4
b) i comportamenti, prevalentemente episodici, oggi disciplinati dalla legge
15 febbraio 1966 n.66, che si sviluppano anche all’esterno della famiglia,
ad opera di un solo soggetto attivo (violenza sessuale, atto sessuale con
minori consenzienti, corruzione di minorenne), o anche di più soggetti
(violenza sessuale di gruppo).
c) le condotte punite dalla legge n. 269 del 1998, che aggiungono alla attività
tendenzialmente isolata, comportamenti di pedofili organizzati o
comunque in contatto tra loro o con “società di servizi”, ed alla sola
finalità di soddisfare i propri bisogni sessualmente deviati attraverso la
commercializzazione del minore; così il problema non è più solo il
pedofilo, ma lo sfruttamento dei minori che ne deriva, inseriti in un giro
nel quale gli stessi pedofili finiscono per attingere agevolmente
2
.
In base alla applicazione della legge della domanda e dell’offerta ci si sposta
fisicamente anche all’estero, oppure si viaggia in modo virtuale sfruttando le
potenzialità di internet
3
.
La legge 269 del 1998, introduce nel codice penale italiano gli artt. da 600 bis
a 600 septies, compresi nel Titolo XII (Dei delitti contro la persona), Capo III
(Dei delitti contro la libertà individuale), Sezione I (Dei delitti contro la
personalità individuale), per colpire nuove forme di riduzione in schiavitù.
Per esaminare compiutamente le fattispecie in essa delineate, è
indispensabile un richiamo alle Convenzioni internazionali, che costituiscono il
presupposto della legge 269 del 1998, il cui articolo 1 contiene un vero e proprio
preambolo:
<<
in adesione ai principi della Convenzione sui diritti del fanciullo
ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n.176, e quanto sancito dalla
dichiarazione finale della Conferenza mondiale di Stoccolma, adottata il 31
2
SCAPARRO, Pedofilia: vigilanza vs allarme, in Dir. pen. e proc., 1997,p. 1266.
3
B. ROMANO , Repressione della pedofilia e tutela del minore sessualmente sfruttato nella legge
269 del 1998, in Diritto di famiglia e delle persone, 1998, fasc. 11, II, p. 665 e ss.
5
agosto 1996, la tutela dei fanciulli contro ogni forma di sfruttamento e violenza
sessuale e salvaguardia del loro sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e
sociale, costituisce obiettivo primario perseguito dall’Italia
>>
.
Vi è quindi nella legge il riferimento a ben due documenti internazionali.
Interessante fare riferimento alla Convenzione internazionale sui diritti
dell’infanzia, in merito alla definizione che fornisce di “bambino/a”, da intendersi
come:
<<
ogni essere umano al di sotto del 18 anno di età, a meno che secondo le
leggi del suo Stato, non abbia raggiunto prima la maggiore età
>>
. Particolare
attenzione va riferita alle disposizioni della legge sulla “pedofilia” (così come è
nota al pubblico), che impongono agli Stati Parti, il dovere di protezione del
bambino da tutte le forme di sfruttamento o di abuso sessuale, sia nel senso della
prevenzione, sia di quello della repressione. Nella dichiarazione finale, della
Conferenza mondiale di Stoccolma, contro lo sfruttamento sessuale ai fini
commerciali dei minori, che si è svolta nell’agosto 1996 e che ha visto la
partecipazione dei 119 Paesi, oltre alle organizzazioni non governative, l’Ecpat
(Campagna contro la prostituzione infantile legata al turismo in Asia), l’Unicef ed
altre agenzie delle Nazioni Unite, si legge al punto 5 la definizione di
“sfruttamento sessuale dei bambini” ai fini commerciali come l’attività che:
<<
comprende l’abuso sessuale da parte dell’adulto e una retribuzione in natura o
sotto forma di spese corrisposte al bambino o a terze persone. Il bambino viene
trattato sia come oggetto sessuale sia come oggetto commerciale. Lo sfruttamento
sessuale dei bambini a fini commerciali rappresenta una forma di coercizione e di
violenza esercitata nei loro confronti ed equivale ai lavori forzati e ad una forma
di schiavitù contemporanea
>>
. Al punto 9 si legge ancora che:
<<
lo sfruttamento
sessuale dei minori ai fini commerciali può determinare gravi conseguenze, che
perdureranno e comprometteranno lo sviluppo fisico, psicologico, morale e
sociale dei bambini durante tutta la loro esistenza
>>
. Attualmente, a distanza di
anni da tali rilevanti interventi, ma seppur ancora insoddisfacenti alla luce non
6
solo dell’ottica nazionale ma anche internazionale, si è svolto a Roma il 29
settembre 2004 il Convegno dal titolo “Proteggere i bambini dallo sfruttamento
sessuale”, organizzato dall’Ecpat e dall’Unicef nell’intento di sottolineare quanto
ancora possa essere fatto in materia di repressione di tali disdicevoli fenomeni e al
fine di poter estendere a largo spettro la tutela del minore
4
.
