4
che vieti o imponga dei limiti ai disastri ambientali causati dalla
guerra, fatta eccezione per alcune statuizioni di soft-law.
Nel trattare della protezione dell’ambiente durante i conflitti
armati abbiamo esaminato in primo luogo i due contesti normativi
rilevanti, cioè le norme di diritto bellico e di diritto internazionale
ambientale, per verificare se e quali di esse siano sufficienti a
garantirne la tutela.
Quanto al primo ambito normativo occorre innanzitutto
distinguere fra norme di ius ad bellum (che disciplinano l’uso della
forza) e norme di ius in bello (che regolano lo svolgimento delle
attività belliche), focalizzando l’attenzione su quest’ultimo, tenendo
però presente che l’interazione fra i due può svolgere un ruolo
fondamentale al momento di determinare la responsabilità per i
danni ambientali.
Nel considerare lo ius in bello abbiamo analizzato la
protezione che potrebbe derivare sia dalle norme consuetudinarie (in
particolare dai principi di necessità militare e proporzionalità) sia
dalle norme convenzionali, specialmente dalla Convenzione relativa
al divieto di utilizzare tecniche di modificazione ambientale per scopi
militari o altri scopi ostili del 1977 (ENMOD), dal I Protocollo
addizionale alle Convenzioni di Ginevra e dalle convenzioni che
disciplinano l’uso delle armi convenzionali, chimiche e
batteriologiche, nonché dagli accordi esistenti sulle armi nucleari.
5
Quanto al secondo ambito normativo rilevante, quello del
diritto internazionale ambientale, stante il principio della generale
sospensione dei trattati applicabili in tempo di pace a causa del
carattere di eccezionalità che lo stato di guerra comporta, abbiamo
tentato di verificare se esistano disposizioni di diritto ambientale che
possano continuare ad essere comunque applicabili, in quanto facenti
parte di quel ristretto gruppo di norme che ‘resistono’ agli effetti
della guerra (norme di jus cogens, norme sulla neutralità, diritti
umani), o in quanto irrilevanti per il contesto militare.
Delineato il quadro normativo esistente, cercheremo di
stabilire se, una volta causato il danno ambientale, sia possibile
attribuire ai responsabili un obbligo di riparazione. La questione è
abbastanza complessa per l’assenza di precedenti (unico caso di
condanna al risarcimento è quello in cui è stata riconosciuta la
responsabilità dell’Iraq, nella guerra del Golfo, per i danni
ambientali causati a seguito dell’invasione e dell’occupazione del
Kuwait, caso di cui si sta tuttora occupando la Commissione per la
riparazione dei danni appositamente istituita dal Consiglio di
Sicurezza) e per i problemi nell’esatta individuazione di quali siano i
tipi di danno risarcibili e nella valutazione degli stessi. Valuteremo in
primo luogo se si possa ottenere un risarcimento dei danni
ambientali causati durante i conflitti armati tramite l’affermazione
della responsabilità degli Stati per gli atti compiuti dai propri organi,
in questo caso gli ufficiali e i comandanti militari, per la violazione
6
del divieto di aggressione, come è avvenuto nel caso dell’Iraq, e se
sia possibile alla luce del Progetto di articoli sulla responsabilità
degli Stati della Commissione di diritto internazionale ammettere una
responsabilità per crimini ambientali. Secondariamente analizzeremo
l’eventualità di incriminare gli individui che abbiano ordinato o
condotto le azioni militari per i danni causati all’ambiente.
Da ultimo, prenderemo in esame il recente conflitto nel Kosovo
ed i danni ambientali causati durante la guerra dalla coalizione
NATO, per verificare la validità e l’efficacia delle norme analizzate
nella prima parte in questo caso specifico, e se dalle violazioni
perpetrate possa discendere una responsabilità della NATO per i
danni ambientali, nonché un onere di riparazione.
