comunicazione pubblicitaria tenda a snaturare, nascondere, invadere
l’immagine convenzionale della città, e ridefinirlo nel presente lavoro
adattandolo al contesto contemporaneo.
Attuale perché oggi stiamo assistendo a un fenomeno analogo di
profusione e confusione di segnali e messaggi, in cui la struttura
urbana e quella pubblicitaria si fondono in maniera inscindibile,
soppiantando l’idea di città tradizionale.
La città perde i connotati primordiali e viene semplicemente utilizzata
come un medium, un supporto per ulteriori tipi di comunicazione.
Se però sono simili le logiche strutturali che hanno portato alla
formazione di un tale sistema – in entrambi i casi un nuovo linguaggio
di parole e immagini si sovrappone a quello architettonico - diverse
sono le soluzioni estetiche e formali raggiunte.
Nei seguenti capitoli si cercherà quindi di capire come un linguaggio,
quello pubblicitario, che possiede la stessa grammatica – parola e
immagine – e la stessa sintassi – articolazione delle regole
grammaticali in frasi di senso compiuto: insegne, manifesti, cartelloni,
vetrine, edifici – abbia dato luogo nel decorso del tempo a
enunciazioni così diverse e varie tra loro, nella forma e nei contenuti.
La pubblicità è infatti un testo, una narrazione atta a produrre senso:
organizza le proprie forme negli spazi per produrre significati, resi a
2
fruire a potenziali consumatori come universi immaginifici e mondi
possibili.
Oggi la reinterpretazione del muro grazie ad affissioni tridimensionali
e quella di tutti gli spazi urbani quali spazi versatili e forme di
intrattenimento visivo vede in un nuovo modo di fare pubblicità, la
pubblicità guerrilla, la causa fondante.
La diversa rappresentazione dello spazio pubblicitario nel contesto
urbano è funzione di un nuovo modello di comunicazione, quindi
espressivo in quanto espressione di forma e contenuto, che viene
applicato alla società, e di cui la società ne è riflesso e fondamento al
tempo stesso.
L’oggetto della ricerca di Pignotti è il proliferare di città interamente
pubblicitarie all’interno dei confini nazionali, pur non mancando
riferimenti continui al caso di pubblicittà-totale
3
per definizione, Las
Vegas. Dunque l’attenzione è rivolta a città italiane come Viareggio,
Rimini, Montecatini, Fiuggi, Recoaro, città in cui l’intero contesto
urbano rinasce in una forma interamente pubblicitaria. Non è un caso
poi che le stesse città si affermino nel tempo come mete di attrazione
turistica a livello nazionale.
3
PIGNOTTI, op. cit., p. 10.
3
La pubblicità guerrilla invece ha il mondo e il mercato globale come
contesto di riferimento; non solo infatti il mercato invade la vita, ma
colonizza il paesaggio quotidiano di paesi e culture lontane. “Ci si
accorge di essere in Francia perché la pubblicità è diversa da quella
italiana o tedesca. Essa si sostituisce ai monumenti, dichiara di
rappresentare le tendenze, i gusti, il saper vivere di un paese”.
4
La separazione tra tendenze globalizzanti e derive localistiche non è
sempre così netta. Per un verso si aprono nuovi campi a una
pubblicità che privilegi differenze e identità, per l’altro serve come
referenza per ritrovare nei posti più disparati lo stesso paesaggio. Con
l’effetto strano e straniante di credere di essere a casa propria perché
lo stesso mondo di sogni riappare altrove con le stesse vesti.
E’ senza dubbio uno degli effetti più evidenti della globalizzazione,
anche se a ben vedere altro non è che il completamento del processo
di trasformazione già in atto negli anni Settanta. Per quanto la
pubblicità sia studiata per contentualizzarsi, gli effetti stridenti tra
paesaggio immaginario e paesaggio reale sono quantomai evidenti.
L’oggetto di ricerca del presente lavoro è invece esaminare
l’evoluzione della pubblicità quale sistema segnico, o meglio
sottosistema, all’interno di quello più generale della città.
4
Nel catalogo a cura di UGO VOLLI, Nel paese della pubblicità, Ginevra – Milano, Skira, 2003,
p. 156.
4
In seguito l’analisi si soffermerà invece sulle diverse espressioni
formali e estetiche raggiunte, e sulle eventuali influenze che il
linguaggio artistico delle avanguardie storiche può avere assunto
presso i pubblicitari nel determinare l’assetto architettonico e visivo
dell’epoca contemporanea.
