11
Una volta che la minoranza ha perso il suo potere, la soluzione migliore sarebbe quella di
eliminare la formula di compensazione.
L’introduzione di un nuovo sistema di diritti d proprietà richiede tempo perché necessita di
nuove istituzioni (intese come regole, norme, costumi, ruoli e modi di agire –Grossman 1967 e
Hodgson 1988 ) e organizzazioni. I diritti di proprietà hanno un rilievo importante sui risultati
raggiunti dall’economia poiché influenzano l’allocazione delle risorse, le motivazioni, gli
incentivi e quindi l’efficienza. Infatti, chi ha i diritti di proprietà può determinare l’allocazione
delle risorse e spingere per un’allocazione che accresce la remunerazione residua che spetta
loro.
È essenziale distinguere tra una visione microeconomica, personificata essenzialmente dalle
imprese, da una visione sociale rappresentata dal governo. L’impresa è interessata all’efficienza
microeconomica mentre il governo all’efficienza sociale.
Ci sono due fattori che oscurano la chiarezza dei diritti di proprietà e di conseguenza delle
privatizzazioni: il problema dell’agenzia e l’esistenza di diritti di proprietà illegittimi. Nelle
moderne economie, i diritti di proprietà relativi ad una particolare attività sono distribuiti tra un
certo numero di individui. Il caso più rimarcabile è quello in cui la proprietà in senso stretto è
separata dalla proprietà. Gli interessi degli agenti non coincidono con quelli del principale. Di
conseguenza, i primi tendono a prendere decisioni che i secondi considerano subottimali. Il
controllo degli agenti è costoso e non preciso. Comunque, la distribuzione delle informazioni
riguardanti i compiti assegnati agli agenti e le loro performance è distribuita asimmetricamente
contro il principale. Questo causa un problema di comportamenti opportunistici da parte degli
agenti.
L’analisi è basata sulla scelta tra pubblico e privato alla luce dell’asimmetria informativa e agli
schemi incentivanti che possono consentire un miglioramento nell’efficienza allocativa e
produttiva di uno dei due modi di proprietà.
Con contratti perfetti ed uno schema di regolazione, non ci sono differenze tra produzione
pubblica e privata. Le differenze sorgono quando si riconoscono problemi di incompleta
informazione e comportamenti opportunistici.
12
Un’analisi microeconomica ci suggerisce invece che di solito le imprese pubbliche non
minimizzano i costi perché i manager assegnano una bassa priorità ai profitti. Essi infatti hanno
scarsi incentivi ad effettuare investimenti non essendo proprietari. Inoltre i manager pubblici
hanno degli obiettivi diversi e conflittuali con il principale; gli schemi di incentivi non sono
compatibili con il perseguimento dell’efficienza produttiva.
Al contrario, un’impresa privata è soggetta ad incentivi che promuovono l’efficienza produttiva
e la minaccia di fallimenti la costringe ad operare efficientemente. I manager privati sono meno
proni alle interferenze politiche, gli obiettivi di profitto sono facilmente identificabili, e il prezzo
di mercato delle azioni è un chiaro indicatore della loro performance.
È il cosiddetto paradosso delle privatizzazioni. Se la competizione è limitata, le imprese private
possono anche avere una performance peggiore di quella pubblica. Dal momento che la
minaccia di scalata e i fallimenti si applicano alle imprese private e non a quelle pubbliche, le
prime saranno probabilmente più efficienti delle seconde in un ambiente competitivo. A volte
anche un cambiamento nelle priorità della gestione e una maggiore autonomia delle imprese
pubbliche, può accrescere sostanzialmente la performance dell’impresa pubblica. Questi risultati
appaiono confermati da analisi empirica delle conseguenze della privatizzazione sull’efficienza
dell’impresa in un’economica di mercato.
1
I benefici della privatizzazione per l’efficienza allocativa sono più ambigui. Senza un mercato
contendibile o competitivo, il perseguimento dell’efficienza allocativa richiede l’abbattimento di
monopoli prima di privatizzare o di regolare i prezzi, le quantità, la qualità.
