Infine, nell’ultimo capitolo, si offre il resoconto di un’indagine proposta a film commission e
organismi per la promozione turistica italiani, volta a comprendere la diffusione della conoscenza
del film-induced tourism e il livello a cui gli organismi coinvolti realizzano eventuali politiche di
promozione turistica che si avvalgano dell’ausilio dell’audiovisivo.
- 1 -
FILM-INDUCED TOURISM: LO STATO DELL’ARTE
1.1
L’influenza dei media sulla formazione dell’immagine delle destinazioni
turistiche
Nell’industria turistica l’immagine delle destinazioni rappresenta un tema/concetto tra i più
importanti nella definizione e conduzione della politica di marketing. Dato che il prodotto turistico
è intangibile e non consente analisi e valutazioni oggettive precedenti all’acquisto e al consumo, e
poiché nella natura del turismo sono insiti il sogno ad occhi aperti e l’anticipazione dell’esperienza
di viaggio, l’immagine di un territorio ricopre un ruolo determinante all’interno del processo
decisionale che porta alla scelta finale del luogo destinazione della propria vacanza (Baloglu e
Brinberg 1997; Baloglu e McCleary 1999; Beeton 2005; Butler 1990; D’Amico 2007; Gartner
1993; Kim e Richardson 2003; Kotler, Haider e Rein 1993; MacKay e Fesenmaier 1997; Woodside
e Lysonski 1989). Se destinazioni con immagini forti e positive hanno maggiori probabilità di
essere prese in considerazione e, successivamente preferite nel processo di scelta di viaggio
(Echtner e Ritchie, 1991: 2), immagini negative tendono a dissuadere dall’acquisto. Dunque,
l’immagine delle destinazioni influisce significativamente sul comportamento turistico agendo in
qualità di motivatore e fattore di selezione critico.
Nonostante la sua importanza nel consentire la comprensione e la parziale anticipazione dei
comportamenti turistici, il concetto di immagine non è stato compreso, esaminato e definito in
modo unitario dalla ricerca. Numerosi studi, ponendo di volta in volta l’accento su diversi aspetti di
indagine, ne hanno fornito definizioni alquanto diverse
1
, aspetto questo probabilmente spiegabile
anche facendo riferimento al carattere vago e sfuggente che lo qualifica. Una posizione
generalmente accettata individua l’immagine di un luogo nella risultante di “un insieme di credenze,
idee, e impressioni che le persone hanno riguardo ad un luogo o
1
Per un approfondimento, si veda l’ampia rassegna della letteratura in materia fatta da Echtner e Ritchie, 1991.
FIGURA 1.1
Schema di formazione dell’immagine di una destinazione
Fonte: elaborazione da Baloglu e McCleary (1999), pag. 870
destinazione” (Kotler, Haider e Rein 1993: 141, anche citato in Baloglu e McCleary 1999: 871,
Baloglu e Brinberg 1997: 11, D’Amico 2007: 13, Messina 2006: 22) e rappresenta la
semplificazione di un gran numero di associazioni e informazioni connesse ad un luogo. Le
immagini sono un concetto con cui la mente cerca di elaborare e “essenzializzare” enormi quantità
di dati (Kotler, Haider e Rein 1993: 141).
In questa sede, il filone di studi sull’immagine che più sembra rilevante indaga la sua formazione
presso i turisti, in particolare in assenza di precedenti esperienze del luogo interessato. Uno schema
generale al riguardo è stato sviluppato da Baloglu e McCleary (1999) sulla base della letteratura
precedentemente prodotta; esso individua il contributo di due principali forze alla formazione
dell’immagine (figura 1.1):
i fattori di stimolo, rappresentati dalla quantità e dalla tipologia di fonti di informazione cui i
soggetti interessati attingono prima di perfezionare la propria scelta di vacanza, dalle
caratteristiche fisiche del luogo e da eventuali esperienze precedenti nella destinazione
considerata;
i fattori personali, raggruppanti le caratteristiche sociali e psicologiche dei soggetti stessi
(Baloglu e McCleary 1999: 870).
