4
L’opinione pubblica è probabilmente ancora in fase di
formazione: molti pensano di vivere in un mondo dove tutto si
svolge in maniera lecita e pulita, dove tutti i bambini nascono in
famiglie agiate, giocano, poi studiano, e quindi finita
l’università vanno a lavorare.
Tuttavia non è sempre così: anche da noi, soprattutto al
Sud, ma il Nord non è da meno
1
, esistono casi di lavoro minorile
e quindi molte volte d’abbandono scolastico anticipato.
Sottolineando che non è facile né da riscontrare, (essendo
questo, soprattutto se coinvolge minori inferiori ai quindici anni,
illecito) né da individuare, il lavoro di questa tesi vorrà, in
maniera chiara e nello stesso tempo concisa ancorché penetrante,
rilevare le sopraddette anomalie.
Non esistono dati certi sui diversi settori di lavoro in cui
venivano e vengono inseriti illegalmente i minori
2
.E’ per questo
possibile tracciare solo linee di massima, orientative sugli
andamenti nel tempo e nello spazio delle tipologie di lavoro
minorile.
1
Cfr. Negrelli, Minori sfruttati, Pietro Seveso ed., Milano, 1982, pag. 18 e ss.
2
Vedi “Il Giornale” numeri dal 5 al 12 Febbraio 1998.
5
Nel passato recente i minori venivano impiegati nelle
piccole imprese tessili, delle confezioni e dei generi alimentari
3
.
Il settore con maggiore richiesta di manodopera infantile
restava comunque quello agricolo.
Una connotazione di sfruttamento pesante, con salari
miseri ed orario di lavoro estenuante, trova spiegazione nel
binomio lavoro minorile – bisogno economico familiare, tipico
della precedente situazione socio-economica italiana.
Oggi un simile discorso non dovrebbe più essere possibile:
la sempre crescente meccanizzazione e l’avanzamento
tecnologico, da un lato spingono ad un calo occupazionale nel
settore agricolo e industriale, dall’altro ad una domanda sempre
maggiore di manodopera qualificata. Inoltre è quasi superato il
modello in base al quale il minore è costretto a lavorare per
impellenti necessità familiari.
Se il minore decide di inserirsi precocemente nel mondo
del lavoro può anche avere la possibilità di scegliere attività più
gratificanti per lui e certamente meno pesanti di quelle del
passato.
3
Relazione Unicef , n° 2, anno 1997.
6
Non sempre però al ragazzo è concessa tanta fortuna e
allora la scelta ricade su lavori non solo illeciti ma anche
pericolosi.
Se quindi, in generale, gli infortuni sul lavoro sono un
serio problema per la collettività, ancor di più, lo sono quelli
dei minori di quattordici anni, addirittura sanzionabili
penalmente. E’ per questo lecito supporre che, essendo le cifre a
disposizione riferite a casi per i quali il datore di lavoro non ha
potuto fare a meno di denunciare il sinistro avvenuto, il
fenomeno sia molto più diffuso di quanto si possa ipotizzare in
un primo momento.
Per questo è stato necessario fidarsi dei dati e delle notizie
ufficiose raccolte tramite inchieste e studi condotti da
associazioni o privati.
Dalla lettura delle tabelle I.N.A.I.L.
4
, si assiste ad un
aumento progressivo e costante del numero degli infortuni
denunciati relativi ai minori di quattordici anni per gli anni
1987-1991; al contrario, per gli anni 1992-1993, si registra una
loro diminuzione (nel complesso, tra il 1986 e il 1993, gli
4
Documentazione citata nel capitolo 3 § 3.2.2.
7
infortuni che riguardano minori di quattordici anni, sono stati,
16.660, equivalente allo 0,2% del totale degli infortuni).
Ad un’analisi approfondita dei dati, risulta chiaro che il
quadro d’insieme è molto più complesso e suscettibile di
cambiamenti di quanto le cifre e le statistiche ufficiali rivelino.
