6
INTRODUZIONE
Nell‟ambito dei Soggetti di diritto internazionale l‟Unione europea è qualificabile
come un “quid unicum”, in quanto caratterizzata da un vincolo di tipo federalistico
con gli Stati membri. In particolare ciò ha comportato la possibilità che, nel corso
degli anni, si sia arrivati a sancire il principio di supremazia del diritto comunitario
sul diritto nazionale dei singoli Stati. Proprio da tale impostazione è scaturita la
necessità/dovere, per gli Stati membri, di dare esecuzione/attuazione immediata e
corretta agli atti normativi comunitari. Essendo tale adempimento fondamentale ai
fini dello sviluppo dell‟Unione, assume particolare interesse quello che è l‟oggetto
dell‟analisi che segue: la procedura di infrazione. Questo infatti è lo strumento che
il Trattato CE, in particolare attraverso gli articoli 226/227/228 (ex
art.169/170/171), ha disposto a favore degli organi comunitari, per garantire
l‟esatta applicazione del diritto comunitario. Elementi di interesse sono
riscontrabili nel fatto che, oltre ad essere previsto un meccanismo di “denuncia”
del fatto illecito commesso da uno Stato membro a favore della Commissione
europea, ne è previsto uno appositamente disposto a favore degli Stati membri. Ciò
comporta che anche questi, e non solo gli organi istituzionali dell‟Unione, possano
fungere da soggetti garanti del diritto comunitario stesso. Inoltre bisogna
sottolineare come l‟analisi, anche alla luce del fatto che tale sistema di controllo è
in continua evoluzione, è stato adeguatamente modificato ed adattato in relazione
alle nuove e crescenti necessità che lo sviluppo dell‟Unione ha richiesto. Quindi
può risultare idonea anche a fornire un utile punto di vista attraverso cui analizzare
tale sviluppo parallelo e per comprenderne meglio le difficoltà.
L‟analisi si articolerà partendo dall‟esame di quelli che sono i comportamenti che
rendono legittimo e necessario il ricorso alle diverse tipologie di procedimenti.
Alla luce di questi si potrà iniziare a prendere in considerazione quelli che sono i
veri protagonisti della procedura ovvero gli Stati membri, allo stesso tempo
possibili soggetti attivi e passivi della stessa, la Commissione, cui sono
esplicitamente attribuiti dall‟articolo 213 del Trattato poteri esecutivi, di iniziativa
7
e di controllo. Proprio il ruolo di “controllore” sulla corretta attuazione del diritto
comunitario, fa della Commissione il protagonista principale della procedura anche
in considerazione dei notevoli poteri discrezionali a questa attribuiti. Infine si
analizzerà il ruolo della Corte di giustizia cui è affidata la giurisdizione in merito ai
ricorsi promossi ex articoli 226/227/228. Non verrà trascurato di dare una visione
completa di quelli che sono gli atti che scandiscono le varie fasi della procedura e
che condizionano a volte in maniera decisiva l‟andamento della stessa.
In particolare poi si analizzerà la rivoluzione apportata al sistema con la novella
apportata dal Trattato di Maastricht all‟articolo 228, con l‟introduzione del comma
2. Questo ha infatti introdotto la possibilità per la Corte, su proposta della
Commissione, di irrogare sanzioni pecuniarie per gli Stati che non diano
esecuzione a precedenti sentenze dichiarative di inadempimento. Verrà sottolineata
l‟importanza della nascita di un vero e proprio “sistema coercitivo” comunitario,
che consente di non considerare più il sistema delle procedure d‟infrazione come
un “guscio vuoto” fine a sé stesso.
Conclusa la trattazione degli aspetti procedurali si farà una panoramica su un
settore specifico che viene troppo spesso trascurato dagli Stati: l‟ambiente. In fatti
l‟elevato numero di procedure avviate per violazione della normativa ambientale,
rende tale settore un‟ideale mezzo per capire meglio le problematiche legate
all‟attuazione del diritto comunitario. Inoltre l‟importanza è evidenziata anche dal
fatto che proprio sentenze relative a tale materia hanno per prime hanno dato
concreta applicazione alle sanzioni pecuniarie prima citate. In conclusione ci si
soffermerà su quella che è la situazione dell‟Italia in relazione all‟ambiente, in
considerazione del fatto che il nostro paese sembra avere una congenita difficoltà a
dare corretta e tempestiva attuazione alla normativa del settore. L‟analisi della
situazione si avvarrà dei dati raccolti dal Ministero dell‟ambiente e della tutela del
territorio e del mare e dalla Commissione europea, al fine di dare maggiore
concretezza a quanto esposto a parole.
Inoltre nell‟Appendice sono raccolti ulteriori documenti, grafici e tabelle relative
alle procedure d‟infrazione in generale che permettono di avere un quadro della
8
situazione negli ultimi anni e che integrano quanto esposto nel corso della
trattazione.