Il Relatore ha messo in evidenza i difetti della legge del 1998, ossia:
1. mancanza di repressione di alcuni fenomeni (l’art. 600 bis c.p.,
utilizzando l’improprio termine di “sfruttamento”, impedisce la
repressione di alcuni comportamenti meritevoli di tutela);
2. eccesso di tutela (parlando di fanciullo, la legge si rivolge ai minori di
anni diciotto);
3. carenza di determinatezza di varie fattispecie (la legge non fornisce
una definizione di pornografia).
In tale contesto, la legge quadro europea vuole criminalizzare non solo la
pornografia vera e propria, ma anche quella simulata e quella virtuale; il relatore
ha sottolineato come, in tal modo, si presenti il rischio di perdere di vista il vero
oggetto sottoposto a tutela, ossia il bambino, e di violare il principio di offensività
(configurazione di un reato impossibile).
Il dibattito ha sottolineato anche come la legge del 1998, abbia problemi
applicativi, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma,
sostenendo essere essenzialmente due
5
:
1. modalità di individuazione del soggetto passivo nel caso di ragazzi
tra i sedici e diciassette anni.Per risolvere tale problema, la pubblica
accusa tende a perseguire i fatti solo quando l’immagine rappresenti
incontestabilmente dei soggetti minorenni;
4
Dopo le relazioni di saluto e di apertura dei lavori, ad opera dell’Avv. Marco Scarpati e della
Dott.ssa Allegra Morelli, il programma è iniziato con l’intervento del Prof. Alberto Cadoppi,
della facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Parma.
5
Intervento della Dott.ssa Maria Monteleone, sostituto procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Roma.
7
2. piano esecutivo e trattamento del condannato.Posto che quasi tutti gli
autori delle fattispecie criminose previste dalla legge del 1998 sono
ora in libertà, avendo potuto beneficiare di riti speciali tra i quali
soprattutto quello del patteggiamento allargato, si presenta di tutelare
la collettività dal pericolo della recidiva.
La relatrice ha sottolineato, infine, come la maggior parte dei procedimenti
penali abbiano interessato la detenzione e la cessione in quanto è praticamente
impossibile risalire alla fonte di produzione del materiale pedo-pornografico
scaricabile via internet. Interventi si sono soffermati sulla drastica riduzione
dell’età dei soggetti sfruttati, ma anche sulla definizione dei concetti di
induzione alla prostituzione e sfruttamento sessuale dei bambini alla luce della
giurisprudenza italiana. A tal proposito, in Giurisprudenza, riguardo al primo
comma dell’art. 600 bis c.p. si sono registrati due orientamenti
6
: secondo il
primo non si può ritenere esistente l’induzione nel caso di un rapporto
bilaterale, in quanto mancherebbero la generalità dell’offerta e la generalità
dei clienti. Il secondo orientamento, invece, ritiene che si possa configurare il
reato di cui all’art. 600 bis, I°comma, c.p. anche nel caso di rapporto
bilaterale. Anche riguardo al secondo comma dell’art 600 bis c.p. la relatrice
sottolinea l’esistenza di due diverse interpretazioni: secondo la prima la norma
predetta sarebbe applicabile anche in mancanza di prostituzione, mentre
l’opinione opposta sostiene che la norma possa trovare applicazione solo in
presenza di prostituzione. Infine sulla questione di prostituzione, la relatrice
richiama l’attenzione sulla recentissima pronuncia della Cassazione (2004),
secondo la quale vi può essere prostituzione via internet anche nel caso di
assenza di contatti fisici, in presenza di un rapporto sinallagmatico
(prestazione sessuale-somma di denaro). Il problema definitorio riguarda
6
Intervento della Dott.ssa Lucia Russo, sostituto procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Reggio Emilia
8
anche lo scenario internazionale, ma in realtà una definizione di questo tipo
può dire poco all’interprete, se non si conoscono i contenuti di concetti
fondamentali, quali quelli del dolo o del concorso di persone nel reato, propri
dei vari ordinamenti.
