1.1 La libera circolazione delle persone come libertà fondamentale
nell’Unione Europea
“Nel processo di integrazione europea globalmente considerato, la
realizzazione di un mercato comune delle merci e dei fattori di produzione –
lavoro, servizi e capitali – ha avuto da sempre un ruolo centrale
1
”. Uno spazio
comune europeo è stato l’obbiettivo primario che i fondatori della Comunità si
sono posti e che tuttora si cerca di conseguire nella massima estensione: i
vantaggi di quest’area, se totalmente integrata, sarebbero enormi in termini
politici, economici e culturali
2
. La libertà di circolazione dei fattori produttivi nel
grande mercato caratterizzato dalla somma di tutti i mercati nazionali dei Paesi
membri, sulla base di tali condizioni, seppur non identiche a quelle che si
ritrovano nei singoli mercati nazionali, ha dunque costituito il primario fattore di
unificazione della Comunità Economica, segnandone l’ampiezza rispetto alle
classiche unioni doganali
3
.
L’art. 2 del Trattato della Comunità Europea, modificato nel 1997 dal
Trattato di Amsterdam, fissa i compiti e gli obbiettivi della Comunità, tra i quali
quello dell’instaurazione di un mercato comune e, di conseguenza, l’eliminazione
tra gli Stati membri degli ostacoli agli scambi di merci, alla circolazione delle
persone dei servizi e dei capitali.
Il diritto alla libera circolazione, sancito già dal Trattato di Roma
all’articolo 48 (oggi 39), conferisce a tutti i cittadini europei la possibilità di
spostarsi per lavorare o cercare lavoro in un altro Stato membro, al fine di aprire i
mercati di lavoro d’Europa a tutti i lavoratori della Comunità, contribuendo così
all’obbiettivo generale di pace e prosperità dell’Unione e completando lo
sviluppo del mercato unico.
1
Tesauro G., Diritto comunitario, Padova, Cedam, 2005, pag. 379.
2
Trifone L., La libera circolazione dei lavoratori ed il limite dell’ordine pubblico nella nuova
direttiva 2004/38, in Il diritto comunitario e degli scambi internazionali 2005, pag.7.
3
Condinanzi M., Lang A., Nascimbene B., Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione delle
persone, Milano,Giuffrè, 2006, pag. 26.
6
La norma esprime anche il principio che all’interno della Comunità non vi
può essere un vero spazio di libero scambio se non è data la possibilità a tutte le
persone di circolare e di rispondere ad offerte di lavoro. Malgrado l’importanza
attribuitagli, nel Trattato non si rinviene una definizione di mercato comune, che
viene data solo nel 1981 nella sentenza della Corte di Giustizia Ferries-France
4
la
quale rileva che “la nozione di mercato comune mira ad eliminare ogni intralcio
per gli scambi intercomunitari al fine di fondere i mercati nazionali in uno unico,
il più possibile simile a un vero e proprio mercato interno”
5
.
Alla realizzazione e al consolidamento del mercato comune sono
preordinate, direttamente o indirettamente, non solo la libera circolazione delle
merci, dei lavoratori, dei servizi e dei capitali, ma anche il regime di libera
concorrenza ed alcune politiche come quelle dei trasporti e dell’ambiente.
La libera circolazione delle persone è concepita come una delle libertà
economiche, attualmente regolate dagli articoli 39 e seguenti nel Titolo III del
Trattato della Comunità europea, sulle quali il mercato interno trova fondamento.
Il fine più importante e visibile del diritto di circolare all’interno della
Comunità per i lavoratori è, ovviamente, quello di favorire la distribuzione della
manodopera, consentendo ai lavoratori più efficienti e maggiormente qualificati
di ricercare nell’intero mercato comunitario condizioni di lavoro migliori rispetto
a quelle ottenute o offerte nel Paese di appartenenza
6
. La mobilità della
manodopera si configura come una delle condizioni essenziali per l’instaurazione
del mercato comune europeo e deve tuttora essere considerata come un elemento
fondamentale per il funzionamento di un’entità sovranazionale volta alla nascita
di una collaborazione sempre più stretta tra gli Stati europei e al miglioramento
delle condizioni di vita e lavoro dei cittadini.