Spesso però, la presenza di monopoli, cosiddetti monopoli naturali, esistono per motivi di
economie di scala. La loro esistenza è giustificata dal fatto che si può facilmente produrre beni e
servizi ai costi minimi. Inoltre, nelle democrazie occidentali, alcuni servizi di interesse
pubblico/nazionale (salute, istruzione, trasporti ed altro) sono necessariamente monopoli di
Stato. Vi sono attività che richiedono massicci investimenti iniziali e che quindi si svolgono con
costi medi decrescenti, in quanto il costo unitario all’aumento della produzione tende a
diminuire. In base alla teoria dell’impresa, se applicassimo il principio dell’equilibrio del costo
marginale con il prezzo, siccome il costo marginale è inferiore al costo medio, non sarebbe
13
possibile recuperare il costo totale e quindi l’impresa fallirebbe. Ecco, allora che si suggerisce
l’intervento pubblico.
Diverse forme di proprietà coesistono in tutti i sistemi economici. Ciò deriva dall’esistenza di
diversi problemi e necessità. Ci sono almeno tre spiegazioni a questo fatto:
• una specifica forma di proprietà è più efficiente di altre in termini di risultati produttivi;
• una forma specifica di proprietà s’impone con un gioco ripetitivo che genera cooperazione;
• una forma specifica di proprietà si instaura attraverso un’azione collettiva.
La privatizzazione è un cambio istituzionale volto ad alterare la distribuzione dei diritti di
proprietà a favore di gruppi o individui privati e a svantaggio dei proprietari non privati (lo
Stato) al fine di accrescere la performance economica. Come conseguenza la ratio economica tra
proprietà privata e pubblica cade a favore della prima. Questo processo avviene attraverso due
modi distinti: la distribuzione dei diritti di proprietà relativi alle attività esistenti o la creazione
da soggetti privati di nuove attività.
L’importanza della privatizzazione resta legata alla superiorità della proprietà privata sulle altre
forme di proprietà in termini di efficienza, incentivi, formazione del prezzo di equilibrio,
chiarezza dei diritti di proprietà e riduzione dell’incertezza.
A questo punto è lecito chiedersi perché si privatizza? Sul perché, c’è stato fino a qualche tempo
fa un gran discutere sullo Stato che gestisce male e sul privato che è più efficiente. Sembra
corretto sostenere che da un punto meramente economico, l’unico principio che possa fungere
da guida è che vada privatizzato solo ciò che lo Stato non è in grado di gestire efficacemente in
un quadro di par condicio generale con il sistema economico privato. Ciò significa che lo Stato,
se a parità di condizioni con i privati sotto l’aspetto delle regole del gioco del mercato riesce a
gestire in utile un’azienda, potrebbe continuare a farlo qualunque sia questa
azienda. Per la maggior parte le argomentazioni a sostegno della privatizzazione sembrano
basate sul concetto di efficienza: la produzione pubblica può essere sostituita dalla produzione
privata a costi più bassi. Gli incentivi del produttore, in
1
Si veda Schneider (1982), Domberger, Piggott (1986), Yarrow (1986), e al.
14
particolare gli obbiettivi di massimizzazione del profitto del settore privato, rendono più
probabile il fatto che si verificheranno tentativi di escludere attività i cui costi sono più elevati.
Come enfatizzano Sappington e Stiglitz, la precisione nelle specificazioni dei contratti è spesso
ambigua e il monitoraggio è difficile e costoso. Come sostengono Chamberlin e Jackson, buoni
differenti in una situazione di contenimento dei costi possono non esser adeguati a coprire i
costi differenziali.
Sappington e Stiglitz concludono che la differenza principale tra produzione pubblica e privata
sorge quando l’intervento è necessario. Essi ritengono che tale intervento sia più difficile
quando l’attività è stata contrattata esternamente al settore privato. Così nella scelta tra produrre
il bene o il servizio internamente o contrattarlo esternamente, un’importante considerazione da
parte dell’organismo pubblico deve essere la probabilità che si renda necessario intervenire.
L’intervento sarà necessario quando i beni o i servizi domandati sonodifficili da definire e non
c’è accordo su come valutare gli elementi di prodotti complessi o quando il processo produttivo
non è ben conosciuto o dall’agenzia pubblica o dai potenziali fornitori.
