1
INTRODUZIONE
Il lavoro che viene presentato nelle seguenti pagine si sviluppa in 2 parti:
la prima, a carattere teorico-concettuale, e la seconda, a carattere figurativo.
Specificamente, nel primo capitolo della prima parte vengono esposti i
primi generali concetti relativi al colore, alla sua storia e alle sue principali
applicazioni succedutesi nel corso del tempo. Nel secondo capitolo della
medesima parte viene accennata brevemente l’origine della psicologia del
colore - argomento che successivamente verrà sviluppato più
dettagliatamente - e vengono menzionati quelli che furono i pionieri di
questo nuovo campo di ricerca, primo fra tutti Max Lüscher - alla cui opera
viene dedicato un intero paragrafo -. Nel terzo ed ultimo capitolo della
prima parte che, come sottolineato precedentemente, ha carattere
puramente teorico, viene trattato il tema del simbolismo dei colori,
analizzandone singolarmente 9. I colori in questione sono, nell’ordine: il
nero, il rosso, il blu, il verde, il giallo, il viola, il marrone, il grigio ed il
bianco.
Nella seconda parte, quella a carattere figurativo, vengono raccolte delle
immagini che, a parer mio, bene rappresentano e contestualizzano i colori a
cui vengono associate. E’ importante sottolineare che le immagini in
questione non hanno funzione esplicativa dei concetti trattati nella parte
prima; esse, piuttosto, vogliono stimolare sentimentalmente il lettore-
osservatore ed in lui vogliono suscitare emozioni che lo aiutino a
comprendere e sentire ogni specifico colore in ogni sua specifica
manifestazione.
2
Parte prima
IL COLORE
ATTRAVERSO
LE PAROLE
3
Capitolo primo
INTRODUZIONE AL COLORE
La storia del colore
Tentare di tracciare la storia dei colori è un esercizio difficile, se non
utopistico. Il lavoro dello storico è doppio: egli deve dapprima cercare di
delineare e di ricostruire quello che è stato l’universo del colore per una
data società del passato; poi, in senso diacronico e limitandosi ad una
determinata area culturale, deve studiare le mutazioni, le sparizioni, le
innovazioni che riguardano tutti i campi del colore storicamente
osservabili
1
. Studi condotti da antropologi rivelano che i nomi dei colori
principali sono comuni a tutti i linguaggi, che la terminologia più
elementare distingue soltanto tra oscurità e chiarezza e che tutti i colori
sono classificati a seconda di questa semplice dicotomia; quando un
linguaggio contiene un terzo nome di colore, si tratta sempre del rosso
(come colore contrario del bianco, insieme al nero).
2
Questi tre colori
hanno costituito tre poli attorno ai quali, fino al pieno medioevo, si sono
articolati tutti i sistemi simbolici e tutti i codici sociali costruiti basandosi
sull’universo dei colori.
Al suo primo apparire, l’uomo scandisce il suo universo percettivo e lo
“significa” secondo questo codice cromatico: bianco-rosso-nero. E’
evidente come le prime elaborazioni materiali ed artistiche si limitassero
ovunque ai tre colori primari, esibendo il bianco coagulato delle calci e dei
gessi, il nero vellutato dei carboni ed il rosso-giallo delle crete o quello
1
M. Pastoureau, L’uomo e il colore, in Storia e dossier, n°5, Giunti, Novara 1987, pag. 15.
2
R. Arnheim, Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 1977, pag. 269.
4
brunastro delle terre bruciate.
3
Eppure, il simbolismo cromatico primitivo è
ben più ricco e complesso di quanto non sembri a prima vista così che,
sebbene talvolta il rosso sia significante della polarità del femminile in
quanto rappresentazione del “sangue della madre”, tuttavia esso è anche
maschile; così come, per converso, l’argilla bianca, deposta in contenitori
di forma fallica, è esplicitamente paragonata allo sperma. I due colori
possono quindi talvolta indicare l’opposizione tra i sessi, ma comunque in
modo non rigido e categorico. Possiamo piuttosto dire che essi partecipano
ciascuno del significato dell’altro e che, a loro volta, essi acquistano
significato in relazione al terzo, il nero, che si rivela “perno” per la
comprensione della gamma reale di significazioni.
