6
La funzione principale del sistema brevettuale è quella di incentivare
la ricerca, l’attività inventiva e il progresso tecnico attraverso la
remunerazione dei costi sostenuti, garantita dal diritto esclusivo di
sfruttare l’invenzione.
Questo tipo di tutela è nato e si è sviluppato per offrire una protezione
giuridica alle invenzioni della meccanica, l’unico settore della tecnica
che, fino a qualche decennio fa, produceva invenzioni.
Progressivamente il sistema è stato esteso a invenzioni provenienti da
altri campi: la chimica, l’elettrologia, l’elettronica e l’informatica.
Oggi il problema si pone nei confronti delle biotecnologie, tecniche
che utilizzano o causano mutamenti organici in materiale biologico, in
microrganismi, piante o animali. Il rapido progresso scientifico in
questo campo ha condotto alla realizzazione di innovazioni che hanno
ricadute scientifiche ed economiche sempre più importanti.
Attualmente le principali applicazioni riguardano la produzione di
sostanze destinate all’industria chimico-farmaceutica (per terapia e
diagnostica) e la produzione di organismi geneticamente modificati
utilizzati in campo agro-alimentare (piante più resistenti agli insetti,
agli erbicidi, ai virus e ai funghi).
7
La rilevanza dei risultati della ricerca biotecnologica ha imposto
all’ordine del giorno i temi della loro sicurezza (per la salute umana e
per l’ecosistema) e della loro protezione giuridica. In merito a
quest’ultimo punto, la Comunità europea, dopo aver preso atto in più
occasioni della necessità di armonizzare le legislazioni nazionali sulla
proprietà intellettuale, ha adottato la direttiva 98/44/CE sulla
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. All’adozione
della direttiva si è arrivati dopo una lunga e travagliata fase di
approvazione, durante la quale la prima proposta, presentata nel 1988,
si è arenata davanti al Parlamento europeo a causa delle divergenti
interpretazioni di questioni di ordine etico. La particolarità di questo
tipo di invenzioni, caratterizzate da un nesso intrinseco con il
materiale biologico, ha sollevato infatti vigorose opposizioni sul piano
etico da parte di coloro che giudicano non ammissibile, in linea di
principio, la brevettabilità del “vivente” e temono un depauperamento
delle risorse genetiche del pianeta (c.d. biodiversità).
Mentre Stati Uniti e Giappone hanno demandato alla giurisprudenza il
compito di adeguare la legislazione brevettuale esistente alle
specificità del trovato biotecnologico, la Commissione ha preferito
elaborare una disciplina che fa capo al diritto classico dei brevetti ma
8
lo modifica sotto diversi profili per adeguarlo alle caratteristiche del
fenomeno. L’obiettivo della Comunità europea è quello di creare le
condizioni per una migliore circolazione dei prodotti biotecnologici in
modo da contrastare l’attuale dominio delle società statunitensi che
detengono gran parte dei brevetti nel settore.
In questo lavoro si è cercato di analizzare le scelte compiute dal
legislatore comunitario per adattare l’istituto brevettuale alle
caratteristiche del trovato biotecnologico. L’attenzione è stata rivolta
all’interpretazione data ai concetti classici del diritto dei brevetti
(invenzione, scoperta, novità, attività inventiva ecc.) applicati alla
materia vivente ed autoriproducibile, facendo costante riferimento alla
prassi sviluppata dagli organi dell’Ufficio europeo dei brevetti. Tali
principi hanno infatti profondamente influenzato le disposizioni della
direttiva, quantunque non sussista giuridicamente alcun vincolo tra
l’Organizzazione europea dei brevetti e l’Unione europea.
Inoltre, si è delineato il complesso contesto giuridico internazionale in
cui si è inserita la direttiva 98/44/CE, esaminando, in primo luogo, le
regole dettate dalla Convenzione sul brevetto europeo (il principale
strumento normativo europeo in materia di proprietà intellettuale) e
secondariamente gli altri accordi internazionali, in particolare la
9
Convenzione UPOV per la protezione delle novità vegetali. Esame
necessario poiché le legislazioni, sul brevetto per “invenzioni” e sulla
“protezione delle novità vegetali”, costituiscono due forme di
protezione della proprietà industriale sottoposte a regimi giuridici
diversi in considerazione dell’oggetto della tutela e dei requisiti
richiesti per beneficiare di tale protezione.
