Capitolo 1
Una Panoramica Generale
Cosa sono l’HIV e l’AIDS
La sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) è una malattia infettiva
causata dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV). L’HIV è un retrovirus
1
,
suddiviso in due ceppi, l’HIV-1 e l’HIV-2, entrambi i quali causano l’AIDS. Quello
più pericoloso e più diffuso dei due è l’HIV-1.
L’AIDS è stato scoperto nel 1981 negli Stati Uniti su alcune persone
omosessuali. Esso è lo stadio avanzato dell’infezione da virus dell’HIV. Questo virus
può non causare alcun sintomo riconoscibile per un lungo periodo dopo l’infezione
iniziale, il cosiddetto periodo di latenza clinica. Le terapie che riguardano
l’HIV/AIDS non mirano a sconfiggere il virus, ma a migliorare la qualità della vita e
ad allungarla, rallentando o arrestando la replicazione del virus, curando o
prevenendo infezioni e tumori che spesso si sviluppano nelle persone colpite
dall’AIDS, contribuendo così anche a limitare il contagio. L’HIV/AIDS è uno dei
problemi sanitari della storia recente più devastanti al mondo. Dalle ultime stime di
UNAIDS nel suo Global Report del 2013, circa 35 milioni di persone, nel 2012,
convivevano con l’HIV.
Le modalità di trasmissione dell’HIV possono essere di diversa natura: il
contatto sessuale, la trasmissione dalla madre al bambino durante gravidanza, parto e
allattamento, l’esposizione a sangue infetto, ad esempio durante le trasfusioni, e
l’utilizzo di aghi non sterili.
L’AIDS è una malattia che comporta un doppio danno, in quanto oltre a
distruggere il sistema immunitario, può danneggiare tutti i maggiori organi del corpo.
1
I retrovirus sono virus che incorporano il loro codice genetico (RNA) in cellule ospitanti attraverso
un enzima chiamato trascrittasi inversa, che crea il DNA dall’RNA (al contrario del flusso normale,
RNA dal DNA) e l’integrasi, che rende il virus parte integrante dell’informazione genetica della
cellula.
Una Panoramica Generale
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L’HIV attacca il corpo attraverso tre fasi della malattia: l’immunodeficienza,
l’autoimmunità e la disfunzione del sistema nervoso. L’immunodeficienza
rappresenta la condizione in cui la risposta immunitaria del corpo è danneggiata,
indebolita o non funziona correttamente. Essa deriva dal fatto che il virus può legarsi
a una proteina chiamata CD4 che si trova sulla superficie di alcuni globuli bianchi
(linfociti helper T CD4
+
, le cellule che sono al centro di tutta la risposta
immunitaria). Dopo che il virus si è legato alla proteina CD4, quest’ultima fa da
recettore e in seguito a questo legame, il virus riesce ad entrare all’interno della
cellula, attraverso il corecettore CCR5. Una volta all’interno della cellula, l’HIV può
replicare e uccidere le altre cellule. Quindi oltre a uccidere i linfociti direttamente,
l’AIDS distrugge il funzionamento delle restanti cellule del sistema immunitario,
pertanto molte infezioni e tumori possono prendere il sopravvento su di un sistema
immunitario debilitato (le cosiddette infezioni opportunistiche). Esistono poi, anche
altre manifestazioni cliniche caratteristiche non strettamente correlate allo stato di
immunodeficienza, ma comunque indicative di AIDS, come la sindrome demenziale
legata all’AIDS.
Durante la prima fase dell’infezione, molti pazienti, che non sanno ancora di
essere malati, possono non accusare alcun sintomo, oppure possono accusare sintomi
comuni a molte altre malattie come febbre, stanchezza, dolori muscolari, perdita di
appetito, di peso, mal di testa e disturbi digestivi. In questa fase, l’HIV si diffonde in
tutti gli organi linfoidi e da qui in tutto l’organismo. La fase successiva dell’infezione
è la cronicizzazione: questa fase si definisce di latenza clinica perché il soggetto non
manifesta sintomi rilevanti. L’infezione però in realtà non va affatto in latenza, in
quanto il virus continua a replicarsi e a far danno. La malattia può restare nello stato
di latenza clinica per un periodo che può durare anche dieci anni, per poi iniziare a
manifestarsi.
L’ultima fase della malattia è proprio quella dell’AIDS conclamato, che è
contraddistinta da una conta molto bassa di linfociti CD4 ed è accompagnata da un
maggiore rischio di infezioni opportunistiche e di tumori.
