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Alcune di queste speculazioni poco serie sull’argomento contribuiscono a sminuire la
percezione di scientificità che la comunità riserva a questa disciplina.
Il principio basilare, ricavato dalla psicoterapia e poi esteso ad altri campi, è
concettualmente semplice: isolare gli elementi di eccellenza di una persona, capire il
funzionamento di questo modello e poi riprodurlo.
È importante chiarire fin da subito la conseguenza più diretta di tale principio:
l’impiego di una delle suddette tecniche non implica la consapevolezza della sua
esistenza. La Programmazione Neurolinguistica è una disciplina estremamente
pragmatica, che si propone come una sorta di navigatore GPS dell’efficienza
comunicativa, raccogliendo sotto il suo indice qualsiasi tecnica che si dimostri efficace
in tale senso. La sua pretesa non è quindi di inventare nuovi metodi comunicativi ma di
catalogare e rendere fruibili a tutti quelli più efficaci già esistenti, approfondendone
peraltro il funzionamento a livello neurologico. Questo è il motivo per cui talentuosi
pubblicitari applicano impeccabilmente procedimenti di ancoraggio piuttosto che di
ristrutturazione1, ma lo fanno in maniera del tutto inconsapevole, guidati dal loro istinto
e dalla loro esperienza, senza conoscere affatto la PNL. Tali doti hanno permesso loro di
trovare la strada migliore per arrivare al loro obiettivo comunicativo, lo stesso percorso
che è in grado di fornire anche ai meno esperti la Programmazione Neurolinguistica,
ricalcando (o, in termine tecnico, modellando) il cammino delle persone che si sono
mostrate di successo nell’ambito comunicativo.
Nel corso di questo lavoro, cercheremo di creare un punto d’incontro tra le
tecniche della PNL e le esigenze della comunicazione aziendale turistica. Dopo una
breve introduzione alla storia e ai principali presupposti della PNL, analizzeremo infatti
le tecniche principali nel contesto della loro funzionalità specifica durante i processi
pubblicitari, di vendita e relazionali. Verranno successivamente presentati alcuni esempi
di applicazione di tali tecniche alla promozione turistica.
1
Cfr. cap. 3.
7
1. LE ORIGINI DELLA PROGRAMMAZIONE NEUROLINGUISTICA
“Ogni uomo confonde i limiti del suo campo visivo con i confini del mondo.”
ARTHUR SCHOPENHAUER
1.1 La storia
La Programmazione Neurolinguistica, diffusasi inizialmente negli Stati Uniti
dagli anni settanta, nasce come modello di comunicazione in seguito all’incontro e alla
collaborazione del programmatore Richard Bandler e del linguista John Grinder. Lo
scopo dei due scienziati era quello di capire perché il lavoro di alcuni psicoterapeuti, fra
i quali Virginia Satir, Fritz Perls e soprattutto Milton Erickson, avesse dei risultati così
sorprendentemente rilevanti rispetto alla media. Il loro lavoro si sviluppò quindi in una
minuziosa descrizione del processo operativo adottato da questi professionisti. Il
denominatore comune osservato venne quindi individuato: si trattava di una
straordinaria capacità di mettersi in contatto con l’emisfero cerebrale non dominante del
paziente.
Le osservazioni più prolifiche vennero compilate studiando il lavoro di Milton
Erickson, riconosciuto a livello mondiale come il maggior esperto dell’ipnosi usata
come strumento terapeutico. La sua opera, corredata di centinaia di articoli scientifici, è
un vero e proprio viaggio tra le possibilità della mente umana, che sconcerta da un lato
per le incredibili conclusioni che ne trae e dall’altro per la verificabilità dei risultati.