5
1. LA PUBBLICITTA’
1.1. Breve panoramica evolutiva dei sistemi segnici
Il fenomeno urbano può essere visto come un sistema di segni,
sia in quanto realtà culturalizzata percepita dal singolo, sia perché
mediatore dei rapporti e legami sociali a tutti i livelli.
La città diviene un insieme significante, un sistema di segni che ha
come proprio livello di significati la realtà sociale nel suo complesso e
quindi la rappresenta, la simbolizza riducendola a un insieme di luoghi
e tempi significanti.
Lo scenario della pubblicittà configurato da Pignotti si presentava
negli anni susseguenti al boom economico, con la pubblicità che
assumeva le forme e i caratteri del mito, costruendo stereotipi e
diffondendo immagini perfette di ricchezza e bellezza che riflettevano
lo spirito del tempo.
I codici espressivi di cui la pubblicità faceva uso erano il
sensazionalismo e il facile adescamento. La pubblicità urbana iniziava
ad acquisire una propria spazialità materiale, di forme e volumi: i
manifesti e l’ambiente tutto iniziava ad ospitare nuovi tipi di divinità,
oggetti e persone appartenenti al mondo perfetto delle idee, che
6
scavalcando ombre e sfumature, emergevano dalla banalità e dal
grigiore quotidiano.
A partire dagli anni Sessanta, in seguito all’arrivo in Italia del
marketing e della televisione, la cartellonistica esce dall’aura di
“prodotto d’autore”
5
ed entra a far parte dell’arredo urbano come le
insegne, le vetrine, le scritte, il neon, gli edifici.
A questa data possiamo far risalire l’inizio del lavoro del creativo
contemporaneo.
Lo sviluppo della pubblicità è connaturato alla nascita della civiltà
metropolitana e ai movimenti centripeti dei corpi e centrifughi delle
informazioni, caratteristici di tutta la fase di crescita e strutturazione
del territorio metropolitano; alla messa in scena della vita
quotidianana; alla spettacolarizzazione delle relazioni pubbliche; alla
visualizzazione e simulazione dei desideri; alla commercializzazione
del tempo libero; alla massificazione dell’immaginario.
Poichè la città è un sistema di segni, per il fatto stesso di essere legato
all’instabilità e alla mutevolezza della realtà sociale, non potrà che
adeguarsi e strutturarsi in modo univoco ai cambiamenti economici,
sociali e culturali della realtà a cui si ascrive.
5
Il riferimento è qui ai primi esempi di manifesti moderni di Henri Toulouse-Lautrec, Jules
Chèret, Georges Seurat, Edouard Manet, Leonardo Cappiello. Per una trattazione esaustiva
dell’argomento si veda ELIO GRAZIOLI, Arte e Pubblicità, Milano, Bruno Mondadori, 2001, pp.
5-22.
7
Lo spazio urbano diventa quindi l’espressione dello stile pubblicitario
emergente.
In un percorso che vede prevalere fino alla fine degli anni Settanta la
logica strutturale della razionalità, in cui in mancanza di tecniche
espressive adeguate la pubblicità manifesta la propria efficacia con
tecniche persuasive di condizionamento comportamentale, si
susseguono cambiamenti di stili retorici e iconici. Dai linguaggi
prevedibili e precostituiti, verso la fine degli anni Ottanta, sotto
l’influsso delle poetiche surreali la pubblicità assume contenuti ludici
e giocosi che gravitano attorno alle tematiche dell’umorismo e
l’ironia. Il linguaggio pubblicitario è però ancora agganciato ancora a
logiche e dialettiche tradizionali; solo verso la fine degli anni
Novanta, la rivoluzione globale invade i tessuti sociali e urbani, e i
modelli comunicativi che li rivelano. E’ nel secolo contemporaneo che
la metamorfosi auspicata si realizza con il fenomeno della pubblicità
guerrilla.
8
1.2. La “pubblicità guerrilla”
“Piccoli gruppi di persone, che lavorano isolati gli uni dagli
altri, spesso usando tecnologie non ancora testate, stanno creando
nuovi modi di raccontare storie. Sono i prototipi di una nuova era”.
6
Così Ty Montague, copresidente e chief executive officer di JWT
New York, agenzia pubblicitaria tra le più prestigiose, definisce i
processi e i personaggi pionieri e esploratori di queste nuove forme
comunicative.