Gli autori del Trattato hanno quindi attribuito alla Comunità europea il
4
Sentenza della Corte di Giustizia del 13 dicembre 1989, causa C-49/89, Ferries France in eur-
lex.europa.eu.
5
Tesauro G., Diritto comunitario, Padova, Cedam, 2005, pag. 380.
6
Galantino L., Diritto comunitario del lavoro, Torino, Giappichelli, 2006, pag. 90.
7
compito di promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e il
graduale ravvicinamento delle politiche degli Stati membri, uno sviluppo
armonioso delle attività economiche, un’espansione continua ed equilibrata, una
stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più
strette relazioni tra gli Stati membri. Questo obbiettivo doveva essere raggiunto
attraverso la libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei
capitali.
La Corte di Giustizia ha più volte ribadito che “gli articoli del Trattato
relativi alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali
sono norme fondamentali per la Comunità ed è vietato qualsiasi ostacolo a dette
libertà
7
”
. In particolare, la libera circolazione delle persone è oggetto di un
principio fondamentale, destinato a soddisfare l’esigenza di rendere possibile ed
agevole per i cittadini comunitari l’esercizio di un’attività lavorativa, di natura
subordinata o autonoma, nell’intero territorio comunitario così da realizzare un
mercato del lavoro su scala europea
8
.
Tra le quattro libertà fondamentali, la libera circolazione dei lavoratori è
essenziale per garantire quella mobilità della manodopera che, assicurando una
migliore allocazione delle risorse e favorendo l’integrazione tra i diversi popoli, è
garanzia di progresso economico e sociale
9
. Proprio il ruolo importante rivestito
da questa disposizione fa sì che la Corte affermi, in maniera univoca, che quelli
attribuiti dall’articolo 39 del Trattato sono diritti soggettivi che i giudici nazionali
sono tenuti a tutelare: “la suddetta norma impone agli Stati membri un obbligo
preciso, che non richiede l’emanazione di alcun ulteriore provvedimento da parte
delle istituzioni comunitarie o degli Stati membri e non consente a questi utlimi
alcuna discrezionalità sulla sua applicazione”
10
.
7
Sentenza della Corte di Giustizia del 13 dicembre 1989, causa C-49/89, Ferries France in eur-
lex.europa.eu.
8
Di Francesco A., Lezioni di diritto privato europeo del lavoro, Milano, Giuffrè, 2007, pag. 65.
9
Trifone L., La libera circolazione dei lavoratori ed il limite dell’ordine pubblico nella nuova
direttiva 2004/38, in Il diritto comunitario e degli scambi internazionali 2005, pag.7.
10
Sentenza della Corte di Giustizia del 04 dicembre 1974, causa C-41/74, Van Duyn, in eur-
lex.europa.eu.
8
Nel sistema originario della Comunità, ovvero nel Trattato istitutivo,
godevano della libertà di circolare e soggiornare nel territorio di uno Stato
membro diverso da quello di origine i lavoratori subordinati (ex articolo 48, oggi
articolo 39) e i lavoratori autonomi, questi ultimi sia che ne usufruissero per
svolgere la propria attività in modo stabile (diritto di stabilimento, ex articolo 52,
oggi articolo 43) sia che se ne avvalessero per esercitarla occasionalmente (libera
prestazione di servizi, ex articolo 59, oggi articolo 49). Nonostante le
disposizioni del Trattato dedicate alle tre categorie di beneficiari del diritto di
circolazione e soggiorno fossero contenute in tre capi distinti del medesimo titolo
e avessero un contenuto in parte diverso (differenze dovute ai vari ostacoli che
era necessario eliminare per garantire l’effettivo godimento dei diritti), la Corte
ha sviluppato un’interpretazione tendenzialmente uniforme del contenuto della
libera circolazione delle persone
11
.
La concezione della libertà di circolazione delle persone quale componente
del mercato interno ne rendeva inevitabile la costruzione quale posizione
soggettiva di derivazione comunitaria connessa allo svolgimento di un’attività
economica e perciò riconosciuta solo ai soggetti economicamente attivi.