Semplificando, da un ulteriore esame dell’influenza esercitata sul processo costitutivo
dell’immagine delle destinazioni, i due autori giungono ad indicare tre principali determinanti, in
assenza di esperienza pregressa
2
:
2
È ragionevole attendersi che “gli individui possano detenere un’immagine di una destinazione anche senza averla mai
visitata” (Echtner e Ritchie 1991: 4).
IMMAGINE
DELLA
DESTINAZIONE
FATTORI DI
STIMOLO
ξ Fonti di
informazione
ξ Quantità
ξ Tipo
ξ Esperienze
precedenti
FATTORI
PERSONALI
ξ Psicologici
ξ Valori
ξ Motivazioni
ξ Personalità
ξ Sociali
ξ Età
ξ Livello
d’istruzione
ξ Situazione
coniugale
ro Alt ξ
le motivazioni turistiche;
le caratteristiche socio-demografiche;
le varie fonti di informazione.
Se i primi due fattori rientrano nella categoria dei fattori personali, indagabili nell’ambito della
psicologia e della sociologia del turismo, il terzo rappresenta una variabile di stimolo esterna.
Attingendo a fonti di varia natura e in modo più o meno cosciente, i potenziali turisti raccolgono
informazioni, così acquisendone una maggior consapevolezza e, filtrando le informazioni attraverso
il proprio sistema di motivazioni e il proprio contesto sociale, sviluppano un atteggiamento
individuale e specifico nei confronti delle destinazioni.
Nell’ambito delle scienze sociali, Urry sostiene che “è difficile considerare la natura del turismo
contemporaneo senza notare come tale attività sia letteralmente costruita nella nostra
immaginazione attraverso la pubblicità e i media” (Urry 1995: 31-32). Questi ultimi svolgono un
ruolo complesso e radicato nel nostro tempo, non limitato al settore turistico, al punto che Altheide
dichiara che “la realtà sociale è costituita, riconosciuta e celebrata attraverso i media” (1997: 19).
Schofield afferma che “oggi, edifici, quartieri e perfino intere città sono percepiti come importanti
e/o unici non solo per la forma architettonica o il legame con persone ed eventi noti, e sempre più
per la passata associazione con le vite private della gente comune, ma anche in virtù di
un’immagine particolare che è stata creata attraverso i media” (1996: 335).
L’immagine delle destinazioni turistiche si costruisce nella mente dei potenziali turisti attingendo
ad una tipologia di fonti di informazioni che spazia dalla tradizionale attività promozionale degli
enti e degli operatori privati turistici, ad “una varietà di pratiche ed elementi non turistici, come ad
esempio film, televisione, letteratura, riviste, dischi e video” (Urry 1995: 18), al consiglio di amici e
parenti. È evidente che se per la maggior parte di prodotti e servizi, le fonti di informazione sono
quasi esclusivamente di tipo commerciale, nel caso delle destinazioni le immagini sembrano
derivare da uno spettro di stimoli molto più ampio. Ciò deriva dall’affiancamento di un’immagine
“nazionale” a quella turistica di un paese, che ha l’effetto di incorporare aspetti di natura storica,
politica, economica e sociale alla seconda (Echtner e Ritchie 1991: 3). Butler (1990) afferma che le
persone derivano le immagini, le informazioni e, ancor prima, la consapevolezza delle aree di
destinazione turistica da una varietà di fonti media, tipicamente in azione combinata fra loro.
Inoltre, ciò che rileva ai fini dell’analisi dell’influenza di tali fonti sulle persone è il tipo di medium
coinvolto, non tanto il modo in cui l’immagine è ricevuta, che può essere “volontario, involontario,
premeditato, accidentale, conscio e inconscio” (Butler 1990: 47).
Data l’estrema varietà di stimoli che raggiungono il consumatore, la ricerca ha studiato e
successivamente fornito evidenza della diversa influenza esercitata da diverse tipologie di fonti
sulla percezione delle località turistiche, procedendo ad una loro classificazione basata su
caratteristiche e intensità di effetti.