La privatizzazione può seguire essenzialmente tre strade:
1) denazionalizzazione che consiste nella vendita della proprietà pubblica a
soggetti privati. Questa forma di privatizzazione per generare forme di efficienza maggiore sia
produttiva che allocativa deve essere accompagnata da una liberalizzazione del mercato;
2) deregolazione che indica un insieme di azioni volte a togliere le barriere all’entrata e
all’uscita del mercato;
3) concessioni mediante contratti che è un meccanismo che introduce competizione nel mercato
o, in caso di monopolio naturale, competizione per il mercato.
I fini della privatizzazione sono diversi e riguardano sia la sfera sociale e politica, sia finanziaria
che micro-macroeconomica.
FINI SOCIALI E POLITICI
a) ridurre le interferenze politiche;
b) indebolire i sindacati;
c) accrescere il numero degli azionisti;
15
d) attirare economie estere.
FINI FINANZIARI
a) accrescere le entrate consentendo la riduzione della tassazione e la riduzione del debito
pubblico.
FINI MICRO-MACROECONOMICI
a) accrescere l’efficienza produttiva ed allocativa.
Le privatizzazioni hanno anche dei costi e dei limiti.
Costi.
Essi si dividono in microeconomici che riguardano quelli che devono essere sostenuti per
privatizzare un’impresa (costi diretti – di organizzazione e amministrativi, i costi finanziari di
ristrutturazione, i costi di rinnovo del capitale fisico) e i costi macroeconomici che derivano
dalla necessità di implementare un programma di privatizzazione che richiede la creazione di
speciali agenzie.
Limiti
La privatizzazione fine a stessa come più volte affermato non comporta nessun guadagno in
termini di efficienza rispetto ad una situazione precedente di monopolio pubblico. Ogni
programma di privatizzazione deve essere accompagnata da politiche di apertura del mercato.
L’intero lavoro di questa tesi cerca di capire se il passaggio di proprietà può essere considerato
un fattore di miglioramento nella gestione dei servizi di pubblica utilità o se essa è residuale o
minimale rispetto ad altre politiche come la liberalizzazione o la regolamentazione di imprese
private per la fornitura di beni e servizi di natura pubblica.
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CAPITOLO PRIMO
PERCHÉ PRIVATIZZARE?
VANTAGGI E SVANTAGGI
SOMMARIO – 1.1 Premessa – 1.2 Proprietà pubblica e privata nelle imprese di rete – 1.3 Le ragioni della privatizzazione: le
ragioni dell’economia – 1.3.1 Obiettivi di finanza pubblica – 1.3.2 Il miglioramento dlel’efficienza – 1.3.3 La diffusione
della proprietà azionaria – 1.4 Le privatizzazioni nella teoria economica – 1.4.1 Perché la proprietà privata? – 1.5.
Privatizzazioni, un bilancio controverso
1.1 PREMESSA
La questione della proprietà – pubblica o privata - delle imprese rappresenta uno dei modi in cui
concretamente si pone la dicotomia tra Stato e mercato. Su quanto Stato e quanto mercato vi
debbano essere in un sistema economico, su quale sia la combinazione ottimale, d’equilibrio, si
discute in teoria da lungo tempo senza raggiungere conclusioni condivise.
Da un rapido sguardo alla pratica di politica economica dei paesi industrialmente avanzati
sembra manifestarsi un capovolgimento, a partire dagli anni ’70, dell’impostazione che
privilegiava la proprietà pubblica, affermatasi a suo tempo in reazione alla crisi del ’29 e
consolidatasi dopo il conflitto mondiale. Pur se con intensità diversa da paese a paese, si profila
un orientamento del tutto diverso che si traduce in un flusso notevolissimo di dismissioni.
Secondo alcuni questa tendenza “planetaria” verso la privatizzazione
2
trarrebbe fondamento in
una superiorità teorica, ideale, dell’impresa privata e quindi sarebbe possibile risolvere la
questione della proprietà sulla base di un principio generale. Nel contempo ormai è condiviso
anche da parte di osservatori qualificati, non certo passibili di statalismo, che le privatizzazioni
hanno raggiunto i risultati più positivi laddove lo Stato non si è limitato a vendere ma ha
2
Secondo una recente ricostruzione della World Bank (Bureaucrats in Business. The Economics and Politics of
Governament Ownership , 1995) tra il 1980 e il 1993 sarebbero state realizzate 3350 privatizzazioni.