Tale libertà incontrava un limite - prima ancora delle specifiche
disposizioni che ne consentivano l’esclusione per ragioni di ordine pubblico,
pubblica sicurezza e sanità pubblica - nell’area dei destinatari, limitata, appunto,
a chi svolgeva attività economica
12
. Agli inizi dell’esperienza comunitaria, la
distinzione tra i titolari della libertà di circolazione garantita dal Trattato e coloro
che non ne potevano fruire appariva come un’operazione netta. Gli operatori
economici erano beneficiari di tale libertà, mentre gli altri soggetti potevano
goderne solo se familiari del lavoratore. In altri termini l’esercizio della libera
circolazione era garantito solo a due categorie di persone: i soggetti
economicamente attivi e i familiari che li accompagnavano o raggiungevano.
11
Galantino L., Diritto comunitario del lavoro, Torino, Giappichelli, 2006, pag. 93.
12
Roccella M., Treu T., Diritto del lavoro della Comunità Europea, Padova, Cedam, 2007,
pag.72.
9
L’intensificazione del processo di integrazione e il mutamento dei suoi
obbiettivi hanno condotto ad un ampliamento dei destinatari delle norme sulla
libera circolazione delle persone, in parallelo con l’attenuazione della concezione
rigidamente economica della Comunità.
La libertà di circolazione delle persone, inizialmente legata al profilo
economico e professionale dei beneficiari, è stata infatti progressivamente estesa
sino a ricomprendere, oltre ai soggetti economicamente attivi quali lavoratori
subordinati ed autonomi, anche gli studenti ed i pensionati e chiunque intendesse
risiedere in uno Stato membro diverso da quello di origine, a condizione che
questi soggetti non costituissero un onere per l’assistenza sociale dello Stato
ospitante; con l’articolo 18 introdotto dal Trattato di Maastricht del 1992, questa
libertà è divenuta una prerogativa attribuita ad ogni singolo cittadino
dell’Unione
13
.
L’aspetto maggiormente innovativo del diritto di circolazione e soggiorno
quale attributo della cittadinanza dell’Unione risiede nella circostanza del suo
riconoscimento sulla sola base del presupposto della cittadinanza europea,
prescindendosi totalmente da qualsivoglia connotazione economica, completando
così un percorso efficacemente rappresentato dalla soppressione dell’aggettivo
“economica” dal nome della principale tra le Comunità europee
14
. Oggi, quindi,
il diritto a circolare liberamente nel sempre più vasto territorio dell’Unione
europea spetta a chiunque abbia la cittadinanza di uno degli Stati membri,
indipendentemente dal suo status economico: la libertà di circolazione diviene
uno strumento per l’integrazione non solo del mercato, ma anche della società
europea.
Le norme del Trattato che assicurano la libera circolazione dei lavoratori
subordinati e autonomi assumono oggi il ruolo specificativo del principio di
13
Bergamini E., Il difficile equilibrio fra riconoscimento del diritto alla libera circolazione,
rispetto della vita familiare e abuso del diritto, in Il diritto dell’Unione Europea 2006, pag. 348.
14
Condinanzi M., Lang A., Nascimbene B., Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione
delle persone, Milano,Giuffrè, 2006, pag. 30.
10
libera circolazione del cittadino comunitario che si rivolge a tutti i cittadini,
tuttavia il regime di tutela riservato ai lavoratori è più pregnante di quello
riservato a chi circola solo sulla base della propria cittadinanza, come spiegato in
seguito.
“Nell’elencazione dei diritti che compongono lo status di cittadino
dell’Unione, il diritto alla libertà di circolazione e soggiorno è oggi quello più
rilevante e caratterizzante, anche perché è fondamentalmente attraverso il suo
esercizio che il cittadino di uno Stato membro si pone in una condizione di
rilevanza comunitaria, presupposto per l’esercizio di altri diritti propri della
cittadinanza dell’Unione”
15
.