Poeticamente, le popolazioni africane Ndembu
4
sostengono che vi siano
tre fiumi misteriosi: quello della bianchezza, quello della rossezza e quello
della nerezza. Questi tre fiumi indicano i tre misteri principali della vita
dell’uomo: la nascita, la vita e la morte. Il “fiume rosso” è il pulsante fiume
del sangue contenente in sé sia il maschile che il femminile, rappresentando
un uomo e una donna accoppiati. Il suo terribile potere gli deriva
dall’incontro del sangue paterno e materno, fonte di nuova vita nel figlio,
che però comporta al suo interno anche la presenza dell’impurità
conseguente alla contaminazione dei due elementi maschile e femminile.
Nel “fiume della bianchezza”, il più antico dei tre, risiede la capacità
procreatrice maschile, propria “dell’acqua bianca” che è lo sperma, che è
anche “sangue imbiancato”, purificato dalla contaminazione derivante
dall’incontro con il femminile. Anche il latte materno è però un “ruscello
bianco”, esprimente l’altra polarità di questo opalescente fiume, quella
femminile che, dopo quella maschile, rende questo fiume un perfetto
3
M. Brusatin, Storia dei colori, Einaudi Editore, Torino 1983, pag. 6.
4
V. Turner, La foresta dei simboli, Morcelliana, Brescia 1976, pag. 87.
5
androgino. La sua sostanziale bisessualità, infatti, non è questa volta
“incontro” del maschile con il femminile, contaminazione seppur feconda
di nuova vita, bensì espressione di due distinte qualità appartenenti l’una al
maschile, il generare, e l’altra al femminile, il nutrire. Quanto al terzo
fiume, quello della “nerezza”, collegato ad una costellazione di “simboli
neri” quali cenere e carbone, esso rappresenta la morte. Il nero è il
“compagno silenzioso”, il “terzo nell’ombra”, in opposizione sia al bianco
che al rosso; un “nulla senza possibilità” come lo definisce Kandinskij
5
.
Così, il nero è associato alla catena simbolica feci-terra-morte e, quindi,
anche al nascondersi e all’oscurità, proprio come morte temporanea. E’
anche espressione della notte governata dalle arti malefiche della
stregoneria. Quindi, dal rapporto binario bianco-rosso nasce la vita in
contrapposizione al terzo elemento, vissuto come morte e negatività. I
“fiumi dei colori” Ndembu scaturiscono dall’interno dell’uomo stesso,
come ostensibili rappresentazioni delle pulsioni e delle dinamiche di
piacere-dispiacere che derivano dall’approccio con la realtà, così da
proporsi come sintesi ed epifania dell’esperienza umana nel suo “incontro-
scontro” con il mondo e spiegare come questa triade fondamentale si sia
riproposta nei secoli.
5
Cfr., W. Kandinskij, Dello spirituale nell’arte in Tutti gli scritti, Feltrinelli, Milano 1974, pag. 115.
6
Il colore nella storia
Nel corso della storia, la civiltà ha scelto e usato tutte le sostanze
coloranti che offre la natura e ne ha inventate molte altre, producendo
un’infinità di gamme e di accostamenti. Nelle diverse parti del pianeta sono
stati elaborati particolari accordi cromatici che sono diventati tipici del
luogo e della società; a volte questi cromatismi sono rimasti immutati per
secoli, nel segno di una tradizione millenaria; altre volte hanno subito
cambiamenti più rapidi, conformandosi all’evoluzione degli eventi
6
.