9
CAPITOLO 1
“Oggetto, soggetti ed aspetti procedurali del ricorso per infrazione”
Paragrafo 1.1-”La violazione da parte degli Stati membri”
La Corte di giustizia nella decisione della causa C-39/72
1
afferma:”Nel consentire
agli Stati membri di trarre vantaggio dalla Comunità, il Trattato impone loro
l‟obbligo di osservarne le norme”. Si ritiene utile riportare tale inciso all‟inizio di
questo paragrafo, dedicato all‟oggetto della procedura di infrazione, perché si
riferisce a quello che sarà uno dei punti su cui si focalizzerà la trattazione, ovvero
la necessità che gli Stati membri rispettino gli obblighi derivanti dal trattato. In
particolare riesce a cogliere l‟importanza che questa necessità ha ai fini del corretto
sviluppo dell‟Unione in quanto “contropartita”che gli Stati membri sono tenuti a
garantire per poter usufruire dei vantaggi derivanti dalla partecipazione all‟Unione
stessa. Importanza che di riflesso si trasmette anche alla fattispecie di cui sto per
occuparmi in quanto riferita ad un suo elemento fondamentale.
Per incominciare ad analizzare quello che è l‟oggetto della procedura di infrazione
è utile ricercare quanto viene disposto al riguardo negli articoli del Trattato CE. La
ricerca può sicuramente partire dal testo degli articoli relativi alla procedura, nello
specifico gli art. 226/227 e 228 Tr. CE (ex art. 169/170 e 171), da cui risalta subito
come gli stessi recitino tutti così: “…uno Stato membro abbia mancato a uno
degli obblighi a lui incombenti in virtù del presente trattato…”. La assoluta
coincidenza del testo riportato in ben tre diversi articoli, permette di poter
affermare, almeno in linea generale, che alla base della procedura stessa vi sia un
comportamento omogeneo che risulta essere la “violazione degli obblighi derivanti
dal trattato”. A questo punto dopo aver individuato, in modo piuttosto generico
quello che è l‟oggetto della procedura, è necessario cercare di specificare ed
analizzare questo concetto, che seppure a prima vista può risultare privo di
problematiche interpretative, in realtà ad un esame più attento ne riserva alcune. Le
problematiche legate alla definizione sopra riportata derivano dalla sua estrema
1
Sentenza 7 febr. 1973, Commissione c. Italia in Rac. 1972 p.1181.
10
genericità, cui si faceva riferimento prima, che può indurre a dilatarne o
restringerne il raggio di azione a seconda dell‟interpretazione che se ne dia. È
dunque necessario scindere in due parti la definizione di cui sopra ed analizzarle
disgiuntamente. Un primo punto da chiarire è quello legato alla interpretazione
della locuzione “obblighi derivanti dal trattato”. In particolare dobbiamo stabilire
se gli obblighi, oggetto di inadempimento, debbano necessariamente ed
esclusivamente essere imposti da norme del trattato, accogliendo quindi una
visione restrittiva, o piuttosto di dilatare il concetto di “trattato” fino a
ricomprendervi anche “fonti di obblighi” diverse dal trattato stesso. Innanzitutto è
da precisare come nonostante il trattato sia fonte sicura di tali obblighi, non tutti
quelli imposti dallo stesso sono tutelabili attraverso la procedura di infrazione.
Infatti ve ne sono alcuni la cui osservanza non è tutelabile con la procedura verso
nessuno Stato membro, come: l‟obbligo, disposto dall‟art. 104 (ex art. 104C)
par.9
2
, di evitare disavanzi pubblici eccessivi; gli obblighi derivanti dal titolo IV
(ex tit. III bis), in particolare mi riferisco all‟ art. 64 (ex art. 73L)
3
. Di contro ve ne
sono altri la cui osservanza è tutelabile attraverso la procedura, ma solo nei
confronti delle violazioni da parte degli Stati che ne sono vincolati, mentre tale
possibilità è esclusa nei confronti degli Stati che non sono vincolati ad essi o lo
sono, ma non in base al diritto comunitario. Esempi di quanto ora detto sono: lo
speciale regime relativo all‟applicazione del titolo IV al Regno Unito, all‟ Irlanda e
alla Danimarca in base all‟art. 69(ex art. 73Q)
4
; le particolari deroghe ammesse per
gli Stati che non partecipino alla terza fase dell‟unione economica e monetaria
2
Art. 104-Par 10-“I diritti di esperire le azioni di cui agli articoli 226 e 227 non possono essere
esercitati nel quadro dei paragrafi da 1 a 9 del presente articolo.” In particolare la procedura di
controllo e l‟eventuale applicazione di una sanzione in questo caso è affidata al Consiglio.