Particolarmente interessante appare l’esperienza statunitense riguardo alla
repressione del fenomeno della pornografia virtuale: con i provvedimenti
degli anni settanta si era deciso di punire solo la produzione di materiale pedo-
pornografico finalizzato al commercio
7
. Tale disciplina, però, è stata oggetto
di una dichiarazione di anticostituzionalità in quanto è necessario dimostrare
un nesso tra l’utilizzo della pedo-pornografia virtuale e la facilità
nell’adescamento di minori da parte dei pedofili, e la difficoltà
dell’indistinguibilità della pornografia virtuale da quella vera (da una parte
l’onere della prova della pubblica accusa sarebbe insormontabile e dall’altra
esiste l’impossibilità di un’inversione dell’onere probatorio).
Il problema principale è in ogni caso quello di predisporre mezzi sempre
più efficaci attraverso la cooperazione internazionale in materia di giustizia e
polizia, volte al fine di adottare misure comuni in materia di prevenzione e
lotta alla criminalità. In particolare onde poter prevenire e combattere la
violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i
gruppi a rischio, è stato istituito il gruppo Daphne (2004-2008), grazie al
quale, è già stato possibile realizzare alcuni progetti in Italia, Spagna, Regno
Unito, Francia e Olanda. Gli strumenti di tutela non possono, però, essere
efficaci se non si colgono i profili della personalità del cliente abusante, che
può essere identificato come: sfruttatore sessuale, o pedofilo o ancora come
genitore incestuoso. Si chiede, allora, quando e come utilizzare lo strumento
sanzionatorio.
7
Intervento del Prof. Michele Papa, della facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di
Firenze.
9
In primo luogo, occorre ridare valore al principio di offensività, e, dunque,
agire solo nel caso in cui si sia recata una reale offesa, senza cadere nell’errore
di voler castigare il pensiero pedofilo; in secondo luogo, è necessario colpire il
mercato che sfrutta il desiderio pedofilo, per evitare che quest’ultimo diventi
l’oggetto primario della repressione
8
.
Tutto deve contribuire a poter creare un ambiente protettivo per tutelare i
bambini dallo sfruttamento sessuale, e i presupposti per arrivare a tale
obiettivo sono
9
:
1. capacità e volontà di un intervento del Governo;
2. promulgazione e applicazione di leggi;
3. cultura e tradizioni (cercare di aumentare la coscienza dei diritti
umani);
4. discussione aperta;
5. capacità dei bambini di conoscere e partecipare;
6. capacità delle famiglie e delle comunità;
7. accesso ai servizi di base essenziali;
8. monitoring reporting.
10
In conclusione può essere affermato che la legge 269/98, che ha portato
l’Italia in pari con gli altri Paesi dell’Unione Europea e con il contenuto dei
Trattati Internazionali ratificati, primo fra tutti la Convenzione Internazionale
sui diritti del fanciullo (New York 1989), è sicuramente la prima vera presa di
posizione a livello legislativo per la repressione di tale fenomeno, ma avvertita
è l’esigenza di rafforzare le azioni di contrasto avverso la pedofilia per
assicurare effettivamente al bambino l’aiuto e la protezione adeguata affinché
8
Intervento del Prof. Lino Rossi, della facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Ferrara
9
Intervento della Dott.ssa Francesca Moneti, collaboratrice dell’Innocenti Research Center
dell’Unicef.
10
E. ARDUINI, M. BIANCHI, Inviato Speciale, in Indice penale, 2004, p. 1279 e ss.
10
possa prepararsi “a vivere una vita individuale nella società e ad essere
allevato nello spirito degli ideali proclamati nella carta delle Nazioni Unite,
in particolare nello spirito di pace, dignità, tolleranza, libertà, eguaglianza e
solidarietà” (Preambolo alla convenzione sui diritti del fanciullo).
11
I CAPITOLO
LA PEDOFILIA: ANALISI STORICA E ODIERNA
PROSPETTIVA SOCIO-GIURIDICA.