Milton Erickson nacque nel 1901 nel Middle West e crebbe in una zona rurale,
carente delle strutture educative e sanitarie di cui avrebbe avuto bisogno. La sua salute
infatti era estremamente compromessa: daltonico, dislessico, affetto da sordità tonale e
da malformazioni congenite. All’età di diciassette anni subì il primo attacco di
poliomielite al quale a detta dei medici non sarebbe sopravvissuto, e dal quale uscì
completamente paralizzato. Apprese i principi dell’ipnosi studiando da autodidatta e li
applicò prima su se stesso per alleviare le proprie condizioni di salute. All’età di sei
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anni sperimentò infatti con successo l’esperienza dell’autoipnosi per riuscire a
distinguere la lettera M dal numero 3, cosa che la sua disfunzione linguistica non gli
permetteva in precedenza. In seguito all’attacco di poliomelite, e non potendo godere di
nessuna cura o assistenza sanitaria nella fattoria in cui viveva, riuscì a riacquistare
parzialmente la motricità scoprendo da solo il principio ideomotorio fondamentale
dell’ipnosi (postulato da Berneim alcune decine di anni prima), secondo il quale la sola
idea di un movimento porta all’effettiva esperienza di una reazione automatica da parte
dei muscoli del corpo. (Dilts R. et alii, 1982)
Dopo aver superato grazie all’autoterapia gran parte dei suoi problemi di salute,
studiò medicina specializzandosi in psichiatria. Esercitò la professione d’insegnante
nello stato del Michigan fino a quando non fu costretto a trasferirsi (nuovamente per
ragioni di salute) a Phoenix in Arizona. Da quel momento decise di dedicarsi alla
professione privata, interessandosi in particolar modo ai metodi naturalistici (senza
induzione formale) e riportando gli ottimi risultati grazie ai quali è considerato il
massimo esperto a livello mondiale nell’ambito della psicoterapia ipnotica.
Nel corso della sua carriera scientifica ricoprì incarichi di grande prestigio, quali
la presidenza della Società Nordamericana d’ipnosi clinica e la direzione dell’American
Journal of Hypnosis. Inoltre diede vita ad una Fondazione per l’Educazione e la
Ricerca.
Morì a settantotto anni il 27 marzo 1980, dopo aver trascorso gli ultimi sedici
anni della sua vita in sedia a rotelle in seguito ad un secondo attacco di poliomelite.
La strategia utilizzata da Erickson durante le sue sedute appariva tanto
complessa quanto sistematica; proprio la sua sistematicità ha consentito a Bandler e
Grinder di schematizzarla e riprodurla, per cui ora disponiamo del relativo modello
teorico, anche se a causa dell’enorme complessità solamente pochi fra gli allievi del
grande psicoterapeuta sono riusciti ad ottenere gli stessi straordinari risultati.
Ai suoi successori cercò di trasmettere la capacità di scoprire e soddisfare le
necessità specifiche dei pazienti al momento della terapia. Secondo le sue teorie la base
per una collaborazione proficua fra paziente e terapeuta è la capacità di quest’ultimo di
immedesimarsi completamente nella visione (mappa) del mondo del malato, allo scopo
di massimizzare l’efficacia del processo comunicativo. Durante questo processo, il
medico si immedesima totalmente nel punto di vista del paziente, osserva il mondo dai
9
suoi occhi e seguendo le sue regole, acquisisce coscienza del sistema di
rappresentazione interno utilizzato dal paziente e ne fa uso per rappresentargli nuove
possibilità.
A prescindere dal fatto che questo procedimento venisse utilizzato in uno stato
di trance o ipnosi, il principio è assolutamente valido e attuabile anche nel contesto delle
interazioni sociali. Per questo Grinder e Bandler lo sviluppano in una serie di studi volti
a fornire agli esseri umani gli strumenti idonei a cambiare gli atteggiamenti, i pensieri e
le azioni depotenzianti di se stessi e degli altri individui. (Castelnuovo G. et alii, 2006)
Grinder e Bandler integrarono poi questi elementi con lo studio delle teorie di
Bateson, Watzlawick e Chomsky. Da quest’ultimo assorbirono soprattutto l’idea di
sintassi generativa, mentre le idee dell’antropologo Bateson (che riprendevano in certa
misura gli scritti di Watzlavick) ispirarono il principio “la mappa non è il territorio” e la
tecnica del modellamento2.
La storia della programmazione neurolinguistica proseguì, negli anni successivi, fra
il favore della popolazione che beneficiava delle sue tecniche e l’ostilità ostentata da
parte del mondo accademico scientifico; tale controversia permane aperta ancora nei
nostri giorni.
Le teorie di Bandler e Grinder sono state propagate e ampliate da alcuni dei loro
allievi, come Robert Dilts, che ha applicato con successo i principi della PNL ad una
ricerca approfondita sulla leadership.
Il modello della PNL nel corso del tempo ha subito un processo di evoluzione, tanto
che possiamo distinguere tra quattro generazioni di studio sull’argomento(G.