Gli esami del sangue per rivelare la presenza del virus all’interno del corpo
sono effettuati sulle categorie di persone maggiormente a rischio, sulle donne incinte,
sugli operatori sanitari o sui dipendenti del servizio pubblico che potrebbero essere
stati esposti al contagio, su coloro che presentano sintomi associabili all’AIDS e su
coloro che temono di essere stati infettati.
Una Panoramica Generale
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Le linee guida per la terapia da seguire cambiano di frequente, a causa
dell’approvazione di nuovi farmaci e dello sviluppo di nuovi regimi farmacologici. I
farmaci sono detti antiretrovirali e la terapia è detta HAART (Higly Active
Antiretroviral Therapy). Il principio su cui si basa il regime farmacologico per i
malati di AIDS è quello della combinazione di più farmaci (cocktail o terapia
combinata).
Alcune Statistiche Riguardanti l’HIV/AIDS nel MENA
Il Rapporto Globale del 2013, redatto da UNAIDS, permette di farci un’idea
delle proporzioni dell’epidemia di AIDS nella regione del Medio Oriente e Nord
Africa (abbreviata MENA, da Middle East and North Africa) e grazie ai dati forniti,
è possibile paragonare la situazione qui presente con quella delle altre regioni nel
mondo. Il MENA è formato da Bahrain, Egitto, Iran, Iraq, Israele, Giordania,
Kuwait, Libano, Yemen, Emirati Arabi Uniti, Libia, Marocco, Oman, Palestina,
Qatar, Arabia Saudita, Siria, Tunisia e Algeria. In alcune statistiche talvolta sono
anche inclusi l’Armenia, l’Azerbaijan, Cipro, Djibouti, la Mauritania, la Somalia, il
Sudan, la Turchia e il Sahara Occidentale.
In blu gli Stati facenti parte della regione. In azzurro, gli Stati che non
sono sempre considerati parte della regione.
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Nel MENA, la prevalenza
2
media dell’HIV tra le persone di 15-49 anni è
dello 0,1% su tutta la popolazione. È dunque una regione a bassa prevalenza. Le
stime più alte sono in Djibouti con il 2,3% di prevalenza nel 2001 e l’1,2% nel 2012.
Si stima che le persone che vivono con l’HIV siano aumentate da 150.000 nel 2001 a
260.000 nel 2012 (delle quali 130.000 e 250.000 hanno più di 15 anni), con le punte
più alte in Iran (15.000 – 71.000).
Anche le nuove infezioni sono in aumento, in quanto si è passati dalle 21.000
nel 2001 alle 32.000 nel 2012. Il report indica poi, a livello globale, il numero di
nuove infezioni tra i soli adulti nei Paesi a basso e medio reddito, raggruppandoli per
regione, tra il 2001 e il 2012. Esse sono scese nell’Africa Sub Sahariana, nell’Asia e
nel Pacifico, nell’America Latina e nei Caraibi: l’unica regione in cui sono salite è
proprio il MENA che è passata da circa 18.000 a 26.000 nuove infezioni. Anche
nella regione dell’Europa Orientale e dell’Asia Centrale i numeri sono leggermente
saliti, ma l’aumento è stato di poco conto. Il maggior numero di infezioni avviene
tramite rapporti sessuali di natura eterosessuale nella maggior parte dei Paesi, mentre
la percentuale più bassa fa riferimento alle trasfusioni di sangue infetto: da metà
degli anni ’90, dato l’alto numero di infezioni dovute a uno scarso controllo delle
sacche di sangue, nella maggior parte dei Paesi del MENA viene controllata una
percentuale che sfiora il 100% del sangue destinato alle trasfusioni.
I Paesi con la maggior spesa nazionale pubblica relativa all’AIDS in generale
sono l’Algeria, con oltre 9 milioni di dollari spesi nel 2012, e il Marocco, con oltre 7
milioni; mentre nel 2011, quelli con la spesa minore sono stati la Tunisia (circa
100.000 dollari), lo Yemen (circa 400.000 dollari) e la Siria (circa 600.000 dollari).
La spesa nazionale pubblica e internazionale per i programmi destinati ai
lavoratori sessuali dal 2013 è di solo poco più di un milione di dollari nel MENA
(per nazione), il dato mondiale più basso in assoluto.
3
La percentuale di prostitute
che afferma di aver usato il preservativo con l’ultimo cliente è di circa il 53% in
2
La prevalenza è una misura di frequenza, una formula ad uso epidemiologico mutuata dalla
statistica. Essa rappresenta il rapporto fra il numero di eventi sanitari rilevati in una popolazione in un
definito momento (o in un breve arco temporale) e il numero degli individui della popolazione
osservati nello stesso periodo.
