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singolo individuo, evidenziando la cruciale importanza del rapport, la relazione tra medico e
paziente. Il tono della sua voce, il ritmo insolito, la sua straordinaria capacità di adeguarsi al
linguaggio di chi lo ascolta, trasformano i componenti di una conversazione apparentemente
comune in sapienti strumenti terapeutici.
Erickson è considerato anche il primo terapeuta “strategico”, poiché è il primo grande clinico
che concentri l’attenzione sulle strategie utili per il cambiamento, mettendo a punto una serie
di tecniche che abbiano la finalità di dare sollievo alla sofferenza fisica e psichica del paziente
nel presente, senza dover indagare il passato.
Erickson, convinto che il tentativo di copiare il suo metodo avrebbe solo creato “pasticci”,
decide di non formulare nessuna teoria. Tuttavia dal suo approccio alla psicoterapia nasce la
corrente neo-ericksoniana: a questa è dedicato il terzo capitolo, che descrive i suoi princìpi e
la rielaborazione di questi da parte del panorama italiano.
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Capitolo primo
La storia dell’ipnosi
1.1 L’ipnosi “da baraccone”: la suggestione
Molte antiche e ormai sorpassate forme di terapia andrebbero ancor oggi osservate con
attenzione, poiché sono proprio queste primitive tecniche a lasciarci le prime tracce di metodi
impiegati in epoca recente.
Partendo dagli albori, prendiamo i primi guaritori presenti presso le popolazioni primitive:
secondo F. E. Clements, costoro utilizzavano cinque principali forme di cura, deducibili da
un semplicissimo rapporto di causa-effetto con la teoria della malattia presente. Egli le
espose nel seguente specchietto riassuntivo:
1
TEORIA DELLA MALATTIA TERAPIA
Intrusione di un oggetto malattia Estrazione dell’oggetto malattia
Assenza dell’anima Trovare, richiamare e restituire l’anima perduta
Introduzione di uno spirito
1. Esorcismo
2. Estrazione meccanica dello spirito
estraneo
3. Trasferimento dello spirito estraneo in un
altro essere vivente
Infrazione di un tabù Confessione, espiazione
Stregoneria Magia riparatrice
Esaminando una ad una queste diverse forme di trattamento primitivo, è abbastanza
semplice notare come ognuna di esse sia un procedimento suggestivo più o meno palese.
Questi metodi di trattamento venivano attuati da una persona (il guaritore, lo stregone, lo
sciamano) tenuta in grandissima considerazione dalla propria comunità e avvenivano sempre
in presenza della collettività con ampi cerimoniali: questi erano i principali agenti della terapia,
ed è di conseguenza lecito dire che la medicina primitiva si avvalse del potere della
suggestione per ottenere guarigioni che nella maggioranza dei casi erano di natura psicologica.
1
CLEMENTS F.E., Primitive Concepts of Disease, Univ. Calif. Publs am. Archaeol. Ethnol., 1932, vol. 32, nr. 2, pp. 185-252
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Un esempio può essere quello che riguarda l’estrazione dell’oggetto malattia: come ci spiega
Ellenberger, secondo questa teoria la malattia è causata dalla presenza, all’interno del corpo
del sofferente, di una sostanza esterna dannosa. Lo stregone ha una forma specifica di
trattamento, che consiste nel succhiare via l’oggetto malattia usando la propria bocca o, in rari
casi, ricorrendo ad un massaggio. È piuttosto evidente come durante la cerimonia, l’oggetto
sia fatto comparire dal guaritore mediante un abile gioco di prestigio, una “ciarlataneria”
insomma. Eppure tali cure spesso avevano successo, e questo grazie al potere suggestivo del
rituale e alla fede del paziente nelle capacità dello stregone.
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Avendo parlato di “fede”, un secondo esempio nasce spontaneamente: quello della
possessione e dell’esorcismo che, oltre ad avere esordito come una delle tecniche primitive,
ha permeato anche la storia dell’Europa per vari secoli in epoca più recente. Il male in
questo caso è causato da spiriti maligni che sono penetrati nel corpo del paziente e che se ne
sono impossessati e, essendo una forma di malattia complessa, tre possono essere i metodi di
guarigione utilizzati per combatterla. Il primo consiste nel tentativo di espellere lo spirito
meccanicamente, battendo il paziente o provocandogli perdite di sangue. Il secondo vuole
invece che si trasferisca lo spirito nel corpo di un altro essere, in genere un animale. Il
metodo più importante è però il terzo, l’”esorcismo” vero e proprio, vale a dire l’espulsione
dello spirito tramite un cerimoniale per mezzo di incantesimi o altri mezzi psichici; la figura
dell’esorcista è fondamentale, egli deve avere caratteristiche precise e soprattutto deve essere
molto preparato, perché lotta con lo spirito intruso è lunga e difficoltosa.