3
Art. 64-Par. 1-“Il presente titolo non osta all'esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati
membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.”. In
tale articolo viene delineata la possibilità di una deroga al sistema della violazione di obblighi
derivanti dal trattato per interessi ritenuti di importanza maggiore rispetto a quelli comunitari.
4
Art. 69 ”Il presente titolo si applica nel rispetto delle disposizioni del protocollo sulla posizione
del Regno Unito e dell'Irlanda e del protocollo sulla posizione della Danimarca e fatto salvo il
protocollo sull'applicazione di alcuni aspetti dell‟articolo 14 del trattato che istituisce la Comunità
europea al Regno Unito e all‟Irlanda.”
11
secondo l‟art 122 (ex art.109K) par.3
5
; la condizione degli Stati membri che non
siano parte della “cooperazione rafforzata “ introdotta con l‟accordo di Schengen
6
.
Volendo ora cercare di dilatare il concetto di “trattato” per ricomprendervi ulteriori
“fonti” di obblighi, si può iniziare dalla lettera dell‟ articolo 228 il quale così recita
“..lo Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l‟esecuzione della sentenza
della Corte di giustizia comporta.” e proseguendo “qualora…non abbia preso… i
provvedimenti che l‟esecuzione della sentenza della corte comporta, la
Commissione può adire la Corte.”. Alla luce di questo si può inserire nel novero
delle “fonti” degli obblighi suscettibili di tutela anche le sentenze della Corte ex
art. 226/227 e 234 (ex art.177)
7
. A questo punto possiamo quindi essere certi che
esistano “fonti” ulteriori di obblighi tutelabili,e quindi di poter dilatare il concetto
di “trattato” ricomprendendovi una molteplicità di atti e norme come: gli atti
“atipici” di diritto comunitario derivato (direttive o regolamenti)
8
, gli accordi
internazionali vincolanti l‟Unione
9
, i principi fondamentali del diritto
10
, diritti
5
Art. 122-Par.3 ”La deroga di cui al paragrafo 1 comporta che allo Stato membro in questione non
si applichino i seguenti articoli: 104, paragrafi 9 e 11, 105, paragrafi 1, 2, 3 e 5, 106, 110, 111 e
112, paragrafo 2, lettera b). L'esclusione di detto Stato membro e della sua banca centrale
nazionale dai diritti e dagli obblighi nel quadro del SEBC è oggetto del capo IX dello statuto del
SEBC”.
6
Fumagalli L.(nota 134, p.76 in ”La responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto
comunitario”) “ Tale posizione particolare è propria del Regno Unito e dell‟Irlanda in quanto non
vincolati dall‟accordo e della Danimarca che pur essendo vincolata, lo è sulla base del diritto
internazionale e non del trattato CE”. La posizione della Danimarca è di notevole interesse in
quanto dimostra la notevole versatilità del diritto comunitario capace di adeguarsi alle specifiche
esigenze di ciascuno Stato.
7
In merito vd. C-48/71, sentenza 26/10/1982, Commissione c. Italia in Rac. 1972 p. 529.
8
Thomas B.(p.888 in ″Infractions et manquements des Etàts membres au droit communautaire” in
RMUE)-“L‟article 169 du traitè CEE prèvoit, lorsqu‟un État membre a manquè aux obligations qui
lui imcimbent en vetu du traitè, et par consèquent du droit dèrivè, l‟ouverture d‟une procèdure
d‟infraction.″ In questo caso però bisogna notare come in realtà la vincolatività di tali atti derivi dal
trattato stesso (vd. art. 308, ex art. 235) e dunque la violazione potrebbe comunque farsi risalire alla
violazione di obblighi derivanti direttamente da questo. L‟inserimento è necessario però per far
capire come anche il diritto comunitario derivato in quanto tale rientri nella tutela offerta dalla
procedura.
9
In merito vd. C-104/81, sentenza 26/10/1982, Hauptzollamt Mainz c. C.A. Kupferberg & Cie KG
a.A. in Rac.1982 p.3641.
10
A tale proposito, come anche Pocar F.(p. 759 in”Commentario breve ai trattati della Comunità e
dell‟UE”)fa notare, bisogna distinguere i principi fondamentali che costituiscono il fondamento
dell‟ordinamento giuridico comunitario, la cui violazione costituirebbe infrazione, da quelli comuni
agli Stati membri, fonte sussidiaria di diritto comunitario in assenza di norme espresse, la cui
violazione non è rilevante ai fini della procedura. La Corte infatti non avrebbe potere di sindacare
12
fondamentali previsti dall‟articolo 6 TUE
11
ed infine, come già detto, una sentenza
della Corte di giustizia. Si ritiene quindi utile e necessario, a conferma di quanto
detto, riportare l‟opinione di parte della dottrina
12
, la quale sostiene che: “il
riferimento al „trattato‟ deve perciò essere inteso quale riferimento al „diritto
comunitario‟
13
, basato sul (e non limitato al) trattato, considerato in senso
complessivo ed a prescindere dal tipo normativo in cui esso si svolge.”. Infine
merita una citazione, in quanto fattispecie particolare nel novero di quelle sopra
elencate, l‟articolo 10 Tr. CE
14
(ex art. 5). Questo introduce a carico degli Stati
membri il cosiddetto “obbligo di collaborazione”, la cui violazione più volte è stata
censurata dalla Corte in sede di ricorso per inadempimento. Tra le molte mi sembra
interessante riportare quella relativa alla causa C-240/86
15
dove la Grecia, pur
riconosciuta non colpevole per le violazioni indicate nel ricorso presentato alla
la conformità di norme interne ai diritti fondamentali , parte dell‟ordinamento giuridico comunitario
in quanto affermati dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri.
