5
INTRODUZIONE
Non esiste epilogo meno nobile per una norma giuridica che quello di essere
munita di vita esclusivamente all’interno dei confini dell’inchiostro su carta senza, da lì
partendo, diffondersi capillarmente nella realtà. Il diritto e l’apparato ordinamentale
hanno una loro ragion d’essere anzitutto nel momento in cui si dimostrino in grado di
fornire efficaci risposte e strumenti alle esigenze presenti nella comunità di riferimento.
La norma “fallimentare” non è dunque quella che provvede ad un bisogno in maniera
imperfetta, bensì quella incapace di provvedere in concreto, fornendo risposte solamente
in termini astratti.
Il presente elaborato parte dalla necessità di verificare il potenziale applicativo in
termini concreti di uno dei principi cardine dell’ordinamento internazionale: il diritto
all’autodeterminazione dei popoli. Presente nell’articolo 2 della Carta delle Nazioni
Unite e nell’articolo 1 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e del Patto
Internazionale sui Diritti Sociali, Economici e Culturali, esso risulta un diritto
estremamente nebuloso quanto a fattispecie applicative e soggetti beneficiari.
Si è pertanto deciso di mettere alla prova il diritto all’autodeterminazione dei
popoli ponendolo dinanzi ad un caso concreto: quello del popolo curdo e della c.d.
questione curda. I curdi sono un popolo, un gruppo etnico, composto da trenta milioni di
individui, il più grande ad essere privo di uno stato. Ad oggi, sin dal Trattato di Losanna
del 1923, essi sono dislocati principalmente tra Iraq, Iran, Siria e Turchia. In questi Stati
le comunità curde portano avanti la loro lotta per l’autodeterminazione, seppur in forme
diverse, da decenni e decenni, scontrandosi costantemente contro tentativi di genocidio
culturale, pulizia etnica, negazioni di diritti, discriminazione.
L’obiettivo dell’elaborato è dunque di duplice natura: da un lato fornire una
panoramica quanto più organica e metodica possibile circa il diritto
all’autodeterminazione dei popoli, evidenziandone interpretazione ed applicazione fino
ad oggi ma anche sottolineandone profili evolutivi e criticità; dall’altro lato, immergersi
nella storia e nell’identità del popolo curdo, rintracciando le ragioni culturali,
geopolitiche, storiche alla base delle loro rivendicazioni, potendole in tal modo meglio
comprendere ed analizzare. Si tenterà di dare dimensione concreta all’insieme delle
considerazioni di natura teorica cui si è fatto riferimento, inserendole nel contesto di una
situazione concreta per osservare e tracciare delle possibili direttrici, giuridicamente
valide, auspicabilmente in grado di fornire chiavi di lettura e spunti di riflessione.
Nel primo capitolo, pertanto, verrà fornito un ritratto del popolo curdo e della sua
storia. In via preliminare rispetto ai profili storico-politici, verranno riportati alcuni
elementi legati alla geografia, alla cultura, alla storia antica: nozioni apparentemente
trascurabili, ma in realtà non secondarie nel processo di comprensione della forte cifra
identitaria curda. Dopo una panoramica di carattere storico fino ai primi del Novecento,
il comune percorso si diramerà in quattro vie parallele: con lo scioglimento dell’Impero
6
Ottomano e il Trattato di Losanna del 1923, infatti, la popolazione curda viene divisa
arbitrariamente tra Iraq, Iran, Siria e Turchia.
Quasi un secolo dopo, tale divisione non ha cancellato la coscienza identitaria
curda, anche se ha portato le singole comunità a distanziarsi sotto taluni profili culturali
oltre che politici. Si vedrà come, ad esempio, ad oggi solo i curdi iracheni mirino con
decisione all’indipendenza; in Siria e Turchia, invece, il modello perseguito è un
modello rispettivamente federalista e autonomista, imperniato attorno ai principi del
Confederalismo Democratico elaborati da Abdullah Öcalan, storica figura di riferimento
del mondo politico curdo. Anche in Iran, sebbene il movimento sia meno organizzato, la
prospettiva rimane quella autonomista. Queste divergenze politiche sono state sovente
utilizzate dagli stati sovrani per acuire contrasti e scontri interni al mondo curdo,
meccanismo utilizzato plurime volte, anche in antichità rispetto alle varie tribù, al fine
di limitare le potenzialità dello stesso.
