In questo modo si finisce per trascurare, però, altre forme di
pubblicità non commerciale fra le quali, in particolare, la c.d.
pubblicità sociale (l’esempio italiano più conosciuto è costituito
dalle campagne di Pubblicità Progresso) volta, sotto forma di
regole di condotta, a creare o ad ampliare un consenso su
tematiche di interesse pubblico e promossa da soggetti pubblici
e privati senza scopo di lucro.
Il fenomeno è, quindi, tale da ricomprendere anche soggetti non
profit e persino la Pubblica Amministrazione per finalità di
interesse collettivo.
Comunemente la pubblicità viene considerata come
presentazione di beni o servizi mediante specifiche forme
espressive con lo scopo di dirigere l’interesse dei consumatori
verso l’acquisto o la fruizione di questi, mentre, in un
significato più tecnico ad uso degli operatori del settore, è
considerata tale solo la comunicazione commerciale, a
pagamento, diffusa attraverso i mass media classici (stampa,
televisione e più recentemente internet).
1.2 Definizioni normative
In Italia la prima definizione normativa del termine “pubblicità”
è contenuta nell’art.2 comma 1 D. Lgs. 25/01/1992 N°74
2
che la
definisce come <Qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso,
in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale,
industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere
la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il
trasferimento di diritti ed obblighi su di essi, oppure la
prestazione di opere o di servizi >.
Questo decreto legislativo rappresenta l’attuazione nel nostro
ordinamento dell’art.2 comma 1 della direttiva 84/450/CEE
3
in
materia di pubblicità ingannevole che a sua volta definisce
“pubblicità” <Qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso
nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale
o professionale, allo scopo di promuovere la fornitura di beni o
servizi, compresi i beni immobili, i diritti e gli obblighi>.
2
In G.U. 13 febbraio 1992, suppl. ord., n.36.
3
In G.U.C.E. 19 settembre 1984, n. L 250.
Prima ancora era stata la legge ordinaria, ed in particolare la
L.06/08/1990 N°223 sulla disciplina del sistema radiotelevisivo
pubblico e privato (la cosiddetta legge Mammì) a fornire
un’articolata disciplina della pubblicità, anche se limitatamente
al settore televisivo e radiofonico, definendo per la prima volta
alcuni principi essenziali sul tema.
La legge Mammì, che pure si ispira alla direttiva 89/522/CEE
riguardante anch’essa il sistema televisivo, non ne riproduce,
però, la definizione di pubblicità che vi veniva intesa come
<Ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro
compenso o pagamento analogo da un’impresa pubblica o
privata nell’ambito di un’attività commerciale, industriale,
artigiana o di una libera professione allo scopo di promuovere la
fornitura, dietro compenso, di beni o di servizi, compresi i beni
immobili, i diritti e le obbligazioni >
4
.
Da notare, in questa definizione, il riferimento, rispetto poi
anche al d. Lgs. 74/92, al fatto che i messaggi debbano essere
diffusi dietro una qualche forma di compenso.
4
Art.1 lett.b) Direttiva 89/522/CEE in Giurisprudenza pubblicitaria, a cura di Ubertazzi,
Luigi Carlo, IPSOA INFORMATICA, Milano, 1989/3.
Ancora più ampio risulta essere il significato dato al termine dal
Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria (CAP) adottato
dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), ente privato
che raccoglie numerose associazioni, organizzazioni ed enti del
settore e che ha affidato ad un apposito Giurì il controllo della
pubblicità diffusa dai propri associati.
Nel CAP la pubblicità è definita come <Ogni comunicazione,
anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o
servizi quali che siano i mezzi utilizzati, nonché le forme di
comunicazione… che sollecitano direttamente o indirettamente
il volontario apporto di contribuzioni in denaro o in prestazioni
di qualsiasi natura, nell’ambito di iniziative finalizzate a
sensibilizzare il pubblico al raggiungimento di obiettivi, anche
specifici, di interesse generale e sociale >
5
.
Da quest’ultima definizione si ricava che il dover essere
considerata pubblicità commerciale anche quella c.d.