11
In merito vd. C-132/00, sentenza 19/03/2002, Commissione c. Irlanda in Rac.2002(I) p.2943.
12
Fumagalli L.(p.78 in “La responsabilità degli Stati”)
13
In questa direzione è anche l‟opinione di Mattera Ricigliano A.(p. 268 in”La procedura per
inadempimento prevista dall‟articolo 169/CEE e la sua attuazione da parte della Commissione”, in
DCSI), il quale fa anche lui esplicito riferimento, quale interpretazione estensiva dell‟espressione
“derivanti dal presente trattato”, a quella di “diritto comunitario” inteso in modo
“multicomprensivo”. Tale orientamento è inoltre sostenuto anche da varie pronunce della Corte tra
cui segnalo quella relativa la causa C-3/59, sentenza 8/03/1960, Rep. Fed. Tedesca c. Alta Autorità,
in Rac.1960 p. 117.
14
“Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare
l‟esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle
istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest‟ultima nell‟adempimento dei propri compiti. Essi si
astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente
trattato.” In relazione a tale articolo la dottrina si è a lungo interrogata circa l‟ipotesi di una
interpretazione estensiva o meno della portata di tale articolo. In questo senso da ricordare le
decisioni della Corte (C-30/70, sent. 17/12/70 in Rac. 1970 p.1125 e
C-78/70, sent. 8/06/1971 in Rac. 1971 p.487 )
e le opinioni di alcuni autori tra cui Quadri R.(p.53ss in“Commento all‟art 5” in “Commentario
CEE”)., il quale ne amplia e generalizza la portata svincolandolo da legami con gli obblighi previsti
dal trattato. Inoltre Draetta U.(p.84-85 in”La Commissione”), che lo configura come:”fonte
autonoma di obblighi per gli Stati membri, sia pure semplicemente di collaborare con le istituzioni
comunitaria per la realizzazione dei fini del trattato”. Condivido tale impostazione interpretativa la
quale dimostra come questa disposizione possa essere considerata allo stesso tempo “norma di
chiusura”, quindi con valenza generale, e fattispecie tipica, quindi con valenza specifica, dello
stesso fenomeno giuridico.
15
Commissione c. Grecia, sentenza 28/01/1986 in Rac.1988 p.1835 .
13
Corte dalla Commissione, fu ritenuta inadempiente perché “…venuta meno agli
obblighi che le incombono in forza dell‟art. 5 del trattato CE.”.
A questo punto è opportuno cercare di identificare in quale tipologia di
comportamento può esplicarsi la “violazione”, la dottrina maggioritaria
16
, come la
giurisprudenza della Corte
17
stessa, sono concordi nel ritenere che questo possa
consistere tanto in un‟azione, quanto in un‟omissione
18
attribuibile allo Stato
membro. Questa azione od omissione può essere commessa nell‟esercizio sia
dell‟attività legislativa, amministrativa che giudiziaria e non necessariamente deve
protrarsi per un periodo continuativo di tempo, ma può anche essere meramente
temporanea, in quanto la violazione di obblighi assoluti non può essere mai
giustificata neanche se provvisoria
19
. La stessa Corte in alcune sue decisioni ha
chiarito in relazione a specifiche ipotesi controverse. Una prima ipotesi era legata
alla costante opinione della Corte che la presenza in uno Stato membro di un
regolamento interno non conforme al diritto comunitario non costituiva
inadempimento fino a quando questo non cominciava ad essere applicativo. Ora
invece la semplice sussistenza di un testo regolamentare o legislativo in quanto può
comportare un‟incertezza giuridica, viene ritenuto costituire inadempimento
dell‟obbligo di collaborazione ex art. 10. Sempre la Corte ha ritenuto di non poter
dare rilevanza “scriminante” al fatto che lo Stato possa invocare, a giustificazione
dell‟inadempimento, difficoltà derivanti da: crisi di governo, scioglimenti di organi
legislativi, esistenza di disposizioni, prassi o situazioni interne contrastanti
20
.