17
modificato le condizioni di produzione attraverso la liberalizzazione e/o l’introduzione di nuove
modalità regolamentari e, sul piano macroeconomico, realizzando significativi programmi di
stabilizzazione.
Keynes era convinto che fosse opportuno risolvere il problema pubblico/privato non su un
terreno astratto, bensì nel merito specifico e pratico.
3
Un’analoga prospettiva si trova in un
economista italiano di formazione liberale come Gustavo Del Vecchio che, illustrando il
principio della finanza fiscale, argomentava che l’intervento pubblico dovrebbe determinare il
“minimo possibile turbamento” e quindi limitarsi alla necessaria copertura delle spese dello
Stato.
Ed infatti una conclusione possibile del dibattito accademico e dell’esperienza di politica
economica di più di mezzo secolo è che si tratta di una scelta non tra mercati perfetti e governi
imperfetti, ma piuttosto tra tipi di gradi di imperfezioni. Si possono delineare almeno quattro
possibili dimensioni delle combinazioni pubblico/privato, tra loro non completamente
indipendenti: i diritti di proprietà sugli inputs, i diritti di proprietà sui beni e servizi prodotti, le
forme di entrata, vincoli e regole pubbliche a cui è sottoposta l’attività economica.
Gli assetti regolamentari assumono un particolare rilievo nel determinare la combinazione
pubblico/privato. La regolamentazione è una delle istituzioni di un sistema economico e le
istituzioni, sono le regole del gioco di un’economia di mercato e quindi cruciale per determinare
la performance. Attraverso la regolamentazione lo Stato interviene sulle condizioni di accesso
all’attività produttiva, stabilisce le modalità di uscita dai mercati delle imprese in crisi, incide
sui comportamenti e l’organizzazione delle imprese che si trovano in condizioni di monopolio o
di forte potere di mercato. Il quadro regolamentare, eventualmente rafforzato dall’erogazione di
sussidi, può essere così pervasivo da rendere un’impresa pubblica poi non molto diversa, in
termini di incentivi alla massimizzazione del profitto e quindi di efficienza interna, da
un’impresa privata. Nei sistemi economici che fanno affidamento prevalentemente sulle forze di
mercato per coordinare l’attività economica, il livello di regolamentazione è molto elevato e
copre un amplissimo insieme di attività: dalle tariffe dei servizi pubblici, alle opportunità di
3
Keines affermava in “The End of Laissez Faire” che: “..Il mondo non è governato dall’alto in modo da far coinciderE
sempre l’interesse privato con il sociale….
18
impiego per sesso e zona geografica. Ma affronteremo pienamente il discorso della
regolamentazione nel capitolo successivo. Ritornando all’impresa pubblica, nel complesso la
forza degli interessi favorevoli alla sua esistenza è talmente elevata e ciò spiega la difficoltà dei
governi a dismetterle. Infatti solo ultimamente il processo di privatizzazione in alcuni settori e di
liberalizzazione in altri è stato riconosciuto importante per diversi motivi dell’economia e anche
politici. Quest’ultimo punto sarà trattato come appendice, dato che l’impostazione della tesi è di
natura teorica-economica.
L’uso libero del termine “privatizzazioni” ha diverse sfaccettature. In questo lavoro le
privatizzazioni si riferiscono al passaggio della proprietà dal pubblico al privato. In altri termini
è la definizione finale di uno spettro di diverse accezione, come aveva individuato Bos.
1.2 PROPRIETÁ PUBBLICA E PRIVATA NELLE IMPRESE DI RETE
Molti dei servizi forniti dalle imprese di rete in Europa sono state di solito offerte da imprese
monopoliste di proprietà dello Stato. Ancora oggi rimane considerevole la proprietà pubblica in
queste imprese, sebbene ci sono stati graduali movimenti verso la privatizzazione dal tardo
1980. In alcune industrie come telecomunicazioni, le privatizzazioni sono state estese, mentre in
altre industrie, come le ferrovie, la proprietà pubblica continua a predominare.