Il ruolo delle fonti informative sulla creazione dell’immagine delle destinazioni è stato
contestualizzato da Gunn
3
, uno dei primi ricercatori a studiare il processo di formazione
dell’immagine, in un modello che prevede sette fasi nell’esperienza di viaggio (tratto da Gunn 1972
e 1988, in D’Amico 2007: 14 e Echtner e Ritchie 1991: 3):
1. Accumulazione di immagini mentali sulle esperienze di vacanza nel corso della vita;
2. Modifica di tali immagini attraverso la ricerca e la raccolta di informazioni prima e allo scopo di
perfezionare la decisione di viaggio;
3. Decisione di intraprendere un viaggio;
4. Realizzazione del viaggio;
5. Partecipazione, o esperienza vissuta presso la destinazione;
6. Viaggio di ritorno;
7. Revisione delle immagini iniziali sulla base dell’esperienza di vacanza.
In questo modello, alle fasi 1, 2 e 7 si possono individuare i tre principali momenti di formazione
dell’immagine della destinazione; nelle prime due fasi le informazioni cui il turista attinge
provengono da fonti esterne, mentre alla fase 7 è l’esperienza in prima persona che integra
l’impressione detenuta in precedenza. Quest’ultima tende ad evolversi lungo l’intera esperienza del
viaggio, e al termine del processo finisce tipicamente per caratterizzarsi in modo diverso rispetto
agli stadi iniziali.
L’immagine che si forma alla fase 1 viene definita da Gunn organica (o person-determined, in
MacKay e Fesenmaier 1997). A questo livello essa si fonda primariamente su informazioni
assimiliate da fonti non direttamente associate all’industria turistica, quali i media generici
(notiziari, riviste, libri, film), il sistema dell’istruzione, e le opinioni di familiari e amici. È solo
nell’ambito della fase 2 che fonti commerciali quali brochure, agenti di viaggio e guide turistiche
vengono attivamente ricercate e utilizzate e, come conseguenza, possono intervenire a modificare
l’immagine organica; l’esito è una nuova immagine, denominata indotta (o destination-determined,
in MacKay e Fesenmaier 1997) e derivante dallo sforzo dei responsabili di marketing che hanno il
compito di sviluppare, promuovere e pubblicizzare le loro destinazioni (Kim e Richardson 2003:
217). Infine, nel corso dell’ultima fase del modello di Gunn, l’esperienza diretta interviene a
modificare ulteriormente l’immagine della destinazione, che a questo livello tende ad essere più
“realistica, complessa e differenziata” (Echtner e Ritchie 1991: 4).
Al modello di Gunn, sono seguite varie elaborazioni volte ad approfondire ulteriormente il ruolo
svolto dalle fonti informative nello sviluppo dell’immagine delle destinazioni. Gartner (1993) ha
ricondotto i vari fattori di stimolo ad otto differenti categorie, collocate lungo un continuum, e
individuate in funzione del grado di controllo esercitato dal soggetto promotore e della credibilità
3
Gunn C. (1972), Vacationscape: Designing tourist environments, Austin, University of Texas, e Gunn C. (1988),
Vacationscape: Designing tourist regions, New York, Van Nostrand Reinhold.
del messaggio agli occhi del target di mercato; tali categorie sono definite “agenti”
4
del processo di
formazione dell’immagine. Dal meno credibile al più credibile, essi sono:
Overt Induced I (agenti palesi indotti I)
Questi agenti consistono nelle varie forme in cui si declina la pubblicità tradizionale attivata dai
promotori delle destinazioni, che ne detengono il pieno controllo, per cercare di influenzare le
immagini nelle menti dei potenziali visitatori. “Chi riceve il messaggio non è confuso su chi lo sta
trasmettendo” (Gartner 1993: 197), ma questo risulta in un livello di credibilità estremamente basso
presso il pubblico, in grado di coglierne la scarsa oggettività.
Overt Induced II (agenti palesi indotti II)
In questa categoria rientra il complesso di informazioni che vengono fornite da tour operator e
agenzie turistiche. Per quanto a realizzare la produzione a monte di materiali promozionali sia in
sostanza ancora la destinazione stessa, in grado ora di esercitare un controllo medio sul messaggio
trasmesso, l’impiego di esperti interposti fra organizzazione promotrice e consumatori migliora la
credibilità agli occhi di questi ultimi.
