7
consistendo nell’estendere la disciplina, dettata dalla legge per una certa fattispecie, ad
una diversa fattispecie, non espressamente regolata, ma simile alla prima
2
.
Dato che però non sempre i giuristi riuscivano a “trovare” norme così prossime
al caso non disciplinato che consentissero un’adeguata interpretazione analogica,
risultava allora necessario ricorrere ai principi generali dell’ordinamento dello Stato,
ossia regole di carattere generale applicabili anche ad altri casi simili o materie
analoghe, ricavabili dall’insieme delle leggi o formulati in norme costituzionali.
Quindi, qualora il ragionamento analogico non fosse stato sufficiente a risolvere il caso
concreto, il giurista poteva disporre anche di tale criterio di interpretazione, consistente
nell’analogia iuris.
Un altro strumento interpretativo che poteva venire utilizzato nel periodo
antecedente la promulgazione della legge 19 febbraio 2004, n. 40 era l’interpretazione
estensiva o evolutiva, attraverso la quale i giudici dovevano accertare se la norma non
avesse maturato un significato ulteriore e diverso rispetto a quando era stata formulata.
Poteva però accadere che i giudici formulassero interpretazioni divergenti della
stessa norma e che pertanto risolvessero in modo diverso casi dello stesso tipo, così
come non era neppure da escludersi l’evenienza che alla stessa disciplina venissero
attribuite interpretazioni diverse nel corso del tempo. Inoltre, l’interpretazione di una
norma poteva mutare a seconda dei diversi orientamenti culturali, politici ed ideologici
dei giuristi, che ovviamente variavano a seconda dei soggetti che la interpretavano.
Deve inoltre rilevarsi che spesso la giurisprudenza non era aggiornata sui
frequenti progressi della medicina e, pertanto, utilizzava modelli normativi inadeguati
e superati, dando interpretazioni che potevano risultare non esaustive.
Ancora, deve ricordarsi che queste interpretazioni giudiziarie, nel determinare i
contenuti delle decisioni, avevano effetto vincolante per le sole parti dei singoli giudizi
e, pertanto, i provvedimenti emanati da un giudice in una controversia avevano valore
solo per il caso concreto deciso in quella occasione e non per gli altri organi giudicanti,
che potevano quindi attribuire alla stessa norma un’interpretazione diversa.
La soluzione di controversie simili con provvedimenti divergenti tra loro
determinava la violazione di alcuni dei più importanti principi del nostro ordinamento:
il principio di eguaglianza di tutti i cittadini innanzi alla legge e la certezza del diritto.
2
G. ALPA – G. IUDICA, Codice civile. Un commento, IPSOA, 1996, pp. 28.
8
Si può pertanto comprendere come si sentisse, nell’epoca antecedente alla
promulgazione della legge n. 40 del 2004, la necessità di una normativa sulla
procreazione medicalmente assistita, che ponesse regole e limitazioni all’utilizzo delle
pratiche di fecondazione artificiale e che attribuisse una tutela alle parti del rapporto di
filiazione, in particolare al nascituro, considerato il soggetto più debole.
L’iter parlamentare per la promulgazione della legge 19 febbraio 2004, n. 40 fu
lungo e travagliato. Dopo anni di accesi dibattiti, in cui si confrontarono diversi pareri
e punti di vista discordanti, si pervenne finalmente all’approvazione definitiva di una
così tanto “ambita” e necessaria regolamentazione in materia.
La legge n. 40 del 2004 è finalizzata a curare i problemi derivanti da sterilità ed
infertilità accertate, a tutelare i diritti di tutti i soggetti coinvolti nelle pratiche di
procreazione artificiale, compreso il concepito: tutte disposizioni volte a realizzare fini
assai rilevanti quali la tutela della vita, della salute, della dignità umana, della famiglia.
Ad una “prima lettura”, pertanto, la legge n. 40 del 2004 sembrerebbe una
buona legge, o, quantomeno, una disciplina abbastanza completa sulla procreazione
medicalmente assistita.