Castelnuovo et alii, 2006: p. 13):
ξ PNL di prima generazione: si occupa principalmente dello studio delle mappe
e sulla dinamica della loro modifica allo scopo di ottenere dei cambiamenti.
ξ PNL di seconda generazione: si concentra sullo studio dei metaprogrammi, che
analizzeremo approfonditamente nel corso del terzo capitolo perché
costituiscono i filtri all’interno delle mappe di ciascun individuo.
ξ PNL di terza generazione: analizzando i nuclei interni di ciascun soggetto,
viene aperta la porta a nuovi meccanismi comportamentali che possono derivare
2
Cfr. cap. 3.
10
da un processo di trasformazione che coinvolge la persona nel suo lato più
profondo.
ξ PNL di quarta generazione: detta anche programmazione neurolinguistica
umanistica integrata, si avvale dell’apporto di altre discipline per fornire
strumenti ancora più efficienti in ambito comportamentale ed umano.
1.2 Definizione
Neuro-linguistic programming: a model of interpersonal communication chiefly
concerned with the relationship between successful patterns of behaviour and the subjective
experiences (esp. patterns of thought) underlying them" and "a system of alternative therapy based
on this which seeks to educate people in self-awareness and effective communication, and to
change their patterns of mental and emotional behaviour3.
Nel 1982 i padri fondatori della PNL, ovvero John Grinder e Richard Bandler,
pubblicano assieme al loro allievo Robert Dilts e ai collaboratori Leslie Bandler e Judith
De Lozier il primo libro che inizia a raccogliere materiale dei loro studi e delle loro
esperienze professionali. In esso, la programmazione neurolinguistica, o semplicemente
PNL, è “lo studio delle componenti della percezione e del comportamento che rendono
possibile la nostra esperienza. L’espressione programmazione neurolinguistica vuole
indicare il procedimento fondamentale usato da tutti gli esseri umani per codificare,
trasferire, guidare e modificare il comportamento.”. (R. Dilts et alii, 1982: p. 25)
A detta degli stessi autori, questo nuovo campo di indagine nasce dalla visione
della cultura come un patrimonio dinamico, che si adatta necessariamente alle necessità
contingenti al periodo storico. E proprio il ventesimo secolo, culla della
programmazione neurolinguistica, si caratterizza per un forte bisogno di nuove risposte
e campi di studio inesplorati che possano fornirle. L’accostamento di discipline
concettualmente molto lontane tra loro, quali ad esempio la linguistica e la matematica,
crea nuovi campi del sapere inaspettatamente prolifici, allo stesso modo in cui
l’accostamento di due colori primari ne genera uno secondario.
3
n. Neurolinguistic programming' Oxford English Dictionary (2003).
11
I tre costituenti del nome assumono quindi il seguente significato: (Granchi G.,
Pirovano F., 2002: p. 11)
ξ Programmazione: indica il fatto che ognuno di noi interagisce con il mondo
esterno utilizzando specifici programmi mentali, che sono soggettivi.
Utilizziamo questi programmi mentali per ordinare e filtrare gli stimoli
sensoriali che recepiamo dall’esterno, per poi attivare processi interni di
organizzazione di reazioni coerenti a questi stimoli. Secondo la PNL, è possibile
analizzare nel dettaglio la sequenza di questi programmi mentali, scomporli fino
ai loro passaggi più elementari ed infine riprodurli a piacimento con il fine di
ottenere gli stessi risultati in persone diverse. Il principio della programmazione
sta alla base della tecnica fondamentale della PNL, ovvero il modellamento.
Tramite questa tecnica è possibile riprodurre la sequenza di programmazione
interna di persone che dimostrano caratteristiche di eccellenza, per poi
riprodurne i risultati.
ξ Neuro: riguarda il funzionamento del sistema nervoso umano, e secondo la
teoria della PNL deriva da un fatto molto banale: tutta l’esperienza di un
individuo è data dagli stimoli (visivi, uditivi o cinestesici) che i suoi sensi
raccolgono dal mondo e dal modo in cui il cervello rielabora questi stimoli. Stati
d’animo quali l’euforia, la frustrazione, la paura, oppure sentimenti nei confronti
di altre persone esistono solo nella mente della persona che li sviluppa come
reazione ad uno stimolo dell’ambiente circostante.