Covert Induced I (agenti celati indotti I)
La credibilità della fonte, e conseguentemente del messaggio, migliora se le attività promozionali
tradizionali (Overt Induced I) vengono realizzate ricorrendo all’utilizzo di portavoce celebri, grazie
ai quali la reale fonte delle informazioni è percepita con intensità minore.
Covert Induced II (agenti celati indotti II)
A costituire questa tipologia di agenti sono le informazioni veicolate da giornalisti di settore che,
dopo essere stati coinvolti in eventi o familiarization tour organizzati e sostenuti economicamente
dagli enti di promozione delle destinazioni, pubblicano servizi a testimonianza dell’esperienza
vissuta. Perlopiù ignorando che le spese di viaggio dei giornalisti sono tipicamente coperte dall’ente
di destinazione, chi legge l’articolo di giornale o è spettatore del servizio televisivo percepisce
l’immagine come presentata da una persona priva di connessioni con gli interessi della destinazione,
e tende a considerare il contenuto credibile.
Autonomous (agenti autonomi)
Gli agenti autonomi consistono in fonti indipendenti quali report, documentari, film e articoli di
notiziari. Tali fonti sono considerate autorevoli e credibili, in quanto le informazioni vengono
fornite dai media senza alcuna interferenza da parte delle organizzazioni di promozione del
territorio. La categoria si suddivide in due sottocomponenti: i notiziari (news) e la cosiddetta
popular culture
5
(Gartner 1993: 201).
4
Il termine agenti è stato qui adottato come traduzione dell’inglese agents: “The selection of the terminology, image
formation agents, is derived from the definition of agent as a force producing a specific result. The selection of one type
of image formation agent over another is intended to influence the recipient of the message in a particular way, hence a
specific result. To be included as a separate category […] a different result must be obtained” (Gartner 1993: 197).
5
Il concetto di popular culture, usato da Gartner non corrisponde esattamente al concetto di “cultura popolare” adottato
in Italia. Quest’ultimo si riferisce in genere alle espressioni culturali riconducibili al periodo preindustriale o che si
sviluppano oggi in contrasto all’industrialismo, mentre l’espressione popular culture è più tipicamente tradotta come
“cultura di massa”. Poiché anche in inglese esiste il concetto di “mass culture”, ma non ha esattamente lo stesso
significato di “popular culture”, si è preferito in questa sede mantenere il termine anglosassone, per il cui chiarimento si
rimanda alle prossime pagine.
Unsolicited Organic (agenti organici non sollecitati)
“Informazioni non richieste e ottenute da persone che sono state in una destinazione, o pensano di
sapere cosa esista lì, costituiscono gli agenti organici non sollecitati” (Gartner 1993: 203). Per
quanto generalmente maggiore rispetto alla prima categoria di agenti del continuum, il grado di
credibilità per il ricevente è funzione dell’opinione che quest’ultimo ha dalla fonte coinvolta, che è
comunque sempre considerata disinteressata.
Solicited Organic (agenti organici sollecitati)
Quando una destinazione fa parte del set di alternative al cui interno si maturerà la decisione finale
di vacanza, la ricerca attiva di informazioni può includere richieste di pareri a fonti ben informate.
A questo livello si ricomprende il cosiddetto passaparola, con il quale si intende lo scambio di
opinioni e conoscenze sulle destinazioni fra le persone. In particolare, le informazioni scambiate
sono espressamente richieste e provengono da fonti considerate credibili e affidabili, tipicamente
amici o parenti che non hanno alcun interesse particolare a determinare la scelta finale di vacanza.
Nel suo studio sul ruolo delle fonti informative nel generare il desiderio di visita, Butler (1990)
rintraccia negli agenti organici sollecitati e non sollecitati -che l’autore inserisce nella categoria
degli oral media-, la prima fonte di informazioni cui le persone sono esposte, nella forma del
confronto domestico di opinioni e degli insegnamenti ricevuti.
Organic (agenti organici)
L’ultima categoria di agenti lungo il continuum di formazione dell’immagine, è costituito dalle
informazioni su una destinazione acquisite tramite esperienze personali precedenti, e si caratterizza
per il massimo livello di credibilità.
