3
INTRODUZIONE.
I notai: l’oggetto della ricerca è duplice. Ci si occuperà della
morfologia e trasformazione nel tempo della struttura
professionale, del modello dinamico di divisione dei ruoli e
delle funzioni legali. Si cercherà di penetrare all’interno del
mondo del professionismo giuridico, per cercare di capire la
logica con cui esso si evolve e le regole cui si adegua la sua
struttura. Nelle pagine che eseguiranno si proveranno ad
analizzare i segni dell'esistenza e del cambiamento di
questa struttura lungo le dimensioni, distinte, ma
interdipendenti, coinvolte all’interno delle condizioni
effettive del mercato del servizio legale, dalla romanità
all’Italia postunitaria.
In questa analisi grande rilievo sarà dato all'organizzazione
occupazionale, al mercato, allo status professionale ed alle
componenti cetuarie ed organizzative. Antica professione,
radicata in una lunga tradizione di cultura giuridica ed
autonomia corporativa, il notariato sperimentò, nell'arco
4
temporale compreso tra i primi dell’Ottocento e la metà del
Novecento, una cospicua trasformazione dei propri moduli
organizzativi, lavorativi e funzionali.
Obiettivo di questa ricerca è l'approfondimento dello studio
del ruolo istituzionale e sociale della professione giuridica,
partendo dalle loro remote radici, affondate nella ricca
esperienza romana, per giungere sino alla genesi della
civiltà moderna, sottolineando il contributo di queste allo
sviluppo delle moderne istituzioni, sia giuridiche sia sociali.
Marginali, rispetto all'assetto sociale complessivo, i notai
rappresentarono una realtà particolare, a sé, in quanto,
membri di una professione elitaria.
Si cercherà di ricostruire le cause del successo della
professione ma ricostruendo le vicende professionali ed i
rapporti sia con lo Stato sia con la società.
A conclusione di questa introduzione un breve accenno alla
figura dell’autore, cui è dedicata una trattazione
approfondita del primo libro della sua opera in questa tesi.
5
Sfortunatamente di Antonio Pacini le notizie biografiche
sono molto scarse, in quanto non si conosce il luogo, né la
data di nascita.
E’ noto che apprese l’arte giuridica da Gaspero Crispolti,
dal quale ottenne le magistrali insegne. Pubblicò un’opera
di solenne importanza a Perugia nel 1774: ”Il Notajo
Principiante istruito; o sia breve trattato istruttivo sopra il
Civile officio del Notajo”, suddiviso in otto libri. In seguito,
proprio a causa della sua grande utilità, fu edito anche a
Roma, Fermo, Bologna e Macerata.
Antonio Pacini, purtroppo, morì prima di terminare la sua
opera, tuttavia questa vide nuovamente la luce nel 1788,
grazie ai necessari supplementi ed integrazioni di Francesco
Titi, dottore collegiale e professore di diritto presso
l’Università di Perugia
1
.
1
VERMIGLIOLI G. B. , Biografia degli scrittori perugini e notizie delle opere
loro, Perugia, 1829, pag. 167.
6
CAPITOLO I
La professione legale nel mondo
romano e la sua evoluzione nel
diritto intermedio.
1
ALLE ORIGINI DEL NOTARIATO ITALIANO:
DALL’EMERSIONE DELLA FIGURA DEI REDATTORI
PRIVATI DI DOCUMENTI NEL PERIODO CLASSICO ALLA
DISCIPLINA GIUSTINIANEA DEL TABELLIONATO.
E’ possibile affermare che l’istituto moderno del notariato
corrisponde, senza essenziali differenze, all’istituto
medioevale, non essendo conosciuto un precedente d’epoca
romana
2
.
Se proprio si volesse andare alla ricerca di una figura
analoga nell’antichità, essa non va, certamente, individuata
in quella del notarius giacché in origine esso non era altro
2
AMELOTTI M., Notaio, in Enciclopedia del diritto, vol. XXVIII, Milano, 1978,
pag. 553.
7
che un mero stenografo, ma in quella del tabellio. Tuttavia è
opportuno sottolineare come nell’organizzazione medievale
del notariato assunsero estrema importanza alcuni passi
del Corpus Juris che, in realtà, parlano dei tabelliones e
della loro documentazione.
La parola tabellio compare tra il II ed il III sec. D. C. ad
indicare una classe professionale di redattori privati di
documenti, che costituiscono il faticoso risultato di una
disorganizzata e caotica attività di scrivani poco o nulla
competenti, tra cui sono presenti anche gli stessi notari (o
stenografi).