Passando ad un esame più analitico del presente lavoro, si è tentato,
preliminarmente, di introdurre i concetti di base del complicato mondo
delle biotecnologie e di presentare le straordinarie innovazioni
prodotte dalla ricerca, senza trascurare gli interrogativi che esse
sollevano. Alle misure di regolamentazione e controllo delle varie
applicazioni è dedicato il 2° capitolo, dove si tracciato un quadro della
legislazione comunitaria di sicurezza in materia di biotecnologie.
Le perplessità e le resistenze verso determinati impieghi delle
moderne tecniche di ingegneria genetica hanno profondamente
segnato anche l’iter legislativo della direttiva. Nel 3° capitolo si è
visto il modo in cui ciascuna istituzione comunitaria ha contribuito
all’elaborazione del testo definitivo della direttiva.
Nel 4° capitolo sono stati esaminati gli accordi internazionali in vigore
negli Stati membri (in particolare l’Accordo TRIPS e la Convenzione
10
sulla diversità biologica) nei cui confronti la direttiva dichiara la
propria compatibilità. Nel capitolo successivo si sono illustrati i
principi fondamentali della direttiva 98/44/CE: la brevettabilità delle
invenzioni che hanno ad oggetto un prodotto consistente in materiale
biologico o che lo contiene, la brevettabilità degli elementi isolati dal
corpo umano, la disciplina relativa alle varietà vegetali, le razze
animali ecc.
Nei confronti della direttiva è pendente un ricorso, presentato dai
Paesi Bassi e appoggiato dall’Italia, che verte essenzialmente sulla
erronea individuazione del fondamento giuridico e sulla supposta
violazione della dignità umana a causa della possibilità di brevettare
singole parti del corpo umano. Un esame di ciascuno dei motivi del
ricorso è svolto nel 6° capitolo.
Allo stato, risulta che soltanto quattro Stati membri hanno recepito la
direttiva in questione (Danimarca, Irlanda, Regno Unito e Finlandia).
All’esito del ricorso è subordinato il recepimento della direttiva
nell’ordinamento giuridico nazionale da parte del Parlamento italiano,
sulla base di un disegno di legge al momento in corso di esame in
Commissione Industria, commercio, turismo. Agli orientamenti del
11
governo italiano e al recepimento della direttiva è dedicato il capitolo
finale.
12
Capitolo primo.
CHE COSA SONO LE BIOTECNOLOGIE?
1.1 I concetti di base.
Il termine biotecnologie indica “l’insieme delle tecniche che utilizzano
organismi viventi o parti di essi, per realizzare o modificare prodotti,
per migliorare le caratteristiche di piante o animali, per sviluppare
microrganismi o organismi destinati ad usi specifici”
1
.
Le biotecnologie si basano sull’integrazione di principi di biologia, di
biochimica, di microbiologia, di genetica, di ingegneria chimica e di
processo ecc. Rappresentano quindi un settore della scienza altamente
multidisciplinare poiché coinvolgono i contributi delle bioscienze nel
loro complesso.
I successi e le promesse delle biotecnologie sono resi possibili dai
progressi dell’ingegneria genetica, una scienza che si è specializzata in
una serie di metodologie sperimentali rivolte all’isolamento, alla
1
Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI), doc.
BIOT/CE/II/2, Rapporto per la seconda sessione del comitato d’esperti, Ginevra,
1985, par. 27.