Le categorie individuate da Gartner (1993) possono agire in modo reciprocamente indipendente,
ma più tipicamente lo fanno in modo combinato, e gli individui vengono influenzati da più tipologie
di fonti. Poiché ognuno degli agenti influisce in modo diverso sulla formazione dell’immagine delle
destinazioni nella mente delle persone, lo schema proposto ha importanti implicazioni per la
creazione o modifica dell’immagine stessa attuabile dai promotori delle destinazioni, e fornisce le
basi per la costruzione di un adeguato “mix di formazione dell’immagine” (Gartner 1993: 197).
Fra le otto tipologie di fattori presenti nel continuum, il ruolo degli agenti autonomi sembra
essere particolarmente efficace e pregnante. Nel 2005, per esempio, la comunicazione sotto forma
di libri, film, articoli ha influenzato complessivamente il 12,2% delle scelte di vacanza degli
italiani; questa percentuale è il doppio di quella corrispondente alle scelte dovute
all'intermediazione da parte di agenzie di viaggio e tour operator (Luoghi & Location, 2007).
Gli agenti autonomi sono in grado di fornire grandi quantità di informazioni su un luogo in un
breve periodo di tempo, trasmettono messaggi che le persone tendono a considerare come non
distorti se paragonati a quelli provenienti dalle attività pubblicitarie tradizionali e, trattandosi di
fonti del cui uso è profondamente impregnata la vita quotidiana, si caratterizzano per un’alta
penetrazione di mercato. Da ciò deriva che gli agenti autonomi “potrebbero essere gli unici agenti di
formazione dell’immagine capaci di cambiare l’immagine di un’area in modo drammatico in un
breve periodo di tempo” (Gartner 1993: 203). Come in precedenza accennato, news e popular
culture costituiscono le due sottocomponenti in cui si scinde la categoria; nel secondo concetto si
comprendono “i film, la letteratura, la musica, l’arte, la fotografia ed altri tipi di media, inclusi i
mass media, che comunicano e riflettono valori e simboli ampiamente accettati” (Kim e Richardson
2003: 219). I popular media influenzano l’attrattiva delle destinazioni e delle attività turistiche
costruendo o rinforzando le immagini di tali destinazioni (Beeton 2005: 4). Butler (1990), che
suddivide il complesso dei media, riferendosi sostanzialmente ai popular media, in tre principali
tipologie, oral, literary e visual, sottolinea l’importanza storica che i primi due tipi hanno ricoperto
nel far conoscere alle persone luoghi di cui non avevano personale esperienza. Nel riportare i primi
esempi di influenza delle fonti informative sul desiderio di viaggio, l’autore ricorda come i discorsi
pubblici “promossero” il primo esempio di turismo militare o d’affari: le Crociate; similmente la
crescita dei Pellegrinaggi si può spiegare anche in ragione delle esortazioni che leader religiosi
rivolgevano alle masse nei loro sermoni. Dal tardo 16mo all’inizio del 19mo secolo, il Grand Tour
fu promosso principalmente attraverso il passaparola interno a quella ristretta elite che poteva
permetterselo, oltre che dai diari di viaggio, fonti scritte, che in questo periodo conobbero la
massima diffusione.
Nella categoria dei literary media rientra anche il turismo letterario, tuttora un importante settore
dell’industria turistica, fondato sull’associazione fra luoghi e libri o autori (Squire 1994: 104).