Ma allora perché tale normativa fa così tanto parlare di sé? Perché si sostiene
che violi i principi della nostra Carta Costituzionale? Come mai il dibattito non si è
ancora concluso a quattro anni dall’approvazione della disciplina? Per quale motivo è
stata definita una “brutta legge”? La Corte Costituzionale arriverà a pronunciarsi sulla
legittimità costituzionale della normativa?
Queste sono solo alcune delle problematiche che solleva la legge 19 febbraio
2004, n. 40: i diversi pareri e gli opposti punti di vista assunti sulla disciplina, che
hanno accompagnato i lavori preparatori, si ripropongono infatti ancora oggi, a seguito
dell’entrata in vigore della legge, e suscitano numerosi interrogativi sulla legittimità
costituzionale della normativa.
Il dibattito tra coloro che sono favorevoli e coloro che sono contrari alle
decisioni prese dal legislatore non si è ancora sopito: sono tantissimi infatti i convegni
organizzati dai giuristi, esperti ed associazioni che si occupano di dare assistenza alle
coppie che ricorrono alle tecniche di fecondazione artificiale per riuscire a mettere al
mondo un figlio. Sono molto frequenti gli incontri e le riunioni convocati dalla più
autorevole dottrina proprio “per mettere in contatto punti di vista differenti su una
9
legge che ancora adesso vede molti aspetti controversi e non riesce a raggiungere il
risultato che si era prefissato: aiutare le coppie in difficoltà
3
”.
La presente trattazione vuole contribuire a valutare la fondatezza delle critiche
che ha sollevato la disciplina italiana in materia di procreazione medicalmente
assistita, dando rilevanza ai diritti costituzionali coinvolti nell’applicazione delle
tecniche e ponendo a confronto le posizioni della dottrina in merito alla conformità
della legge alla Costituzione.
Dopo una breve spiegazione scientifica delle tecniche di procreazione assistita
utilizzate nei centri medici, si passerà ad analizzarne l’evoluzione, per comprendere
come quello della fecondazione artificiale non sia un fenomeno recente, ma risalga a
tempi quanto mai remoti.
Saranno ripercorse inoltre le principali tappe giurisprudenziali nel periodo
antecedente alla promulgazione della legge, in cui i giudici dovevano avvalersi degli
strumenti interpretativi di cui disponevano per risolvere i casi loro sottoposti.
Saranno poi analizzate le diverse iniziative legislative che, dopo anni di dibattiti
parlamentari, portarono finalmente alla promulgazione della legge.
Ancora, verrà effettuata un’accurata analisi della normativa alla luce delle
norme costituzionali, valutando i diversi orientamenti dottrinali e ponendoli a
confronto l’uno con l’altro.
Il capitolo conclusivo del presente lavoro sarà dedicato agli interventi della
Corte Costituzionale in tema di procreazione medicalmente assistita.
Sono proprio i dubbi e le perplessità sollevate dalla legge, che hanno portato
alla richiesta di un referendum abrogativo della normativa. Nel 2005 vennero infatti
presentati cinque quesiti referendari, di cui solo quattro furono ritenuti ammissibili
dalla Corte Costituzionale. Nel corso della trattazione si esamineranno pertanto le
motivazioni che portarono la Consulta a negare la richiesta del referendum abrogativo
totale e a ritenere ammissibili le richieste parziali.
Infine si analizzeranno i tre provvedimenti che rimisero la questione di
legittimità alla Corte Costituzionale. L’ordinanza della Consulta sul primo di essi
parve più che deludente, avendo dichiarato l’inammissibilità del quesito. Per quanto
3 Così M. D’AMICO, Introduzione al convegno giuridico-medico “Legge 40: tra diritti negati e
aspettative di giustizia”, Università degli Studi di Milano, 20 giugno 2008.
10
attiene gli altri due provvedimenti di rimessione, si attendono ancora le pronunce della
Corte, che ci si augura positive e si spera non tardino ad arrivare.
11
Capitolo I
VERSO UNA LEGGE SULLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE
ASSISTITA
SOMMARIO: 1. La procreazione medicalmente assistita: definizione e tecniche. – 1.1 Nozioni
scientifiche. – 1.2 Evoluzione delle tecniche di PMA. – 2. Prima della legge sulla
procreazione medicalmente assistita. – 2.1 La giurisprudenza antecedente alla
promulgazione della legge. – 2.1.1 (segue) Le pronunce in tema di fecondazione eterologa.