Da una prospettiva statica, la teoria economica è generalmente agnostica riguardo alla
superiorità della proprietà privata in termini di efficienza rispetto la proprietà pubblica. Una
caratteristica determinante delle performance di un'impresa, per qualsiasi struttura dell'industria,
è la relazione tra i proprietari dell'impresa (il principale) e il management della stessa (l'agente).
A causa della natura asimmetrica delle informazioni, il problema principale agente (come
vedremo nel cap. successivo) non è necessariamente più facile da risolvere sotto la proprietà
privata.
Da una prospettiva dinamica, la minaccia di scalata e il ruolo del mercato del capitale sotto la
proprietà privata può provvedere molti incentivi di efficienza per il management. È molto
difficile trovare dei surrogati per queste caratteristiche sotto la proprietà pubblica, e tuttavia
come dimostreremo in generale la proprietà privata è superiore alla proprietà pubblica.
19
La proprietà pubblica è stata invece investita di una migliore salvaguardia rispetto alla proprietà
privata degli obiettivi di equità.
Da un punto di vista dell'efficienza, studi empirici tendono a favorire la proprietà privata in
alcuni settori rispetto ad altri. Ad esempio Good, Roller e Sickles (1993 "U.S. Airline
Deregulation: Implication foreuropean transport" Economic Journal pp. 1028-41) hanno
mostrato che le linee aeree private erano circa il 15 – 20 % più efficienti delle linee europee
detenute dallo Stato.
Riguardo all’efficienza del settore privato nei confronti del settore pubblico, l’attenzione è stata
posta principalmente sulle questioni degli incentivi manageriali e i diversi obiettivi. Si asserisce
che il settore pubblico raggiunge performance inferiori in termini di profitto o di uso efficiente
delle risorse. Mentre manager del settore privato sono soggetti a vari vincoli che portano a
politiche di massimizzazione dei profitti ciò non è necessariamente raggiunto dai manager delle
imprese pubbliche. Tali vincoli derivano dal mercato dei capitali, dal controllo societario, dalla
competizione nel mercato dei manager e dalla competizione nel mercato dei prodotti. Tra i
fattori che tendono ad assicurare che gli agenti del settore privato (manager) si comportino in
conformità con gli interessi degli azionisti (principale) vanno annoverati la concentrazione delle
azioni nelle mani delle istituzioni finanziarie e la possibilità di mercati contendibili. Si assume
che le imprese del settore pubblico non sono soggette a tali forze e che quindi è possibile che gli
incentivi manageriali per un uso efficiente delle risorse e la massimizzazione del profitto siano
meno forti.
La tesi che il trasferimento delle attività dal settore pubblico al settore privato accresce sia
l’efficienza allocativa che quella tecnica non ha supporti schiaccianti; per cui non è inevitabile
che il settore privato sia migliore di quello pubblico. L’evidenza mostra che il movimento dal
settore pubblico verso il settore privato è associato con miglioramenti della performance,
sebbene non siano sempre garantiti. Rowthorn e Ha Joon Chang affermano che questi
miglioramenti non solo vanno ricercati nell’economia ma anche nella politica e nella politica
economica. Così la privatizzazione può essere vista come un modo per raggiungere un risultato
che è tecnicamente realizzabile ma politicamente difficoltoso sotto la proprietà pubblica. Un
modo per testare i cambiamenti di performance seguenti al passaggio da una proprietà pubblica
20
ad una privata, è quello che mette in relazione le diverse forme di proprietà nel settore pubblico
e privato con le diverse forme di mercato. Tra le prime vengono considerati i dipartimenti
governativi, le public corporation, le agenzie di governo; tra le seconde invece il monopolio e la
concorrenza perfetta.
Secondo la teoria economica, la performance è influenzata dal grado di competizione del
mercato. Mentre una elevata efficienza è necessaria per sopravvivere nei mercati competitivi, il
monopolio consente ai manager di perseguire rendite private. La conclusione è che movimenti
verso la proprietà privata aumentano l’efficienza e che andando verso situazioni di monopolio la
si riduce. Lo schema seguente è molto illustrativo e consente di poter verificare se cambiamenti
nella struttura proprietaria delle public utilities incrementano o meno l’efficienza.