L’interesse in questo caso origina quando la popolarità di una descrizione letteraria o la statura di un
singolo autore è tale da far sì che le persone siano attirate a visitare i luoghi di cui è stato scritto o
cui l’autore è associato (Busby e Klug 2001: 318). Herbert (1996) afferma che esistono diverse
declinazioni di questa forma di turismo, corrispondenti a diversi tipi di attrazioni. Ad essere
richiamate ai luoghi letterari possono essere innanzi tutto persone interessate alle storie di vita
personale degli scrittori, che desiderano poter entrare in contatto con posti strettamente associati ad
individui ammirati e vedere e a volte toccare artefatti o cimeli; la connessione può sussistere anche
con le opere nel caso in cui gli autori abbiano dato loro origine in quei contesti. Molti luoghi sono
divenuti popolari in quanto associati a “figure la cui autenticità è sfumata nella mitologia” (Butler
1990: 49); ne è un esempio la foresta di Sherwood, legata alla leggenda di Robin Hood. Un luogo
letterario può essere visitato anche allo scopo di evocare ricordi legati al periodo in cui le opere
sono state lette (spesso l’infanzia o la giovinezza) in un tentativo di rivivere le emozioni allora
provate. Spesso, infine, i luoghi letterari ricoprono per i turisti un ulteriore ruolo: come è stato
dimostrato da Squire (1994) analizzando il flusso turistico a Hill Top Farm, dove la scrittrice di libri
per l’infanzia Beatrix Potter ha vissuto buona parte della sua vita, “il turismo letterario è [anche] un
medium attraverso cui una varietà di significati culturali e valori può essere comunicato” (1994:
104).
Nonostante la letteratura continui a giocare un ruolo molto importante all’interno della popular
culture, sono i media definiti visual a ricoprire oggi una posizione di egemonia nel formare le
immagini turistiche delle destinazioni. Butler suggerisce che all’attribuire minore importanza da
parte delle persone alla lettura quale modalità per ottenere informazioni sui luoghi, e all’affidarsi
maggiormente a fonti di informazione visiva per acquisire conoscenza su quasi ogni argomento, ciò
che viene mostrato nei film, nei video e in televisione diventa via via più importante (1990: 51).
L’autore traccia l’origine dell’evoluzione dei visual media a fini promozionali turistici nei dipinti e
negli schizzi riportati dai viaggiatori di ritorno dal Grand Tour; in seguito, poster e varie
illustrazioni furono realizzati per ferrovie e linee di navi a vapore per dimostrare l’attrattività delle
destinazioni con cui fornivano il collegamento. Le cartoline, conseguenti alla comparsa della
fotografia, hanno poi rappresentato una forma di promozione molto economica: i turisti,
acquistandole e inviandole a proprie spese, contribuiscono alla diffusione dell’immagine delle
località.
Più recentemente, i film per il cinema e le serie televisive hanno dimostrato di avere una portata
molto significativa nell’influenzare gusti e idee del pubblico. Urry (1995) nota come “grazie alla
televisione e al videoregistratore, ogni tipo di luogo può essere guardato, confrontato,
contestualizzato e osservato ancora. È possibile immaginare di essere ‘realmente’ sul posto,
ammirare il tramonto del sole, le catene montuose o il mare color turchese” (1995: 148). Riley e
Van Doren (1992) affermano che i film “mettono in mostra gli attributi e le caratteristiche uniche
delle destinazioni nell’ambito di un copione cinematografico. L’esposizione estesa ad attrazioni
turistiche attraverso il cinema consente ai turisti potenziali di acquisire informazioni e conoscenza
vicaria, abbassando i livelli di ansia causati dalla previsione del rischio”(1992: 269). Kim e
Richardson (2003: 222) esprimono un concetto simile nel sostenere che i film rendono i luoghi e le
attrazioni in essi rappresentati più familiari agli occhi del pubblico. La conseguenza più palese è
stata l’incremento di presenze presso le località che hanno ricevuto un’adeguata presentazione in
un’opera audiovisiva, ma tale fenomeno turistico osservato è solo la parte più evidente di ciò che è
stato battezzato “film-induced tourism”, e che si manifesta con molte e diverse sfaccettature di cui
si cercherà di dare spiegazione nei prossimi capitoli; esso rappresenta oggi una delle tendenze più
interessanti del settore, il cui studio sta conoscendo ampissima diffusione.
1.2
Il film-induced tourism
Che il cinema eserciti una qualche influenza sui gusti e le preferenze dei consumatori è un fatto
noto da tempo, sebbene la natura di tale ascendente e le possibilità di sfruttarla a fini di promozione
turistica siano state sistematicamente indagate dalla ricerca accademica solo a partire dagli anni ‘90.
