale dipendenza è ulteriormente
aggravata dall’incertezza derivante dalla bassa elasticità della domanda di
alimenti e da una ragione di scambio decrescente e molto variabile. Nei Paesi
che non dipendono dall’esportazione di un unico prodotto sembrerebbe che
non si possa fruire dei benefici della liberalizzazione degli scambi senza
incrementare la loro competitività sia a livello nazionale che internazionale
11
attraverso politiche e programmi volti a migliorare la produttività
dell’agricoltura e la qualità dei prodotti.
I rapporti tra commercio, sviluppo e riduzione della povertà e della
fame sono temi per i quali l’Unione ha più volte ribadito la rilevanza,
sottolineando anche la necessità che la maggiore apertura agli scambi da parte
dei PVS non è di per sé sufficiente a combattere la povertà ma deve essere
accompagnata da opportune politiche macroeconomiche, sviluppo del capitale
umano e capacity building, nonché migliore accesso ai mercati sviluppati e
regole commerciali equilibrate per sostenere le riforme interne, soprattutto per
quei prodotti per i quali i PVS hanno un vantaggio comparato come i prodotti
agricoli e ad alta intensità di manodopera (Commissione Europea, 2002a).
Sul fronte dell’accesso ai mercati dei Paesi sviluppati (PS) e delle
regole commerciali, l’azione dell’Unione si articola sia nell’ambito di una fitta
rete di concessioni commerciali unilaterali generalizzate e accordi
preferenziali regionali o con singoli PVS, sia in termini di posizioni negoziali
nell’ambito delle trattative multilaterali in sede di World Trade Organization
(WTO).
Nel primo capitolo della presente trattazione si cerca di definire il
concetto di sicurezza alimentare. Successivamente viene dato un quadro
generale della situazione agricola dei PVS tenendo conto della loro
eterogeneità e delle diverse classificazioni che sono state fatte.
Nel secondo capitolo vengono esaminati i principali negoziati agricoli,
con particolare riguardo all’Accordo sull’Agricoltura e all’applicazione degli
12
impegni da parte dell’UE. Si considera, inoltre, l’atteggiamento dei PVS nei
confronti della liberalizzazione degli scambi.
Infine, nell’ultimo capitolo, relativo ai rapporti tra UE e PVS si
esaminano due aree di intervento dell’UE: “sicurezza alimentare e sviluppo
rurale sostenibile” e “commercio e sviluppo”. Vengono inoltre analizzate le
preferenze commerciali e i “partenariati” con i PVS.
CAPITOLO UNO
LA SICUREZZA
ALIMENTARE
E
I PAESI IN VIA DI SVILUPPO
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1. Un esame del concetto di sicurezza alimentare
La sicurezza alimentare costituisce, tuttora, una delle più grandi sfide
che l’umanità si trova a dover fronteggiare. Occorre, innanzi tutto, chiarire il
concetto di riferimento. Il problema della sicurezza alimentare, infatti, può
essere interpretato secondo due ottiche distinte, seppur complementari:
1. la sicurezza intesa come safety, un concetto più di tipo
qualitativo che costituisce al presente una questione
particolarmente sentita nel mondo sviluppato (si pensi, ad
esempio, ai fenomeni della diossina, della Bce o alla più recente
influenza aviaria);
2. la sicurezza intesa come security, nell’accezione più di carattere
quantitativo, che interessa ancora oggi una vasta quota di
popolazione mondiale concentrata per lo più nell’area del
sottosviluppo (Bernini Carri C., 2002).
È questa seconda accezione che costituisce il riferimento della presente
trattazione.
Il concetto di sicurezza alimentare, si è evoluto nel corso del tempo.