7
1. I DANNI AMBIENTALI CAUSATI DURANTE I CONFLITTI
ARMATI
Nel corso dell�intera storia dell�umanit� il termine guerra �
stato sinonimo di devastazione e sofferenza, di morte e distruzione, di
egemonia e potere. Agli orrori della guerra hanno assistito inermi nei
secoli intere popolazioni, e inerme anch�esso l�ambiente naturale ha
subito l�impeto della guerra. Passivo e ignaro oggetto delle decisioni e
delle discordie umane, � stato spesso utilizzato come arma per
nuocere al nemico, danneggiato da metodi bellici la cui potenza,
sofisticatezza e perfezione � aumentata di pari passo con l�avanzare
delle scoperte tecnologiche
1
.
Come viene danneggiato l�ambiente durante la guerra? Volendo
classificare, si possono individuare quattro categorie di danno. Una
prima categoria riguarda una serie di attivit� �parabelliche�, come la
preparazione e la manutenzione di armi chimiche, biologiche e
nucleari, nonch� lo smaltimento di sostanze radioattive e rifiuti
tossici.
Una seconda categoria vede l�ambiente diretto protagonista del
conflitto, a seguito dell�uso da parte dei belligeranti di tecniche di
modificazione ambientale. Tali tecniche consistono nella
manipolazione degli agenti atmosferici da parte dell�uomo allo scopo
1
Si veda FINCH, �This Land is Our Land: the Environmental Threat of Army Operations, in
GRUNAWALT, KING e MCCLAIN, Protection of the Environment During Armed Conflict, Newport,
1996, p. 99 ss.
8
di scatenare artificialmente le forze della natura. Pur essendo gi� note
da tempo, fu durante la guerra del Vietnam del 1961-1975 che ne fu
fatto uso massiccio. Furono creati artificialmente tornadi per
distruggere le citt� costiere, furono causati maremoti e piogge
torrenziali che impedirono l�uso delle vie di comunicazione. Tale fu
l�impatto di questi avvenimenti sulla comunit� internazionale e
sull�opinione pubblica, il cui interesse per l�ambiente andava
aumentando rispetto al passato, che nel giro di pochi anni fu stipulata
la Convenzione relativa al divieto di utilizzare tecniche di
modificazione dell�ambiente naturale per scopi militari o per qualsiasi
altro scopo ostile del 1977 (ENMOD), e nello stesso anno la necessit�
di proteggere l�ambiente naturale duranti i conflitti armati spinse i
negoziatori a inserire specifiche norme nel I Protocollo addizionale
alle Convenzioni di Ginevra del 1949.
Ancora ingenti danni derivano dall�utilizzo di tecniche di
distruzione �attiva�, tramite le quali l�ambiente viene volontariamente
distrutto per nuocere al nemico. Basti pensare alle tecniche di terra
bruciata, all�area-denial che consiste nella distruzione di quelle aree
naturali soprattutto boscose che consentono al nemico di spostarsi da
una parte all�altra del territorio senza essere controllati. Sempre
durante la guerra del Vietnam furono utilizzati agenti chimici
altamente tossici, come l�Agent Orange, il Napalm, l�arsenico, la
diossina ed erbicidi per bruciare le foreste di mangrovie
2
, in modo da
2
E� stato calcolate che in questo modo siano state distrutte o seriamente danneggiate oltre il 54%
9
stanare i guerriglieri e togliere loro la protezione naturale che in esse
trovarono. Funzione simile ha la distruzione di dighe e argini per
inondare il proprio territorio o quello nemico in modo da impedirne
l�avanzata, come successe durante la seconda guerra sino-giapponese
del 1937-1945 durante la quale pi� di 4000 villaggi cinesi furono
inondati.
