2
nei suoi primi articoli proprio la Dignità umana, il Diritto alla Vita e il
Diritto all’integrità della persona.
Ora, questi principi sono andati a scontrarsi con i progressi delle
scienze biologiche il cui campo operativo si è fortemente espanso
tanto da condizionare il sociale.
Come anticipato, si è creata una forte contrapposizione tra i
fautori della libertà scientifica e coloro che ritenevano opportuno
intervenire a regolamentare definitivamente il fenomeno.
In proposito, giova richiamare la recente sentenza della Corte
Costituzionale (n. 282 del 2002), nella quale si precisa che la pratica
medica si pone tra due diritti fondamentali della persona:
Da un lato vi è quello ad essere curato adeguatamente secondo i
canoni della scienza medica
1
, dall’altro quello ad essere rispettato
come persona nella propria integrità fisica e psichica.
1
Salvo che entrino in gioco altri diritti o doveri costituzionali, di norma al
legislatore non compete il potere di stabilire direttamente e specificamente quali siano le
pratiche terapeutiche ammesse, con quali limiti e a quali condizioni. Poiché la pratica
dell'arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in
continua evoluzione, la regola di fondo in questa materia è costituita dalla autonomia e
dalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte
professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione; autonomia del
medico nelle sue scelte professionali e obbligo di tener conto dello stato delle evidenze
scientifiche e sperimentali, sotto la propria responsabilità, configurano dunque un altro
punto di incrocio dei principi di questa materia. (Corte Cost., 26/06/2002, n.282 Pres.
Cons. C. Reg. Marche in Sanità Pubbl., 2003, 69
3
Nella sentenza, infatti, si legge: “La pratica terapeutica si pone,
come già si è accennato, all'incrocio fra due diritti fondamentali della
persona malata:
1) quello ad essere curato efficacemente, secondo i canoni della
scienza e dell'arte medica;
2) quello ad essere rispettato come persona e in particolare nella
propria integrità fisica e psichica, diritto questo che l'art. 32, secondo
comma della Costituzione pone come limite invalicabile anche ai
trattamenti sanitari che possono essere imposti per legge come
obbligatori a tutela della salute pubblica.
Questi diritti, e il confine fra i medesimi, devono sempre essere
rispettati e, a presidiarne l'osservanza in concreto, valgono gli ordinari
rimedi apprestati dall'ordinamento, nonché i poteri di vigilanza
sull'osservanza delle regole di deontologia professionale attribuiti agli
organi della professione.
Sempre secondo la Corte, “non è il legislatore a poter stabilire
direttamente e specificamente quali siano le pratiche terapeutiche
ammesse, con quali limiti e a quali condizioni. Poiché la pratica
dell'arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali,
che sono in continua evoluzione, la regola di fondo in questa materia è
4
costituita dalla autonomia e dalla responsabilità del medico che,
sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali
basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione”.
Quindi l’autonomia del medico nelle sue scelte professionali e
l’obbligo di tener conto dello stato delle evidenze scientifiche e
sperimentali, sotto la propria responsabilità, configurano un ulteriore
punto di incrocio dei principi di questa materia.
A questi principi si riconduce anche il codice di deontologia
medica (3 ottobre 1998), che l'organismo nazionale rappresentativo
della professione medica si è dato come "corpus di regole di
autodisciplina predeterminate dalla professione, vincolanti per gli
iscritti all'Ordine che a quelle norme devono quindi adeguare la loro
condotta professionale".
Come afferma l'art. 12 (Prescrizione e trattamento terapeutico)
di tale codice, "al medico è riconosciuta piena autonomia nella
programmazione, nella scelta e nella applicazione di ogni presidio
diagnostico e terapeutico ((OMISSIS)), fatta salva la libertà del
paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso";
ma "le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate
e sperimentate acquisizioni scientifiche ((OMISSIS)), sempre
5
perseguendo il beneficio del paziente"; e "il medico è tenuto ad una
adeguata conoscenza ((OMISSIS)) delle caratteristiche di impiego dei
mezzi terapeutici e, nell'interesse del paziente, deve adeguare le sue
decisioni ai dati scientifici accreditati e alle evidenze
metodologicamente fondate", mentre "sono vietate l'adozione e la
diffusione di terapie e di presidi diagnostici non provati
scientificamente o non supportati da adeguata sperimentazione e
documentazione clinico-scientifica, nonché di terapie segrete".