1.1.LA CONCEZIONE, IL SIGNIFICATO E LA VISIONE DEL MINORE NEL
PASSATO.
<<
L’amore per i ragazzi è antico
quanto l’umanità: si può dire
perciò che esso faccia parte della
natura, sebbene sia parimenti
contro natura
>>
(GOETHE).
L’etimologia del termine “pedofilia”, deriva dal greco “pais” (fanciullo) e
“philia” (amore), ma non compare mai negli scritti dell’epoca, mentre al contrario
viene sempre usato il verbo “paidofilein” e il sostantivo “paidofilis”, con il quale
si indicava il rapporto “educativo” della gioventù maschile. La pederastia, (pais
ragazzo e igein, condurre) che ebbe la sua massima diffusione fra il VI e IV
secolo a.C., consisteva in una relazione sessuale tra un maschio adulto ed un
adolescente discepolo, attraverso la quale il “pedagogo” trasmetteva il sapere e le
virtù di cittadino. Il ruolo dell’adulto era dunque, quello di “pedagogo”: egli
insegnava ai ragazzi
<<
a godere nella giusta misura dei piaceri della vita: i canti e
la danza, il vino e l’amore
>>
1
. Tale amore omosessuale tra adulto e fanciullo non
veniva considerato come un abuso sessuale, ma era al contrario, accettato
socialmente a tal punto che per un ragazzo era un “onore” essere amato da un
adulto.
1
E. CANTARELLA, Secondo natura: la bisessualità nel mondo antico, Editori Riuniti, Roma,
1988, p. 129 e ss.
12
Le pratiche “sodomitiche”, diventavano non solo un mezzo di
sottoposizione al potere di chi deteneva il sapere, ma anche il veicolo per
l’acquisizione della virilità. Platone aveva già indicato come condizione
indispensabile di ogni insegnamento l’Eros, che era nello stesso tempo desiderio,
piacere e amore; da qui la concretizzazione dell’Eros nella relazione maestro –
allievo (eros paedagogos), che costituisce uno dei dogmi della pedofilia.
Il pedofilo vuole sentirsi maestro, cioè la guida che conduce nei territori
inesplorati
2
.
In tale relazione l’erastes era l’amante, colui che prendeva l’iniziativa e
che organizzava il corteggiamento, che sottostava ad un vero e proprio galateo di
diritti ed obblighi quali la protezione del ragazzo.
L’ermenion era invece l’amato, il corteggiato e aveva essenzialmente un
ruolo passivo, doveva ben guardarsi dal cedere troppo facilmente per non apparire
preda di scarso valore, il suo concedersi era legato al desiderio di educazione e
sapienza di ogni specie.
Tuttavia anche se il costume sociale, accoglieva questo tipo di relazioni, il
diritto ateniese stabiliva che l’età degli amati non doveva essere inferiore ai dodici
anni, in quanto la considerava un infamia alla stregua di una violenza sessuale e
come tale veniva perseguita. A Sparta i ragazzi venivano affidati ad un maestro
proprio all’età di dodici anni. Nonostante fosse considerato infame intrattenere
relazioni sessuali con bambini di età inferiore ai dodici anni, per quanto è dato
sapere, non vi era alcuna sanzione penale a carico di chi eventualmente lo facesse,
era solo una condanna agli occhi della società. Dai dodici ai quattordici erano i
cosiddetti paides, con cui era possibile avere rapporti sessuali, ma solo
nell’ambito di una relazione affettiva, basata sull’insegnamento all’adolescente a
divenire cittadino. Tra i quattordici e i diciassette anni, il ragazzo diveniva partner
attivo di una relazione con un adulto.
2
C. SCHINAIA, Pedofilia, Pedofilie, La psicoanalisi e il mondo del pedofilo, Bollata
Boringhieri, Torino, 2001, p. 157 e ss.
13
Al raggiungimento della maggiore età (25 anni), egli poteva assumere un
ruolo attivo, prima con i paides (cioè fino al matrimonio), poi anche con le donne.
Anche per le ragazze la vita sessuale cominciava molto presto all’incirca tra i
dodici e i tredici anni. Sia a Sparta che a Lesbo, era d’uso avere amanti tra le
giovani adolescenti prima del matrimonio. Non essendo, però, l’amore fra donne
strumento di formazione del cittadino, non interessava alla città e pertanto non
trovava spazio nelle riflessioni dei filolosofi né tanto meno nelle leggi.