Altre volte l�ambiente subisce danni collaterali (tecniche di
distruzione �passiva�) causati dagli attacchi diretti contro
infrastrutture industriali in quanto complessi di supporto alle attivit�
militari, o colpite per compromettere l�economia del paese nemico. A
tal fine durante la guerra del Golfo Persico
3
l�Iraq incendi�
volontariamente 788 pozzi petroliferi del Kuwait su 943, usando
cariche esplosive poste alla loro base. Gli incendi causarono
l�emissione di particelle di idrocarburi e gas di combustione
nell�atmosfera che ricaddero su terra e mare, la temperatura si abbass�
di circa 10� e nubi tossiche coprirono il cielo del Kuwait per mesi,
pioggia acida cadde su Bulgaria, Iraq, Kuwait e Afghanistan.
L�estensione degli effetti che questo inquinamento ha avuto sulla
salute delle persone e sull�ambiente � tuttora ignota. Ancora, furono
versati in mare da 6 a 11 milioni di barili di petrolio, di cui una parte
evapor� subito e il resto si divise in placche di piccole dimensioni. A
delle foreste di mangrovie vietnamiti.
3
Il Rapporto Farah, UN Doc. S/22535, redatto poco dopo la fine della guerra, contiene una
dettagliata analisi ed una valutazione in percentuali di gravit� dei danni causati dall�invasione e
dall�occupazione irachena del Kuwait. Si veda anche ARKIN, �The Environmental Threat of
Military Operations�, in GRUNAWALT, KING e MCCLAIN, cit. supra nota 1, p. 116 ss.
10
distanza di anni ancora non si � in grado di stabilire con certezza quali
conseguenze questa azione abbia causato sull�ecosistema marino.
Un�ultima categoria riguarda i danni ambientali non
direttamente causati dalle strategie belliche. Si pensi alle mine
inesplose a terra e in mare, all�uso di bombe a grappolo
4
, alla
distruzione causata dal passaggio di veicoli corazzati e
all�inquinamento provocato da fortificazioni, trincee e infrastrutture
militari, in cui vengono trasferite intere citt�, con migliaia di abitanti.
1.1 I DANNI CAUSATI DALLA COALIZIONE NATO ALL’AMBIENTE
NATURALE DURANTE LA GUERRA DEL KOSOVO
Altro bollettino di distruzione ambientale � stata molto di
recente la guerra del Kosovo, conflitto interno fra la Repubblica
Federale di Iugoslavia e la provincia autonoma del Kosovo
internazionalizzato dall�intervento della NATO, la cui componente
�umanitaria� ha legittimato, in un certo senso, agli occhi del mondo i
disastri ambientali causati nonostante la pretesa NATO che i
bombardamenti chirurgici non comportassero, per la loro precisione,
danni elevati.
Delle conseguenze sull�ambiente dei bombardamenti alle
raffinerie di petrolio, del rilascio di sostanze tossiche nel Danubio,
4
Si veda LINHARD, �Protection of the Environment During Armed Conflict and Other Military
Operations�, in ibidem, p. 57 ss., p. 59 ss.
11
nell�atmosfera e sul terreno, dei crateri provocati da bombe lanciate su
aree protette, dell�inquinamento transfrontaliero nei paesi confinanti
5
,
di tutto ci� si � occupata la UNEP/UNCHS Balkans Task Force (BTF)
che dal maggio del 1999 ha compiuto rilevamenti sul territorio della
Repubblica Federale di Iugoslavia per valutare i danni ambientali
provocati dal conflitto. Risultato del lavoro della BTF � il rapporto
�The Kosovo Conflict. Consequences for the Environment and
Human Settlements�
6
, che si occupa particolarmente dei danni causati
dagli attacchi aerei nelle zone industriali
7
, delle conseguenze per il
Danubio, dei pregiudizi alla biodiversit� nelle aree protette. Uno degli
ostacoli maggiori in cui si � imbattuta la BTF � stato la mancanza di
rilevazioni ufficiali dei livelli di inquinamento ambientale precedente
al conflitto, per cui � stato difficile in alcuni casi discernere
inquinamento creato dai bombardamenti NATO da quello
preesistente
8
. Il rapporto individua quattro aree (�hot spots�) con un
livello d�inquinamento molto elevato, a Pančevo, Kragujevac, Novi
Sad e Bor. L�attacco NATO all�area industriale di Pančevo, in
particolare ad una raffineria di petrolio, ad un�industria petrolchimica
e ad una di fertilizzanti, hanno provocato la dispersione di
5
In particolare Bulgaria e Romania, paesi attraversati dal Danubio.