Volendo trovare un indubbio punto di convergenza delle quattro vie parallele,
esso risiede nella costante richiesta di esercizio di autodeterminazione e nella
significativa e sistematica discriminazione subita da parte delle autorità governative. Si
passa dal censimento tenutosi in Siria nel 1962 che ha privato di documenti e
cittadinanza centinaia di migliaia di cittadini curdi siriani ai costanti tentativi di
“turchizzazione” dei curdi ad opera del governo turco, all’operazione Anfal in Iraq, da
taluni definita il “genocidio di Anfal”, in cui centinaia di migliaia di curdi persero la
vita anche a ausa dell’uso di armi chimiche, ai divieti sull’uso della lingua curda e della
manifestazione della loro cultura e folklore occorsi in Iran così come, invero, in tutti gli
Stati.
Dopo aver osservato con attenzione l’oggetto fattuale della nostra analisi si
passerà, nel successivo capitolo, alla disamina della normativa generale di riferimento,
in particolare quella in materia di diritto all’autodeterminazione dei popoli. Tale diritto,
come accennato, è inserito al principio delle tre Convenzioni poste alla base del world
order successivo alla Seconda Guerra Mondiale, è considerata norma di jus cogens ed è
pertanto di centrale rilevanza ma allo stesso tempo estremamente nebbiosa e densa di
implicazioni e lacciuoli politici.
L’autodeterminazione, in base alle disposizioni normative, appartiene to all
peoples ed è partibile in due dimensioni: una interna, definibile come il diritto per un
popolo di scegliere liberamente il proprio sistema di governo, ed una esterna,
inquadrabile come il diritto, sempre per il popolo, di scegliere il proprio status
attraverso il quale relazionarsi con la comunità internazionale, raggiungendo la libertà
da ogni forma di dominazione esterna, tipicamente il dominio coloniale.
Una volta tracciato il percorso che ha portato l’autodeterminazione a passare da
principio di natura politica a norma giuridica con l’inserimento nella Carta di San
Francisco, verranno considerate le due dimensioni.
7
Dal punto di vista dell’autodeterminazione esterna, si prenderanno in considerazione le
tre ipotesi che nella storia hanno trovato applicazione pratica oltre che postulazione
teorica: l’autodeterminazione dei popoli soggetti a dominio coloniale,
l’autodeterminaizone dei popoli occupati con la forza e quella dei popoli soggetti ad
apartheid. Dal punto di vista interno, si prenderanno in esame il (discusso) diritto di un
popolo ad una forma di governo democratica e la possibilità di esercizio
dell’autodeterminazione da parte di una minoranza, soffermandosi sul rapporto tra
eventuale autodeterminazione delle minoranze e la disciplina sulla tutela delle
minoranze stesse.
Come si vedrà, varie questioni affioreranno nella trattazione: da un punto di vista
soggettivo, ci si interrogherà sul concetto di popolo che, come visto, è il soggetto
normativamente identificato come beneficiario del diritto. Si osserverà l’impalpabilità
giuridica di tale concetto, tentando di renderlo più “corposo” attraverso alcuni
parametri, per poi argomentare come anche delle minoranze come quella curda possano
essere considerate “popolo”. Registrando poi un forte anacronismo, specie con riguardo
all’autodeterminazione esterna, in termini di prassi normativa, si vaglieranno ulteriori
ipotesi applicative del diritto in esame. In particolare, quella della c.d. secessione
rimedio, una particolare forma di autodeterminazione esterna che si porrebbe come
anello di congiunzione tra le due dimensioni del diritto: essa permetterebbe ad una
minoranza, o comunque ad un gruppo di individui, di esercitare il diritto alla secessione
qualora fosse vittima di gross human rights violations e frustrazione
dell’autodeterminazione interna, come secondo taluni avvenuto nelle ipotesi del Sudan
del Sud e del Kosovo.
Nell’ultimo capitolo, infine, si tenterà, alla luce delle premesse fattuali e di quelle
normative, di individuare delle prospettive di carattere giuridico che possano fungere,
nel medio periodo, da direttrici per la soddisfazione dell’autodeterminazione del popolo
curdo. Si osserverà come il Grande Kurdistan, come quello previsto dal Trattato di
Sèvres e sovente percepito nell’opinione pubblica come unico output possibile della
questione curda, sia in realtà un’utopia anzitutto considerando il volere del popolo.