“istituzionale” che, pur non avendo come obiettivo diretto
quello della vendita di beni o servizi, persegue in realtà gli stessi
5
< La nozione è stata estesa (dal CAP) fino a ricomprendervi ogni forma di relazione
comunicativa intrattenuta dall’impresa con il mercato >. Meli, Vincenzo, La repressione
della pubblicità ingannevole (Commento al d.lgs.25/01/92 N°74),Giappichelli, Torino,
1994.
scopi indirettamente: l’accreditamento dell’immagine
complessiva di un’azienda agli occhi dei consumatori produce,
infatti, condizioni favorevoli all’accettazione diffusa dei suoi
beni o servizi promuovendone la domanda.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM)
6
,
autorità indipendente con competenze anche in materia di
pubblicità ingannevole, fornisce una sua definizione di
pubblicità considerando tale <Qualunque comunicazione,
purché diffusa nell’esercizio di un’attività commerciale, cui
possa comunque ricondursi una finalità promozionale, anche
quando tale finalità non risulti direttamente perseguita o non
risulti disgiunta da scopi meramente informativi. Inoltre ogni
forma di comunicazione intesa a pubblicizzare la vendita di un
prodotto non direttamente, bensì attraverso operazioni
promozionali organizzate dall’impresa con l’evidente scopo di
indurre i consumatori ad acquistare il bene commercializzato >
7
.
6
Art.10 della legge 10 ottobre 1990, N°287 (c.d. legge antitrust).
7
Definizione proveniente dal sito internet dell’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato www.agcm.it
1.3 Dottrina e significato di pubblicità
In Italia la dottrina ha fornito notevoli spunti per una definizione
del termine in oggetto.
Ad avviso di una parte <Solo da un esame congiunto della
natura ed identità dell’emittente, del contenuto del messaggio e
dello scopo che esso persegue sarà possibile qualificare la
comunicazione nell’ambito della pubblicità commerciale o in
quello della pubblicità non commerciale >
8
e ancora <La
pubblicità commerciale tende a soddisfare esigenze legate a
consumi prevalentemente individuali mentre la pubblicità
sociale si caratterizza per il fatto che il “bene” oggetto del
messaggio, è destinato ad essere “consumato”
collettivamente>
9
.
Come sottolineato da un’autorevole, per quanto risalente,
dottrina
10
, una netta distinzione tra pubblicità informativa e
8
Cafaggi, Fabrizio, a cura di, Voce Pubblicità Commerciale, su Digesto delle discipline
privatistiche,1995.
9
Cafaggi, Fabrizio, Cuffaro, Vincenzo, Di Via, Luciano, Commentario al d.Lgs. 25/01/92
N°74 (Attuazione della Direttiva N°84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole),
in Nuove leggi civili commentate, 1993/II.
10
Vanzetti, Adriano, La repressione della pubblicità menzognera,in Rivista di Diritto
Civile, CEDAM, Padova, 1964/1.
persuasiva è, in concreto, assolutamente impossibile: sia in
rapporto al contenuto del messaggio, che non si esaurisce mai
nell’informazione nuda e semplice comprendendo sempre
elementi di persuasione; sia, soprattutto, in rapporto alla tecnica
di diffusione del messaggio stesso, dove l’elemento persuasione
è sempre presente, con la conseguenza che un messaggio
meramente informativo avrà tanta maggiore probabilità di
essere accolto dai destinatari, quanto più efficace sia la tecnica
(persuasiva) con cui viene diffuso.
La comunicazione pubblicitaria deve, dunque, essere
considerata fondamentalmente nei termini della relazione che
intercorre tra chi comunica il messaggio e chi lo riceve senza
per questo trascurare il mezzo utilizzato per effettuare la
comunicazione stessa (in ciò trovandosi più vicino alla
definizione fornita dal CAP).
Secondo altri <…Perché si abbia pubblicità deve esistere una
comunicazione, comunque effettuata, finalizzata a stimolare la
domanda di beni o servizi….Lo scopo di promuovere la vendita
va desunto dalle caratteristiche obiettive del messaggio stesso
e…in certa misura da quelle del soggetto che lo diffonde >
11
. In
questo caso è considerato prevalente l’elemento finalistico del
messaggio, escludendo così che possa farsi rientrare nella
nozione in oggetto anche la c.d. “propaganda” politica o
religiosa poiché priva (almeno in teoria) del presupposto
dell’esistenza di un mercato sul quale scambiare beni o servizi.
Lo stesso dicasi nel caso della pubblicità c.d. “sociale” avente
caratteristiche prettamente informative. Questo autore, inoltre,
assegna un ruolo rilevante nella definizione della pubblicità alla
provenienza soggettiva del messaggio.
Altri autori, commentando il D.Lgs.74/92, evidenziano come
<…E’ pubblicità la comunicazione d’impresa, diffusa attraverso
qualsiasi mezzo, avente il fine di promuovere la domanda di
beni o servizi >
12
e rilevano <l’essere il messaggio indirizzato al
“pubblico”…essenziale ai fini della individuazione del
fenomeno, costituendo il tratto saliente che distingue la
pubblicità dalla comunicazione che si rivolge a singoli soggetti
11
Meli, Vincenzo, La repressione della pubblicità ingannevole (Commento al d.Lgs.