– 2.1.2 (segue) Le decisioni in materia di fecondazione omologa. – 2.1.3 (segue) Casistica
giurisprudenziale in tema di maternità surrogata. – 2.2 Verso la promulgazione della legge.
– 2.2.1 Le prime proposte: dalla III Legislatura agli anni Ottanta. – 2.2.2 Le iniziative degli
anni Novanta. – 2.2.3 I lavori della XIV Legislatura e l’approvazione della legge 19
febbraio 2004, n. 40.
1. La procreazione medicalmente assistita: definizione e tecniche
In questi ultimi anni sono stati registrati notevoli progressi scientifici nel campo
della procreazione umana. Tali scoperte hanno suscitato e suscitano a tutt’oggi molto
scalpore, provocando non pochi dubbi e perplessità in giuristi, politici, etici e letterati,
molti dei quali ritengono che tale fenomeno sia in contrasto con i principi e i valori
propri dei vari ordinamenti. Se si pensa, infatti, che la procreazione umana
medicalmente assistita (PMA) consiste nel riprodurre, artificialmente, l’inseminazione
naturale, si può ben comprendere il motivo degli accesi dibattiti che vengono sollevati
e discussi frequentemente non solo in campo scientifico (medico, biologico, filosofico,
giuridico), ma anche, e spesso con grande rilievo, sulle pagine di stampa.
Quello della sterilità ed infertilità di coppia è un problema di grandi
proporzioni
4
che, a sostegno degli esperti, si va diffondendo quasi come una patologia
sociale. La scienza ha cercato quindi di intervenire con l’introduzione di tecniche di
procreazione medicalmente assistita sempre più all’avanguardia, proprio per far fronte
a tale fenomeno. Lo sviluppo scientifico è in continua evoluzione e avvenimenti che
4
Nei Paesi occidentali la sterilità interessa approssimativamente il 15 – 20% delle coppie. Cfr. G.
SCARAVELLI, Che cosa è l’infertilità, in Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita,
in www.iss.it; Seminario Essere infertili oggi, giornate di studio SIOS (Società Italiana Ospedaliera
Sterilità di coppia) per la gestione di un centro di PMA di I° livello, Faenza, 2007, in www.iss.it; C.
CASINI - M. CASINI - M. L. DI PIETRO (a cura di), in La legge 19 febbraio 2004, n. 40. “Norme
in materia di procreazione medicalmente assistita”. Commentario, Giappichelli Editore, Torino,
2004, p. 289.
12
fino a non molti anni fa potevano apparire quasi utopistici, come la riproduzione della
vita senza il normale espletamento dell’attività sessuale tra un uomo ed una donna,
sono ormai diventati di uso comune.
Poiché la presente trattazione affronterà una materia delicata e complessa,
saranno inevitabili i riferimenti al campo medico – tecnico: è opportuno quindi fornire,
seppur in modo rapido e conciso, alcune chiare nozioni sulle procedure più conosciute
e utilizzate più di frequente, precisando innanzitutto cosa si intende per PMA.
1.1 Nozioni scientifiche
Il termine procreazione medicalmente assistita
5
(di seguito PMA) indica,
genericamente, tutte le tecniche annesse alla riproduzione umana che prevedano un
intervento delle strutture sanitarie sui gameti (ovulo e spermatozoo) al fine di indurre
una gravidanza
6
. In breve: là dove il concepimento umano avviene per canali diversi
dal rapporto sessuale tra uomo e donna, si ha procreazione artificiale
7
.
Ricorrono a tali procedure, generalmente, coloro che non sono in grado di
concepire un figlio per vie naturali perché affetti da condizioni di sterilità o infertilità.
Occorre precisare che, malgrado molto spesso le voci “infertilità” e “sterilità” vengano
considerate come sinonimi, l’infertilità è definita come l’incapacità di concepire e di
procreare un figlio dopo un anno o più di rapporti sessuali senza uso di
anticoncezionali, mentre è considerata sterile quella coppia nella quale uno o entrambi
i partners siano affetti da una condizione fisica permanente che non renda possibile la
procreazione
8
. Si parla di infertilità secondaria, invece, per quelle coppie che non
riescono ad avere un bambino dopo una gravidanza coronata da successo
9
.