ξ Linguistica: il linguaggio è lo strumento principale che viene utilizzato durante
la rielaborazione degli stimoli appena menzionata, perché è una modalità
convenzionale di tradurre le nostre sensazioni per poi rappresentarle (agli altri o
a sé stessi). Tramite il linguaggio ciascun individuo dà forma e struttura alle
sensazioni e costruisce una propria rappresentazione interna della realtà, oppure
fa uso della comunicazione verbale e non verbale per interagire con le altre
persone.
12
1.3 I presupposti della PNL
L’efficace applicazione delle tecniche proposte dalla PNL si basa
sull’accettazione di alcuni principi di base (Castelnuovo G. et alii, 2006). Tali principi
non vogliono avere un valore dogmatico, si tratta di suggerimenti per interpretare la
realtà che forniscono quello che in PNL viene spesso definita “visione potenziante”;
adottare questi punti di vista permette di esprimere al meglio le nostre capacità umane.
1.3.1 La mappa non è il territorio
Secondo la teoria presa in considerazione, dato che la percezione della realtà è
un fenomeno estremamente soggettivo il nostro cervello costruisce una
rappresentazione del mondo basandosi sulle informazioni che i nostri sensi ricevono dal
mondo esterno.
Per agevolare la comprensione di tale processo, si può pensare ad un cartografo
che dopo aver effettuato accurate stime geologiche di un territorio compila una mappa.
Ma una cartina geografica, per quanto dettagliata ed accurata, non è lo stesso territorio
che rappresenta; allo stesso modo, la nostra rappresentazione interna del mondo non
coincide con la realtà. La mappa che ognuno di noi ha dentro di sé corrisponde alla sua
individualità, formatasi attraverso scelte ed esperienze personali. Per questo motivo non
esistono mappe giuste o sbagliate, più oggettive o meno; le mappe possono
semplicemente essere più o meno funzionali e potenzianti rispetto agli obiettivi che ci si
è proposti.
Questo sistema di catalogare la realtà risponde all’esigenza umana di poter
disporre di schemi semplificati relativi alle nostre esperienze, in modo da poter
riconoscere in pochi istanti situazioni critiche (ad esempio di pericolo) o poter interagire
con la realtà attraverso schemi routinari. Ad esempio, trovandoci in un luogo
sconosciuto di fronte ad un semaforo rosso, sappiamo esattamente che la cosa giusta da
fare è arrestare il veicolo, la nostra mappa mentale sul concetto di semaforo ci fornisce
indicazioni su come comportarci con quel particolare semaforo, anche se non l’avevamo
mai visto prima. Per questo motivo le mappe mentali semplificano enormemente la
13
nostra interazione con la realtà, accelerando il processo stimolo-reazione e
semplificando quello decisionale. Dall’altro lato però affidandosi totalmente a questo
processo si corre un rischio duplice.
Innanzitutto c’è il pericolo di cadere in preda a facili generalizzazioni, per cui un
singolo comportamento iniziale di una persona condiziona stabilmente le nostre
impressioni nei suoi confronti. Inoltre esiste la possibilità di essere così concentrati sulla
propria mappa da non considerare, o addirittura neppure concepire che le altre persone
percepiscano la realtà in maniera differente.
Nel contesto della comunicazione aziendale, questo principio è essenziale nel
momento in cui un’azienda desidera trasmettere il valore del suo prodotto al cliente,
perché la aiuta a non cadere nell’errore di considerare solo il proprio punto di vista ma
anche e soprattutto il prodotto osservato secondo la mappa del cliente, quindi non tanto
nelle sue caratteristiche intrinseche quanto nella capacità di soddisfare il bisogno del
cliente stesso.
1.3.2 Il risultato di ogni comportamento è da ricercarsi nella risposta che si ottiene e
non nell’intenzione
Il principio precedente ha una conseguenza diretta: quando viene trasmesso un
messaggio ad un’altra persona, questa persona non lo interpreta secondo la mappa del
mondo del soggetto che emette il messaggio bensì utilizzando la propria. Perciò esiste
l’effettiva possibilità che nel processo comunicativo le intenzioni iniziali vengano
totalmente travisate: in questo caso un efficace monitoraggio del feedback ottenuto è
estremamente utile al fine di rielaborare i contenuti in una forma più comprensibile
dalla mappa del mondo del proprio interlocutore.