Tutto ciò non significa che al legislatore sia senz'altro preclusa
ogni possibilità di intervenire. Così, ad esempio, sarebbe certamente
possibile dettare regole legislative dirette a prescrivere procedure
particolari per l'impiego di mezzi terapeutici "a rischio", onde meglio
garantire (anche eventualmente con il concorso di una pluralità di
professionisti) l'adeguatezza delle scelte terapeutiche e l'osservanza
delle cautele necessarie. Ma un intervento sul merito delle scelte
terapeutiche in relazione alla loro appropriatezza non potrebbe nascere
da valutazioni di pura discrezionalità politica dello stesso legislatore.
Esso, dato l'"essenziale rilievo" che, a questi fini, rivestono "gli organi
tecnico-scientifici" (cfr. sentenza n. 185 del 1998), dovrebbe invece
prevedere l'elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato
6
delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite
tramite istituzioni e organismi (di norma nazionali o sopranazionali) a
ciò deputati; o comunque dovrebbe costituire il risultato di una siffatta
verifica.
Le indicazioni rinvenibili in tale sentenza sono d’indubbio aiuto
per comprendere quale fosse il punto di vista elaborato dalla Corte
Costituzionale in merito a dette problematiche, dato che questi
principi sono stati espressi per orientare il legislatore non solo circa il
riparto di competenze tra Stato e Regioni, ma anche circa la
ripartizione dei compiti tra legislatore e personale sanitario.
Ad ogni buon conto, è opportuno riesaminare il dettato
costituzionale sul tema per comprendere appieno in quale quadro
normativo si sia innestata la legge de qua al fine di valutare se
l’intervento legislativo possa ritenersi doveroso o meno in un tale
contesto.
Non bisogna dimenticare, infatti, che negli anni precedenti si è
verificata una situazione dai più definita “da Far West” in reazione al
modo di rispondere alle richieste di tante coppie di avere un figlio con
nuove tecnologie.
7
1.2 Competenze scientifiche ed interventi
legislativi alla luce dei profili costituzionali e delle norme
sopranazionali
I principi della Convenzione di Nizza, precedentemente
richiamati, sono presenti anche nella nostra Carta Costituzionale,
profondamente ispirata tanto al principio della dignità umana, che a
quello della famiglia.
Il dato che si ricava è che il primo diritto dell’essere umano è
costituito dalla salvezza della sua vita, ma vanno rispettati anche i
diritti all’identità personale, alla procreazione e ad una propria
famiglia.
Su tale ultimo aspetto va detto che, ai sensi dell’art. 29 della
Costituzione, lo Stato riconosce e garantisce la famiglia come una
delle formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell’individuo
secondo il precedente art. 2.
Tale nucleo sociale viene qualificato come “società naturale” in
quanto non inventata dal diritto ma espressione della natura.
8
Nel secondo comma dell’art. 29 vengono garantite l’unità
familiare e l’uguaglianza giuridica e morale tra i coniugi tuttavia
questi concetti potrebbero risultare compromessi dalla presenza di un
figlio generato dal seme di un terzo.
D’altra parte, nella sentenza n. 347/98 la Corte Costituzionale
affermava che il nascituro, comunque concepito, ha dei diritti sulla
base dell’art. 2 “nei confronti di chi si sia impegnato ad accoglierlo
assumendone le relative responsabilità: diritti che è compito del
legislatore specificare”.
Numerosi sono i documenti nazionali e sopranazionali
riguardanti la famiglia, i minori, la bioetica, con particolare riguardo
alla procreazione assistita.