La mancanza, in origine, di un notariato, almeno privato, a
Roma, quando invece altri popoli antichi conoscevano
anche figure di pubblici funzionari per la stesura dei
documenti, è facilmente spiegabile ricordando il carattere
prettamente orale della negoziazione giuridica romana.
Un caso classico può essere la mancipatio che aveva come
funzione quella di trasferire la proprietà dei beni di
maggiore rilievo economico; essa si realizzava attraverso un
complesso rito orale. Tuttavia, ben presto, s’impose la
8
necessità di un documento che fornisse la prova del negozio
in esso attestato, anche se quest’ultimo continuò a
realizzarsi oralmente, assumendo esistenza giuridica
indipendentemente dalla sua documentazione.
L’origine, poi, del documento romano è stato oggetto di
attenti studi ma altrettanto non può dirsi dei redattori dei
documenti stessi. La forma tipica del documento era quella
delle tavolette cerate, riunite in dittici, trittici o polittici,
solo successivamente verrà utilizzato il papiro.
Sulle tavolette, il documento veniva scritto due volte, cioè
con una scripta interior, sigillata, ed una esterior,
accessibile. Per quanto riguarda la stilizzazione, ve ne era
una oggettiva e cioè la testatio, nell’ambito della quale si
riferivano in terza persona i comportamenti delle parti e le
loro dichiarazioni, ed una soggettiva, chirografum, in cui le
dichiarazioni erano in prima persona e si riferivano ad un
fatto già svolto
3
.
Partendo dal presupposto che, per la maggior parte dei
documenti non era richiesta una gran preparazione, non
3
AMELOTTI M., Notaio, pp. 555-556.
9
stupisce che i ricchi patrizi si siano serviti di schiavi o
liberti, mentre la restante massa plebea si sia rivolta a
scribi, spesso forniti di una certa tecnica giuridica, tra cui
anche i notari. Tale termine deriva da nota che dall’originale
significato di segno, marchio, macchia si specializzò per
indicare i segni grafici dell’alfabeto, note musicali ma
soprattutto le abbreviazioni necessarie per realizzare una
rapida scrittura, arrivando così ad una vera e propria
stenografia
4
.
Essa era utilizzata negli ultimi secoli della Repubblica da
politici, oratori, letterati del ceto dominante, arrivando così
ben presto a formare dei veri e propri specialisti che
acquisirono il nome di notari.
Tale vocabolo fu utilizzato per la prima volta da Seneca e in
seguito lo ritroviamo nelle opere di Marziale, Quintiliano,
Plinio il Giovane ma la sua origine è ben più antica. Si
trattava per lo più di schiavi o liberti, la cui preparazione
era seguita in apposite scuole in cui il Notarius era il loro
maestro, figura richiamata in numerosi epitaffi.
4
AMELOTTI M., Notaio, pag. 558.
10
Anche la giurisprudenza adottò tale vocabolo nello specifico
significato di “tachigrafo” con riferimento ai servi notari.
In taluni casi, di fronte ad atti molto complessi o per
iniziativa di personaggi molto in vista, si ricorreva anche
all’ausilio dei giuristi. Nel tempo, poi, si assistette ad una
certa specializzazione come, per esempio, nel campo delle
successioni dove emerse la categoria dei testamentari.
Si poté, così, assistere ad una lenta emersione di un
notariato a Roma, a cui diede un forte contributo la grande
influenza esercitata dagli altri popoli che questa assorbì e a
cui concesse la cittadinanza.
In modo particolare contribuirono le genti orientali, dato il
largo impiego presso quest’ultime di documentazione
scritta, a cui erano addetti notai, anche pubblici ed al fatto
che, a tali scritti, esse attribuissero efficacia costitutiva.
Tutto ciò non poteva non assumere un rilievo determinante,
grazie anche al notevole intreccio di scambi commerciali tra
i romani e i peregrini.
Quest’ultimi, infatti, da un lato miravano a porre sotto la
protezione romana i loro negoti ma, dall’altro, non potevano
11
rinunciare a svolgere la loro vita giuridica secondo i propri
costumi e tradizioni.
In questo modo i loro notari furono attratti nell’ambito dello
jus romano con una difficile funzione intermediaria.
Un’abile soluzione fu quella della “clausola
compromissoria
5
”.
Infatti dopo aver steso il documento nei loro termini
abituali, i notai aggiungevano la clausola “interrogato
promisi”, con ciò richiamando la stipulatio romana, data per
avvenuta, in cui la trattazione provinciale risulta trasfusa e
quindi ricondotta appunto al diritto romano.
Ma il punto più arduo di comprensione tra provinciali e
autorità romana fu, sempre, il valore da attribuire al
documento. Tali fenomeni non si limitarono alla
provincializzazione del diritto romano ma, al contempo,
comportarono un adeguamento dei provinciali alla
tradizione giuridica romana, tutto ciò con grande merito
proprio del notariato.