All’interno dell’ampio genus comprendente tutte le procedure di PMA, bisogna
distinguere la inseminazione artificiale eterologa (AID: Artificial Insemination
5
Per una maggiore completezza circa l’evoluzione terminologica dell’espressione procreazione
medicalmente assistita, cfr. R. VILLANI, La procreazione medicalmente assistita, La nuova legge 19
febbraio 2004, n. 40, Giappichelli Editore, Torino, 2004, pp. 4 ss.
6
S. POLLINA, Le tecniche di riproduzione assistita, in www. ginecologo. it / riproduzione _ assistita .
html.
7
M. MORETTI, La procreazione medicalmente assistita, in G. BONILINI e G. CATTANEO (diretto
da), Il diritto di famiglia, III, Filiazione e adozione, UTET, Torino, 2007, pp. 251 ss.
8
G. SCARAVELLI, Infertilità maschile e femminile. Cosa sono l’infertilità e la sterilità?, in Registro
Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita, in www.iss.it.
9
G. SCARAVELLI, op. cit.
13
Donator), da quella omologa (AIH: Artificial Insemination Homologous). In
quest’ultima, il materiale biologico appartiene alla coppia stessa interessata alla
procreazione, con la conseguenza che il nascituro presenterà lo stesso patrimonio
genetico dei genitori. La fecondazione eterologa, invece, avviene con la partecipazione
di una terza persona estranea alla coppia, donatrice del solo gamete maschile (ipotesi
di gran lunga più frequente
10
) o del solo gamete femminile, a seconda dei casi.
Si verificano anche ipotesi di collaborazione procreativa da parte di una donna
estranea alla coppia che si offre, dietro compenso o a titolo gratuito, di portare a
termine la gestazione “concedendo”, per così dire, il proprio materiale genetico
11
. Si
parla in tal caso di maternità surrogata, definita come “la maternità di quelle donne che
si prestano ad avere una gravidanza e a partorire un figlio non per sé ma per un’altra
donna
12
”.
Spesso, il termine “surrogazione di maternità” viene utilizzato impropriamente
per indicare tutte le diverse fattispecie che comprende. In realtà, all’interno di tale
pratica si distinguono almeno tre diversi fenomeni: la c.d. donazione di ovocita, la
locazione d’utero e la maternità surrogata vera e propria
13
. La donazione di ovocita si
verifica quando l’ovocita di una donna viene fecondato con il seme del partner di
un’altra donna, non in grado di concepire autonomamente, e viene successivamente
impiantato nell’utero di quest’ultima, che si accingerà a portare a termine la
gravidanza. In tale ipotesi, la fattispecie di surrogazione di maternità si realizza
attraverso la “scissione” della figura della madre biologica – colei cioè che, fornendo
l’ovocita, trasmette il proprio patrimonio genetico al nascituro – dalla madre uterina e
sociale – figure che vengono riassunte nella medesima persona, cioè, in colei che porta
a termine la gestazione e partorisce
14
. Ipotesi ben diversa è la locazione d’utero, nella
quale la coppia committente fornisce ad una donna (terza) il proprio materiale genetico
ottenuto tramite fecondazione in vitro
15
e questa si limita esclusivamente a portare
avanti una gravidanza e a mettere alla luce un figlio il cui materiale genetico le è
completamente estraneo. La maternità surrogata vera e propria, infine, si ha quando
10
R. VILLANI, op. cit., p. 7.
11
S. MINERVINI, La procreazione medicalmente assistita, Halley Editrice, 2007, p. 50.
12
I. CORTI , La maternità per sostituzione, Giuffré Editore, Milano, 2000, p. 1.
13
G. BALDINI – G. CASSANO (a cura di), Persona, biotecnologie e procreazione, Milano, 2002, p.
215; R. VILLANI, op. cit., p. 153.
14
R. VILLANI, op. cit., p. 153.
15
La definizione di fecondazione in vitro è riportata di seguito.
14
una donna porta a termine la gravidanza per conto di terzi, prestando anche il proprio
materiale genetico. L’embrione, che dopo essersi sviluppato nascerà, è dunque il frutto
della fusione tra l’ovocita della stessa partoriente con il seme maschile altrui
16
.