L’esorcismo è stato una pratica molto comune nel Medio Oriente e in Europa, e, come
ricorda Ellenberger, nel corso degli ultimi due millenni la storia del mondo occidentale
riporta numerosissimi casi di possessione, individuale o collettiva, e di conseguenza riporta
numerosissimi casi di esorcismo che provano la vittoria della Chiesa sulle “potenze
demoniache”: è un dato di fatto che, per guarigione spontanea o per effetto della suggestione,
tantissime persone si ristabilirono effettivamente. Utilissimo sarebbe in questi casi tenere in
considerazione gli ambienti in cui si trovavano pazienti e guaritori, e fondamentale è il
retroterra sociale e culturale in cui sono avvenuti questi riti. Il potere suggestivo anche in
quest’esempio è dunque evidentissimo. Non deve quindi stupire il fatto che i casi di
possessione demoniaca siano stati sempre più rari dall’epoca dell’Illuminismo in poi,
considerando che questa corrente di pensiero dissipò la credenza nel diavolo attenuandola
anche negli ambienti religiosi, e che le ultime manifestazioni di possessione e di esorcismo
2
ELLENBERGER H.F., La scoperta dell’inconscio, vol. I, Bollati Boringhieri, Torino, 1972, pp. 1-56
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siano rimaste all’interno di ambienti che, per un motivo o per l’altro, non ne abbracciarono le
idee.
Fu proprio in questo clima che operò Johann Joseph Gassner, prete ed esorcista
immensamente popolare che rimase saldamente ancorato alla tradizione, rifiutando i princìpi
di questa nuova filosofia che non voleva in alcun modo continuare a credere nella
superstizione. Gassner fu un grandissimo suggestionatore, utilizzava una tecnica antica in
nome della religione ottenendo guarigioni apparentemente miracolose; all’annuncio del suo
arrivo iniziavano a verificarsi numerosi casi di possessione che improvvisamente sparivano
non appena lui indossava i paramenti cerimoniali e dava inizio ai suoi rituali. Il suo exorcismus
probativus consisteva nel rendere manifesti i sintomi della malattia sfidando solennemente il
diavolo: se ciò avveniva, dimostrava l’esistenza della possessione e passava all’esorcismo vero
e proprio con tanto di cerimoniali. Egli fu in ogni caso in buona fede, e distinse le malattie
naturali, di competenza del medico, da quelle praeternaturali, che invece dovevano essere
trattate dell’esorcista. La sfortuna di quest’uomo fu solo una: fu incredibilmente “fuori
tempo”, e operò in un momento in cui il nuovo Illuminismo stava lottando per superare le
forze della tradizione, vincendo.
Fu proprio questa vittoria a dare sempre più slancio alla ragione, alla scienza e alla medicina, e
fu così che un Illuminista come Franz Anton Mesmer ebbe l’opportunità di esporre le sue
innovative teorie.
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1.2 Franz Anton Mesmer
Franz Anton Mesmer nacque nel 1734 nei pressi di Costanza, e fu senza dubbio uno dei più
grandi figli del suo tempo. Egli viene da sempre ricordato come colui che ha “scoperto”
l’ipnosi e, sebbene oggi noi intendiamo e conosciamo quest’ultima in modo diverso,
dobbiamo porre l’accento sull’importanza della ricerca mesmeriana e riconoscere che nella
sua dottrina sono presenti i semi della moderna psichiatria dinamica.