Non rilevano ai fini della qualificazione del comportamento come “violazione”
neanche gli effetti che da questo scaturiscano, che possono anche essere di lieve
16
In tale senso Ballarino T.(in”Manuale breve di diritto dell‟ UE”)-Fumagalli L.(in”La
responsabilità degli Stati”)-Gencarelli F.(in“La Commissione custode del trattato: il controllo
dell‟applicazione del diritto comunitario negli Stati membri”, in DCSI)-Pocar F.(in”Commentario
breve”)
17
In merito vd. C-31/69, sentenza 17/02/1970, Commissione c. Italia in Rac. 1970 p.25.
18
Le violazioni di tipo omissivo sono statisticamente le più ricorrenti, tra queste l‟esempio tipico è
l‟ipotesi di mancata trasposizione di una direttiva.
19
In merito vd. C-7/61, sentenza 19/12/1961, Commissione c. Italia in Rac. 1961 p.635.
20
In merito vd. C-42/80, sentenza 2/12/1980, Commissione c. Italia, in Rac 1980 .p.3635 e C-
280/95, sentenza 29/01/1998, Commissione c. Italia, in Rac. 1998(I) p.271.
14
entità
21
, e quindi la circostanza che il comportamento leda o meno interessi
concreti e diretti o cagioni danni ad altri Stati membri o all‟ Unione stessa
22
.
L‟inadempimento, e di conseguenza la procedura stessa, si può dire che abbiano
natura “obiettiva o oggettiva”
23
in quanto la Corte si limita ad accertare
l‟inadempimento senza che debba esaminare gli scopi perseguiti dal ricorso o
debba constatare un‟eventuale colpa dello Stato
24
. Infine poiché la violazione per
essere rilevante ai fini della procedura deve essere attribuibile allo Stato, ritengo
necessario aprire una breve parentesi per qualificare quello che è il concetto stesso
di “Stato”. Il discorso può prendere avvio da una regola consuetudinaria di diritto
internazionale secondo la quale per “atto dello Stato” si intende “il comportamento
di qualsiasi organo dello Stato che abbia detta qualità alla stregua del diritto
interno di detto Stato, purchè, nel caso in questione, esso abbia agito in tale
qualità”, “sia che tale organo appartenga al potere costituente legislativo,
esecutivo giudiziario o altro,… sia che esso abbia una posizione di supremazia
oppure di subordinazione nell‟organizzazione dello Stato
25
“. Quindi pur essendo
l‟infrazione imputata allo Stato unitariamente considerato, la violazione può essere
commessa da qualsiasi organo dello questo anche se con “carattere
costituzionalmente indipendente”
26
. Facendo riferimento all‟Italia il
comportamento può quindi essere tenuto da organi quali: il Parlamento, una
21
In merito vd. C-209/89, sentenza 21/03/1989, Commissione c. Italia in Rac. 1991 (I) p.1575.
22
In merito vd. C-233/00, sentenza 26/06/2003, Commissione c. Francia in Rac. 2003 p.6625.
23
Gli orientamenti della Corte precedentemente riportati relativi alle ipotesi tipizzate sono frutto
proprio dell‟oggettività dell‟inadempimento.
24
In tale senso Gencarelli F.(p.233 in”La Commissione custode”) e Biavati P.(p.58 in“Diritto
processuale dell‟UE”) i quali fanno notare come, tanto un errore commesso in buona fede quanto
una trasgressione deliberata della norma, possano condurre all‟accertamento della violazione. Alla
luce di questo e di quanto riportato nel testo si può concludere che la qualifica di “violazione” al
comportamento derivi non tanto dalle estrinseche caratteristiche di questo, quanto dal contenuto
della norma violata: solo sulla base di questo si può valutare la antigiuridicità e non conformità al
modello normativo del comportamento.
25
Tali regole sono riportate negli art. 5/6 del “Progetto di articoli sulla responsabilità
internazionale dello Stato”.
26
In merito vd. C-77/69, sent. 5/05/1970, Commissione c. Belgio in Rac. 1970 p.237 e
C-287/97, sent. 18/01/1990, Commissione c. Grecia in Rac.1990 (I) p.125 .
15
Regione autonoma o a statuto ordinario
27
, un Comune, un‟impresa privata posta
sotto tutela dello Stato
28
, un‟istituzione giudiziaria
29
. Il concetto di “Stato” come
precedentemente quello di “trattato” va quindi inteso in termini estensivi e non
restrittivi facendo riferimento meramente alle istituzioni di governo.