Un’altra basilare distinzione è quella che contrappone le tecniche inerenti la
fecondazione intracorporea (in vivo), da quelle di fecondazione extracorporea. Nel
primo caso, il processo di fertilizzazione e le fasi iniziali di sviluppo dell’embrione
avvengono nell’ambiente naturale del grembo della donna: rientrano in questa
classificazione, tra le altre, la tecnica IUI (Intra-Uterine Insemination o inseminazione
intrauterina) – metodica più frequentemente utilizzata – che consiste nell’introduzione
di seme maschile nelle vie genitali femminili in assenza di un rapporto sessuale
naturale, e la GIFT (Gamete IntraFallopian Transfer), che consiste nel trasferimento
intratubarico dei gameti
17
. Tuttavia, tale tecnica, pur necessitando del prelievo di ovuli
della donna, comporta che la loro reintroduzione nell’utero avvenga separatamente
dagli spermatozoi
18
. Le tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, invece,
sono più recenti e complesse. Tra tutte, le più conosciute sono la FIVET (Fertilisation
In Vitro and Embryo Transfer o fecondazione in vitro e trasferimento dell’embrione) e
la ICSI (IntraCytoplasmic Sperm Injection o iniezione intracitoplasmatica dello
spermatozoo). La FIVET consiste nell’estrazione chirurgica dell’ovulo dall’ovaio,
prima che venga espulso naturalmente, e nella sua collocazione, unitamente al liquido
seminale maschile, nella provetta in cui avverrà la fecondazione. L’embrione formatosi
a seguito di tale procedimento viene in seguito impiantato nell’utero femminile
(processo denominato “transfer”), e qui si svilupperà in modo naturale
19
. Si tratta della
prima tecnica di fecondazione artificiale ad essere stata messa a punto: la prima FIVET
di un ovocita femminile risale, infatti, al 1973 ed è del 1978 la nascita, in Inghilterra,
della prima bambina ottenuta con tale metodo
20
. La ICSI, invece, è una delle ultime
tecniche messe a punto. Essa consiste nell’introduzione di un singolo spermatozoo
direttamente all’interno dell’ovocita, tramite un microago sotto visione microscopica.
Il grande vantaggio di questa procedura rispetto a tutte le altre è la possibilità di
16
R. VILLANI, op. cit., p. 154.
17
R. VILLANI, op. cit., p. 8.
18
I gameti maschili e femminili vengono inseriti in un catetere e tenuti separati da una bolla d’aria che
ne impedisce la fusione; cfr. M. MORETTI, op. cit., nota 1, p. 228.
19
Cfr. M. MORETTI, op. cit., nota 2, p. 228.
20
R. VILLANI, op. cit., p. 8. Il riferimento riguarda Louise Joy Brown, di cui si dirà infra, cap. I, par.
1.2.
15
utilizzarla per ovviare sia alla sterilità femminile sia a quella, assai diffusa, maschile
21
.
Recentissima (del gennaio 2007) è la tecnica IVM (In Vitro Maturation) di ovocita.
Essa consiste nel prelievo degli ovuli dalle ovaie della donna quando sono in uno
stadio ancora immaturo. Gli ovuli vengono poi cresciuti per un periodo che va dalle
ventiquattro alle quarantotto ore in laboratorio e successivamente vengono fertilizzati e
impiantati nell’utero della donna. Tale procedura permette alle donne di non sottoporsi
a trattamenti ormonali, ed ha un costo molto inferiore rispetto ai metodi tradizionali di
inseminazione artificiale
22
.
Oltre a quelle sopra citate, esistono anche molte altre metodiche che vengono
utilizzate dagli specialisti nell’ambito della procreazione umana – quali ad es. la ZIFT
(Zigote intra-falloppian Transfer) e la TET (Tubal Embrio Trasfer)
23
– ma pare
inopportuno dilungarsi nella spiegazione delle altre possibili tecniche, dato che,
comunque, esse rappresentano solo delle varianti rispetto a quelle già sopra indicate
24
.