Verranno pertanto prese in esame le singole comunità separatamente, analizzando in
maggior dettaglio la situazione da un punto di vista di status internazionale, come la
dibattuta statualità della Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno o la peculiare natura
dell’amministrazione autonoma de facto creatasi nel Nord-Est della Siria, anche nota
come Rojava.
8
CAPITOLO I
LA QUESTIONE CURDA: CENNI STORICI E SITUAZIONE ATTUALE
“La storia è un simbolo della resistenza
La storia è una ribellione alla persecuzione
Noi possiamo cambiare la storia
Oppure la storia ci cambia
Noi possiamo riscrivere la storia
Oppure la storia ci può scrivere nel buio
Noi possiamo giudicare la storia
Oppure la storia giudica la falsa gente
E ogni storia è la fine di un dittatore
Ogni canzone è una sintesi della vita
In ogni canzone aumenta la voce della gioia
In ogni canzone aumenta il grido di vittoria
Le canzoni distribuiscono la speranza in ogni luogo
E la storia scorre nei fiumi, nelle canzoni combattenti
Nascono gli eroi impavidi, le eroine impavide
Le leggende nascono con la storia scritta con le lettere d’oro
Le leggende infinite nascono dal buio alla luce
E ogni canzone è il continuo della storia scolpita
E ogni canzone è la storia vissuta”
1
.
1. Resistere è vivere: i curdi e la loro identità – 1.1 Il popolo curdo – 1.2 La terra del
Kurdistan -1.3. Cenni di natura storica – 1.3.1 La conquista araba e Saladino – 1.3.2 Il sistema
feudale e l’età d’oro – 1.3.3 Ottocento, secolo di rivolte – 1.3.4 I Giovani Turchi e la Prima
Guerra Mondiale – 1.3.5 Skyes-Picot, Sèvres e Losanna.
I curdi sono una realtà, un popolo, spesso dimenticato. Ancora più spesso, non
conosciuto. In un mondo, il nostro occidentale, sovente distante dai luoghi di povertà e
tragedia, può essere bene prendersi uno spazio per capire, comprendere. Provare a
comprendere anzitutto, con umiltà, i curdi e il Kurdistan.
1.1 Il popolo curdo
Il popolo curdo ha origini molto antiche e non certe, tanto da sconfinare nella
leggenda. Secondo una tradizione araba, infatti, i curdi sarebbero discendenti dei Ginn
2
,
1
D.AKCALI, Dal buio alla luce resistente, 2001.
2
Si narra nella leggenda che il re Salomone si fece inviare quattrocento vergini che, attraversando il
Kurdistan, caddero nelle mani dei Ginn. I curdi sarebbero nati dall’unione tra questi ultimi e le vergini
inviate a Salomone. Dall’unione tra questi ultimi e le vergini nacquero i curdi. Nel dettaglio, M.
GALLETTI, I curdi nella storia, Chieti, Vecchio Faggio, 1990.
9
spiriti citati nel Corano capaci di avere incidenza sulla vita umana. Dal punto di vista
prettamente storico, invece, non esiste una teoria pacificamente accettata
3
. Certo è che
la zona del Kurdistan è abitata da millenni: in base a ritrovamenti e scavi, è possibile
desumere che i primi insediamenti nella regione risalgano al X millennio a.C. nella zona
dei monti Zagros, che si estende tra Iran ed Iraq
4
. Una prima tesi storica riconduce la
genesi del popolo curdo alle tribù indoeuropee ed in particolare ai Medi
5
. Altri studiosi
ritengono che le regioni montuose dell’Asia Minore siano la culla del popolo curdo, il
quale avrebbe poi subito mutamenti antropologici entrando in contatto con le varie
civiltà succedutesi nel tempo
6
. Le origini di un popolo, specie se alla ricerca di una
propria dimensione statuale, non sono fattore irrilevante: i più convinti nazionalisti
curdi, infatti, accolgono con favore una possibile parentela etnologica e linguistica con
la popolazione dei Medi, la quale conferirebbe loro antiche e nobili origini, piuttosto
che una genesi spuria
7
.
