2
saperi e “sfaccettature” (il problema ecologico e quello sociale).
Abbiamo dunque tentato di dare una valutazione etica alla
problematica ambientale e sociale partendo da una sostanziale
“critica” al modello economico che ha portato alle attuali
condizioni. Riteniamo sia importante cercare di valorizzare
quanto di buono è stato fatto per invertire la rotta, coscienti che
l’ambientalismo ha spesso avuto una connotazione
esclusivamente critica e passiva.
La seconda parte dell’analisi, esamina le richieste sorte
recentemente nella comunità internazionale, in seguito alla presa
di coscienza dei paesi sviluppati alla problematica “sviluppo
sostenibile”. I trattati internazionali e la geopolitica regionale si
sono “evoluti”, o meglio, la cooperazione internazionale si è
allargata alle problematiche ecologiche e sociali, l’excursus
storico dei trattati internazionali delineato è servito a sottolineare
l’evoluzione del ruolo giocato dalle organizzazioni
sovranazionali, prima fra tutte le Nazioni Unite. Il nuovo corso
cui dovrebbe conformarsi l’intero gioco politico-strategico
futuro appare delinearsi all’orizzonte: la lotta all’inquinamento,
alle disuguaglianze nei rapporti nord-sud, all’immigrazione, alla
qualità di vita nelle città; tutte argomentazioni che ancora
confluiscono nel calderone “sviluppo sostenibile” e dalle quali
non possiamo esimerci.
3
Nella terza parte si focalizza la problematica a livello locale, si
riprende la pianificazione (o progettazione) in una dimensione
urbana attraverso l’analisi di alcune esperienze di progettazione
partecipata, ci siamo occupati di quelle piccole mosse che “dal
basso” potrebbero rilanciare le azioni per uno sviluppo
sostenibile e per una maggiore coscienza ecologica. Allo stesso
modo si è cercato di porre l’accento sugli aspetti positivi che
essa implica e gli attori che rilancerebbero la pianificazione in
“auge” in tutte le realtà territoriali: i bambini. L’oggetto della
ricerca si delinea sul livello urbano e le problematiche che
investono la società attuale e la città contemporanea. Nei nuovi
agglomerati urbani si riflette nitidamente la società moderna a
livello microsociale, i suoi rapporti e le sue disuguaglianze, che
spesso si materializzano in una deprivazione affettiva della
civitas.
Viene in particolar modo messa a fuoco la condizione del
minore, quale anello debole della nostra catena sociale, colui che
più soffre delle condizioni urbane contemporanee, l’oggetto del
nostro argomento rimane dunque focalizzato sulla
“problematica” minorile (mancanza di luoghi aggregativi,
disgregazione del senso di comunità, ecc.). Vengono in seguito
prese in considerazione tre esperienze di progettazione
partecipata, quali concrete realizzazioni per migliorare la qualità
urbana, soprattutto per i piccoli fruitori, allargandone le
4
potenzialità verso gli utenti più adulti, in un’ottica che vede la
partecipazione quale via alla sostenibilità, in un processo “a
cascata”.
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
5
1 LO SVILUPPO SOSTENIBILE.
1.1 Spunti per una definizione di “Carring Capacity”.
Raramente nei paesi industrializzati si è parlato del futuro
tanto quanto oggi. I giorni succeduti al 2000 sono stati
contornati dalle più svariate esortazioni sul prossimo futuro;
gli apocalittici additano la serie di minacce che incombono
sulla specie umana, il "Popolo di Seattle" o gli
antiglobalizzatori, puntano il dito verso un sistema economico
globale dominato dalle multinazionali e dalla logica
pionieristica. Senza dubbio quindi il coro di questo “fin de
siècle” è composto da voci numerose e dissonanti, ma tutte si
confrontano con una domanda fondamentale: come si può far
fronte al raddoppio della popolazione del pianeta senza
rischiare di distruggere il patrimonio di risorse naturali
necessarie alle prossime generazioni? La domanda è rivolta
prima di tutto alle società opulente. Da molti anni attivisti,
ricercatori e politici cercano la risposta nella direzione della
“sostenibilità”. Questa ricerca si pone l’obiettivo, forse un po’
ambizioso, di descrivere le modalità e gli ambiti “per uno
sviluppo sostenibile”. Tuttavia, poiché il termine sostenibilità
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
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è diventato una sorta di collante utilizzato per tenere insieme
interessi contraddittori e mischiato ad ogni genere di strategie
commerciali; sarà dunque indispensabile circoscrivere il
nostro studio.