3
I programmi di prevenzione si basano su: possibilità di rendere i servizi sanitari disponibili e
accessibili ai lavoratori sessuali; distribuzione dei preservativi; educazione tra pari; attività sociali
svolte sul territorio che possono implicare anche il contatto diretto con le prostitute. Quest’ultima
attività è la più difficile da svolgere in luoghi dove i lavoratori sessuali sono stigmatizzati e avvengono
inizialmente tramite contatti informali che mirano a creare un rapporto con il lavoratore sessuale, per
poi introdurlo alle attività di prevenzione.
Una Panoramica Generale
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Marocco e in Tunisia (dati del 2012). Invece la percentuale di uomini che dichiara di
avere utilizzato il preservativo durante l’ultimo rapporto sessuale con un altro uomo
è di appena il 25% in Egitto e in Tunisia. Per i programmi destinati agli uomini che
hanno rapporti sessuali con altri uomini, per il periodo 2007-2012, la spesa nazionale
pubblica è stata di 0,2 milioni di dollari (pari alla regione dell’Africa Meridionale e
Orientale), mentre quella internazionale è addirittura nulla. Ancora peggiore è la
spesa per quanto riguarda i programmi di riduzione del danno
4
per i
tossicodipendenti: la spesa nazionale pubblica media è di 0,1 milioni di dollari,
mentre quella internazionale è ancora una volta nulla. Il numero di siringhe
distribuite all’interno di programmi appositi per persona (che fa uso di droghe
iniettive) in un anno, nel MENA, è aumentato di molto dal 2011 al 2012, passando
da 20 a 60. Le nazioni dell’Asia Pacifica hanno avuto la più alta distribuzione di
siringhe al mondo (90 e 100), mentre l’Europa Orientale e l’Asia Centrale hanno
visto una leggera inflessione (45 e 43). Nel MENA, l’incremento di siringhe sterili
distribuite ai tossicodipendenti è stato notevole specialmente in Iran (da 30 a 74) e in
Marocco (da 13 a 45), mentre il numero è diminuito in Tunisia, passando dalle 15
siringhe distribuite per persona nel 2011 alle 9 del 2012. La percentuale più alta di
persone che fa uso di droghe iniettive e che ha l’HIV è quella dell’Iran con il 13,6%
e del Marocco con l’11,4%.
A livello mondiale, il numero di persone che riceve la terapia antiretrovirale è
triplicato negli ultimi cinque anni. Dal 2005, ci sono stati aumenti netti in tutte le
regioni del mondo tranne che in Europa Orientale, Asia Centrale e MENA. La
percentuale di persone idonee che sta ricevendo la terapia antiretrovirale nel MENA
è la più bassa al mondo, con un aumento costante della stessa dal 2009 al 2012 (dal
10 al 20%). Una stima del 2012 calcola che solo il 22% circa degli adulti che ne ha
bisogno riceve la terapia antiretrovirale (19.424 su 92.000): la percentuale più alta è
in Tunisia (56%), seguita dal Marocco (48%).
Il numero di morti AIDS-relate dal 1995 al 2012 è stato in costante aumento,
sia con la terapia antiretrovirale, che senza. Infatti le persone che non sono state
curate e sono poi morte per cause riguardanti l’AIDS sono circa 20.000, mentre sono
4
La riduzione del danno si riferisce a politiche, programmi e prassi che mirano a ridurre i danni
correlati all’uso di sostanze psicoattive in persone che non sono in grado o che non vogliono smettere
di assumere droga. Sua caratteristica peculiare è il focus sui danni causati dall’uso di sostanze
stupefacenti e sulle persone che continuano ad usare droghe, piuttosto che sulla prevenzione dall’uso
(definizione tratta da http://www.ihra.net).
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15.000 le persone che hanno ricevuto la terapia antiretrovirale e sono poi decedute. Il
MENA è l’unica regione dove il numero di persone che ricevono la terapia e che
muoiono per cause AIDS-relate è in costante aumento, invece che in diminuzione.
Non è un caso che la spesa nazionale pubblica media sia di soli 10 milioni di dollari
per nazione e sia assolutamente inesistente per quanto riguarda i fondi internazionali.
Ancora una volta, i dati sono i più bassi al mondo: tra le regioni a basso e medio
reddito, quella con la spesa nazionale pubblica maggiore è l’America Latina (800
milioni di dollari), mentre quella che riceve i più alti fondi internazionali è l’Africa
Orientale con 200 milioni di dollari.