Attualmente, il diritto dei cittadini dell’Unione a circolare liberamente
nell’area comunitaria viene perseguito per il tramite di misure idonee ad
eliminare i controlli all’atto dell’attraversamento delle frontiere interne e ad
armonizzare le regole per l’ingresso dei cittadini, comunitari e non, nel territorio
degli Stati membri
16
. Tali misure, per quanto attiene alle politiche connesse alla
libera circolazione delle persone, sono adottabili dal Consiglio ai sensi del titolo
IV del Trattato, che ha incorporato parte del contenuto dell’Accordo di
Schengen, comunitarizzandolo.
L’Accordo era stato firmato nel 1985 dai paesi del Benelux, Francia e
Germania ed era relativo alla soppressione delle frontiere comuni da realizzarsi,
se possibile, entro il 1990. In quell’anno i cinque Paesi hanno concluso la
Convenzione di applicazione di detto Accordo, che consacra il principio della
soppressione dei controlli alle frontiere interne per chiunque e il relativo
coordinamento e inasprimento dei controlli a quelle esterne, ed infine elenca le
misure da adottarsi a questo scopo. La stessa Convenzione conteneva una
dichiarazione degli Stati firmatari con la quale si impegnavano ad applicare
15
Condinanzi M., Lang A., Nascimbene B., Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione
delle persone, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 24.
16
Condinanzi M., Lang A., Nascimbene B., Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione
delle persone, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 25.
11
l’Accordo solo qualora le condizioni preliminari necessarie alla sua messa in
opera fossero state soddisfatte e i controlli alle frontiere esterne effettivi ed
efficaci.
Al giorno d’oggi, tutti gli Stati firmatari dell’Accordo e i numerosi che vi
hanno aderito in seguito hanno raggiunto le condizioni suddette e fanno parte
dello “spazio Schengen”, all’interno del quale tutti i controlli sulle persone alle
frontiere sono stati aboliti.
Questo Accordo ha il merito di aver realizzato gli obbiettivi fissati già nel
Trattato istitutivo della Comunità.
Con la comunitarizzazione, le disposizioni relative all’eliminazione dei
controlli alle frontiere interne ed ai requisiti per l’ingresso alle frontiere esterne
sono state collocate nel primo pilastro dell’Unione, quello riguardante la
creazione di uno spazio senza confini interni. Altra parte di detto accordo viene
recepita nel titolo VI del Trattato, che prevede azioni di cooperazione
intergovernativa fra forze di polizia e autorità giudiziarie dei Paesi aderenti, e che
costituisce il terzo pilastro dell’Unione europea.
Il principio della libera circolazione, proprio in virtù del rilievo centrale che
occupa nell’economia complessiva del sistema comunitario, ha sempre ricevuto
una lettura molto ampia; al contrario, i poteri rimasti in capo agli Stati membri,
anche in temi di tipica competenza statale (quali l’ordine pubblico e la sanità),
sono sempre stati oggetto di una lettura rigorosa
17
.
Il diritto comunitario sulla libera circolazione dei lavoratori si applica dal
momento in cui un cittadino europeo esercita il suo diritto alla mobilità, anche
quando questi, dopo avere esercitato detto diritto, fa ritorno nel suo Stato
d’origine; restano quindi escluse le situazioni puramente interne
18
. Nella sentenza
Steen I causa C-132/93
19
, ad esempio, il ricorrente chiedeva se un cittadino
17
Tesauro G., Diritto comunitario, Padova, Cedam, 2005, pag. 508.
18
Condinanzi M., Lang A., Nascimbene B., Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione
delle persone, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 90.
19
Sentenza della Corte di Giustizia del 16 giugno 1994, causa C-132/93, Steen I, in eur-
lex.europa.eu.