La società attuale è insostenibile a causa del rapido
sfruttamento delle risorse limitate della natura da parte di una
popolazione umana in eccessivo aumento. La crisi ambientale
deriva dalla violazione d’importanti quanto sottovalutate leggi
della natura, la più importante delle quali, almeno dal nostro
punto di vista, afferma che i vari corpi della natura hanno un
capacità ricettiva limitata rispetto alla presenza di esseri
viventi. Nella nostra storia, se non nel presente recente, non si
è mai tenuto conto, nel comportamento sociale ed economico
di queste leggi, con le conseguenze che sono ormai sotto gli
occhi di tutti.
Gli esempi che vedremo presentano tutti lo stesso carattere di
violazione della legge naturale che attribuisce ad ogni corpo
naturale una capacità ricettiva limitata per le attività umane.
Nelle popolazioni animali intervengono dei meccanismi di
autoregolamentazione del numero di individui e della naturale
avidità selle specie. Qualsiasi territorio naturale ha una
capacità ricettiva limitata non solo per le popolazioni animali
che lo abitano, ma anche per le sostanze che vi sono immesse.
L’aria ha una carrying capacity per le polveri, i fumi, i gas, e
sono ben noti ormai fenomeni dell’inquinamento dell’aria
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
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urbana e dell’atmosfera planetaria. La crisi dei nostri sistemi
umani deriva dal fatto che nella cultura sociale ed economica
corrente non c’è posto per il concetto di capacità ricettiva, né
per il concetto di “limite”.
La nostra è una società basata sulla crescita con legge
esponenziale che è il contrario di quella che è imposta
dall’ineluttabile esistenza della carrying capacity di ciascun
territorio.
Uno dei casi di trappole tecnologiche dovute alla violazione
della carrying capacity è offerto dalle modificazioni
climatiche e biologiche provocate dall’immissione di agenti
estranei all’atmosfera come per esempio l’effetto serra e la
distruzione della fascia azotata, il nefasto “buco nell’ozono”.
Le emergenze planetarie che ci affliggono all’alba del nuovo
millennio sono ormai saldamente radicate nella coscienza
collettiva, esula pertanto, in parte, dalla nostra trattazione
l’analisi di queste piaghe, basterà soltanto accennarle nel
corso della nostra analisi nella quale tenteremo di smembrare
il problema dello sviluppo insostenibile, cercando di
individuare possibili soluzioni, specie per quanto riguarda la
definizione dei rapporti sociali ed economici capaci di
ridefinire possibili alternative di sviluppo umano. In tal modo
l’ecologia non può essere separata dall’equità, né l’equità
dall’ecologia. La crisi della natura e la crisi della giustizia
internazionale sono interconnesse. Questo principio noto al
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
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tempo della commissione Bruntland su “Ambiente e
sviluppo”, spesso è stato dimenticato, specialmente nei paesi
del Nord. Le società del benessere, infatti, sono tentate di
pensare all’ambiente in termini di fiumi limpidi, aria pulita,
cibi sani e gite divertenti. Da un punto di vista globale è
abbastanza ovvio che tutto ciò vorrebbe dire “abbellire”
alcune isole di ricchezza disperse in un oceano di povertà.
Sullo sfondo della divisione del pianeta, l’eccessivo
sfruttamento delle risorse naturali del nord impedisce, di fatto,
l’affermarsi di una maggiore giustizia nel mondo. La pretesa
del 20% della popolazione di sfruttare l’80% delle risorse
tende alla marginalizzazione della maggior parte del genere
umano.
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
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1.2 Una definizione di sviluppo sostenibile.