Mesmer è paragonato da Ellenberger
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a Cristoforo Colombo: entrambi fecero scoperte
importantissime che hanno rappresentato una svolta nella storia dell’umanità, ma rimasero in
errore relativamente alla vera natura di queste e morirono amareggiati, soprattutto a causa
dell’invidia e delle opposizioni che dovettero subire dai loro contemporanei. Mesmer in
questo senso commise un grosso errore di valutazione: abbracciando la corrente
dell’Illuminismo, credette di poter dare largo spazio alle sue rivoluzionarie idee, considerate
da lui scientifiche (in tutti i modi cercò di spiegarle tramite leggi fisiche) e fondamentali a tal
punto che tutta la comunità avrebbe dovuto abbracciarle senza obiezioni. Tuttavia i tempi
non erano maturi, e questo grande uomo si ritrovò rifiutato, tacciato di eresia e costretto ad
allontanarsi dalla società.
Ma quale fu la grande scoperta di Mesmer e dove possiamo trovare le tracce delle nostre
moderne tecniche terapeutiche?
Nel 1774 Mesmer, grazie all’applicazione di magneti al corpo dei suoi pazienti, scoprì
l’esistenza di un fluido, presente in ciascun essere umano, che chiamò “magnetismo animale”.
Questo fluido rappresentava l’equilibrio all’interno del corpo umano, e la sua assenza o
distribuzione non omogenea provocava malattia; scopo del medico era di conseguenza quello
di restituire l’equilibrio attraverso un “campo di forze” generato e messo in atto dal contatto
tra malato e curante, come se fossero i poli di misteriose forze risanatrici.
Il magnetismo animale agiva dunque come un complesso sistema di vasi comunicanti, con
movimenti di flusso e di reflusso provocati da scambi asimmetrici tra terapeuta e paziente.
Ecco quindi come, con una denominazione diversa, Mesmer utilizzò per la prima volta quello
che noi oggi chiamiamo “transfert” ed è considerato elemento indispensabile per un’azione
terapeutica.
3
Ibidem, p. 66
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In questo senso Mesmer fu il primo a considerare le persone nella loro totalità di mente e
corpo, instaurando con loro una relazione medico-paziente e un rapporto individuale che
fino ad allora non era mai stato preso in considerazione, con ogni probabilità a causa
dell’esasperata necessità dell’epoca di applicare procedimenti scientifici totalmente obiettivi.
Che si trattasse di fluido magnetico, di semplice empatia o di transfert poco importa: Mesmer
scese dalla cattedra, dimesse i panni da osservatore asettico e diligente e con entusiasmo si
lasciò coinvolgere nell’esperimento, approdando a un mondo nuovo.
Un’altra grandiosa intuizione di questo personaggio consistette nella sua attenta osservazione
di quello che lui definì “contromagnetismo”, ossia la presenza nel paziente di forze ostili alla
cura: questo non è altro che un problema che, da Freud in poi, noi definiamo “resistenza”
alla terapia.
Il fenomeno del contromagnetismo non fu cosa rara per Mesmer, soprattutto in occasione
dei suoi “baquet”, precursori delle moderne terapie di gruppo e anch’esse degne di una
grandissima sottolineatura. Utilizzando le analogie con le scoperte che stavano in quei tempi
avvenendo nel campo dell’elettricità, Mesmer disponeva i suoi pazienti in cerchio, uno
accanto all’altro, e li faceva tenere reciprocamente per mano in modo da facilitare la
circolazione di onde magnetiche tra i membri del gruppo, creando in ogni individuo forze
nuove e attive. Era così che il singolo si “nutriva”, reso più forte dalla simbologia presente
nell’intero gruppo: questo rimane ancora oggi il risultato cercato dalla moderna psicoterapia
collettiva.
Va riconosciuto a Mesmer anche il successivo concetto di “catarsi”: come altro definire i
fenomeni che avvenivano in sua presenza e che lui spiegò con la “teoria della crisi”, ripresa
per altro dall’exorcismus probativus di Gassner? Secondo lui, la crisi era la prova, prodotta
artificialmente, della malattia, e il mezzo indispensabile per curarla. Quando il paziente era
riportato ripetutamente alla crisi, questa si faceva sempre meno grave, fino ad arrivare alla
scomparsa totale e dunque alla guarigione.
La dottrina di Franz Anton Mesmer è quindi degna di essere considerata la base sulla quale si
è sviluppata la scoperta dell’inconscio, e dobbiamo a lei molti di quei princìpi che oggi fanno
parte della psicoterapia dinamica.
L’ipnotista più di qualunque altro psicoterapeuta deve rendere grazie a quest’uomo, che ha
saputo usare lo strumento della parola e del gesto in modo nuovo, permettendo un nuovo
contesto di cura basato anche sulla comunione di sentimenti.