Le risposte all’HIV sono sempre più orientate all’uguaglianza di genere,
specialmente nell’Africa Sub-Sahariana. Spesso però, laddove l’epidemia è
concentrata all’interno di determinate categorie (quelle più a rischio), come nel
MENA, il problema del genere, incluso quello della violenza, non è affrontato nelle
risposte nazionali, con pochi dati raccolti o una scarsa partecipazione delle donne
sieropositive. Nel MENA le donne con l’HIV sono in aumento, si è passati dai
62.000 casi stimati del 2001 ai 100.000 del 2012. Per quanto riguarda la copertura
dei servizi di prevenzione per le donne incinte che convivono con l’HIV, c’è una
variazione significativa tra le diverse regioni del mondo. La copertura maggiore è
nell’Europa Centrale e Orientale e nei Caraibi (superiore al 90%), mentre in Asia e
nel Pacifico e nel MENA, la copertura è di molto inferiore e non raggiunge neanche
il 20%. La percentuale di donne sieropositive che ha ricevuto la terapia
antiretrovirale, tra quelle che ne avevano bisogno, per evitare di trasmettere il virus al
figlio è molto bassa, solo l’8%, che è anche la stessa percentuale dei bambini che
ricevono la terapia, tra tutti quelli che ne hanno bisogno. Le percentuali di bambini
nati da madri sieropositive e che sono stati sottoposti al test dell’HIV entro due mesi
dalla nascita sono molto diverse all’interno del MENA. Si va dal 100% dell’Algeria,
dell’Egitto e degli Emirati Arabi Uniti, a circa la metà in Iran, Marocco e Oman, a
percentuali molto più basse in Djibouti (28%), Yemen (20%), Libano (9%) e Tunisia
(7%). Le nuove infezioni tra i bambini sono state 2.600 nel 2001 e 3.000 nel 2012.
I Paesi che presentano restrizioni, di diverso tipo, all’ingresso o per il diritto
di soggiorno e di residenza, per gli stranieri malati di HIV, sono rappresentati, in
rosso, in questa mappa:
Una Panoramica Generale
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Si può notare come tutti i Paesi mediorientali e due Paesi nordafricani
applichino restrizioni all’ingresso per gli stranieri sieropositivi. Le restrizioni che
avvengono nel MENA, non colpiscono solo i migranti provenienti da altre regioni
del mondo, ma anche persone provenienti da altri Stati del MENA: in Giordania, ad
esempio, ci sono restrizioni per i migranti provenienti dai Paesi limitrofi
(specialmente l’Egitto, la Siria e l’Iraq). Sembra che, a livello mondiale, il maggior
numero di migranti costretti al test obbligatorio, a restrizioni e all’espulsione, siano
quelli che cercano l’ingresso e la residenza nei Paesi del MENA.
La Problematica generale dell’HIV/AIDS nel MENA
“The wall of tradition and culture is so dense that it is
nearly impossible to talk about this subject in public without
being accused of being decadent, lewd and immoral.
Meanwhile, AIDS victims die in silence, quarantined in
rooms made of shame and guilt”
5
La pandemia del virus dell’immunodeficienza continua a rappresentare una
delle crisi sanitarie più devastanti di sempre. Nella regione del MENA, i numeri
possono talvolta sembrare piccoli se comparati ai circa 40 milioni di persone che
5
L. Anwar, The Kiss of Death, in Uncensored Arabwomanblues, aprile 2008.
http://uncensoredarabwomanblues.blogspot.it.
Una Panoramica Generale
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convivono con l’HIV in tutto il mondo, ma, come si è visto nel paragrafo precedente,
il numero di infezioni sta aumentando rapidamente nella regione. È importante
sottolineare che il basso numero di infezioni da HIV, quindi una bassa prevalenza,
non indicano un basso rischio o un problema sanitario di piccole dimensioni, ma
sono più probabilmente indicativi di un sistema inadeguato di copertura e rapporto.
Da questo assunto è necessario partire per poter analizzare sapientemente la
situazione epidemiologica dell’HIV nel MENA, da tutti i punti di vista (medico,
culturale, sociale).
I dati sull’HIV/AIDS nel MENA sono limitati e sottostimati e spesso le stime
pubblicate da UNAIDS sono numeri negoziati con i governi locali, che vogliono far
trasparire una situazione migliore di quella che è, quindi per fare un calcolo realistico
del numero di persone affette si deve agire per vie indirette: ad esempio calcolando il
tasso di malattie HIV-relate, come la tubercolosi, una delle cause più comuni di
mortalità tra le persone che vivono con l’HIV/AIDS o tenendo conto delle co-
infezioni
6
, come l’epatite C, molto presente tra i tossicodipendenti sieropositivi.