27
In merito vd. C-87/02, sentenza 10/06/2004, Commissione c. Italia non pubbl. in Rac.. Come
sostiene anche Mezzacapo S.(p. 98 in”Inadempimento comunque imputabile allo Stato membro
anche se sul progetto la competenza è regionale” in “Guida al diritto, Il Sole 24 Ore”)
relativamente a tale ultima sentenza: “La regola di diritto è che la scelta (interna) di affidare alle
proprie regioni l‟attuazione di una direttiva è irrilevante quanto all‟applicazione dell‟articolo 226
Ce…ben si comprende come la libera scelta di ogni stato membro di diversamente articolare al
proprio interno l‟assetto delle competenze normative non potrebbe avere poi come conseguenza
quella di rendere irresponsabile lo stesso Stato membro. Quest‟ultimo, in definitiva, resta il solo
responsabile, nei confronti della comunità, del rispetto degli obblighi derivanti dal diritto
comunitario”.
28
In merito vd. C-249/81, sent. 24/11/1982, Commissione c. Irlanda in Rac. 1982 p.4005 e
C-243/89, sent. 22/06/1993, Commissione c. Danimarca in Rac. 1993 (I) p.3353.
29
In merito vd. C-129/00, sentenza 9/12/2003, Commissione c. Italia in Rac. 2003(IV) p.482.
Anche se parte della dottrina è critica in relazione a tale possibilità (vd. Beutler B., Bieber R.,
Pipkorn J., Streil J.,Weiler J.H.H. in “L‟Unione Europea”), per la difficoltà di dare attuazione alla
sentenza della Corte in relazione alla violazione cagionata da attività giurisdizionale interna (vd.
irretrattabilità del giudicato formatosi sulla pronuncia interna), si concorda con chi non ha dubbi in
proposito sia in quanto gli organi giudiziari sono un‟entità costituzionalmente indipendente, sia
perché spesso sono proprio questi a dover dare interpretazione e concreta attuazione interna,
attraverso le loro pronunce, al diritto dell‟Unione. Quindi si ritiene che la possibilità di sfuggire al
sindacato della Corte potrebbe indurre i giudici nazionali ad atteggiamenti eccessivamente
disinvolti ai fini di una corretta applicazione ed interpretazione dello stesso e che ciò non avrebbe
effetti positivi ai fini del processo di integrazione verso cui gli Stati membri sono sempre più
avviati.
16
Paragrafo 1.2:”Il ruolo della Commissione in relazione al ricorso ex art.
226”
Dopo l„analisi relativa all‟oggetto della procedura di infrazione, ora si cercherà di
delineare quelli che sono gli aspetti fondamentali della prima tipologia di ricorso
disciplinata dal trattato nell‟articolo 226. Tale procedura è caratterizzata
dall‟azione promossa dalla Commissione
30
diretta a far accertare dalla Corte di
giustizia l‟inadempimento e quindi la responsabilità dello Stato membro per
violazione del diritto comunitario.
Il primo aspetto che merita di essere evidenziato al fine di un a migliore
comprensione della procedura in esame è il ruolo che all‟interno dell‟ordinamento
comunitario viene attribuito alla Commissione: questa infatti viene considerata il
“custode del Trattato e controllore della sua osservazione”
31
. L‟attribuzione alla
Commissione di tali ruoli con i relativi poteri non deve stupire in quanto tali
particolari attribuzioni sono conformi al carattere specifico dell‟Unione rispetto ad
altre forme di “organizzazione sopranazionali” esistenti. Questi ruoli, di cui si può
capire facilmente l‟importanza, le sono attribuiti dall‟articolo 211
32
(ex art. 155), e
la procedura ex art. 226 altro non è che lo strumento attraverso il quale la
Commissione può esercitarli. La naturale conseguenza dell‟attribuzione alla
Commissione di tali funzioni e della possibilità di utilizzare uno specifico
strumento per svolgerli, comporta che la stessa sia fornita di “potere d‟azione”.
Volendo approfondire in relazione a questo potere attribuito alla Commissione,
30
Il volume complessivo dei procedimenti d‟infrazione avviati dalla Commissione è diminuito dai
2653 del 2005 ai 2518 del 2006, numeri che dimostrano il notevole calo avvenuto negli ultimi anni
se raffrontati con i dati relativi 2003 nel corso del quale ne erano stati avviati 2709.(Dati disponibili
nella “24° Relazione annuale della Commissione sul controllo dell‟applicazione del diritto
comunitario(2006) in “Appendice”).
31
Non bisogna dimenticare che l‟Unione si fonda su un sistema di cooperazione ed integrazione tra
gli Stati membri ai quali quindi, in virtù di tale sistema, è preclusa la possibilità di ricorrere a
misure unilaterali per reprimere o giustificare le violazioni del diritto comunitario (vd. C-90.91/63,
sent.13/11/1963, Commissione c. Lussemburgo/Belgio in Rac. 1964 p.1217), che invece è
consentita ad un‟organo amministrativo “proprio” dell‟Unione e quindi teoricamente super-partes
nel dover giudicare i comportamenti degli Stati membri in quanto non portatore di interessi
particolari dei singoli Stati, ma dell‟interesse generale dell‟Unione.