L’età feudale (XI-XIII secolo) è quella delle più profonde mutazioni in
tutti i sistemi cromatici. La fine del Medioevo e l’età della Riforma vedono
stabilirsi delle morali del colore che dureranno diversi secoli. Durante gli
anni della rivoluzione industriale si assiste all’unione dell’etica e della
chimica per rinforzare queste morali e per esprimere un nuovo ordine dei
colori
7
. Nel corso del Novecento, l’energia elettrica e i pigmenti artificiali
si impongono e colorano l’ambiente, sollecitano rapidi cambiamenti di
gusto, continui sovvertimenti e ricodificazioni. Accanto alle gamme
prudenti e moderate, le avanguardie propongono a più riprese colori vivi e
gioiosi. Se il XX secolo ha reso il colore autonomo, dissociandolo dalle
rappresentazioni figurative, il XXI secolo lo riscatta definitivamente dalla
realtà oggettiva, materializzandolo nella digitalizzazione multimediale, in
cui diviene artefice di altre realtà. Comunque, nonostante la rivoluzione
newtoniana del XVII secolo e nonostante le scoperte in ottica e in chimica
dei secoli XIX e XX, la maggior parte di ciò che percepiamo, sentiamo,
crediamo e viviamo lo dobbiamo al Medioevo.
6
L. Luzzatto e R. Pompas, Il colore persuasivo, Il Castello, Milano 2001, pag. 39.
7
M . Pastoureau, L’uomo e il colore, op. cit., pag. 6.
7
Il colore ha sempre avuto rapporti privilegiati con i supporti tessili;
per questo motivo stoffe e vestiti, per lo storico, costituiscono il più ricco
e sfumato campo documentario attraverso cui si possa tracciare
l’evoluzione dello statuto e del funzionamento dei colori in una data
società. In epoca romana, tingere una stoffa voleva ancora dire sostituire
al colore originario un colore che si situava nella vasta gamma dei toni
rossi. Questo primato del rosso sembra risalire molto indietro nel tempo,
ben prima dell’epoca romana, e affondare le sue radici addirittura nella
preistoria. Nella lunghissima durata, il rosso ha rappresentato il tessuto
colorato per eccellenza mentre il bianco rinviava all’idea di un tessuto
non colorato ma pulito ed il nero ad un tessuto né colorato né pulito. Il
nero è l’oscuro; il rosso è il denso; il bianco è ambivalente e rappresenta
a un tempo il chiaro e il poco denso. Il grande cambiamento osservabile
è, nell’Europa feudale, l’infrangersi di questa antichissima e già citata
ternaria dei colori, seguito dall’insorgenza qualitativa e quantitativa del
blu; in precedenza il blu non aveva nessuna importanza né dal punto di
vista materiale né soprattutto dal punto di vista concettuale in quanto,
come il verde, era considerato semplicemente un nero di tipo particolare.
Come il verde ed il blu sono classificati nella gamma dei neri, il giallo è
più o meno assimilato al bianco. Questa è la situazione che dura fino
all’indomani dell’anno Mille perché in seguito, tra la metà del XI e la
metà del XIII secolo, tutto cambia progressivamente e si assiste alla
rottura del vecchio schema ternario bianco-rosso-nero e alla promozione
degli altri colori, particolarmente del blu. E’ il XIII secolo europeo il
gran secolo del blu e per la prima volta dalla preistoria questo colore, che
finisce per diventare il colore della Vergine e della funzione reale,
comincia a fare concorrenza al rosso. Questa concorrenza tra il rosso e il
8
blu creerà tensioni che perdureranno fino al XX secolo; ma dal punto di
vista affettivo, o estetico, il blu finirà per prevalere sul rosso al punto da
essere oggi citato come “colore preferito” da circa metà della
popolazione adulta in Europa e nell’America del Nord. Un campo a parte
è costituito dal verde che, chimicamente e simbolicamente, è un colore
particolarmente instabile. Quanto agli altri colori, pur non essendo
esclusi del tutto, essi non hanno ancora un vero posto nei codici sociali e
nei sistemi simbolici.