L’elemento più sconcertante, e da tenere sempre più
presente, è la pressoché totale “invisibilità” di cui godono,
nell’ambito delle rivelazioni statistiche ufficiali, i giovanissimi.
Si può facilmente affermare che, tranne in rari casi, essi
semplicemente non esistono.
E’ possibile, in conclusione, sviluppare un’ulteriore ipotesi
di lavoro basata sulla valutazione del lavoro minorile in rapporto
alla dispersione scolastica, confrontata con i dati infortunistici
forniti dall’I.N.A.I.L. Da questi ultimi risulta che circa 50.000
sono i minori che lavorano in situazioni illegali, mentre
dall’analisi dei dati circa la dispersione scolastica, i “dispersi” si
possono stimare tra le 30.000 e le 50.000 unità, dal ché appare
evidente la realtà dei minori che vanno a scuola e
contemporaneamente svolgono attività lavorative.
8
Questo lavoro prenderà in considerazione, per prima cosa,
un compito che riguarda i genitori e lo Stato, cioè il dovere
d’istruzione previsto dall’art. 147 cod. civ..
“Istruire” significa fornire una serie di nozioni, cioè di
esperienze compiute secondo un certo metodo e sottoposte a
convincenti prove di controllo
5
.
L’istruzione ha pertanto un fine pratico e immediato
d’inserimento nella vita professionale e produttiva.
Proprio per rendere la scuola più “istruttiva” in questo
senso, è stata varata da giorni una nuova legge sull’innalzamento
dell’obbligo scolastico che, nel suo interno, contiene appunto
disposizioni a riguardo.
Un’attenzione speciale verrà dedicata alle varie
sfaccettature del lavoro minorile, a quello “lecito” ma anche a
quello “illecito”, nel nostro Paese ed alle proposte ed iniziative
volte ad ovviare alle conseguenze molto spesso negative che lo
stesso comporta.
5
Cfr. D. Gottardi, Le scelte professionali e lavoro familiare, in L’autonomia dei
minori tra famiglia e società, Giuffrè, Milano, 1980 pag.554 e ss.
9
Ovviamente non si tralascerà di esprimere ciò che in
questo campo avviene fuori del nostro ordinamento, il tutto con
l’intento di evidenziare la complessità e la delicatezza
dell’argomento e con la speranza di portare un piccolo
contributo utile ad una sia pur parziale soluzione dello stesso.
10
CAPITOLO 1
GENITORI E FIGLI TRA SCUOLA E LAVORO
1.1 AUTONOMIA DELLA FAMIGLIA PREVISTA DALLA
COSTITUZIONE
La portata dei principi accolti dalla Costituzione in materia
di rapporti familiari è evidente già dall'analisi letterale delle
norme degli artt. 29, 30 e 31, ove si assegna alla famiglia una
collocazione di notevole importanza.
Si riconosce alla famiglia una posizione d’autonomia
rispetto allo Stato e s’introduce il principio della parità morale e
giuridica dei coniugi, si garantiscono i diritti dei figli e si
stabiliscono provvidenze a favore dei minori in caso
d’incapacità dei genitori (artt.30, comma 2 ,e 31), si pongono sul
1.1 Autonomia della famiglia prevista dalla
Costituzione 1.2 Doveri verso i figli (ex art. 147
cod. civ.) 1.3 Famiglia e scuola nello sviluppo
culturale dei minori 1.4 Riforma della durata della
scuola dell’obbligo 1.5 Diritto di scelta da parte
del minore
11
medesimo piano i diritti dei figli legittimi e i diritti dei figli nati
fuori del matrimonio
1
.
Al principio di libertà ed autonomia della famiglia si affianca
il principio del “consenso” quale unica regola di governo dei
rapporti familiari, e ancora il principio del rispetto della
personalità dei singoli membri, ora considerati nella loro
funzione di coniugi (eguaglianza morale), ora, considerati nella
loro posizione di figli (diritto di essere educati, istruiti,
mantenuti, senza discriminazioni collegate ai diversi status).