Una delle definizioni oggi condivise è quella adottata dal World Food Summit
(WFS) del 1996 che perviene ad una definizione di sicurezza alimentare che
va oltre la semplice assunzione di una quantità di alimenti necessaria a
garantire la sopravvivenza, ma tiene conto anche della qualità della vita (Sassi
15
M., 2003). In base a tale definizione la sicurezza alimentare “esiste quando
tutte le persone in ogni momento hanno l’accesso sia fisico sia economico ad
una quantità di cibo sufficiente per soddisfare il loro fabbisogno alimentare
per una esistenza produttiva e in salute”. Il concetto viene riferito al livello:
di individui, quando il consumo alimentare è superiore ai bisogni
alimentari individuali espressi in termini di fabbisogno energetico;
di famiglie, qualora un insieme di commodities alternative che una
famiglia può acquisire in una società, usando la sua totalità di
diritti ed opportunità, è superiore ai bisogni in termini di
fabbisogno energetico;
nazionale o regionale, nella situazione in cui vi è un soddisfacente
equilibrio tra domanda ed offerta alimentare ad un prezzo
ragionevole, vale a dire quando sul mercato degli alimenti nel
recente passato non vi sono stati significativi shock, la
disponibilità di cibo è adeguata e la popolazione ha accesso ad
essa;
globale, quando a livello internazionale è prodotto cibo a
sufficienza per sfamare la popolazione mondiale.
La definizione di sicurezza alimentare a livello nazionale introduce
anche i caratteri distintivi del concetto, vale a dire le dimensioni della
disponibilità, dell’accesso e della stabilità che sono tutte e tre influenzate dal
commercio internazionale e dalle sue regole.
16
La disponibilità è raggiunta quando ogni Paese è dotato di sufficienti
quantitativi di cibo sicuro e nutriente. Gli alimenti offerti sul mercato
mondiale rappresentano molto spesso una fonte fondamentale per la sicurezza
alimentare di molti PVS la cui produzione interna è vincolata da fattori di
ordine naturale e non ed implica che essi possano essere importati a condizioni
più vantaggiose rispetto alla loro produzione interna. La disponibilità di
alimenti a livello nazionale viene pertanto a dipendere dalla possibilità del
mercato mondiale non solo di offrire cibo, ma di rendere questo accessibile.
L’accesso implica la disponibilità di adeguare risorse per ottenere
quantitativi appropriati di cibo e dipende dalla capacità di un Paese di generare
valuta estera per pagare le importazioni di alimenti.
La stabilità fa riferimento alla bassa probabilità che nelle annate
agrarie difficili il consumo alimentare sia inferiore al fabbisogno. Il
commercio può avere un ruolo importante in relazione a questo aspetto, infatti,
esso può consentire la riduzione delle fluttuazioni nel consumo e il
contenimento del costo di gestione degli stock.
Queste tre dimensioni sono tra loro interrelate nel senso che devono
essere tutte soddisfatte per raggiungere una situazione di sicurezza alimentare.
Tale osservazione è importante perché le analisi che spesso vengono condotte
classificano i PVS in base alle calorie pro capite o a criteri in cui si coglie
principalmente questo aspetto. Quindi, sulla base delle osservazioni appena
fatte, la sicurezza alimentare a livello nazionale viene a dipendere dalla
produzione interna, dalle importazioni e dall’aiuto alimentare (figura 1).
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FIG. 1 – Struttura concettuale della sicurezza alimentare a livello nazionale
Fonte: Sassi M., 2003
La figura 1 consente di distinguere tra due alternativi approcci per il
raggiungimento della sicurezza alimentare: quello della food self-sufficient e
quello della food self-reliance. Il primo enfatizza l’offerta interna come
principale fonte della sicurezza alimentare e suggerisce di minimizzare la
dipendenza dalle importazioni commerciali. Il secondo, invece, pur
sottolineando la necessità di mantenere un certo livello di produzione interna,
riconosce l’importante ruolo delle importazioni e della capacità di
importazione di un Paese. Sebbene l’approccio food self-reliance non neghi i
rischi derivanti dal commercio internazionale, in termini di incertezza
SICUREZZA
ALIMENTARE
Disponibilità di
alimenti
Importazioni
commerciali
Aiuto
alimentare
Livello
globale
Produzione di
alimenti
Disponibilità
nazionale di
alimenti
Livello
nazionale
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dell’offerta e dei prezzi, esso ne sottolinea le diverse modalità in cui può
contribuire al raggiungimento della sicurezza alimentare. Tra queste si
annoverano l’aumento dell’offerta interna e il contenimento della variabilità di
quella internazionale, la specializzazione internazionale e la migliore
efficienza nell’uso delle risorse.