9
Capitolo secondo
LA PSICOLOGIA DEL COLORE
Preistoria e storia della psicologia del colore
La psicologia del colore possiede una lunga preistoria oltre che una sua
specifica storia. La preistoria, nel contesto culturale occidentale, rimanda al
De coloribus di Aristotele e passa attraverso i contributi di filosofi massimi
quali Schopenhauer e Wittgenstein; attinge in maniera eclettica ai
contributi di poeti come Ovidio e Rimbaud, di pittori come Van Gogh o
Kandinskij, di scrittori romantici come Goethe e di spiritualisti come
Steiner. La vera storia della psicologia del colore è, però, necessariamente
breve e si sovrappone, di fatto, alla storia della psicologia generale
sviluppandosi in un percorso che per linearità di esposizione qui fisserò in
tre momenti.
Il primo di tali momenti appartiene agli albori della psicologia scientifica
e si sviluppa nei laboratori di psicologia diretti dagli allievi di Wundt o da
coloro che a lui si ispiravano; in quegli anni furono molti gli psicologi
ricercatori che rimasero affascinati dal colore come fenomeno psichico.
L’approccio che caratterizza questo periodo e che si estende a tutta la prima
metà del Novecento è quello tipico di una psicologia che si voleva, come
detto precedentemente, scientifica: indagini sulle risposte psicofisiologiche,
esperimenti di associazione verbale, ricerche di laboratorio, studio dei
processi percettivi, eccetera. Emblematico in questo contesto il Color-word
test di J. R. Stroop; tuttavia in questo filone entra, con tutto il peso della sua
mole, anche la Gestaltpsychologie, che indaga le leggi della percezione, del
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discernimento, dell’apprendimento, della memorizzazione, della
concettualizzazione e della denominazione dei colori. Dobbiamo agli sforzi
di questo periodo conoscenze importanti circa le risposte psicofisiologiche
che i colori evocano nell’organismo, circa i meccanismi della percezione
cromatica, circa il ruolo che gli stimoli cromatici giocano nella vita
psichica.
E’ anche sulla scorta di queste conoscenze che Max Lüscher, nel 1947,
pubblica un volume ancora oggi di grande interesse e valore: La psicologia
dei colori. L’autore inaugura con questo lavoro il secondo periodo della
storia della psicologia del colore, quello legato alla costruzione di test
psicologici. Significativo il fatto che il percorso di ricerca di Lüscher nasca
nel contesto di uno dei più accreditati e diffusi reattivi proiettivi, il Test di
Rorschach; anche questo test contempla la valutazione di risposte a stimoli
cromatici e trova nelle “risposte colore” un parametro importante di
valutazione diagnostica, senza tuttavia distinguere fra risposte a questo o a
quel colore. Passi Tognazzo scrive che nel test di Rorschach le tavole
colorate “sono paragonabili agli stimoli emotivi derivanti dall’ambiente” e
che “le risposte colore” sono da considerarsi “espressione di un’affettività a
tipo esplosivo”.
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Nel 1951 l’équipe dell’Istituto per la Psicologia e la
Caratterologia dell’Università di Friburgo fonda la costruzione del Test di
Pfister o della Piramide di colore su un fenomeno conosciuto da tempo per
cui i colori si rivelano rappresentazioni di sentimenti, affetti e fenomeni
con rilevanza affettiva; grazie al contributo di ricercatori e sperimentatori,
questo test verrà progressivamente perfezionato nella procedura e nei
materiali fino a giungere, nel 1975, alla forma definitiva fissata da Heiss e
Halder. In Italia, nel 1981, Navarro pubblica un altro reattivo cromatico: il
8
Cfr., D. Passi Tognazzo, Il metodo Rorschach, Giunti, Firenze 1968, pag. 67.