Piuttosto può risultare interessante “buttare un occhio al passato”, per rendersi conto di
come si sono evolute le tecniche di procreazione medicalmente assistita nel tempo fino
ad oggi.
1.2 Evoluzione delle tecniche di PMA
Sono chiamati “figli della provetta”
25
tutti quei bambini venuti al mondo dopo
la nascita di Louise Joy Brown
26
, prima nata a seguito di fecondazione in vitro, che ha
segnato il punto di partenza di una nuova era nel settore della procreazione umana
21
Sono molti gli uomini che hanno una bassa concentrazione di spermatozoi nel liquido seminale,
insufficiente per una FIVET, o addirittura non presentano spermatozoi in quel secreto, pur
conservandone un modestissimo numero nel testicolo. Con tecniche particolari è possibile “aspirare”
quei pochissimi spermatozoi per poi introdurli singolarmente, appunto con l’iniezione
intracitoplasmatica, nella cellula uovo femminile, opportunamente trattata, per tentare la fecondazione.
Cfr. R. VILLANI, op. cit., p. 8.
22
Cfr. OXFORD FERTILITY UNIT, IVM, in www.fert.org.uk.
23
Si tratta di tecniche che prevedono alcuni tempi della FIVET della GIFT. Si trasferiscono zigoti (uova
fecondate che non avendo ancora iniziato la divisione cellulare non sono ancora pre-embrioni -
ZIFT) o pre-embrioni (TET) nelle tube. Cfr. S. POLLINA, Le tecniche di riproduzione assistita, in
www.ginecologo.it/riproduzione_assistita.htm.
24
R. VILLANI, op. cit., p. 8.
25
I. RAUTI, I figli della provetta, in Questioni di bioetica. La sterilità e la procreazione medicalmente
assistita, Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato,
Roma, 1997, p. 12.
26
Louise Brown è nata, nel 1978, alla Bourn Hall Clinic nei pressi di Cambridge, ad opera di P. Steptoe
e R. Edwards, di cui si dirà in seguito; cfr. R. G. EDWARDS, La vita prima della nascita,
Frassinelli, Azzate, 1990.
16
medicalmente assistita. La notizia della nascita il 25 luglio 1978, con parto cesareo,
della prima bébé éprouvette (bambina in provetta) è stata appresa molto
favorevolmente: da quel momento tutte le metodologie di fecondazione, che avevano
dato grandi profitti e vantaggi a veterinari e allevatori di bestiame, potevano essere
ufficialmente accolte anche nell’ambito della procreazione umana.
La preparazione di questo exploit, in realtà, è stata lunga
27
. Secondo alcune
ricerche storiche, i primi esperimenti noti furono effettuati in ambito zootecnico
28
.
Le prime ricerche che giunsero ad esiti positivi furono quelle eseguite da
Lazzaro Spallanzani, il quale, nel 1777, riuscì a fecondare artificialmente una cagnetta
che partorì cuccioli perfettamente sani
29
.
Sempre in questo periodo, il chirurgo scozzese John Hunter effettuò
un’inseminazione artificiale su una donna il cui marito soffriva di ipospadia
30
e nel
decennio successivo, Thouret riuscì a rendere gravida la moglie mediante l’iniezione
intravaginale del proprio liquido seminale
31
.
Nel 1884, in Inghilterra, Pancoast realizzò la prima documentata inseminazione
eterologa
32
, seguito poi in Italia da Paolo Mantegazza, che, tra l’altro, per la prima
volta, formulò l’ipotesi di una banca del seme congelato da utilizzare sia in campo
veterinario, sia in quello umano, con un impiego diretto soprattutto a garantire la
discendenza dei soldati che partivano per la guerra
33
.
Il Santo Uffizio nel 1897 dichiarò un “Non licet” sull’inseminazione
artificiale
34
, ma tale tecnica fu comunque praticata in modo clandestino, diffondendosi
rapidamente dopo gli anni Trenta, in particolare nei Paesi anglosassoni.
27
F. SANTOSUOSSO, La fecondazione artificiale umana, Giuffrè, Milano, 1984, p. 2.
28
La zootecnia è una scienza che studia l’allevamento degli animali utili all’uomo, occupandosi della
loro riproduzione, del loro miglioramento genetico e del loro più razionale sfruttamento.