Un ultimo aspetto da considerare riguarda l’aiuto alimentare che in
molti Paesi contribuisce significativamente a migliorare la sicurezza
alimentare; in particolare si vuole sottolineare il legame tra aiuto alimentare e
politiche commerciali, infatti a livello internazionale tale voce aumenta
quando i prezzi del mercato cadono e decresce al contrarsi dell’offerta e al
migliorare dei prezzi.
Questo fa sì che l’aiuto alimentare, in alcuni casi, sia trattato come
importante strumento di promozione delle esportazioni piuttosto che strumento
di intervento in situazioni di emergenza o per finalità di sviluppo.
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2. Alcuni aspetti dell’agricoltura nei PVS
I PVS costituiscono un gruppo eterogeneo di Paesi a seconda che li si
guardi in termini di reddito prodotto, di composizione e peso dell’agricoltura
sulla produzione del Paese, di posizione netta nel commercio agricolo e di
dipendenza dall’estero per il soddisfacimento dei bisogni alimentari.
La classificazione della Banca Mondiale basata sul reddito nazionale
lordo (RNL) pro capite espresso in dollari prevede quattro categorie: reddito
basso, medio (suddiviso a sua volta in medio-basso e medio-alto) e alto
(tabella 1). I 152 Paesi che compongono le categorie delle economie a basso e
medio reddito sono quelli a cui ci si riferisce come “economie in via di
sviluppo”, sebbene ciò non implichi che i Paesi del gruppo abbiano raggiunto
gli stessi livelli di sviluppo economico e sociale.
Tab. 1 – Classificazione della Banca Mondiale sulla base del reddito (208
Paesi)
Paesi
RNL pro capite
A basso reddito (64 Paesi) Pari o inferiore a 735 $/anno
A redito medio-basso (54 Paesi) Compreso tra 736 e 2.935 $/anno
A reddito medio-alto (34 Paesi) Compreso tra 2.936 e 9.075 $/anno
A reddito alto (56 Paesi) Pari o superiore a 9.076 $/ anno
Fonte: World Bank, 2003
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Nella tabella 2 è riportata la distribuzione dei PVS per aree
geografiche, così come definiti dalla Banca Mondiale.
Tab. 2 – Distribuzione geografica dei PVS
Area geografica Numero di PVS
Asia sud-orientale 24
Asia centrale ed Europa 27
America Latina e Carabi 30
Africa medio-orientale e settentrionale 15
Asia del sud 8
Africa sub-sahariana 48
Fonte: World Bank, 2003
Sulla base della posizione netta nel commercio agricolo e alimentare
calcolata come media del triennio 1995-1997 i PVS si possono distinguere in
importatori o esportatori netti di alimenti, e in importatori o esportatori
agricoli netti. La combinazione delle due classificazioni permette di
distinguere i PVS sulla base della posizione commerciale e del reddito
(tabella 3). Da tale combinazione emerge che 48 Paesi a basso reddito sono
importatori netti di alimenti e 30 sono importatori agricoli netti. Il dato più
interessante, tuttavia, è che dei 43 Paesi esportatori netti di alimenti, 15
appartengono alla categoria dei Paesi a basso reddito, numero che sale a 33 nel
caso dei Paesi esportatori agricoli netti.