6
Il rapporto � pubblicato su internet, nel sito http//:www.grid.unep.ch/btf, visitato il 15.04.2000.
7
Si vedano i comunicati stampa della Croce verde internazionale, GORBACHEV �Concerns About
the Environment in the Aftermath of the Kosovo Conflict�; idem, �Environmental Implications of
the Hostilities in Yugoslavia�; GREEN CROSS INTERNATIONAL, �Position Paper on the Balkans
Environmental Situation as on January 20
th
2000�, tutti pubblicati su internet nel sito
http//:www.greencross.ch, visitato il 14.03.2001.
8
Si veda il rapporto BTF, cit. supra nota 6, p. 26: �public partecipation in environmental matters
has to be considered as underdeveloped�; si veda anche BRUCH, e AUSTIN, �The 1999 Kosovo
Conflict: Unresolved Issues in Addressing the Environmental Consequences of War�,
12
etilendicloroetano e mercurio
9
; 80000 tonnellate bruciate di petrolio e
derivati hanno rilasciato diossido di zolfo e altri gas nocivi, che
possono causare piogge acide che danneggino agricoltura e foreste
10
;
nell�acqua del canale che porta al Danubio � stata inoltre rilevata
un�alta concentrazione di dicloroetano
11
, che pu� contaminare l�acqua
potabile e creare seri danni all�ecosistema fluviale. La fuliggine degli
incendi ha prodotto per le strade di Pančevo e nei territori circostanti
uno strato oleoso nero di qualche centimetro che ha ricoperto ogni
cosa. I fumi prodotti dagli incendi sono giunti fino in Finlandia ed
hanno prodotto piogge acide in mezza Europa.
A Kragujevac, il bombardamento di una fabbrica
automobilistica ha provocato il rilascio di bifenili policlorurati
12
,
sostanze probabilmente cancerogene colpevoli di gravissimi danni al
sistema nervoso, riproduttivo ed immunitario sia di animali che di
persone. A Novi Sad, dodici bombardamenti ad una raffineria situata
vicino al Danubio hanno causato l�incendio del 90% del petrolio, il
restante 10 � finito nelle acque del canale che conduce al fiume. A
Bor, ultima area indicata dalla BTF come zona ad alto rischio
ambientale, sono stati colpiti i trasformatori ed i condensatori che
Environmental Law Reporter, 2000, p. 12 ss.
9
Metallo altamente tossico anche a basse concentrazioni, che rilasciato nell�ambiente assume
forma organica di metile mercurio entrando nella catena alimentare, si veda il rapporto BTF, cit.
supra nota 6, p. 93 e s.
10
A seguito dei numerosi bombardamenti NATO, le nubi tossiche hanno riversato pioggia nera
sulle zone industriali della citt�.
11
Ha effetti tossici su fauna e flora marine anche a basse concentrazioni, si veda il rapporto BTF,
cit. supra nota 6, p. 91.
12
Rilasciati nell�ambiente vengono ingeriti da animali dove si accumulano sotto forma di grassi per
periodi lunghissimi, passano da madre a figlio via placenta o tramite latte materno, ibidem, p. 95 s.
13
fornivano energia elettrica ad una miniera di rame e ad una fonderia.
Le esplosioni hanno causato la fuoriuscita del petrolio e dei bifenili
policlorurati
13
e diossido di zolfo
14
in essi contenuti.