L’habitat curdo è stato, per secoli, quello montuoso. L’etimologia della parola
“curdo” può ricollegarsi ai vocaboli sumeri kur, che significa “montagna”, e ti che,
invece, implica un’idea di appartenenza. Kurti starebbe dunque a significare “popolo
delle montagne”, ed è possibile ritrovare tale definizione in scritture risalenti al V
millennio a.C.
8
Si tratta di un popolo che storicamente è munito di una forte struttura e tradizione
tribale: l’autorità politica e morale è riservata ai capi tribù. Considerato questo tipo di
organizzazione, non è affatto inusuale che differenti tribù perseguano fini ed abbiano
interessi differenti. Se da un lato le stesse hanno sempre costituito nella storia il motore
essenziale di ogni sollevazione popolare curda, sovente i contrasti reciproci e
l’incapacità di visione del bene comune ne hanno anche causato il fallimento.
Altra costante nella storia curda sono le ripetute invasioni e attacchi che le terre da
loro abitate hanno subito dall’esterno
9
: ciò ha sicuramente contribuito alla creazione di
una sentimento popolare, di una percezione diffusa di oppressione e desiderosa di
libertà; d’altra parte, la costante necessità di dover preservare la propria esistenza non ha
favorito uno sviluppo costante e continuativo della cultura e delle arti, che pure sono
fiorite in presenza di contesti storico-politici favorevoli.
3
Fonti certe sul popolo curdo esistono solo a partire dal 637 d.C., con la conquista araba e la seguente
islamizzazione. Sull’incertezza delle origini del popolo curdo Thomas Bois, frate domenicano ed
importante curdologo francese del XX secolo, afferma : “[…] ces recherches anthropologiques sur les
Kurdes sont trop fragmentaires et incertaines, […] il est indispensable d’y joindre l’étude de la langue et
aussi celle de l’histoire.” T. BOIS, The Kurds, Khayats, 1966, p. 21.
4
A. OCALAN, Il PKK e la questione kurda nel XXI secolo, Milano, Edizioni Punto Rosso, 2016.
5
R. LOQMAN, The Legal Status of the Kurdish Regional Government (KRG) in International Law, in
The Journal of Social, Political and Economic Studies, 2014, pp. 397-435.
6
P. MARR, The modern history of Iraq, Routledge, 2011.
7
Si veda: https://www.eastjournal.net/archives/67057.
8
A. ÖCALAN, Oltre lo stato, il potere e la violenza, Milano, Edizioni Punto Rosso, 2016, pp. 301 e ss.
9
Già nel 3000 a. C. circa le tribù curde si trovarono a doversi difendere dal colonialismo sumerico nella
regione. Ivi, p. 105.
10
È complesso fornire dati numerici certi sulla popolazione curda. Sovente gli stati
nei quali sono divisi tendono ad alterare i dati per ragioni politiche
10
. In ogni caso, le
stime più recenti raccontano di un numero compreso tra i 25 e i 30 milioni, con 14
milioni residenti in Turchia, 7 milioni in Iran, 5 milioni in Iraq, 1,1 milioni in Siria, oltre
a circa 1,5 milioni tra Europa, Nord America e Australia
11
. In virtù di questi numeri, i
curdi sono senza dubbio il più grande gruppo etnico-nazionale sprovvisto di uno Stato;
sono inoltre il quarto gruppo etnico-nazionale in Medio Oriente dopo arabi, persiani e
turchi. Questi numeri di rilievo, come si avrà occasione di vedere nel proseguo del
capitolo, sono motivo di preoccupazione per le realtà statali del Medio Oriente e si sono
frequentemente tradotti in aspre politiche repressive.
Per quanto concerne l’aspetto religioso, la maggioranza dei curdi, tra l’80 e il
90%, è musulmana e aderisce al rito sunnita
12
. La religione originaria era quella
zoroastriana, ma si verificherà un processo di islamizzazione a partire dalla conquista
araba del VII secolo d.C. La minoranza sciita è localizzata principalmente nella zona
meridionale del Kurdistan, cioè quella turca. I curdi non sono un popolo particolarmente
religioso
13
, e si rileva come la maggior parte delle loro lotte politiche, così come i partiti
da loro costituiti, siano stati e siano scevri da implicazioni religiose.
La lingua curda viene riconosciuta come lingua a sé stante solo da un paio di
secoli, essendo stata per molto tempo considerata un mero dialetto spurio del persiano.