Essi danno luogo a forme di espressione che vedono la luce nello
spazio pubblico, lontano dai mezzi e dagli spazi tradizionalmente usati
dalla comunicazione pubblicitaria.
“Piuttosto che progettare un manifesto o una campagna stampa o
televisiva, una marca dovrebbe far volare un palloncino intorno al
mondo; registrare e distribuire una canzone; dare un party nel parco;
produrre contenuti che possano essere trasmessi via email;
sponsorizzare un club a luci rosse; oppure escogitare giochi interattivi
che possano essere fruiti via internet o dal telefono cellulare”.
7
6
GAVIN LUCAS, MICHAEL DORRIAN, Guerrilla Advertising, London, Laurence King
Publishing, 2006, p. 11.
7
LUCAS, op. cit., p. 15.
9
Sembrerebbe il manifesto programmatico di una avanguardia
artistica,
8
quando invece è un’efficace descrizione dell’aspetto
fenomenico della pubblicità guerriglia: figure e strutture che danno
luogo a scenografie controverse e originali, che penetrano nel tessuto
urbano con una vibrante presenza artistica in grado di catturare lo
spirito urbano.
Per i pubblicitari di guerriglia non ci sono più schemi standard a cui
fare riferimento nella composizione del messaggio. Ognuno
sperimenta nuove formule e nuovi linguaggi che meglio si adattano al
prodotto, al target e al contesto.
La ricerca costante, intensa e creativa si estende a progetti ad ampio
raggio che spaziano dalla moda al design, dal cinema alla musica, dai
new media all’arte, in una commistione di stili e linguaggi, di sinergie
tra mezzi allo scopo di offrire esperienze più coinvolgenti ai fruitori.
Costituiranno argomento del presente lavoro solo quelle forme
di comunicazione non convenzionali che si inseriscono nelle strutture
e architetture urbane, tralasciando i restanti canali di comunicazione, i
relativi mezzi e le sinergie da loro sviluppate nel perseguire impatti
emozionali memorabili per i consumatori.
8
Cfr. GRAZIOLI, op. cit., p. 6. Intrigante il fatto che l’era dei manifesti pubblicitari affissi in
maniera abbondante sui manifesti delle città inizi nello stesso momento dell’era dei manifesti
programmatici dei momenti artistici (vedi il Manifesto del Simbolismo di Jean Morèas, 1855).
10
“Branded content
9
e event marketing,
10
advergames
11
e viral
marketing,
12
affissioni che afferrano e sorprendono consumatori colti
alla sprovvista – la lista delle opzioni a cui si fa ricorso non finisce
più”.
13
L’effetto saliente ottenuto dalle azioni di pubblicità guerriglia è
l’enorme curiosità che crea presso i destinatari dei messaggi, generata
da un insieme di tecniche varie e non ancora ben definite. Lo stesso
Lucas afferma che questa nuova modalità di comunicazione
pubblicitaria “ad oggi viene definita intrattenimento, interattività,
partecipazione… il fatto è che non ha ancora un nome ben preciso che
la definisca. Probabilmente arriverà in seguito. Ma è nata, nello stesso
modo in cui nacque l’aviazione”.
14
Basata sulla rottura degli schemi e talvolta delle regole pubblicitarie, è
una tipologia comunicativa particolarmente apprezzata da aziende
committenti e pubblicitari stessi, per il suo carattere mutevole e
9
Evento in cui la marca diventa protagonista di programmi televisivi e radiofonici. Ne costitusce
esempio la messa in onda da parte della casa automobilistica francese Renault della serie televisiva
Scenic days out.
10
L’espressione intende la sponsorizzazione di eventi già esistenti, non creati appositamente come
nel caso del branded content.
11
Si tratta di giochi interattivi, fruibili tramite internet o telefono cellulare, che veicolano un
messaggio pubblicitario. In genere l’ambientazione, i personaggi, il meccanismo di gioco sono
ispirati al business dell’azienda che li commissiona. Si veda a proposito
12
Insieme di azioni on-line che favoriscono la circolazione spontanea e a catena di messaggi
informativi su di un’organizzazione o un prodotto. La definizione è tratta dal Dizionario dei
termini di Marketing & Pubblicità, quarta ed., Pioltello, ItaliaOggi Erinne, 2006.
13
LUCAS, op. cit., p. 15.
14
LUCAS, op. cit., p. 11.
11
funambolico e perchè i costi necessari alla messa in scena sono poco
elevati.
Più che pubblicità, gli addetti ai lavori la qualificano come una
tipologia di marketing.