13
caratterizzazione e alla manipolazione dei geni. I geni sono frammenti
di DNA (acido desossiribonucleico), composto che incorpora
l’informazione genetica di quasi tutti gli organismi. Esso è contenuto
nel nucleo della cellula ed è organizzato in strutture dette cromosomi
2
. Il DNA è composto da due lunghi filamenti associati l’uno
all’altro in modo tale da formare una struttura a doppia elica, ciascun
filamento è costituito da moltissime unità dette nucleotidi. Ogni
nucleotide è a sua volta composto da molecole alternantisi di zucchero
(il desossiribosio) e fosfato, con una base azotata attaccata ad ogni
unità di desossiribosio. Le basi che sporgono da ciascun filamento
sono di quattro diversi tipi, individuati dalle lettere A, G, C e T
(iniziali dei loro nomi: adenina, guanina, citosina e timina). Le due
catene di DNA sono tenute assieme da legami chimici specifici tra
queste basi: A si lega solo a T e G si lega solo a C, pertanto sono
possibili solo due coppie di basi. L’informazione genetica dipende
dalla sequenza delle basi, così come il significato di un testo scritto
dipende dalla successione delle lettere che lo compongono e che
formano le parole
3
. Questo lungo messaggio biologico è
2
V. DULBECCO, I geni e il nostro futuro, Milano, 1995, p. 11.
3
V. DULBECCO, op. cit., pp. 14-16.
14
scomponibile in una serie di istruzioni specifiche o messaggi, dotati di
senso compiuto. Ciascuno di questi messaggi è un gene. Il complesso
dei geni costituisce il patrimonio genetico o genoma.
La complessità di questo patrimonio, valutata in numero di geni,
aumenta con la varietà delle funzioni da assicurare. Tre-quattromila
geni sono sufficienti ad un batterio per vivere e proliferare, le piante
ne hanno circa ventimila, i mammiferi centomila. La pubblicazione
della “mappa” del codice genetico umano ad opera sia del consorzio
pubblico di ricercatori internazionali impegnati nel Progetto Genoma
Umano, sia dell’industria privata americana Celera Genomics, ha
evidenziato che i geni presenti nel DNA umano sono circa 30-40
mila, un numero nettamente inferiore a quanto ipotizzato in
precedenza
4
.
Ogni gene è depositario dei comandi che fanno fabbricare alla cellula
una determinata proteina. Esse sono composte da unità più semplici
chiamate aminoacidi, il cui numero varia da una proteina all’altra:
nella maggior parte dei casi è compreso fra 100 e 300 circa. Gli
aminoacidi, alcuni dei quali si somigliano per funzioni e struttura,
4
V. Corriere delle Sera del 12 febbraio 2001.
15
sono legati l’uno all’altro da un legame detto peptidico. Le proteine
sono i costituenti fondamentali di tutti i sistemi biologici, dai più
semplici microrganismi alle cellule e agli organi degli esseri più
evoluti. Possono essere sia strutturali che funzionali, come per
esempio gli enzimi, che sono indispensabili per moltissime reazioni
chimiche che la cellula deve svolgere. Fra queste rientrano quasi tutte
le funzioni metaboliche, inclusa la sintesi di sostanze necessarie alla
vita, come gli zuccheri, i grassi e gli acidi nucleici. Ogni enzima può
quindi influire in modo decisivo sulle proprietà di un organismo. Per
limitarsi ad un esempio di interesse economico, se un batterio è fornito
di un certo enzima può essere in grado di trasformare una sostanza in
un determinato modo; oppure se un batterio è in grado di produrre una
maggiore quantità di enzima, quella reazione si può incrementare di
migliaia o anche milioni di volte
5
.
Attraverso le tecniche di ingegneria genetica gli scienziati possono
prelevare materiale genetico da un organismo e trasferirlo in un altro.
Ad esempio una pianta resistente ai parassiti si ottiene prendendo da
un batterio il gene che fa produrre una proteina insetticida e lo si
5
V. GHIDINI, HASSAN, Biotecnologie novità vegetali e brevetti, Milano, 1990,
p. 3 e ss.
16
trasferisce ad un altro batterio, innocuo. Si infetta poi la pianta con
quest’ultimo. Il gene in questione viene così acquisito dalla pianta, che
diventa a sua volta insetticida. Si ottengono in questo modo organismi
geneticamente modificati (OGM), esseri viventi il cui patrimonio
genetico è stato modificato allo scopo di ottenere caratteristiche
particolari che non si sarebbero mai potute sviluppare in natura.
1.2 Cenni storici.
Se intendiamo le biotecnologie nel senso più lato del termine e cioè
l’utilizzazione di organismi viventi o parti di essi per produrre
sostanze utili all’uomo, usiamo una parola nuova per descrivere una
disciplina antica.