32
“…la Commissione…vigila sull‟applicazione delle disposizioni del presente trattato e delle
disposizione adottate dalle istituzioni in virtù del trattato stesso.”
17
l‟aspetto sicuramente più interessante è quello che riguarda la natura di questo:
infatti si tratta di un potere assolutamente discrezionale
33
che negli ultimi anni è
stato ulteriormente consacrato come tale anche dalla giurisprudenza della Corte
34
.
Il riferimento alla conferma della sua discrezionalità da parte della Corte è
necessario in quanto fino a qualche anno fa vi era il dubbio se il potere circa
l‟avvio della procedura fosse o meno discrezionale, e soprattutto se l‟eventuale
discrezionalità non fosse in contrasto con il disposto dell‟art. 211 che impone in
capo alla Commissione un “dovere di vigilanza”, dunque non suscettibile a prima
vista di valutazione da parte di questa nel suo ottemperamento. La dottrina ha
tentato di giustificare tale discrezionalità in parte caratterizzando l‟intervento della
Commissione nella procedura di risvolti “politici”
35
piuttosto che “giuridici”
evidenziando quindi la delicatezza dei rapporti tra Unione e Stati membri
36
, altri
invece la limitano, facendo riferimento all‟articolo 211, alla possibilità si scegliere
le modalità ed i tempi di attuazione restando fermo l‟obbligo di attivarsi per
33
Proprio nella discrezionalità e non obbligatorietà dell‟attività della Commissione si rinviene uno
degli aspetti che maggiormente differenziano il procedimento ex art. 226 da quello ex art.
88(controllare) Tr. CECA diretto dall‟Alta Autorità. Borrello I.(p.1085 in”I controlli della
commissione delle C.E. sull‟applicazione del diritto comunitario” in RIDPC) riguardo al potere
della Commissione fa riferimento ad un “potere elastico ed articolato, i cui esiti finiscono per
identificarsi con una vera attività di direzione”
34
In tale senso Candela-Castillo J., Mongin B. (p. 52 “Les infractions au droit communautaire
commises par les États membre″ in RMUE) : “La jurisprudence récente de la Cour, sans marquer
de rupture avec cellle plus ancient, se carastérise par un double mouvement : d‟une part, la Cour
consacre le pouvoir discrétionnaire de la Commission sans pour autant élaircir certaines zones
d‟ombre.” Inoltre vd. C-247/87, sent. 14/02/1989, Star Fruit Co. c. Comm. in Rac.1989 p.291 e C-
209/89, sent. 21/03/1991, Commissione c. Italia in Rac.1991 p(I) p.1575. In tali sentenze viene
messo in risalto il carattere discrezionale del potere della Commissione e il carattere “obiettivo” del
ricorso.
35
In tale senso Mastroianni R.(in”La procedura di infrazione ed i poteri della Commissione: chi
controlla il controllore?”in RDI).
36
In tale senso Hartley T.C.( p. 292 in”The foundations of E.C. Law. An introduction to the
Constitutional and Administrative law of the European Community”) il quale mette in risalto come
il meccanismo comunitario funzioni correttamente solo grazie alla mutua fiducia tra Stati membri
ed istituzioni comunitarie e quindi come “…excessive resort to enforcement actions might do more
harm than good…” , ma tenendo comunque presente, come sostiene Everling U.(p. 215 in”The
Member States of the E.C. before their Court of Justice” in ELR)”…the principles upon which that
discretion is exercized are not readily apparent to the outsider…”. In tal modo dunque se da un lato
si giustifica l‟esercizio della discrezionalità in vista della “concordia” tra Stati ed Unione, dall‟altro
se ne sottolinea il carattere comunque assolutamente “istituzionalistico” e fuori dalla portata degli
Stati relativamente ai principi che ne sono alla base.
18
rimuovere le violazioni
37
. Infine merita un accenno, in quanto si ritiene necessario
a completamento del discorso fatto, la posizione di parte della dottrina
38
la quale fa
notare come “…l‟apprezzamento discrezionale nella messa in opera della
procedura di infrazione di per sé non comporta, infatti, l‟ammissione
dell‟esistenza nel sistema comunitario di un‟area (di importanza essenziale)
abbandonata (in assenza di supervisione giurisdizionale) al totale arbitrio della
Commissione…e che l‟attribuzione di un potere discrezionale sia stata temperata
dall‟imposizione di un obbligo, in esso implicito, di rispettare determinati
parametri che ne guidino l‟esercizio.”. Ritengo importante tale posizione per far
capire come vi sia necessità di evitare che il potere discrezionale sia considerato
alla stregua di un potere di matrice “assolutistica”. Ciò non è possibile in quanto
essendo considerata l‟Unione un cosiddetto “Rechstaat” ciò comporta, come
sottolineato da alcuni
39
, che la nozione di questo sia qualificata anche
dall‟”…esistenza di limiti alla discrezionalità (almeno) degli organi che non
posseggono una diretta legittimazione democratica”, tra i quali rientra anche la
Commissione, anche se ciò possa comportare una perdita di effettività delle regole
su cui lo stesso si regge. Proprio in considerazione di ciò ne risulta la necessità che
la Commissione dia comunque motivazione delle decisioni positive e negative
prese nel corso della procedura.