Nel contesto della comunicazione aziendale, appare essenziale la capacità
dell’azienda di anticipare la possibile mappa secondo la quale il potenziale consumatore
percepirà e giudicherà il prodotto, per poi scegliere le strategie comunicative più adatte
alla sua promozione. Inoltre è fondamentale la capacità di interpretare correttamente e
tempestivamente il feedback ottenuto, allo scopo di correggere tempestivamente una
campagna comunicativa basata su fondamenti errati.
14
1.3.3 Non si può non comunicare
Qualsiasi comportamento adottato è una forma di comunicazione, a livello
conscio o inconscio. Questo perché anche atti che tentano di evitare la comunicazione,
come ad esempio un silenzio o una postura fisica molto chiusa in realtà comunicano le
nostre intenzioni più delle parole.
In realtà la potenzialità comunicativa del silenzio è largamente sottovalutata: le
interpretazioni che tale atteggiamento può assumere (rabbia, attesa, rifiuto) sono
pressoché infinite.
Inoltre a livello fisiologico intervengono processi inconsci che comunicano
come si sente l’individuo preso in considerazione: variazioni del ritmo cardiaco e
respiratorio, l’arrossire o l’impallidire, i movimenti incontrollati delle pupille sono
segnali difficilmente controllabili, ma con un forte impatto comunicativo. Un occhio
esperto riesce a riconoscere e decifrare facilmente questi segnali, ricavandone
informazioni preziose.
Infine il linguaggio corporeo e la postura costruiscono il canale principale di
comunicazione nei confronti dell’esterno: è un fatto noto che il 60%-70% della
comunicazione avvenga attraverso il sistema non verbale, mentre solo il restante 30%-
40% di una comunicazione passa attraverso le parole. Una perfetta padronanza della
comunicazione, soprattutto di quella non verbale, è quindi una dote essenziale nel
contesto della comunicazione aziendale, dove la prerogativa è quella di lanciare
messaggi chiari, invitanti e coerenti. In uno spot pubblicitario, una conferenza stampa,
un contesto di pubbliche relazioni un’incongruenza fra linguaggio verbale e linguaggio
non verbale avrebbe conseguenze disastrose.
1.3.4 La mente ed il corpo appartengono allo stesso sistema
Secondo gli studi effettuati dagli esperti di PNL, la relazione tra il sistema fisico e
quello mentale nell’essere umano sarebbe molto più profonda di quanto si possa
15
immaginare. Essi affermano che cambiamenti a livello fisiologico possono determinare
variazioni analoghe a livello neurologico. In concreto, l’assunzione di determinate
posture sarebbe strettamente collegata a determinati stati d’animo.
Ad esempio: se in un momento di particolare euforia si inizia a respirare
pesantemente, chinare il capo ed incurvare la postura, risulta impossibile trattenere a
lungo la sensazione positiva; allo stesso modo, una postura eretta, il mento sollevato ed
una respirazione ferma e regolare alleviano uno stato d’animo negativo. È possibile fare
uso di questa pratica come risorsa a cui attingere per utilizzare sempre le proprie energie
nella maniera più efficiente possibile.
1.3.5 Dietro ogni comportamento esiste un’intenzione positiva ed un contesto in cui il
comportamento stesso assume significato
Ogni individuo può agire in un modo che alle altre persone potrebbe apparire
incomprensibile, ma letto alla luce della sua mappa del mondo acquista un senso. Perciò
anche le azioni altrui più bizzarre ed apparentemente insensate non andrebbero
semplicemente catalogate come “strane”, ma è necessario chiedersi cosa spinga una
persona ad adottare quella determinata strategia. Atti che noi non avremmo mai
compiuto acquistano sicuramente un senso, una volta che vengono considerati dal punto
di vista di chi li compie, perché ogni azione è funzionale al raggiungimento di un
obiettivo. A livello umano, e per estensione professionale, non legittimare un
comportamento perché non lo si comprende è considerato un grave errore. Etichettare le
azioni di un altro individuo come “assurde, ingiustificate” chiude ogni porta possibile
per entrare in sintonia con l’altra persona e legittimare un comportamento che, per
quanto fuori luogo, è perfettamente legittimo dal punto di vista di chi lo attua.
Ancora una volta, questo sottolinea l’importanza del comprendere la mappa
mentale del (potenziale) cliente piuttosto che ripetersi la legittimità della propria.