I procedimenti che sfruttano microrganismi sono stati impiegati sin
dall’antichità: la produzione di birra era già nota prima del 6000 a.c. a
sumeri e babilonesi, gli egiziani scoprirono nel 4000 a.c. che
l’anidride carbonica generata dal lievito di birra fa lievitare il pane,
riferimenti al vino prodotto dalla fermentazione si trovano nella
17
genesi
6
. Ovviamente queste civiltà non conoscevano i meccanismi
biologici (lievitazione, fermentazione, ecc.) che sono alla base della
trasformazione di prodotti naturali in cibi e bevande e cioè che
venissero utilizzati specifici organismi viventi.
L’uomo, inoltre, ha sempre influenzato le caratteristiche genetiche
delle altre specie attraverso tecniche naturali affinché assumessero
caratteristiche utili. Ha addomesticato cani, cavalli, buoi favorendo
l’accoppiamento di razze selvatiche con altre più mansuete e
produttive; ha favorito l’incrocio di piante di grano più produttive con
altre robuste ma povere di semi ecc. I metodi sono però sempre
rimasti empirici.
Nel corso del XVII secolo con la costruzione del primo microscopio e
l’osservazione del mondo microbico fu possibile ipotizzare il ruolo
svolto dai microrganismi in questi processi. Intorno alla metà del
secolo scorso Luis Pasteur, che può essere considerato il padre della
biotecnologia, riuscì a descrivere processi come la fermentazione
individuando i microrganismi (batteri, lieviti) responsabili della
trasformazione di sostanze alimentari in birra, vino e aceto.
6
V. ASSANTI, Profili della brevettabilità dei microrganismi,in Rivista di diritto
industriale, 1983, I, p. 35
18
Successivamente gli scienziati hanno iniziato a selezionare i
microrganismi più attivi
7
.
Più in generale si può dire che le moderne biotecnologie sono nate
grazie agli strumenti che hanno permesso di chiarire notevolmente la
struttura e le funzioni della cellula, fino a dissezionarla a livello
molecolare. Gli esperimenti più significativi che hanno posto le basi
dell’attuale ingegneria genetica sono stati: le ricerche di Griffith nel
1928 su alcune specie di batteri; la scoperta da parte di Watson e
Crick, nel 1953, del processo di duplicazione del DNA e il primo
esperimento di ricombinazione del DNA compiuto nel 1973 negli
Stati Uniti, all’Università di Standford
8
. Il 1973 può pertanto essere
considerato come l’anno di nascita dell’ingegneria genetica che si può
definire come “l’insieme di tutte quelle tecniche che permettono di
isolare singoli geni, modificarli, riarrangiarli se necessario, e introdurli
nuovamente in modo stabile e funzionante in altre cellule spesso
diverse da quelle di origine”
9
.
7
V. POLI, Biotecnologie, Milano, 1997, p. 25 e ss.
8
V. PARISI, SPALLA, La rivoluzione biotecnologica: processi, prodotti e
promesse, Milano, 1985, p. 17
9
ibid.
19
1.3 Le possibili applicazioni
Le biotecnologie attualmente trovano applicazione in svariati campi e
presentano una grande potenzialità di sviluppo, soprattutto dopo
l’annuncio, dato il 26 giugno scorso, del completamento, al 97 per
cento, della mappatura del genoma umano. I sofisticati computer
utilizzati dai ricercatori impegnati nel Progetto Genoma Umano
(partito nel 1989) e dalla Celera Genomics hanno permesso di leggere
i tre miliardi di lettere con le quali è scritto il codice genetico
dell’uomo. La scoperta, anche se non avrà ricadute pratiche
immediate, è stata salutata come una delle maggiori rivoluzioni per
l’umanità. Gli scienziati ritengono che la conoscenza di queste
istruzioni biologiche permetterà di completare l’elenco dei geni
responsabili dei difetti genetici più gravi e di approfondire gli studi di
quelle malattie che dipendono dall’azione di più geni (diabete,
ipertensione, malattie cardio-circolatorie, malattie degenerative del
sistema nervoso, vari tipi di tumore ecc.). I più lungimiranti hanno
previsto l’avvento di una medicina calibrata per ogni singolo
individuo sulla base delle informazioni genetiche
10
.
10
V. Corriere della Sera del 27 giugno 2000.