Chiarita la questione sulla discrezionalità o meno del potere della Commissione in
senso affermativo, a questo punto è opportuno, al fine di dare concretezza a quanto
sopra detto facendovi comunque riferimento, descrivere la procedura. Il primo
punto è quello relativo alle modalità
40
con cui la Commissione viene a conoscenza
delle infrazioni. Nella procedura prevista dall‟articolo 226, le infrazioni possono
37
Questa impostazione è accolta in dottrina tra gli altri da Mengozzi P.(p. 180 in”Il diritto della
Comunità Europea”) e anche dalla giurisprudenza della Corte: vd. C-7/71, sentenza 14/12/1971,
Commissione c. Francia in Rac.1971 p.391.
38
In merito vd. Fumagalli L. (p.56 “La responsabilità degli Stati”).
39
In merito vd. Davì A. (p. 18, nota 12 in ”Comunità europee e sanzioni economiche
internazionali”).
40
Da notare quanto riporta Fumagalli L.(p. 33 in”La responsabilità degli Stati”):”La fonte della
“notizia criminis”, peraltro non influisce sullo svolgimento della procedura, comunque regolata
dalle stesse disposizioni e realizzata con le stesse modalità.”
19
rilevate attraverso due distinte modalità. Abbiamo quelle rilevate d‟ufficio
41
dai
servizi della Commissione che si basano per dare inizio alle indagini su notizie
apprese da fonti di diversa natura come: interpellanze parlamentari, discussioni in
seno al Consiglio dei Ministri dell‟UE, informazioni date alla stampa, ai network
audio-visivi o dalle stesse gazzette ufficiali nazionali. In alternativa, e mezzo
sicuramente più abituale con il quale si apprendono le infrazioni è quello che
avviene tramite l‟invio di un esposto
42
, alla Commissione che può provenire da
Stati membri
43
, associazioni, imprese, singoli cittadini o trasmesso dal Mediatore
Europeo. Infatti qualsiasi persona fisica o giuridica anche estranea ai fatti
denunciati può presentare esposto alla Commissione le cui condizioni di
ricevibilità sono: la redazione per iscritto
44
, il riferimento ad un inadempimento di
una norma di diritto comunitario e la richiesta di intervento della Commissione per
assicurare il rispetto del diritto comunitario
45
. Da notare come il fatto di proporre
l‟esposto non implica il sorgere di alcun obbligo particolare in capo a tali soggetti,
che comunque non acquisiscono mai la qualità di “parte”
46
nella procedura, tranne
quello di fornire collaborazione ed assistenza per aiutare la Commissione nello
svolgimento del proprio compito. Tuttavia pur non avendo i diritti di una “parte”
vera e propria della procedura, il soggetto denunciante è “tutelato” attraverso la
41
Si parla di “CDO” o “Cas Décelé d‟Office” nella dizione italiana “CIU”.
42
Basti pensare che nel 2006 ben il 41,7% delle infrazioni individuate è il risultato di denunce ed
esposti. Tuttavia le statistiche, visionabili in “Appendice”, relative al 2006 evidenziano un lieve
calo del numero di denunce registrate dalla Commissione (da 1154 nel 2005 a 1049 nel 2006). Le
cifre del 2006 anche rapportate a quelle degli anni precedenti evidenziano una tendenza alla
costante diminuzione delle denunce stesse. Le denunce tuttavia continuano a costituire la parte più
sostanziale dei procedimenti d‟infrazione avviati dalla Commissione nei confronti degli Stati
membri.
43
In questo caso è necessario qualificare l‟esposto da parte degli Stati membri come “denuncia
qualificata”. Infatti come vedremo al Paragrafo seguente gli Stati membri hanno la possibilità,
prevista ex art. 227, di far valere essi stessi la violazione da parte di altri Stati membri, ma in questo
caso non ci troveremo di fronte ad un mero mezzo di comunicazione di informazioni alla
Commissione, ma piuttosto ad una formale richiesta di intervento alla stessa che precede la
possibilità degli Stati di adire direttamente la Corte e quindi parleremo di “denuncia qualificata”.
44
E‟ possibile l‟invio anche tramite posta elettronica.
45
La fondatezza del ricorso sarà valutato sempre dai servizi.
46
In tale senso Troianello P.(p.577 in “Il trattamento delle denunce alla Commissione europea per
violazione del diritto comunitario” in DCSI) che sottolinea come l‟obiettivo principale delle
procedure di infrazione non è la tutela del singolo, ma l‟interesse alla conformità al diritto
comunitario.