L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa adottò il 18
settembre 1981 un rapporto (n.4776) sull’inseminazione artificiale
umana, i cui punti essenziali possono così riassumersi: a) va favorito il
modo normale della procreazione mediante l’unione fisica dell’uomo
e della donna, preferibilmente nell’unità familiare, mentre
l’eccezionale inseminazione artificiale va tollerata per ovviare alle
conseguenze della sterilità e alle difficoltà delle leggi di adozione; b)
si ritiene preferibile che il fenomeno sia disciplinato, e non che si
9
perpetui una carenza legislativa; c) può ritenersi ammissibile anche
l’inseminazione eterologa, ma limitatamente alle coppie sposate e
sotto la responsabilità del medico autorizzato; d) tale inseminazione
esige il consenso di entrambi i coniugi e il prelievo del seme secondo
determinate condizioni, la legittimità del figlio senza nessuna
relazione col donatore; e) le donazioni devono essere libere, in
numero limitato, segrete e gratuite; f) i metodi di procreazione
assistita non devono essere usati per finalità selettive.
Il rapporto auspica, inoltre, che i procedimenti assistiti non si
generalizzino, sia per non affievolire i legami familiari che per evitare
le difficoltà giuridiche, sociali e morali.
Si notano le ripercussioni negative sul bambino, specie a livello
psichico, ed anche per il possibile disconoscimento della paternità.
Sono anche numerose le Raccomandazioni del Consiglio
d’Europa (1046/86 e 1100/87) in tema di utilizzazione degli embrioni,
sulla ricerca scientifica e sulla procreazione assistita.
Nel luglio 1994, il Consiglio d’Europa approvava una bozza di
convenzione sulla bioetica: “ Ratifica ed esecuzione della
Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei diritti
10
dell'uomo e della dignità dell'essere umano riguardo all'applicazione
della biologia e della medicina”.
Anche il Parlamento europeo si è pronunciato più volte in tema
di medicina, bioetica e diritti dei minori. Dopo la prima direttiva 2-
372 del 1998, quell’assemblea è intervenuta con la risoluzione 16
marzo 1989 in tema di maternità su commissione e, nella seduta del 1
marzo 1995, respingeva la proposta di legge (avanzata dalla
commissione) sulla brevettabilità delle invenzioni bio-tecnologiche.
Con la successiva direttiva 98/44 CE del 6 luglio 1998 riteneva
non brevettabili i procedimenti di clonazione di esseri umani, le
modifiche dell’identità genetica germinale e le utilizzazioni di
embrioni umani a fini industriali o commerciali.
Il Parlamento europeo, inoltre, bocciava il 7 settembre 2000
anche la proposta di ammissibilità della clonazione terapeutica.
Il 1 marzo 1995, il Parlamento europeo non approvava la
proposta di legge (avanzata dalla commissione) sulla brevettabilità
delle invenzioni biotecnologiche ed il 7 settembre 2000 bocciava
anche la proposta di ammissibilità della clonazione terapeutica.
11
Va segnalato con particolare attenzione che solo nel febbraio
dell’anno in corso, con Legge 22 febbraio 2006, n. 78
2
, finalmente si è
proceduto all’attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.
Tale legge detta precise definizioni tese a fare chiarezza
sull’argomento: in particolare, l’art. 2 pone delle definizioni
importanti quali:
a) «materiale biologico»: un materiale contenente informazioni
genetiche, autoriproducibile o capace di riprodursi in un sistema
biologico;
b) «procedimento microbiologico»: qualsiasi procedimento nel
quale si utilizzi un materiale microbiologico, che comporta un
intervento su materiale microbiologico o che produce un materiale
microbiologico.
L’articolo specifica inoltre che un procedimento di produzione
di vegetali o di animali è biologico quando consiste in fenomeni
naturali quali l'incrocio o la selezione; la nozione di varietà vegetale e'
2
"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3,
recante attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10 marzo 2006
12
definita dall'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio,
del 27 luglio 1994.