25/01/92 N°74), Op. Cit, ma anche, nella stessa direzione, Alpa, Guido, Tutela del
consumatore e controlli sull’impresa, Il Mulino, Bologna, 1977.
12
Fusi, Maurizio Testa, Paolina e Cottafavi, Pierluigi, La pubblicità ingannevole
(Commento al d.Lgs. 25/01/92 N°74). In Teoria e pratica del diritto, Giuffrè, Milano,
1993.
in modo diretto e personale >
13
ed infine <…ben potendosi
ritenere pubblicità anche quella divulgata senza alcun
corrispettivo >
14
distinguendosi per quest’ultimo passaggio dalla
maggior parte delle fonti che considerano, invece, l’onerosità ed
il corrispettivo economico fra i requisiti di esistenza della
pubblicità commerciale.
Un riferimento alla funzione “istituzionale” della pubblicità lo si
ritrova in alcuni autori che sottolineano come <Pur nella
indubbia presenza di aree di confine il fenomeno pubblicitario
ricomprende quelle attività volte a promuovere la conoscenza e
l’apprezzamento di una impresa e dei suoi prodotti (o servizi).
Essa si estrinseca non solo attraverso forme verbali (slogan) o
visive (immagini), ma anche attraverso espressioni combinate di
segni, gesti e suoni >
15
.
Seppur con qualche differenza di giudizio fra gli autori citati,
vanno ricompresi nella nozione di pubblicità le comunicazioni
d’impresa che si realizzano per effetto di un rapporto di
13
Fusi, Maurizio Testa, Paolina e Cottafavi, Pierluigi, La pubblicità ingannevole
(Commento al d.Lgs. 25/01/92 N°74). In Teoria e pratica del diritto, Giuffrè, Milano,
1993.
14
Ibidem.
15
Zeno Zencovich, Vincenzo e Assumma, Francesco, Pubblicità e sponsorizzazioni,
CEDAM, Padova, 1991.
sponsorizzazione, nonché quei messaggi che tendono a spingere
il consumatore ad avvicinarsi presso il punto vendita o ad
acquisire ulteriori informazioni sui prodotti o ad acquistare
prodotti diversi da quelli espressamente pubblicizzati
(promozioni) e, pubblicitaria, deve essere certamente
considerata la comunicazione mirante non già a porre in luce i
propri prodotti bensì a screditare quelli concorrenti.
Tali sono le cosiddette “forme pubblicitarie atipiche” quali
quelle pubbliredazionali, ma anche le attività di pubbliche
relazioni <aventi in senso lato lo scopo di favorire l’immagine
dell’impresa ed i suoi rapporti soprattutto con l’ambiente
esterno >
16
.
La materia appare dunque vastissima e non priva di molte
tonalità intermedie visto che <per messaggio pubblicitario passa
la pubblicità a pagamento sulle reti private del candidato
elettorale, passa la pubblicità progresso come etichetta corrente
sui mezzi a stampa, passa il messaggio pubblicitario che non
16
Unnia, Federico, La pubblicità clandestina – il camuffamento della pubblicità nei
contesti informativi, Op. Cit.
avrebbe ragion d’essere se non collegato alla circolazione di
prodotti o alla prestazione di servizi >
17
.
Da quanto detto si può arrivare a concludere che la pubblicità
sia una forma di comunicazione impersonale, non richiesta dai
destinatari, diffusa da determinati soggetti economici, per la
maggior parte imprese, attraverso una gran quantità di mezzi,
che tende in modo intenzionale e sistematico ad influenzare gli
atteggiamenti e le scelte delle persone relativi sia al consumo di
beni e all’utilizzo di servizi, sia alle imprese che li producono, li
commercializzano o li forniscono in cambio di profitto.
17
Rodotà, Stefano, Alcuni spunti per una disciplina della pubblicità commerciale, In La
pubblicità e il sistema dell’informazione,ERI, Torino, 1984.
1.4 La funzione della pubblicità
Funzione centrale della pubblicità appare essere, in sintesi,
quella di stimolare la domanda e il consumo di beni o servizi
influenzando in ogni maniera possibile gli atteggiamenti e i
comportamenti dei consumatori.