La prima codificazione dell’idioma risale infatti al XIX secolo, ad opera di Maurizio
Garzoni, il quale ne conferma l’origine persiana ma al contempo ne apprezza l’unicità
che la stessa ha conseguito nel corso dei secoli
14
.
È possibile individuare tre dialetti o gruppi all’interno della lingua curda
15
:
1. Kurmanji: detto anche curdo settentrionale, è diffuso in Turchia,
parte dell’Iran, dell’Iraq ed in Azerbaigian; si stima che l’80% dei curdi parli
questo dialetto;
16
2. Sorani: o curdo centrale, parlato principalmente in Iraq ed Iran
del Nord;
10
Si pensi che in Turchia fino a qualche decennio fa veniva negata la stessa esistenza dell’etnia curda e i
curdi venivano definiti come “turchi di montagna”. Si veda A. OCALAN, op.cit., p. 21.
11
R. LOQMAN, op.cit., p. 33.
12
D. McDOWALL, A modern history of the Kurds, Tauris Academic Studies, 2009.
13
“Quanto a religione non trovasi qui quel fanatimsmo proprio d’alcune città mussulmane dell’interno,
ed anche il culto esteriore non è oggetto di grandi cure”. Tratto da A. DE BIANCHI, Viaggi in Armenia,
Kurdistan e Lazistan, 1863.
14
Il Garzoni afferma: "La bella favella curda trae la sua origine dalla Persiana, che coll’andar del
tempo si è corrotta appropriandosi molte parole Arabe, alterate unitamente ad altre frasi, e parole
Caldee, così che da più secoli se ne formò una lingua distinta affatto dalle altre, e prese un nome
proprio.” Si veda M. GARZONI, Grammatica e vocabolario della lingua curda, 1787.
15
M. GALLETTI, I curdi nella storia, cit., p. 25.
16
Si veda: www.eastjournal.net/archives/67057.
11
3. Pehlewani: o curdo meridionale, formato da tanti dialetti
eterogenei nella parte meridionale del Kurdistan iraniano.
Malgrado le tre tipologie, è riscontrabile una certa stabilità di caratteristiche tra le
stesse. Importanti linguisti del passato hanno mostrato come la lingua curda abbia in
realtà subito alterazioni solo per ciò che concerne l’erosione della forma e la corruzione
della pronuncia, processo peraltro inevitabile in una lingua non cristallizzata da una
letteratura scritta
17
. Tale conclusione non è di poco conto. La lingua, infatti, è uno dei
fattori identificativi di un popolo, non è casuale che gran parte dei tentativi di rimozione
dell’identità culturale curda siano stati portati avanti tramite una guerra alla loro lingua.
La lingua crea cultura, la cultura crea popoli, i popoli chiedono riconoscimento.
1.2 La terra del Kurdistan
Il Kurdistan, letteralmente “terra dei curdi”, occupa una vasta area montuosa di
circa 475 mila kmq
18
. Trattasi di una regione che si estende tra il Mar Nero, le steppe
della Mesopotamia, l’Anti-Tauro e l’altopiano iranico. Non è uno stato autonomo ma
rappresenta una regione geografica prevalentemente abitata da curdi, che si trova ai
margini di quattro mondi culturali: arabo, persiano, turco, russo. Formalmente la zona
del Kurdistan è divisa tra quattro stati sovrani: Turchia (sud-est), Iraq (nord), Iran (nord-
ovest) e Siria (nord-est)
19
. Si sottolinea che i curdi si riferiscono alle varie zone del
Kurdistan come se lo stesso fosse effettivamente uno stato (si dirà pertanto Kurdistan
settentrionale, meridionale, etc.); gli stati, e la comunità internazionale in genere,
appongono l’aggettivo dello stato sovrano nel quale quella porzione di Kurdistan è
collocata (Kurdistan iracheno, turco, etc.). In questa trattazione si farà sovente uso della
seconda nomenclatura, quantomeno per agevolare al lettore l’identificazione dell’area
geografica.