Il termine è stato coniato da Jay Conrad Levinson, che lo definisce:
“la realizzazione di obiettivi convenzionali, quali i profitti, con metodi
non convenzionali, quali investire energia invece dei soldi”.
15
15
JAY CONRAD LEVINSON, SETH GODIN, The guerrilla marketing handbook, Ventesima
ed., Boston-New York, Houghton Mifflin Company, 1994.
12
1.3. La carica artistica
L’obiettivo del lavoro è invece di mostrare come queste forme
di pubblicità contemporanee siano caricate di significati artistici, in
quanto risultato della totale libertà creativa.
Pensate e concepite da un lato in una condizione di libertà sfrenata da
parte del pubblicitario, che elabora un messaggio che non deve
assoggettarsi alle logiche strutturali dei mezzi, dei supporti e del
mercato.
Dall’altro la libertà altrettanto sfrenata del destinatario del messaggio,
messo in condizione di interpretare un significante, un artefatto il cui
portato simbolico è talmente caricato d’immaginario contemporaneo
da essere più reale del reale.
Il codice iconologico del destinatario subisce così un benefico, seppur
temporaneo, potenziamento di senso: dall’analisi degli elementi
formali nella campagna pubblicitaria scaturisce infatti, in forma
iperrealistica, il significato di un intero sistema di simboli e valori.
Che si somma e interagisce col patrimonio culturale individuale e con
quello segnico manifestato dalla città. Si tratta in altre parole di
sistemi di segni – città, società, comunicazione – che nascono e
crescono ognuno in funzione e in relazione all’altro.
13
Non seguono il processo evolutivo di nascita, crescita e morte degli
organismi naturali: questi sistemi artificiali, in quanto creati
dall’uomo, si rinnovano continuamente in un processo che
l’economista Schumpeter definiva di “distruzione creativa”.
Non sono sistemi statici, ma soggetti a continue evoluzioni: la storia
delle città, delle società che le hanno costruite, e dei modelli di
comunicazione attraverso cui gli uomini si relazionano, sono storie di
rivoluzioni, di distruzioni creatrici.
Distruzione perché vengono superati vecchi metodi progettuali,
tecnologie, conoscenze, creatrice perché solo da questi cambiamenti
scaturisce il nuovo.
Queste campagne manifestano, nella totale libertà progettuale che le
caratterizza, o meglio con una creatività svincolata da regole
predefinite, il desiderio di accrescere il gusto e rinnovare gli schemi
concettuali del pubblico, regalare un divertente esercizio di
interpretazione e svelamento di senso, in fondo speculare allo
svelamento warholiano delle Campbell Soup, da oggetto qualunque a
soggetto dell’opera d’arte.
Costruzioni pubblicitarie di tal genere, “fatte ad arte”, accrescono il
portato della fantasia, irrompono nelle abitudini, sovvertono e
sorprendono con la propria irriverenza, paradossalmente manifestano
14
contenuti superiori, in qualità e quantità, di qualunque altro artefatto
pubblicitario.
Nel corso del tempo la ragion d’essere della pubblicità, quella di
persuadere e raccontare, pur mantenendo una coerenza d’intenti, ha
subito cambiamenti formali e contenutistici.
Evidente nei nostri giorni, questa evoluzione – o forse rivoluzione, “la
rivoluzione va fatta senza che nessuno se ne accorga” diceva Ettore
Sottsass
16
– parte dagli anni Settanta e arriva ad oggi.
Omettendo dall’analisi gli esordi della pubblicità e l’instaurarsi nella
società come genere proprio, quella che “ha inizio con i manifesti di
Toulouse-Lautrec, per arrivare alla propagazione pubblicitaria dell’art
nouveau, del liberty, sino all’impegno merceologico di Magritte”,
17
l’attenzione sarà posta sugli ultimi trenta anni di comunicazione
pubblicitaria.
Meglio, dalla rilettura del passato si cercheranno suggerimenti per
interpretare il presente della pubblicità esterna, le influenze del
linguaggio delle avanguardie nelle forme e strutture pubblicitarie
contemporanee di cui si fanno portatrici le nuove tecniche di
comunicazione non convenzionali.
16
Nel volume a cura di LAURA LAZZARONI, LUCA MOLINARI, L’arte di mettere in mostra,
Ginevra – Milano, Skira, 2006, p. 57.
17
ALBERTO ABRUZZESE, Metafore della pubblicità, Ancona – Milano, Costa & Nolan, 2004,
p. 46.
15