29
Lo Spallanzani iniettò nella vagina della sua cagnetta in calore il liquido spermatico di un cane
maschio, ottenendo una normale gravidanza con la nascita di tre cuccioli vivi e perfettamente sani; in
L. COPPOLA, G. A. COPPOLA, Riproduzione umana: dalle origini ai nostri giorni, in
www.centrotecnomed.it.
30
Per ipospadia si intende un’anomalia congenita del pene dovuta ad un incompleto sviluppo dell’uretra
maschile che rende difficoltosa la penetrazione (in www.ipospadia.it/ipospadia.htm).
31
A. FORABOSCO, Medicina della procreazione medicalmente assistita, in http://ulisse.sissa.it
32
A. FORABOSCO, op. cit.
33
L’ipotesi del Mantegazza fu messa in pratica nella Seconda Guerra Mondiale e ci sono notizie che
riportano l’utilizzo di questa pratica anche durante la Guerra del Golfo del 1991; in L. COPPOLA –
G. A. COPPOLA, op. cit.
34
S. MINERVINI, La procreazione medicalmente assistita, Halley Editrice, 2007, p. 18.
17
Sempre in questo periodo vennero fatte importanti scoperte scientifiche
35
,
furono ideati i primi test biologici per la determinazione del test di gravidanza, e
iniziarono le prime terapie ormonali.
La fecondazione omologa divenne pratica di routine e, alla fine della Seconda
Guerra Mondiale, la stampa diffuse la notizia che molti soldati alleati – soprattutto
americani – inviarono dal fronte il proprio seme alle mogli, allo scopo di fecondarle
artificialmente
36
.
Sia la Chiesa anglicana, nel 1948, sia Papa Pio XII, nel 1949, condannarono la
pratica. Ma lo stesso Pio XII, seppur con limiti di conoscenza e di espressione del
contesto e dell’epoca, non escludeva la fecondazione in vivo omologa all’interno del
matrimonio in cui il processo naturale venisse facilitato al fine di aiutare la
trasmissione del seme
37
.
Nel ventennio compreso tra gli anni Cinquanta e Settanta, Scherman descrisse
il primo concepimento umano con spermatozoi congelati col metodo del ghiaccio
secco e, in seguito, introdusse la crioconservazione in azoto liquido. Vennero così
istituite le prime Banche del Seme
38
.
Il ricorso alla procreazione assistita continuò a crescere, come è testimoniato
dall’aumento dei casi giudiziari verificatisi in relazione all’applicazione di questa
tecnica: tre furono i casi presentati negli Stati Uniti alla fine degli anni Quaranta; uno
in Gran Bretagna, nel 1958, e due in Italia, nel 1956 a Roma e nel 1958 a Padova
39
.
35
Negli anni Venti e Trenta vennero scoperti e studiati i principali ormoni della fertilità, come le
gonadotrophine ipofisarie follicolostimolanti (FSH) e luteostimolanti (LH), la follicolina
(ESTROGENI) e la luteina (PROGESTERONE). Si scoprì, inoltre, nell’urina della donna la
gonadotropfhina chorionica (HCG).
36
A. FORABOSCO, op. cit.
37
M. BOLOGNESI, Le risposte al problema della sterilità, in Relazione al Testo Unificato 414-
A, Disposizioni in materia di procreazione medicalmente assistita in
http://newfr.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/sk0500/relazion/04140a.htm
38
A. FORABOSCO, op. cit.
Per “banca del seme” si intende in senso stretto l’attrezzatura che consente la crioconservazione, ossia il
congelamento, dello sperma a tempo indefinito, tenendolo immerso in azoto liquido alla temperatura
di 196° C sottozero. Generalmente però con questa dizione si intende la struttura preposta a: 1)
accertare l’idoneità dei donatori sotto il profilo clinico-laboratoristico; 2) attribuire ai donatori idonei
un codice, in difesa dell’anonimato e suddividere lo sperma in base alle caratteristiche etniche,
sanguigne e somatiche dei donatori; 3) crioconservare il seme dei donatori. In G. ASCONE – L.
ROSSI CARLEO, op. cit., p. 10.
39
L. COPPOLA, G. A. COPPOLA, op. cit.