7
Nonostante la conoscenza dell’epidemiologia dell’HIV sia notevolmente
migliorata a livello globale, il MENA resta l’unica regione dove essa continua a
essere molto limitata e soggetta a controversie. Dopo oltre trent’anni dalla scoperta
del virus dell’HIV, non c’è stata nessuna sintesi comprensiva, data driven,
8
sulla
diffusione dell’infezione dell’HIV in questa regione. Il MENA continua a essere
visto come un’anomalia nella mappa del mondo dell’HIV/AIDS, sia per la lacunosità
dei dati disponibili, sia per il rischio reale, ma non ancora avvertito dalla popolazione
e dai governi, di una forte epidemia. Questa cosa può essere esemplificata, ad
esempio, dal fatto che, in Egitto, la maggior parte dei test effettuati siano “passivi”,
ossia non sono collegati alla percezione del rischio, essendo richiesti a giovani
uomini che hanno bisogno di certificati di lavoro per lavorare all’estero con i quali
dimostrare la loro sieronegatività.
9
Proprio come altre regioni, il MENA presenta diversi fattori che lo rendono
vulnerabile all’HIV. Il processo di modernizzazione, che include l’istruzione di
6
Per co-infezione si intende un’infezione contemporanea da parte di due virus.
7
CDC, Department of Health and Human Services, Hepatitis C Virus And Hiv Coinfection, settembre
2002.
8
Un approccio data driven indica che il progresso di un’attività è guidato dai dati e non dalla semplice
intuizione o esperienza personale.
9
N. El-Sayed et al., Assessment of the HIV/AIDS situation and response in Egypt, Cairo, National
AIDS Programme, Ministry of Health and Population and the Expanded Theme Group on HIV/AIDS,
2004.
Una Panoramica Generale
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massa e l’urbanizzazione, parallelo all’abbandono dei tradizionali schemi di
comportamento, continua ad incalzare nel MENA. Molti Paesi sono influenzati da
nuovi e diversi fattori, come il cambiamento della struttura familiare, l’apertura del
mercato, il turismo, comunicazioni e tecnologie migliori, come la tv satellitare e
internet.
Si sta verificando una transizione socioculturale che sta portando a una
maggiore tolleranza e accettazione dei comportamenti come il sesso prematrimoniale
ed extramatrimoniale e a maggiori opportunità di relazioni di natura sessuale che
vanno oltre le forme tradizionali. La norma, ormai, non è più quella della tradizione
culturale della castità prematrimoniale bilanciata da un matrimonio prematuro.
Le
tensioni sociali e di genere sono quindi esacerbate dal contrasto di due forze in
opposizione tra loro: la cultura tradizionale e quella moderna. Numerosi sforzi
mirano a preservare i valori tradizionali nel momento in cui la società si avvia alla
modernizzazione, e portano pertanto a discrepanze comunicative, oltre che a tensioni
sociali a livello comunitario e familiare.
Inoltre, si può notare che i Paesi che affrontano un’epidemia diffusa sono i
meno sviluppati e quelli che sono in forte stato d’emergenza. Dovunque le condizioni
economiche e sociali siano scarse, non solo c’è un maggiore rischio di trasmissione
dell’HIV, ma c’è anche una minore capacità di gestire la prevenzione e la cura. La
società araba presenta fattori strutturali intrinseci che hanno dimostrato di poter
generare un ambiente che contribuisce alla diffusione dell’HIV. La vulnerabilità
strutturale include povertà, disoccupazione, diseguali rapporti di genere, scarso
accesso ai servizi sociali e sanitari di base, migrazione, struttura e funzionamento
delle carceri, lavoro sessuale e un’alta percentuale di giovani. La povertà è il fattore
chiave per la diffusione dell’HIV. Esso crea e inasprisce le altre condizioni di
vulnerabilità. La relazione povertà-HIV è bidirezionale perché crea una reazione a
catena di effetti negativi, che fa aumentare la vulnerabilità delle persone alle infezioni
sessualmente trasmissibili (IST oppure MST – malattie sessualmente trasmissibili).
In un ambiente povero e degradato, una volta che una persona è stata contagiata, il
decorso della malattia è velocizzato dalla malnutrizione, dalle ripetute infezioni e
dalle condizioni di scarsa igiene. La povertà crea malnutrizione e vulnerabilità alla
malattia e perciò ci sono fasce di popolazione, anche significative, all’interno di
alcuni Paesi del mondo arabo (specialmente a Djibouti e in Yemen) che sono
particolarmente vulnerabili all’AIDS. Nonostante questo presupposto, però, le aree
rurali sono quelle meno colpite dal virus, che si diffonde maggiormente nelle aree