La maggior parte degli stabilimenti bombardati sono situati sul
Danubio, o su affluenti o canali che sfociano in esso. � facile dunque
immaginare che buona parte delle sostanze disperse dalle industrie
colpite si siano riversate nel fiume con grave danno per il suo
ecosistema e per gli Stati da esso attraversati, Bulgaria e Romania.
Data la carenza di rilevamenti sulla qualit� dell�acqua precedenti al
conflitto
15
la BTF non � riuscita a distinguere con esattezza quali
danni siano stati causati dai bombardamenti, quali dalle normali
attivit� industriali della Repubblica Federale di Iugoslavia precedenti
al conflitto, e quali ancora quelli prodotti da inquinamento
proveniente da altre nazioni. Resta comunque il fatto che sicuramente
buona parte del degrado ambientale � stato arrecato dal conflitto e che
la situazione attuale � di elevato rischio per la biodiversit� del fiume e
per la salute umana
16
.
La regione balcanica � di particolare importanza per la
conservazione della biodiversit� di varie specie animali e vegetali. La
13
I bifenili policlorurati sono sostanze altamente tossiche, utilizzate in passato negli stabilimenti
per la produzione di energia elettrica. Vennero proibiti intorno alla met� degli anni ottanta, ma
continuarono ad essere utilizzati negli stabilimenti costruiti precedentemente al divieto. Ibidem, p.
95 s.
14
Ibidem, p. 50 ss.
15
Solo di recente, nel 1998, � entrata in vigore la Convezione sulla cooperazione per la protezione
e l�uso sostenibile del danubio (Danube River Protection Convention), ma di questa convenzione la
Repubblica Federale di Iugoslavia non � parte. Ibidem, p. 81.
16
�There is the evidence of long-term chronic pollution of the Danube in the Federal Republic of
Yugoslavia�, ibidem, p. 61.
14
sua posizione, punto di incontro fra diverse aree geografiche, la
variet� climatica e geologica, e il basso tasso di sfruttamento del
suolo ne fanno una importantissima ricchezza per l�Europa
17
. Durante
il conflitto sono state danneggiate dai bombardamenti molte aree
protette
18
, come il Fruska Gora National Park ed il Kopaonik National
Park in Serbia, che hanno creato vasti crateri in vari punti dei parchi
19
.
Il terreno all�interno del cratere e nelle sue vicinanze diventa
praticamente inutilizzabile per centinaia se non migliaia di anni: �
questo infatti il tempo necessario a far ricrescere uno strato di humus
di circa 20 cm, fondamentale per la sopravvivenza e lo sviluppo di
flora e fauna. Nel parco nazionale di Fruska Gora i crateri sono pi� di
1.000. Il rapporto giunge per� alla conclusione che non vi siano stati
danni tali da intaccare la biodiversit� della regione a livelli
�significativi�.
In conclusione alla sua analisi, la BTF pur ammettendo che in
alcune zone in particolare i danni ambientali siano stati elevati, non li
ha ritenuti tali da parlare di catastrofe ecologica: �the Kosovo conflict
has not caused an environmental catastrophe affecting the Balkans
region as a whole. Nevertheless, pollution detected at some sites is
serious and poses a threat to human health�
20
. Una simile conclusione
17
Ibidem, p. 63 ss.
18
Stando alle affermazioni della NATO, sono state attaccati solo gli obiettivi militari e strategici
all�interno di queste aree, ibidem, p. 63.
19
Secondo diverse stime una bomba di 240 Kg produce in media un cratere di 4 metri di
profondit� ed 8 metri di diametro.
20
Ibidem, p. 10.
15
sembra trascurare il fatto che i danni ambientali causati durante la
guerra nel Kosovo siano comunque stati molto ingenti e pare
suggerire che tali danni siano consentiti durante i conflitti armati a
meno che non assurgano a catastrofe ecologica, sollevando il
problema di quale sia il limite di danno accettabile, nel tentativo di
contemperare esigenze militari e protezione ambientale. Se pare poco
realistico sperare in un generale divieto di causare danni all�ambiente
naturale durante i conflitti armati, viste le inevitabili distruzioni che la
guerra comporta, d�altra parte porre la soglia di danno tollerabile ai
livelli di catastrofe ecologica, o a quelli, come vedremo, contenuti
nelle convenzioni di diritto umanitario esistenti, vuol dire di fatto
negare protezione all�ambiente.