La “pederastia” seppur diffusa, appare attraversata comunque da “un
mitico gioco di valorizzazioni e svalorizzazioni tali da rendere difficilmente
decifrabili sia la regola che la morale”
3
. Per i Romani la pederastia era il “vizio
greco”, che aveva fatto dimenticare la purezza dei mores maiorum e indebolito la
virilità di un popolo destinato al comando e alla conquista. I Romani venivano
allevati per essere dominatori, anche in campo sessuale; di qui il mito di una
virilità di “stupro” (stuprare per i romani significava avere rapporti illeciti con
persona consenziente non nell’uso della forza). Questo non significa che fossero
rigorosamente eterosessuali, anzi la massima espressione della virilità era
sottomettere un altro uomo, ma tale attenzioni non venivano rivolte come
nell’antica Grecia ad uomini liberi, ma verso gli schiavi. Questo non avrebbe
avuto alcun senso per i Greci visto il significato pedagogico che ne attribuivano,
ma per i romani il limite era legislativo in quanto la Lex Scatinia De Nefanda
Venere di età repubblicana, puniva il rapporto tra adulto maschio e fanciullo
impubero e responsabile era solo l’adulto, ma nessuna condanna se le condotte
omosessuali o pedofile venivano praticate con schiavi e liberti, tenuti a
compiacere i loro padroni. Era considerato deprecabile solo che un cittadino
libero assumesse un ruolo passivo nei confronti di un altro suo pari.
La successiva Lex Iulia de Adulteris, puniva lo stupro “cum puero” solo
nei confronti degli uomini liberi, mentre per i servi era previsto soltanto una sorta
3
C. SCHINAIA, Pedofilia, Pedofilie, cit., p. 110.
14
di risarcimento in favore del dominus. In sostanza, un limite all’omosessualità era
costituito dalla condizione “libera “ dei fanciulli coinvolti, in quanto costoro mai
avrebbero dovuto essere oggetto di tali pratiche, perché da grandi avrebbero
dovuto imparare ad imporsi e non a subire desideri altrui. Racconta Plutarco che i
romani usavano mettere al collo dei figli una “bulla d’oro
4
”, affinché quando
giocavano nudi non venissero scambiati per gli schiavi e fatto oggetto di tentativi
e di seduzione. Dunque, l’etica sessuale dei romani da questo punto di vista altro
non era che un aspetto della loro etica politica. Con l’Imperatore Domiziano si
intervenne in materia di rapporti tra padroni e schiavi, sancendosi il divieto di
castrare i servi per favorire rapporti omosessuali.
La rivoluzione morale e sociale fu data dall’avvento del Cristianesimo che
fornì le basi religiose per la condanna di ogni comportamento non eterosessuale,
in quanto contro natura perché non preordinato al concepimento.
Si propaga e diffonde l’idea di superiorità assoluta della verginità e
dell’uguaglianza di tutti gli uomini
5
. Nel campo della sessualità viene sottolineata
l’importanza del matrimonio come momento di unione della coppia. L’atto
sessuale in sé viene condannato, ma si ritiene che esso debba avere forza creatrice
e non debba avvenire soltanto per il piacere puramente sessuale, di conseguenza
ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio è considerato illecito. Si ha la
condanna sia della omosessualità che della pedofilia.
L’argomento dei diritti del fanciullo, come soggetto di diritto è trattato da
Sant’Agostino con notevole ampiezza, la cui dottrina si erge a barriera
impenetrabile posta a difesa e protezione della vita del fanciullo. La Chiesa, di
conseguenza, stabilisce pene gravissime contro coloro che abusano della
debolezza della giovane età.
4
La bulla era un gioiello simbolo della purezza, formato da due pietre concave sovrapposte tra le
quali venivano inseriti degli amuleti, al fine di preservare il fanciullo dal malocchio e segnalare
la sua condizione sociale.
5
P. GERBINO, L’abuso sessuale dei minori nella storia, in Rassegna Italiana di Criminologia,
Giuffrè, Milano, 2004, p. 75 e ss.