A semplice titolo di esempio basterà ricordare che film come Vacanze Romane (1953, con Audrey
Hepburn e Gregory Peck) o la Dolce Vita (1960, con Marcello Mastroianni) hanno contribuito in
modo sostanziale a lanciare un’immagine di Roma e dell’Italia che sopravvive ancora oggi nella
mente di mondi turisti d’oltreoceano. Nel 1998 Riley, Baker e Van Doren rilevavano come le
maggiori imprese del mondo dello spettacolo lucrassero già da molti anni da quello che essi
chiamavano “movie-induced tourism”, e al riguardo facevano notare come gli Universal Studios e i
Disneyworld-MGM Studios avessero aumentato le già numerose attrazioni del parco divertimenti di
Orlando, Florida, aggiungendo la possibilità per i visitatori di trovarsi nelle ambientazioni di film
quali ET, Jaws, King Kong, Star Wars e Indiana Jones (1998: 920). E, sullo stesso tema, Bocchiola
sottolinea che “oggi gli Universal Studios di Hollywood sono considerati una delle più grandi
attrazioni di Los Angeles, ma già ai tempi del film muto, folle di turisti vi si accalcavano per vedere
le riprese” (Bocchiola in Provenzano 2007: 332). Il linguaggio cinematografico ha un enorme
potere di astrazione, rapimento, ridefinizione dello spazio e del tempo nella percezione di chi
guarda un film, e nella misura in cui riesce, attraverso sensazioni visive e uditive, a far sentire gli
spettatori nel luogo ritratto, ha il potere di influenzare le impressioni, stimolare l’interesse, e in
alcuni casi generare il desiderio di visita.
Dal momento in cui la ricerca accademica si è interessata allo studio delle relazioni fra prodotti
cinematografici, e più in generale audiovisivi, e industria turistica, è emersa la complessità di una
dialettica che si sviluppa secondo modalità diverse e non sempre prevedibili, un fenomeno dai
contorni sfumati sulla cui stessa terminologia e definizione non c’è ancora totale uniformità di
posizioni. Se la casistica internazionale di location trasformatesi in destinazioni turistiche di fama
grazie al successo di un film si arricchisce di giorno in giorno e viene puntualmente riportata dai
media e dagli studi accademici, un’analisi precisa sul come i fenomeni di turismo legato al cinema
si producano è ancora in fase di ricerca. Ciò tuttavia non toglie che i contributi all’argomento siano
ormai molteplici e forniscano apporti continui all’argomento.
1.2.1
Inquadramento del fenomeno
Ad indicare il complesso di modalità in cui si declina il rapporto fra visione di prodotti
audiovisivi e processo decisionale di consumo turistico, sono state deputate varie denominazioni.
Nel contesto italiano l’espressione maggiormente usata è quella di cineturismo (Messina 2006;
Provenzano 2007; Rocco 2006; Rocco, Di Maira 2006, 2007), inteso come “turismo verso location
cinematografiche o verso siti in qualche modo correlabili all’universo glamorous del cinema”
(Provenzano 2007: 13), affiancata recentemente a quella di teleturismo, ovvero “la visita ai luoghi
che sono stati utilizzati come location per le fiction tv” (Bassi in Rocco, Di Maira 2007: 5).
In ambito internazionale si è parlato, nell’ordine, di movie-induced tourism, film tourism, film-
induced tourism; il primo è stato introdotto nell’ambito delle prime ricerche sul tema, ravvisabili
nell’articolo di Riley e Van Doren “Movies as tourism promotion” del 1992 e in quello di Riley
“Movie-induced tourism” del 1994. In quest’ambito si è posta l’enfasi soprattutto sull’opportunità
di considerare i film per il cinema quali strumenti di promozione turistica di un territorio, stimando
gli incrementi di visitatori presso location di successo, e suggerendo un’ulteriore legittimazione
all’esistenza delle film commission, non più giustificate solo dal beneficio derivante dalla spesa
sostenuta dalle produzioni cinematografiche attirate sul territorio
6
. Riley, Baker e Van Doren, nel
1998 scrivevano: “Nella misura in cui le persone cercano visuali/luoghi osservati sul grande
6
Su questo argomento si veda il paragrafo 1.4 dedicato alle film commission.