1.1 Relazione tra struttura di mercato e tipo di proprietà
La discussione suggerisce che l’impatto della struttura di mercato sulla performance è
probabilmente più forte di quella della proprietà. Questo è dimostrato dal fatto che in molte
circostanze gli effetti benefici della competizione sono stati sufficienti a superare una tendenza
verso l’inefficienza derivante dalla proprietà pubblica. Inoltre la performance economica
dipende da molti altri fattori che sono relativamente indipendenti dalla proprietà e dalla
Monopolio
Concorrenza
perfetta
Dip.gov. Ag. gov Corp.pub Ibrido Prop. Priv.
Aumento di
efficienza
Riduzione di
efficienza
21
competizione, come la qualità del management o la struttura organizzativa interna. Questo
risultato può essere sintetizzato in un modello a due variabili che mostra l’impatto della
proprietà e della struttura di mercato sulla performance.
proprietà monopolio competizione
Pubblica A B
Privata C D
L’analisi dimostra che:
D è superiore a C; D è superiore a A; D è uguale o superiore a B; B è superiore a A; B è
superiore a C; C è superiore, uguale o inferiore a A.
L’assunzione che la proprietà influisce sulla performance non dice niente su come ciò è
raggiunto. In che modo l’organizzazione cambia quando si altera lo status della proprietà e cosa
causa cambiamenti nelle performance? Teorie aziendaliste ed economiche dimostrano come la
performance è associata con il management e questo con gli obiettivi, le risorse umane e la
struttura organizzativa. Il management determina gli obiettivi dell’impresa e questi hanno
risvolti sulla performance. Mentre la struttura è collegata al management attraverso un sistema
di controllo, la struttura organizzativa è legata alle risorse dell’impresa.
Cambiamenti nella proprietà presumono cambiamenti nella struttura organizzativa. Il settore
pubblico è notamene considerato troppo burocratico, sebbene anche alcune imprese pubbliche
possono essere accusate di questo. Sulla base di ciò, ci si attende che la privatizzazione porti ad
una riduzione del livello gerarchico e una struttura organizzativa meno centralizzata.
22
1.2 organizzazione e performance
1.3 LE RAGIONI DELLA PRIVATIZZAZIONE: LE RAGIONI DELL’ECONOMIA
Anche se il fenomeno delle privatizzazioni ha dimensioni internazionali, in questo lavoro ho
cercato di soffermarmi ed approfondire maggiormente il caso Italia, pur dando uno sguardocosa
sta accadendo negli altri paesi europei e non. Ad esempio perché la Gran Bretagna in dieci anni
è riuscita a realizzare un programma di dismissioni molto più ampio di quello dell’Italia? E
perché in alcuni paese dell’America Latina
4
(Argentina soprattutto) la velocità del processo è
stata ancora maggiore? Cosa spiega che in un paese come la Germania, che pure ha una
presenza pubblica diffusa, le privatizzazioni hanno interessato solo marginalmente il dibattito di
politica economica?
Partendo dall’analisi dei motivi più strettamente economici possono essere utili alcune
considerazioni di carattere generale. Tra le finalità che tradizionalmente la letteratura ha
4
Il 15% dei ricavi generati dai governi tra il 1998 e il 1999 provengono dalle privatizzazioni.
management
Struttura
organizzativa
obiettivi Risorse
performance
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attribuito ai processi di privatizzazione sulla base dei fondamenti teorici e la casistica che deriva
dalle esperienze di privatizzazioni vissute nelle economie occidentali e socialiste in anni recenti
si menzionano l’allentamento della pressione sulle pubbliche finanze, il miglioramento
dell’efficienza nelle imprese privatizzate, l’accrescimento della competizione, lo sviluppo del
mercato di borsa e una maggiore responsabilità. A queste principali finalità se ne aggiungono
altre di volta in volta motivate da situazioni di contesto in grado comunque di influenzare in
modo determinante gli orientamenti del policy maker, tra le quali è opportuno sottolineare la
creazione di contesti industriali più idonei a programmi di internazionalizzazione, il
rafforzamento di mercati azionari la cui instabilità dipenda in larga parte dalla ristrettezza
dell’offerta, la riduzione del potere sindacale nelle imprese pubbliche.