15
Può, dunque, affermarsi che le innovazioni del Cristianesimo pur restando
almeno apparentemente nella cerchia etica e religiosa, influenzarono
notevolmente l’ordine giuridico del tempo, impregnando di spirito evangelico le
leggi civili, in specie dopo che la nuova religione ottenne il riconoscimento
ufficiale dello Stato. Si spiega cosi la severità delle pene previste per gli abusi sui
fanciulli. Infatti fino a poco tempo prima erano state considerate lecite le condotte
pedofile, e, dunque, per poterle definitivamente delegittimare era necessario
perseguirle con forza e decisione. Dimostrazione di questo fu la severa attività
della Suprema Inquisizione in epoca alto medioevale, dove il reato sessuale
veniva perseguito in ogni senso, anche andando contro il bambino stesso, oggetto
di una nefanda perversione. E’ difficile reperire testimonianze, visto il silenzio,
che forse proprio gli stessi amanuensi, avevano deciso di alimentare su tale
argomento, ma una volta aperti gli archivi si ha subito l’immagine di un gioco con
la morte, dominato dalla vergogna, denaro e dalla violenza. Spesso accadeva che
la stessa vittima, venisse vista come il caprio espiatorio su cui sfogare libidini,
autoritarismo, risentimenti politico-religiosi, superstizioni e paure. I bambini
venivano ritenuti posseduti dal demonio, e di conseguenza torturati e spesso
bruciati vivi affinché potessero espiare la propria colpa
6
.
Nella seconda metà del seicento, si cominciarono a guardare con una certa
riprovazione, le abitudini promiscue tra adulti e bambini, anche dettate dalla
condivisione di spazi comuni molto piccoli, sia di giorno che di notte, e in Francia
nacque una letteratura pedagogica ad uso dei genitori, allo scopo di salvaguardare
l’innocenza infantile. Si stava gradualmente diffondendo un nuovo atteggiamento
nei confronti della sessualità dei bambini e degli adolescenti.
Durante il Rinascimento, il reato di devianza sessuale fu punito ovunque
anche con la pena di morte. Và detto però, che in tale periodo, soprattutto in Italia,
si diffuse una tendenza di pensiero opposta, riportando in vita il culto della
6
C. SCHINAIA, Pedofilia, Pedofilie, cit., p. 124 e ss.
16
pederastia, come dimostrano i nudi di adolescenti del Verrocchio, Botticelli e
Leonardo Da Vinci, ma con un carattere meno spirituale che in Grecia. La
testimonianza che i rapporti sessuali con i fanciulli non fossero un costume
limitato ad un numero ristretto di persone, lo dimostra il fatto che il Codice
Napoleonico del 1810 contemplava tra i comportamenti sessuali perturbati,
l’abuso dei minori insieme alla violenza e all’oltraggio al pudore.
Grazie alla legge del 1832 si ha la creazione della figura di oltraggio al
pudore senza violenza, sui bambini sotto gli undici anni; con la legge del 1863,
sotto i tredici anni.
Sempre nel XIX secolo, un sodalizio di poeti inglesi, conosciuti con il
nome di “uraniani”, esaltava la pederastia in nome della tradizione greca: uomini
colti prendevano sotto la loro protezione ragazzi della classe lavoratrice, allo
scopo di amarli, aiutarli e guidarli (di questo orientamento è possibile trovare
ancora oggi, purtroppo, alcuni rappresentanti). Dunque, il rapporto erotico con i
fanciulli è attestato nelle culture e nelle civiltà di ogni periodo e latitudine, in tutte
le varianti, che vengono comunque definite “perversioni”, eppure in alcuni
contesti vissute come assolutamente normali. In alcune società era addirittura
sviluppata la credenza (sulamitismo), che attraverso il congiungimento con un
fanciullo si potesse allungare la propria vita, quasi carpendo l’essenza vitale del
giovane. Caratteristica comune di queste pratiche è il rifiuto o la incapacità di
considerare il minore una persona, gli si rifiuta la possibilità di decidere di se
stesso e della propria vita
7
.
“La differenza più incisiva tra la vita amorosa del mondo antico e quella
nostra, risiede nel fatto che l’antichità sottolineava la pulsione, noi invece il suo
oggetto. Gli antichi esaltavano la pulsione ed erano disposti a nobilitare con essa
7
G. CIFALDI, Pedofilia tra devianza e criminalità, Giuffrè, Milano, 2004, p. 5 e ss.