12
tedesco, che non può occupare un posto di lavoro se non come impiegato di
ruolo, possa eccepire una violazione degli artt. 7 e 48 (oggi 39), n. 2, del Trattato,
per il motivo che i cittadini di un altro Stato membro possono accedervi
esclusivamente in regime contrattuale. La risposta della Corte fu negativa, in
quanto un “problema di non discriminazione ai sensi dell'art. 48 (oggi 39) del
Trattato sorge solo a proposito del comportamento di uno Stato membro nei
confronti di lavoratori che hanno la cittadinanza di altri Stati membri e che
intendono esercitare la loro attività nel primo Stato” quindi “le norme del
Trattato relative alla libera circolazione non sono applicabili ad attività che, in
tutti i loro elementi, si collocano all'interno di un solo Stato membro, e spetta
unicamente al giudice nazionale determinare alla luce dei fatti se tale sia la
fattispecie sottoposta al suo esame”.
Infatti, anche in presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi, una persona è
beneficiaria delle norme sulla libertà di circolazione a condizione che non si trovi
in una situazione puramente interna ad uno Stato membro: in questi casi, lo Stato
ha piena sovranità, in quanto non si pone un problema di parità di trattamento e
di divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità
20
.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha però esteso la portata delle
norme comunitarie sulla libera circolazione a tutte quelle ipotesi in cui i cittadini,
pur invocando la norma comunitaria nei confronti del proprio Stato nazionale,
aspirano, anche indirettamente, a tutelare il proprio diritto a circolare nel
territorio degli altri Stati membri
21
. Per esempio, il cittadino comunitario, recatosi
in uno Stato membro diverso dal proprio in qualità di lavoratore e tornato poi a
stabilirsi nello Stato di origine, ha diritto a portare con sé il proprio familiare
extracomunitario alle stesse condizioni previste per il cittadino di un altro Stato
membro.
20
Condinanzi M., Lang A., Nascimbene B., Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione
delle persone, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 90.
21
Condinanzi M., Lang A., Nascimbene B., Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione
delle persone, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 91.
13
In caso contrario, afferma la Corte, il cittadino sarebbe scoraggiato
dall’esercitare la libera circolazione dato che non potrebbe “fruire, allorché
torna nello Stato di cui ha la cittadinanza, di agevolazioni in fatto di entrata e di
soggiorno almeno equivalenti a quelle di cui può disporre, in forza del Trattato
o del diritto derivato, nel territorio di un altro degli Stati membri”. In
particolare, nel caso Surinder, la Corte affermò che il migrante “sarebbe
dissuaso dal ritornare nel proprio Paese se il suo coniuge e i suoi figli non
fossero anch’essi autorizzati ad entrare e a soggiornare nel territorio di tale
Stato a condizioni almeno equivalenti a quelle che sono loro garantite dal
diritto comunitario nel territorio di un altro Stato membro
22
”.
Talvolta, poi, l’invocazione del diritto comunitario vale ad opporsi ad una
norma nazionale che svantaggia il cittadino per il solo fatto di avere esercitato le
libertà garantite dal Trattato
23
: “le disposizioni che impediscano ad un cittadino
di uno Stato membro di lasciare il Paese d'origine per esercitare il suo diritto di
libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono ostacoli a tale
libertà, anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori
interessati
24
”. Nel caso in oggetto, la Corte ha stabilito che “l'art. 39 del Trattato
osta a che uno Stato membro riscuota da un lavoratore, che nel corso dell'anno
abbia trasferito la residenza in un altro Stato membro per svolgervi un'attività
lavorativa subordinata, contributi previdenziali più onerosi di quelli che
sarebbero dovuti, in circostanze analoghe, da un lavoratore che abbia conservato
durante tutto l'anno la residenza nello stesso Stato membro, senza che il primo
lavoratore fruisca di prestazioni previdenziali supplementari”. La Corte motiva
tale decisione con il fatto che “tale sistema di riscossione dei contributi sociali
potrebbe dissuadere il cittadino di uno Stato membro dal lasciare lo Stato
22
Sentenza della Corte di Giustizia del 07 luglio 1992, causa C-370/90, Surinder Singh, in eur-
lex.europa.eu.
23
Condinanzi M., Lang A., Nascimbene B., Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione
delle persone, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 92.
24
Sentenza della Corte di Giustizia del 26 gennaio 1999, causa C-18/95, Terhoeve, in eur-
lex.europa.eu.
14