Non è estranea alla storia l’idea di considerare questo territorio in maniera
unitaria: i Luvi, popolo insediatosi nell’Anatolia occidentale circa 3000 anni fa,
chiamavano questa terra gondwana, “terra dei villaggi”. Altra denominazione utilizzata
è komagene
20
, di derivazione greca, che significa “terra delle tribù semi nomadi”. Il
termine Kurdistan invece viene utilizzato per la prima volta nel XII secolo, quando il
principe turco Saandjar crea una provincia che coincide, approssimativamente, con
l’attuale area del Kurdistan situata in Iran
21
. Solo dal XVI secolo questa zona comincia
17
E.B. SOANE, Grammar of the Kurmanji or Kurdish Language, Londra, 1913, p.46.
18
M. GALLETTI, Storia dei curdi, Milano, Jouvence, 2003, p. 15.
19
A. CHIODI, Il problema curdo nei rapporti fra la Turchia e i paesi limitrofi, Studi Diplomatici –
Ministero degli Affari Esteri, Istituto Diplomatico, 1996. Sono presenti comunità curde anche in
Azerbaigian e Armenia.
20
Il Regno di Comma gene, con Samosata come capitale, è esistito tra il 250 a.C. e il 100 d.C. e occupava
parte del sud della Turchia.
21
R. LOQMAN, op.cit, p. 34.
12
a comparire nelle mappe geografiche per indicare proprio il complesso dei feudi curdi e
non più la mera provincia creata dal principe Saandjar
22
.
Si specifica come sia improprio tentare di tracciare precisi confini del Kurdistan.
Non si tratta di uno stato, come detto, né di un’entità meglio definita a livello
internazionale. Inoltre, la sua stessa estensione non è pacifica tra i curdi e tra gli altri
stati. La Turchia nega da sempre la sua esistenza, Iran e Iraq sono riluttanti ad
ammettere che esso si estenda nella maniera indicata dai curdi, la Siria, invece, nega che
il Kurdistan arrivi fin dentro il suo territorio
23
.
Certo è che qualora si trattasse di uno stato compatto a livello politico risulterebbe
senza dubbio il più ricco del Medio Oriente. Si tratta di un’area colma di risorse
naturali, come acqua e petrolio, e potenzialmente capace di totale autosufficienza. Il
clima della regione, inoltre, lo rende ideale per la produzione agricola e l’allevamento,
tant’è che i temi della pastorizia e del nomadismo sono centrali nella letteratura curda
24
,
simbolo di uno stile di vita che si protrae nei millenni
25
.
La zona, come detto, è molto ricca di petrolio, che è chiaramente la risorsa più
rilevante e più sfruttata. Il petrolio viene estratto in tutte e quattro le zone curde di
Turchia, Iran, Iraq e Siria. Il Kurdistan turco, inoltre, è ricco di minerali quali fosfato,
ferro, argento, lignite, dei quali la Turchia è uno dei maggiori produttori mondiali.
L’altra risorsa strategica presente è l’acqua: qui sgorgano infatti il Tigri e l’Eufrate, che
costituiscono le principali risorse idriche di Turchia, Siria ed Iraq.
Nonostante la ricchezza delle risorse naturali e la posizione strategica la situazione
socioeconomica della regione tende a essere quella del sottosviluppo. I confini che
dividono il Kurdistan ne dividono anche l’economia, facendo sì che le pur numerose
risorse locali vengano deviate a favore delle autorità centrali, impoverendo le regioni
curde.
1.3 Cenni di natura storica
Passati in rassegna alcuni riferimenti di carattere geografico e culturale, si ritiene
opportuno fornire una panoramica della storia curda, al fine di meglio comprenderne gli
sviluppi moderni e attuali. Il punto di partenza sarà costituito dal momento in cui
esistono fonti in materia storicamente accertate: la conquista araba del 637 d.C.
22
K. YILDIZ, The Kurds in Syria: The Forgotten People, London, 2005.
23
D. McDOWALL, The Land of the Kurds, The Encyclopaedia of Kurdistan,
www.kurdistanica.com/english/geography/geography-frame.html.
24
M. GALLETTI, I curdi nella storia, cit., pp.30 e ss.
25
Gli stessi viaggiatori europei, a partire dal XIX secolo, hanno contribuito alla creazione di uno
stereotipo che vede il curdo come un individuo, montanaro, tribale e bellicoso. Si veda, a titolo
esemplificativo, H. BINDER, Au Kurdistan, en Mésopotamie et en Perse, Paris 1887, Maison Quantin, p.
453.