“ Il tema dello sviluppo sostenibile si dovrebbe affrontare con
lo stesso spirito con cui si inizia a lavorare ad un puzzle. Si
parte dividendo le tessere in pochi gruppi ben definiti,
lasciando la gran parte delle altre in un marasma ancora
indefinito. Poi si inizia a comporre il puzzle e, mentre si
procede, la massa indistinta di tessere comincia ad assumere
un nuovo significato. Particolari prima incomprensibili ci
aiutano ora a formare nuovi mucchietti e a procedere sino
alla fine.”
1
Anche gli elementi su cui poggia il ragionamento relativo allo
sviluppo sostenibile sono diversi e apparentemente lontani fra
loro. Esaminare gradualmente i singoli componenti, così come
in un puzzle, ci aiuta a capire rapidamente le interconnessioni
e gli aspetti cruciali di questo problema. L’idea di sviluppo
sostenibile necessita, infatti, di attingere concetti da più saperi
che normalmente non dialogano molto tra loro. La capacità di
riuscire a comprendere i nessi fra le diverse aree disciplinari
diventa quindi l’asse portante della nostra riflessione.
La definizione di sviluppo sostenibile è diventata di moda
soltanto in tempi relativamente recenti quando una
commissione di esperti nominata dalle Nazioni Unite
presieduta dalla norvegese Bruntland (da cui poi avrebbe
1
LANZA A., Lo sviluppo sostenibile, Il Mulino, Bologna, 1997, p. 7.
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
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preso il nome) ha condotto uno studio per arrivare a dare
indicazioni sul futuro dell’umanità.
Lo studio ha suggerito la necessità di strutturare il modo di
usare le risorse della terra per soddisfare contemporaneamente
le necessità dell’attuale e delle future generazioni. Nel testo
inglese: ”Development that meets the needs of the present
without comprimizing the ability of future generation to meet
theyr own needs”.
2
Nella concezione ecologica ormai ampiamente accettata è
insostenibile una crescita economica che sia basata sullo
sfruttamento delle risorse non rinnovabili fino al punto di
arrivare al loro rapido esaurimento; oppure che sia basato
sullo sfruttamento delle risorse naturali rinnovabili al di là
della loro possibilità di rigenerazione.
Se è vero che la definizione di “sviluppo sostenibile” è
arrivata da poco nel linguaggio, e nel dibattito politico, le sue
radici risalgono a molto lontano. L’alterazione antropica degli
equilibri naturali non è certo cosa nuova. Nella Grecia antica
Platone richiama l’attenzione sulla deforestazione selvaggia
dell’Attica; le foreste che ricoprivano un tempo la Sardegna
furono rase al suolo dai romani per costruire la propria flotta.
Tuttavia con la rivoluzione industriale aumenta in modo
esponenziale il volume l’intensità e la qualità di tale
alterazione, soprattutto perché vengono immesse
2
BRUNDLAND G.H., Il futuro di noi tutti, Bompiani, Milano, 1991, p. 3.
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
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nell’ambiente molecole di sintesi da parte delle produzioni
industriali a base chimica, specialmente dalla seconda metà
del XIX secolo. In questa fase le azioni umane e sociali
orientate all’ambiente sono di fatto inesistenti e non perché
non si vedessero gli effetti delle produzioni inquinanti, ma
perché queste venivano interpretate come l’effetto sgradevole,
ma inevitabile, di un modello culturale dello sviluppo
economico condiviso sia dagli imprenditori sia dai lavoratori,
coerente con l’ideologia trionfante del progresso.
Probabilmente il primo a riconoscere il concetto di limitatezza
delle risorse del pianeta nel suo celebre saggio sulla
popolazione mondiale è stato Robert Malthus.
3
Pur avendo a
disposizione dati molto limitati sui tassi di crescita della
popolazione inglese e mondiale, Malthus indicò che se la
popolazione mondiale cresce secondo una legge esponenziale
e se la produzione di alimenti cresce con legge lineare, si
arriva ad una situazione “in cui i nuovi arrivati al grande
banchetto della natura dovranno essere respinti da quelli che
vi sono già seduti, pena la mancanza di cibo per tutti”.
Malthus affrontava il problema dal punto di vista borghese, il
cui benessere sarebbe stato compromesso se i poveri fossero
aumenti troppo, tanto è vero che auspicava che venisse
rallentato e disincentivato l’aumento della popolazione
economicamente disagiata.