Pare opportuno citare anche il seguente articolo 3 che definisce
i requisiti per la brevettabilità, disponendo che “Sono brevettabili
purché abbiano i requisiti di novità e originalità e siano suscettibili di
applicazione industriale:
a) un materiale biologico, isolato dal suo ambiente naturale o
prodotto tramite un procedimento tecnico, anche se preesistente allo
stato naturale;
b) un procedimento tecnico attraverso il quale viene prodotto,
lavorato o impiegato materiale biologico, anche se preesistente allo
stato naturale;
c) qualsiasi applicazione nuova di un materiale biologico o di
un procedimento tecnico già brevettato;
d) un' invenzione relativa ad un elemento isolato dal corpo
umano o diversamente prodotto, mediante un procedimento tecnico,
anche se la sua struttura è identica a quella di un elemento naturale, a
condizione che la sua funzione e applicazione industriale siano
concretamente indicate, descritte e specificatamente rivendicate. Per
procedimento tecnico si intende quello che soltanto l'essere umano è
13
capace di mettere in atto e che la natura di per se stessa non e' in grado
di compiere;
e) un'invenzione riguardante piante o animali ovvero un insieme
vegetale, caratterizzato dall'espressione di un determinato gene e non
dal suo intero genoma, se la loro applicazione non è limitata, dal punto
di vista tecnico, all'ottenimento di una determinata varietà vegetale o
specie animale e non siano impiegati, per il loro ottenimento, soltanto
procedimenti essenzialmente biologici, secondo le modalità previste
dall'articolo 5, comma 6.
Inoltre, l’art. 4, rubricato “esclusioni”, dispone chiaramente che
sono esclusi dalla brevettabilità: a) il corpo umano, sin dal momento
del concepimento e nei vari stadi del suo sviluppo, nonché la mera
scoperta di uno degli elementi del corpo stesso, ivi compresa la
sequenza o la sequenza parziale di un gene, al fine di garantire che il
diritto brevettuale sia esercitato nel rispetto dei diritti fondamentali
sulla dignità e l'integrità dell'essere umano e dell'ambiente; b) i metodi
per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale
e i metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale; c) le
invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario alla dignità
umana, all'ordine pubblico e al buon costume, alla tutela della salute,
14
dell'ambiente e della vita delle persone e degli animali, alla
preservazione dei vegetali e della biodiversità ed alla prevenzione di
gravi danni ambientali, in conformità ai principi contenuti nell'articolo
27, paragrafo 2, dell'Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà
intellettuale attinenti al commercio (TRIPS). Tale esclusione riguarda,
in particolare:
1) ogni procedimento tecnologico di clonazione umana, qualunque sia
la tecnica impiegata, il massimo stadio di sviluppo programmato
dell'organismo clonato e la finalità della clonazione; 2) i procedimenti
di modificazione dell'identità genetica germinale dell'essere umano; 3)
ogni utilizzazione di embrioni umani, ivi incluse le linee di cellule
staminali embrionali umane; 4) i procedimenti di modificazione
dell'identità genetica degli animali, atti a provocare su questi ultimi
sofferenze senza utilità medica sostanziale per l'essere umano o
l'animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti; 5) le
invenzioni riguardanti protocolli di screening genetico, il cui
sfruttamento conduca ad una discriminazione o stigmatizzazione dei
soggetti umani su basi genetiche, patologiche, razziali, etniche, sociali
ed economiche, ovvero aventi finalità eugenetiche e non diagnostiche;
d) una semplice sequenza di DNA, una sequenza parziale di un gene,
15
utilizzata per produrre una proteina o una proteina parziale, salvo che
venga fornita l'indicazione e la descrizione di una funzione utile alla
valutazione del requisito dell'applicazione industriale e che la funzione
corrispondente sia specificatamente rivendicata; ciascuna sequenza e'
considerata autonoma ai fini brevettuali nel caso di sequenze
sovrapposte solamente nelle parti non essenziali all'invenzione; e) le
varietà vegetali e le razze animali, nonché i procedimenti
essenzialmente biologici di produzione di animali o vegetali;
f) le nuove varietà vegetali rispetto alle quali l'invenzione consista
esclusivamente nella modifica genetica di altra varietà vegetale, anche
se detta modifica e' il frutto di procedimento di ingegneria genetica. 2.
E' escluso, tuttavia, dalla brevettabilità ogni procedimento tecnico che
utilizzi cellule embrionali umane.
Questo, dunque, il quadro legislativo a livello nazionale e
sopranazionale nel momento in cui è stata promulgata la legge 40, sul
cui lungo e travagliato iter è bene soffermarsi prima di poter procedere
ad una analisi complessiva del dettato normativo.