1.3.1 OBIETTIVI DI FINANZA PUBBLICA
Nei processi di privatizzazione delle economie occidentali, anche quando si sono fondati su
solidi convincimenti di tipo ideologico, è stato riscontrato un movente finanziario. É possibile
affermare come tanto la privatizzazione sostanziale, quanto quelle parziali e formali, siano
funzionali al raggiungimento di obiettivi di politica finanziaria. In primo luogo si è sottolineato
l’utilizzo della privatizzazione come strumento per la copertura del deficit pubblico o la
riduzione dell’indebitamento dello Stato, attraverso i proventi derivanti dalle cessioni.
5
Questa
finalità attribuita ai processi di privatizzazione è presente nella quasi totalità dei casi. Richiesta
dal trattato di Maastricht che fissava dei punti di convergenza per tutti i paesi partecipanti
all’UE: 3% del rapporto deficit/PIL e 60% del rapporto debito/PIL.
Tra i principali obiettivi della denazionalizzazione del Regno Unito Veljanovsky include, al
secondo posto per ordine di importanza, l’aumento delle entrate; il Piano “Balladur” del 1993 è
sembrato prevalentemente spinto della necessità di significativi apporti alla finanza di Stato; le
privatizzazioni parziali effettuate dal governo spagnolo negli anni ’90 furono prevalentemente
orientate da motivazioni connesse al raggiungimento di obiettivi macroeconomici congiunturali
nei termini della riduzione dei fabbisogni finanziari del settore pubblico; la manovra di
5
Si veda D. Bos, Privatisation, pag 15
24
privatizzazione italiana è stata condizionata dai vincoli espressi dal d.l. 11 luglio 1992 n. 333
recante “Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica”.
Gli aspetti finanziari collegati ad un’operazione di privatizzazione non si risolvono unicamente
nell’effetto diretto positivo sulla finanza di Stato. Alcuni autori hanno infatti sottolineato effetti
di tipo indiretto che si sostanzierebbero nella riduzione dell’indebitamento delle holding
pubbliche o nel semplice miglioramento della situazione finanziaria.
Emerge in queste circostanze il prevalere di criteri di privatizzazione collegati ad una logica
prettamente finanziaria, secondo cui la privatizzazione stessa è intesa come cessione di aziende
sane e non costituenti il “core business” dei gruppi. In generale le strategie di dismissione
seguite dai governi in quest’ottica dipendono essenzialmente dalla scelta fra due opzioni
fondamentali: cedere aziende in perdita ovvero imprese redditizie.
Nella prima ipotesi l’operazione, per risultare efficace, dovrebbe essere effettuata soltanto
previo il risanamento finanziario e produttivo dell’impresa privatizzandola. La seconda ipotesi,
che è invece la più comune, presuppone la capitalizzazione dei potenziali redditi futuri di
un’impresa pubblica mediante la privatizzazione ed è praticabile nelle situazioni in cui non sia
possibile aumentare le entrate attraverso l’incremento della pressione fiscale
6
.
Ciò che sembra più importante sottolineare è che il vantaggio attendibile dalle privatizzazioni
deriva non tanto o non solo dagli introiti che è possibile ricavare, quanto dai futuri risparmi che
derivano in termini di interessi sul debito complessivo.
1.3.2 IL MIGLIORAMENTO DELL’EFFICIENZA
L’obiettivo di migliorare l’efficienza delle imprese pubbliche è stato uno dei più utilizzati
nell’UE per giustificare le politiche di privatizzazione. L’interpretazione del termine efficienza
implica molte considerazioni. Nella tassonomia tradizionale gli economisti considerano per
l’efficienza delle privatizzazioni:
• efficienza allocativa che richiede sul prodotto finale una situazione di first o second best
pricing;
6
R. Devlin , Las privatizaciones y el bienestar social, in “Revista del la Cepal”, n. 49, 1993