16
1.3.6 Ognuno di noi possiede dentro di sé le risorse necessarie a raggiungere i propri
obiettivi
Questo principio è uno dei più delicati da discutere fra quelli della PNL, perché
colpevole della reputazione poca seria di cui soffre questa disciplina.
Gli esperti in PNL riconducono il significato di queste parole alla teoria secondo
la quale le persone racchiuderebbero un potenziale che, se costantemente sviluppato ed
esercitato, può portarle ad ottenere quello che desiderano. Questo non significa
utopisticamente che basti desiderare qualcosa perché questa si realizzi; il senso di
questo principio sta nell’evidenziare che l’essere umano, a parte alcuni spiacevoli casi,
nasce con una dotazione di risorse tale da poter sviluppare moltissime capacità, se si è
disposti ad investire tempo ed impegno per la propria crescita personale.
Molti dei limiti che si pone non deriverebbero, infatti, da ostacoli reali, ma dalla
percezione di ciò che è alla propria portata e ciò che non lo è. In altre parole, non
riusciamo a fare qualcosa solo perché non crediamo di poterla fare. La storia
olimpionica racconta che fino al 1954 nessun atleta era ancora riuscito a percorrere la
distanza di un miglio in meno di quattro minuti. Al tempo, era credenza comune che
nessuno ci sarebbe mai riuscito, semplicemente perché la macchina umana non era
progettata per riuscire a farlo, tanto quanto non era progettata per volare o respirare
sott’acqua. Ma in quell’anno, l’atleta inglese Roger Bannister decise di provare ad
infrangere quel tabù, si allenò duramente a livello sia fisico che mentale e in quell’anno
tagliò il traguardo della corsa del miglio dopo tre minuti e cinquantanove secondi. La
cosa davvero interessante successe l’anno successivo: più di trenta atleti ottennero lo
stesso risultato. Il fatto che fino a quell’anno fosse considerata un’impresa impossibile,
e dall’anno dopo non una ma decine di persone ci siano riuscite confermerebbe l’ipotesi
che i limiti di quegli atleti non erano di natura fisica, ma mentale.
1.3.7 Se anche un solo individuo è in grado di fare qualcosa, chiunque la può fare
Dal principio precedente deriva questo: secondo le teorie della PNL, ogni azione
(che sia un’impresa sportiva, un atteggiamento produttivo a livello lavorativo, un
17
miglioramento costante in ambito interrelazionale) ha una precisa struttura, ovvero una
sequenza di programmazione mentale che la contraddistingue. Nel corso del terzo
capitolo vedremo come una delle più efficaci e complesse tecniche della PNL, ovvero il
modellamento, si prefigge come obiettivo la riproduzione di questa programmazione
mentale al fine di conseguire gli stessi risultati.
1.3.8 Non esistono fallimenti, solo risultati
Quando una cosa non va come noi la vorremmo, siamo abituati a parlare di
“insuccessi” o “fallimenti”. Dal punto di vista della programmazione neurolinguistica
l’insuccesso di per sé non esiste, è solo una nomenclatura che attribuiamo ad un evento;
e tra tutte le nomenclature possibili, sarebbe quindi la meno potenziante. Un celebre
aneddoto popolare racconta che ad Edison, dopo che per
novemilanovecentonovantanove volte cercò di perfezionare la lampadina, venne
chiesto: “Ma davvero vuoi andare incontro a diecimila fallimenti?” La sua risposta fu
“Io non fallisco, semplicemente ho scoperto novemilanovecentonovantanove modi di
non inventare la lampadina elettrica”.
Questo principio, che ha trovato una larga diffusione anche nel senso comune, ci
pone semplicemente di fronte ad una scelta: quando la realtà delude le nostre aspettative
possiamo cercare conforto nell’autocommiserazione, oppure raccogliere i risultati
(insperati) del frutto delle nostre azioni. Nel peggiore dei casi, avremo comunque
raccolto informazioni su cosa ci allontana dal nostro obiettivo.
1.3.9 Le scelte sono desiderabili e molteplici
Ogni situazione complessa può quindi essere osservata adottando svariati punti
di vista; ognuno di questi punti di vista fornisce una possibile soluzione, che può avere
la sua efficacia in quel caso specifico. L’essere umano per sua natura tende a sentirsi più
sicuro quando gli vengono indicate soluzioni univoche del tipo “se succede questo,