La lettura delle disposizioni degli artt. 29, 30, 31, insieme con
quella degli artt. 2 e 3, comma 1 e 2, e degli altri dati che
concorrono a delineare il quadro dei riferimenti normativi di cui
è destinataria la famiglia, impone perciò di riconoscere in questa
seconda interpretazione l'autentica disciplina predisposta dalla
Carta fondamentale.
Secondo Bessone
2
la formula “società naturale” non si deve,
infatti, intendere come fondativa di un superiore interesse
dell'istituzione, ma più semplicemente come “garanzia
1
Cfr. Bessone, Alpa, D’Angelo, Ferrando, Spallarossa, La famiglia nel
nuovo diritto, Zanichelli, Bologna 1997, pag. 17 e ss.
2
Cfr. Bessone, Commentario della Costituzione, diretto da G. Branca, sub.
Artt. 29, 30, 31, Zanichelli, Bologna, 1976; pag. 20 ss.
12
costituzionale di rispetto dell'autonomia familiare, nel concreto
interesse dei singoli ad ordinare in modo originale e libero i loro
rapporti di famiglia”.
Secondo Sandulli
3
il principio d’indipendenza della famiglia
importa “l’autogoverno” e ”l’autonomia” di questa e perciò la
riserva, in via di principio ai coniugi delle decisioni relative alla
vita familiare.
Le norme previste dagli artt. 30 e 31 in materia di filiazione
e diritto dei minori hanno una forte portata innovativa del
sistema tradizionale, che da sempre esprime la tendenza ad
intravedere nel “minore” un soggetto privo di capacità d'agire, e
quindi necessariamente soggiogato alla volontà indiscutibile dei
genitori.
A fronte di una legislazione che dietro il diffuso
sentimentalismo verso i fanciulli nasconde la dura realtà di una
sostanziale incomprensione dei reali bisogni del minore, le
direttive della Costituzione, per Grassetti,
4
non solo escludono la
3
Cfr. A.Sandulli, Rapporti etico sociali, in Commentario al diritto italiano
della famiglia, diretto da Cian, Oppo e Trabucchi, Padova, 1992, I, pag 3
ss.
4
Cfr. Grassetti, I principi costituzionali relativi al diritto di famiglia, in
Commentario sistematico alla Costituzione, diretto da Calamandrei e Levi,
Firenze, 1950, pag. 280 e ss..
13
legittimità di metodi educativi autoritaristici, ma si propongono
di delineare un sistema nel quale al minore deve essere
assicurata la massima assistenza nel suo significato più chiaro. Il
minore nella famiglia trova la prima formazione sociale ove
necessariamente si sviluppa e matura la sua personalità, in un
clima di libertà e di scelta autonoma dei valori; e nella stessa
famiglia, prima ancora che in aggregazioni sociali più ampie gli
debbono essere garantiti i diritti civili che la Costituzione
prevede per ciascun cittadino:
ξ rispetto dei diritti inviolabili (art. 2);
ξ rispetto delle opinioni religiose (art. 8);
ξ rispetto delle opinioni politiche (artt. 17, 18, 19);
ξ manifestazione libera delle proprie opinioni (art. 21);
In questo senso Dogliotti
5
afferma che, il diritto-dovere dei
genitori, che la Costituzione loro riconosce come officium a
provvedere all'educazione, all'istruzione e al mantenimento dei
figli, non può considerarsi un diritto soggettivo assoluto, ma
anzi esso deve, proprio in quanto officium, esplicarsi nella
5
Cfr. Dogliotti, voce Dimensioni della famiglia,in Digesto, IV, disc. priv.,
vol VIII, Torino, 1992, pag 174 e ss..
14
ricerca delle migliori forme educative per assicurare al minore lo
sviluppo integrale della sua personalità, sempre però tenendo
conto che alla base d’ogni loro scelta vi è sempre l’autonomia
garantita dalla Costituzione.
1.2 DOVERI VERSO I FIGLI (EX ART. 147 COD. CIV.)
In base all’art. 29 della legge 19 maggio 1975, n° 151, è
stato modificato l’art. 147 cod. civ., risultando così la nuova
dicitura: “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo
di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle
capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”
6
.