16
2. LE NORME RELATIVE AI CONFLITTI ARMATI
Nel diritto internazionale si distingue tradizionalmente fra
diritto applicabile in tempo di pace, o diritto internazionale �comune�,
e le norme di carattere eccezionale applicabili in tempo di guerra. Al
diritto di pace appartengono le norme di ius ad bellum, che
disciplinano l�uso della forza in generale e la legittimit� del ricorso
alla forza armata; mentre sono definite ius in bello le norme
riguardanti gli strumenti e i metodi di conduzione di una guerra, che
impongono limiti e stabiliscono regole al fine di bilanciare il successo
militare e la salvaguardia di valori fondamentali, primo fra tutti la
dignit� umana. La nostra attenzione sar� focalizzata principalmente
sullo ius in bello, che contiene, nei limiti che poi vedremo, alcune
norme in grado di garantire un certo livello di protezione ambientale.
Tuttavia, la correlazione esistente fra questo e lo ius ad bellum
impone una trattazione seppur sintetica di entrambi, per poi verificare
l�interazione fra i due gruppi di norme e la loro rilevanza ai nostri fini.
2.1 IUS AD BELLUM
21
21
Per un approfondito excursus sull�evoluzione storica della nozione di ius ad bellum si veda
17
Abbiamo definito ius ad bellum il diritto che disciplina �la
minaccia o l�uso della forza�. Questa locuzione � in realt� molto
recente, risale alla Carta delle Nazioni Unite, documento che ha
segnato il confine fra la tradizionale concezione di guerra e quella
presente di conflitto armato.
In passato, il diritto di uno Stato di ricorrere alla guerra, sia per
la tutela di propri diritti ritenuti lesi o anche solamente minacciati, che
per la salvaguardia di meri interessi, era praticamente illimitato
22
. Lo
stato di guerra iniziava con una formale dichiarazione al nemico
secondo quanto disposto nella III convenzione dell�Aja del 1907 o a
seguito di comportamenti concludenti, esempio classico � quello di un
attacco armato contro il territorio dello Stato nemico, tali da
manifestare inequivocabilmente l� animus belligerendi
23
, ossia la
volont� delle parti di muovere guerra.
CANSACCHI, Nozioni di diritto bellico, Torino, 1973; DINSTEIN, War, Aggression and Self-defence,
2nd ed, Cambridge, 1994; GREEN, Essays on the Modern Law of War, 2nd ed., Aldershot, 1999,
pp. 1-40; MC COUBREY e WHITE, International Law and Armed Conflict, Aldershot, 1992;
PARTSCH, �Armed Conflict�, Encyclopedia of Public International Law p. 25 ss.; RONZITTI, Diritto
internazionale dei conflitti armati, Torino, 1998, pp. 21-30 e 91-98.
22
Si veda FRIGESSI DI RATTALMA, �La comunit� degli Stati e la guerra. Dalla libert� di muovere
guerra alla guerra come illecito internazionale: alcune considerazioni in margine alla guerra del
Golfo�, in Bonvecchio, (ed) Il nuovo volto di ares o il simbolico nella guerra post moderna. Profili
di simbolica politico-giuridica, Padova, 1999, pp. 27-49, a p. 27 ss.; VENTURINI, Necessit� e
proporzionalit� nell�uso della forza militare in diritto internazionale, Milano, 1988, p. 39 ss. e p.
75.
23
Inteso in vari modi in dottrina, per Oppenheim consiste nella volont� di sottomettere il nemico,
per Dinstein anche un obiettivo pi� limitato pu� essere considerato guerra, si veda RONZITTI, cit.