21
Tab. 3 – Classificazione dei PVS in base al reddito e alla posizione
commerciale
Numero Paesi a
basso reddito
Numero Paesi a
reddito medio-
basso
Numero Paesi a
reddito medio-
alto
Importatori alimentari
netti
48 35 22
Esportatori alimentari
netti
15 17 11
Importatori agricoli
netti
30 32 23
Esportatori agricoli
netti
33 20 10
Fonte: INEA, 2003
Una ulteriore differenziazione dei PVS è stata realizzata dalle Nazioni
Unite che hanno introdotto la categoria dei Paesi meno sviluppati (LDC). Tra
i PVS, questi Paesi rappresentano il segmento più povero e più debole della
comunità internazionale. Essi si caratterizzano per un alto livello di povertà,
una elevata quota di popolazione rurale, una forte dipendenza dall’agricoltura
in termini di reddito prodotto e di entrate derivanti dalle esportazioni e un
significativo numero di persone denutrite. Molti di questi Paesi detengono
anche un elevato debito estero che condiziona lo sviluppo, la crescita
economica e gli sforzi per migliorare la sicurezza alimentare. Attualmente, la
principale caratteristica della povertà nei LDC è la sua diffusione (307 milioni
di persone che nel periodo 1995-99 vivevano con meno di 1$ al giorno), la
severità con cui colpisce i LDC africani, il fatto che sia in crescita nei LDC e
in regressione negli altri PVS, che sia divergente tra Asia e Africa (in
diminuzione nei primi, in crescita nei secondi) e che sia associata ad una forte
22
dipendenza dalle esportazioni in materia agricola. Rientrano nei LDC 49
Paesi, di cui 34 sono in Africa, 9 in Asia, 1 nei Carabi, 5 nel Pacifico.
Affinché un nuovo Paese sia incluso nella categoria, occorre che siano
rispettati i tre criteri sotto menzionati e che abbia una popolazione non
superiore a 75 milioni di persone. I tre criteri sono:
1) un valore medio triennale del PIL pro capite inferiore o pari a 900
$ (criterio del reddito);
2) un criterio di debolezza delle risorse umane basato su un indice di
qualità della vita che tiene conto dell’alimentazione, della salute,
dell’istruzione e dell’alfabetizzazione;
3) un criterio di vulnerabilità economica basato su indicatori di: (a)
instabilità della produzione agricola; (b) instabilità delle
esportazioni di beni e servizi; (c) limitata importanza economica
di attività non tradizionali; (d) concentrazione delle esportazioni
totali; (e) la ridotta dimensione dell’economia.
Una ulteriore classificazione, effettuata dalla FAO, riguarda i Paesi a
basso reddito con deficit alimentare (Low Income Food Deficit Countries -
LIFDC) e tiene conto della questione della sicurezza alimentare (FAO,
2002b).
Il motivo per cui è stata fatta questa ulteriore classificazione dipende
dalla necessità di creare una sotto-categoria di PVS che fosse a basso reddito
e, inoltre, esposta agli shock esterni a causa della loro condizione di deficit
23
alimentare. In particolare l’inclusione in questa categoria tiene conto di tre
criteri:
a) il primo criterio, di tipo economico, prevede un reddito pro capite
inferiore a 1.445$ all’anno;
b) il secondo criterio è quello relativo al deficit alimentare che, a
partire dal 1995, si è evoluto per tenere conto oltre che del deficit
cerealicolo anche delle crescenti importazioni di altri alimenti;
c) il terzo criterio, introdotto nel 1996 è definito “principio
dell’autoesclusione”, grazie al quale un Paese, che sulla base dei
due criteri precedenti, viene riconosciuto come LIFDC può
chiedere di non essere incluso nella lista.
Sono considerati LIFDC 82 Paesi, dei quali 42 sono in Africa, 24 in
Asia, 7 in America, 6 in Oceania e 3 in Europa.
Il problema della (in)sicurezza alimentare ha numerose sfaccettature.
La sua origine va dall’incapacità di produrre o importare la quantità necessaria
di alimenti, alla loro iniqua distribuzione pur in presenza di disponibilità
alimentare. La logica che prevale è che se un Paese è a basso reddito ed è
anche deficitario di alimenti, esso risulta più esposto a shock interni e
internazionali e quindi a problemi di approvvigionamento alimentare.
L’economia di ogni Paese reagisce in modo diverso alla politica commerciale
che, di conseguenza, può aver notevoli implicazioni sulla sicurezza alimentare.