4
Il che “non esclude la validità
3
MALTHUS R., Saggio sulla popolazione mondiale, Laterza, Bari, 1975.
4
Ibidem p.76.
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
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della legge biologica secondo cui una popolazione non può
aumentare al dì là della capacità ricettiva la carring capacity
di un territorio, rappresentata dalla disponibilità di spazio e di
cibo e, nel caso degli ecosistemi artificiali, anche della
disponibilità di energia, di acqua e di minerali”.
Pochi decenni dopo John Stuart Mill ha analizzato il concetto
di limite delle risorse e di stato stazionario, sostenendo che la
società industriale, per la sua stessa natura, non avrebbe
potuto durare a lungo e sarebbe dovuto essere sostituita da una
molto migliore società stazionaria che presuppone un’equa
distribuzione dei beni materiali fra la popolazione.
5
L’ecologia per conto suo è stata determinante nel consolidare
la convinzione che le risorse naturali della natura non siano
illimitatamente sfruttabili senza conseguenze per la nostra
terra. Naturalmente non sono in grado di fare una storia delle
idee ecologiche che abbia qualche barlume di completezza;
tuttavia qualche cenno può rivelare aspetti significativi.
Com’è noto sotto il nome di fisiocrazia si raccoglie un
insieme di dottrine sociali, politiche ed economiche, le quali
affermando il primato dell’agricoltura nei confronti di altre
produzioni, sostenevano la priorità della terra e delle risorse
naturali, e dunque, della natura. Le dottrine fisiocratiche
ebbero una notevole diffusione nei decenni centrali del XVIII
secolo, cioè nell’epoca della piena affermazione storica della
5
MILL J. S., Saggio sulla libertà, Il Saggiatore, Milano, 1981.
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
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modernità. Il riferimento alla natura (con la N maiuscola,
quasi sacralizzata) è così intenso che si possono scambiare
testi fisiocratici di 250 anni fa con le dichiarazioni
programmatiche dell’ecologia dei nostri giorni in cui esiste
anche un movimento di pensiero, ecologico in senso lato che
si autodefinisce “neofisiocratico”.
6
Darwin stesso richiamò l’attenzione sul ruolo degli organismi
viventi nella natura, sull’effetto che l’ambiente ha
sull’evoluzione degli esseri viventi, contribuendo all’esame
critico dello stesso ruolo dell’uomo sulla natura.
Nel giro di pochi anni, dal 1840 al 1870 appaiono le opere di
Liebig che spiegano l’impoverimento del suolo in seguito allo
sfruttamento da parte delle culture intensive.
Nel 1864 George Marsh con il suo libro, denunciò i pericoli
dello sfruttamento imprudente della natura e raccomandò la
necessità di condurre con cautela le operazioni che su larga
scala, interferiscono con la naturale condizione del mondo
organico e inorganico. Marsh pose l’accento sull’importanza
delle foreste per la protezione del suolo contro le erosioni e
indicò l’influenza delle grandi masse urbane sul clima,
soprattutto sulla temperatura e le piogge.
7
Robert Owen proponendo nuovi modelli di vita urbana e di
rapporti sociali, propose di reagire alla congestione dei grandi
6
AA.VV., Grande Enciclopedia della natura, Garzanti, Torino, 1989, p.1134.
7
MARSH G., L’uomo e la natura, la superficie terrestre modificata per opera dell’uomo,
Franco Angeli, Milano, 1988.
Parte prima – Capitolo 1 – Lo Sviluppo Sostenibile.
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agglomerati urbani creando delle comunità equilibrate, con
una popolazione stabile e con le industrie circondate da grandi
spazi ricreativi destinati alle attività agricole; la “città
giardino” servita come presupposto per alcune pianificazioni
urbane del XX secolo.
8
La lotta all’inquinamento è un tipo di azione sociale critica
collettiva che si colloca pienamente nel contesto della società
industriale, cioè della modernità razionalizzata. I progetti di
“società sostenibile” si collocano conseguentemente in un
sistema di relazioni sociali completamente differenti, vale a
dire in un'altra forma della storicità.
8
OWEN R., Il nuovo mondo morale e gli altri scritti sugli effetti del sistema industriale, F.
Angeli, Milano, 1979.