5
AMELOTTI M., COSTAMAGNA G., Alle origini del notariato italiano, Roma,
1975, pag. 15.
12
Ed è proprio in questo momento che i redattori di
documenti cominciarono a formare una classe
professionale, diffusa ovunque il commercio giuridico
richiedesse il loro intervento, dotata di una propria tecnica,
proprie tariffe ed una nuova denominazione, quella di
tabelliones.
Troviamo questo vocabolo per la prima volta in Ulpiano,
celebre giureconsulto romano, nato probabilmente nella
seconda metà del secondo secolo d. C. e resterà d’esclusivo
uso delle fonti giuridiche.
E’ tratto da tabella, ossia tavoletta, che costituiva il
materiale comune del documento romano; queste erano
depositate in specifici luoghi, detti tabularia, presso cui
svolgevano il loro lavoro i tabulari e cioè gli impiegati (in
origine servi pubblici poi liberati o anche liberti), che li
redigevano e li custodivano.
Dalla dinastia Severiana, ed attraverso l’anarchia militare
in tutto il III sec., si instaurò un potere assoluto imperiale,
cioè concentrato nelle mani di un unico sovrano,
amministrato tramite una capillare burocrazia
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gerarchicamente ordinata. La cittadina borghesia fu ridotta,
spesso, al rango di humiliores a causa della forte crisi
economica e di una pressante esazione fiscale.
I professionisti e gli artigiani erano rigidamente iscritti in
corporazioni che li vincolavano di padre in figlio.
Ed è proprio in questo buio periodo che si poté assistere al
mutare del valore semantico delle parole, riflesso del variare
degli istituti che esse designavano. In primo piano i notari,
che da antichi stenografi non tardarono a divenire segretari
di personaggi illustri.
Gli stessi imperatori avevano al seguito dei propri notari,
che arrivarono a divenire dei veri e propri funzionari,
cancellieri, completamente assorbiti dalla generale
burocratizzazione, arrivando a perdere il loro originario
ruolo.
Nel IV sec. cominciarono ad organizzarsi in schola
6
(tra le
più importanti del palazzo, arrivando a raggiungere ranghi
molto elevati) alla cui testa trovavamo il primicerius, così
6
AMELOTTI M., COSTAMAGNA G., Notariato italiano, pag. 16 ss.
14
detto perché nella tavoletta cerata (cera) che contiene
l’elenco dei notari il suo nome figurava per primo.
All’atto di congedo era parificato ai proconsoli, che sono
spectabiles, arrivando in seguito a scavalcarli grazie ad una
costituzione del 425 che lo classifica fra gli illustris..
Egli sovrintendeva alla compilazione del laterculum maius,
cioè dell’elenco delle cariche principali delle unità militari.
A seguirlo vi era il sequens primicerius tribunus ac notarius
o secundicerius anch’esso parificato ai proconsoli ed, infine,
i notari et tribuni, parificai ai consulares. Si trattava sempre
di alti funzionari che costituirono una specie di segreteria
generale dell’Imperatore, con il compito principale di
redigere i verbali delle sedute del consistorum.
La vicinanza con l’Imperatore permise ad alcuni di questi di
raggiungere i vertici del potere o di ricevere incarichi
speciali di carattere giudiziario, politico o addirittura
militare. Presso altri uffici, invece, la segreteria era
ovviamente di rango inferiore e formata da exceptores
(analogamente con tale vocabolo si indicava lo stenografo
15
che con riferimento all’attività nel III sec. soppiantò il
notarius).
Anche le Chiese avevano dei loro notari, vocabolo introdotto
in questo ambito attraverso gli atti dei martiri.
A seguito della pace religiosa, in contemporanea a ciò che
avveniva nell’ambiente imperiale e in funzione dello
sviluppo dell’organizzazione ecclesiastica, tale termine
passò a designare gli impiegati di segreteria presenti
nell’ambito delle chiese principali e delle comunità
ecclesiastiche.
Ad alcuni dei propri notari i pontefici arrivarono ad affidare
anche importanti missioni diplomatiche ma, rispetto ai
notari imperiali, questi non giunsero mai a lambire compiti
o a ricoprire cariche eccessivamente elevate
7
.
Peraltro i notarii della Chiesa permarranno e si
rafforzeranno nell’alto medio-evo, nel momento in cui i
notarii imperiali cedono il passo ai funzionari dei signori
barbarici e feudali.
7
AMELOTTI M., COSTAMAGNA G., Notariato italiano, pag. 22.