La parola “prole” è intesa in senso lato, come evidenziato
nell’art. 30 della Costituzione laddove si dice “anche se nati
fuori del matrimonio”; tale concetto è ribadito negli artt. 261
cod. civ., il quale estende il medesimo trattamento a favore dei
figli naturali riconosciuti, e nell’art. 279, che si occupa dei figli
non riconoscibili.
6
La norma, mentre riconferma l’obbligo dei genitori di mantenere istruire
ed educare i figli, sopprime il secondo comma dell’art. 147 cod. civ. del
1942 (l’educazione e l’istruzione devono essere conformi alla morale).
15
E’ di conforto in questo senso la giurisprudenza, dove
afferma
7
che il genitore naturale, dichiarato tale con
provvedimento del giudice, non può sottrarsi alla sua
obbligazione nei confronti del figlio per la quota posta a suo
carico, ma è tenuto a provvedere, sin dal momento della nascita,
attesa la natura dichiarativa della pronuncia che accerta la
paternità naturale con la sola differenza che sino al momento
della proposizione della domanda di dichiarazione giudiziale di
paternità egli deve corrispondere all’altro genitore, in proprio, le
somme che questi ha anticipato per far fronte, da solo, al
mantenimento del figlio; mentre per il periodo successivo è
tenuto a provvedervi versando all’altro genitore l’assegno
mensile posto a suo carico.
L’obbligo è valido anche nel caso di separazione o divorzio
anche se i genitori, o uno di essi, sono passati a nuove nozze con
terzi (art. 11 della legge n° 74/1987).
Per la giurisprudenza
8
in caso di separazione o divorzio, il
genitore cui non sia stata affidata la prole conserva il diritto-
7
Cass, 28/06/1994, n° 6217 in Giust. Civ.,1994.
8
Cass., 20/01/1978, n° 259 in Giust. Civ.,1978, è da sottolineare come la sentenza
non sia unica in materia.
16
dovere di vigilare e collaborare allo sviluppo fisico e psichico
dei figli nonché alla loro educazione ed istruzione.
Soffermandoci ora sul dovere di educazione è bene dire che
questa significa riferirsi ad un valore positivo; educare vuol dire
influenzare la formazione della personalità del minore, significa
aiutarlo a realizzare le sue potenzialità.
Come riferisce Ruscello
9
la legge non fornisce indicazioni
circa il contenuto del dovere di educazione: l’unica direttiva in
materia è costituita dall’articolo in questione, il quale impone di
tenere conto “delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle
aspirazioni dei figli”.
La norma suggerisce di mantenere la discrezionalità dei
genitori il più possibile fedele alle aspirazioni e valutazioni dei
figli, in modo che solo fondate ragioni possano legittimare
scelte che se ne allontanino, ma non dispone nulla su quali
insegnamenti debbano essere impartiti, ne’ su quali limiti
incontri quella discrezionalità.
9
Cfr. Ruscello, La potestà dei genitori, rapporti personali, Commentario
Schlesinger, Milano, 1996, pag. 246 ss..
17
L’assenza di prescrizioni di contenuto, peraltro, è
pienamente giustificata dal rispetto del principio di libertà, già
citato come autogoverno della famiglia, che assegna ai soli
genitori il diritto-dovere di educare i propri figli; in omaggio a
tale principio, la funzione educativa è libera sia da interferenze
da terzi, sia da ingerenze dello Stato, ed i genitori godono della
facoltà di trasmettere insegnamenti ai figli secondo le proprie
convinzioni etiche, politiche e religiose.
Giorgianni
10
, ciò nonostante, affermava che non sembra
corretta un’estensione della libertà educativa fino al punto di
negare l’esistenza di qualunque suo limite esterno, così da
ridurre l’obbligo a quello di influire in qualsiasi modo sulla
formazione della personalità del figlio.
10
Cfr. Giorgianni,Il contratto sull’esercizio della potestà dei genitori,in
Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 1979, pag 1179 ss.