Ma mentre <… l’interesse dell’imprenditore è rivolto al più
completo sfruttamento a proprio vantaggio della capacità
persuasiva della rèclame > invece <… l’interesse del
consumatore si realizza nel momento in cui egli compie un
acquisto non viziato da turbative o da imperfetta informazione.
In particolare…(l’interesse del consumatore) contrasta con ogni
espressione di pubblicità ingannevole e con ogni forma di
esasperata tecnica persuasiva che ostacoli la spontaneità delle
scelte >
18
.
Nata con funzioni prettamente informative, aspetto in ogni caso
sempre mantenuto, nell’età moderna, la pubblicità si è
sviluppata accentuando le sue caratteristiche di persuasione e
18
Gatti, Serafino, Voce “pubblicità commerciale” in Enciclopedia del Diritto XXXVII,
Milano, 1988.
ricorrendo sempre più di frequente ad elementi di carattere
emozionale per vincere la normale diffidenza del pubblico e
suscitare comportamenti prestabiliti a vantaggio delle aziende.
Accanto ai mezzi di diffusione tradizionali sono nati nuovi
veicoli pubblicitari quali quelli utilizzati su Internet. Il modo di
fare pubblicità ha trovato nuove strade come il “co-advertising”,
pubblicità congiunta di due o più prodotti appartenenti a società
diverse, la sponsorizzazione
19
, la pubblicità testimoniale
20
e la
pubblicità redazionale effettuata sulla carta stampata in modo da
assomigliare molto, per forma e struttura, agli articoli
giornalistici. Una questione particolare riguarda infine la
modalità di divulgazione del messaggio e cioè <se possa
considerarsi pubblicità solo la comunicazione rivolta al
pubblico dei clienti attuali o potenziali (soggetti esterni alla
19
<Essa consiste in una attività tesa alla diffusione di un determinato “messaggio
commerciale”, il più delle volte un marchio o la denominazione di un prodotto,
attraverso la utilizzazione di un evento o di una serie di eventi di cui è protagonista uno
o più soggetti comunque terzi, rispetto all’impresa cui il messaggio è riferito >, Inzitari,
Bruno, Sponsorizzazione in Contratto e impresa,CEDAM, Padova, 1985/1.
20
<Questo modo di essere del messaggio pubblicitario consiste nel fatto che negli
annunci, spots o filmati pubblicitari intervengono personaggi celebri e di prestigio,
esperti, consumatori o organizzazioni che esprimono la loro opinione in relazione al
prodotto o ai servizi reclamizzati o sopra determinate caratteristiche degli stessi >, Lema
Devesa,Carlos, La pubblicità testimoniale (Le testimonianze nel messaggio
pubblicitario: nozione e disciplina giuridica), in Diritto Industriale, Giuffrè, Milano,
1985/1.
struttura aziendale), o anche quella ad uso interno, suscettibile
peraltro di essere utilizzata verso il pubblico >
21
.
Tutto questo dibattito ha condotto, in un primo momento, ad
un’accentuarsi delle posizioni dottrinarie critiche nei confronti
dello strumento pubblicitario
22
(opinioni per le quali si pone
come testo base il celebre lavoro di Vance Packard I Persuasori
Occulti
23
) ed in seguito, all’estremo opposto dell’accettazione
acritica di ogni forma di comunicazione pubblicitaria.
< Sulla valutazione complessiva della pubblicità ha influito, e
influisce tuttora, la sua concezione come dolus bonus.
21
Rossello, Carlo, La pubblicità ingannevole. L’attuazione della direttiva comunitaria, in
Economia e diritto del terziario, Francoangeli, Milano, 1994/2.
22
<…si rileva una netta prevalenza delle posizioni di condanna delle tecniche pubblicitarie
persuasive, considerate un grave attentato alla libertà umana, potenzialmente e anche
attualmente sovvertitrici dei valori morali e culturali di fondo della nostra civiltà,
stimolatrici spregiudicate degli istinti più bassi, avanguardie di un ideale edonistico di
vita capace di avvilire in modo definitivo lo spirito dell’uomo >, Vanzetti, Adriano, La
repressione della pubblicità menzognera,in Rivista di Diritto Civile,Op.Cit..
23
Packard, Vance, I Persuasori Occulti, Einaudi, Torino, 1958, nuova edizione con
aggiunte 1989, descrive le forme di suggestione della pubblicità che sottilmente
colpiscono ben otto bisogni segreti : la sicurezza emotiva, la stima personale, le
esigenze dell’io, gli impulsi creativi, il bisogno d’immortalità, la speculazione
sull’affetto, il senso di potenza, i legami familiari.