Secondo i moderni criteri di organizzazione dei sistemi previdenziali, ogni individuo potrà pertanto
beneficiare, al termine della sua vita lavorativa, di un trattamento pensionistico collettivo frutto delle scelte
operate nel dosaggio delle tre diverse forme di risparmio previdenziale.
In tale contesto i fondi pensione per la previdenza complementare sono uno strumento per la gestione del
risparmio collettivo.
La funzione dei fondi pensione è quella di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale e
sopperire alle previste minori prestazioni del sistema pubblico.
Il processo formativo della disciplina dei fondi pensione si è sviluppato, in questi dieci anni
dall’emissione delle prime norme, per gradi successivi.
Il provvedimento legislativo istitutivo della previdenza complementare è stato il D. Lgs. 124 / 93
“Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, emanato in seguito alla delega contenuta nella L. 421/
92; due anni dopo, il legislatore ha ritenuto opportuno procedere ad una profonda modifica dell’impianto
normativo iniziale con la legge n°335/ 95 “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.
A questi fondamentali provvedimenti sono seguiti i decreti del Ministero del Tesoro D. M. 673/96 e
703/96 regolanti materie specifiche, quali i limiti agli investimenti , i criteri di gestione e i conflitti di interesse
nonchè il decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n°211/97 sulla costituzione e lo statuto dei
fondi.
Il D. Lgs 124 / 93 definisce i fondi chiusi o negoziali come quelli derivanti da fonti istitutive: contratti
collettivi, accordi collettivi anche aziendali, accordi unilaterali tra lavoratori promossi da sindacati firmatari di
Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL).
Lo stesso provvedimento definisce anche i fondi aperti, che sono fondi non collegati a fonti istitutive e
promossi da banche, Società di Intermediazione Mobiliare (SIM), assicurazioni e Società di Gestione del
Risparmio (SGR).
Si può evidenziare che in dieci anni di normativa i vari governi succedutisi hanno ricevuto dagli organi
parlamentari numerose leggi delega per definire via via la materia della previdenza complementare.
Tali provvedimenti hanno invitato i Governi succedutisi a disciplinare: la costituzione e gestione di forme
di previdenza collettiva e individuale, l’introduzione dell’attribuzione ai fondi pensione da parte dei lavoratori
dell’accantonamento del TFR, il riordino del regime fiscale.
Attualmente è in fase di approvazione una nuova legge delega, collegata alla manovra di finanza pubblica
del 2002, che dà al Governo incarico di legiferare in merito al riordino degli enti pubblici di previdenza e di
assistenza obbligatoria,riguardo agli incentivi fiscali e varare le misure di sostegno ai fondi pensione.
Il disegno di legge delega già approvato dal Consiglio dei Ministri e in attesa di essere discusso al Senato
(Atti del Senato 2058), dopo essere stato approvato il 27 febbraio 2003 dalla Camera dei Deputati, mira a
raggiungere i citati obiettivi introducendo misure che consentano di aumentare le risorse ai fondi pensione
(devoluzione di tutto il TFR), razionalizzando il sistema di vigilanza sulla previdenza complementare (per
accelerare i processi istitutivi dei fondi) e apportando un’ulteriore revisione della disciplina fiscale per agevolare
l’adesione ai fondi stessi.
La Relazione della COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), per l’anno 2002, dimostra
chiaramente come le risorse destinate ai fondi pensione, pari a 4.494 milioni di euro, siano insufficienti a fornire
prestazioni previdenziali integrative adeguate a più di un milione di aderenti (1.358.786).
Poiché, invece, il flusso potenzialmente generato dal TFR è pari a 14 miliardi di euro annui, si ritiene
estremamente necessario attingere a tale fonte di finanziamento.
Vi sono esempi concreti di accordi fra aziende e sindacato che hanno consentito in alcuni fondi già
istituiti, di far ricorso parzialmente e con la volontà degli iscritti al prelievo della quota di TFR accantonata
maturata di anno in anno; così avviene nel fondo TELEMACO, Fondo nazionale Pensione Complementare per i
Lavoratori delle Telecomunicazioni di cui si tratterà in modo ampio successivamente e nel fondo FONTEDIR
per i dirigenti delle aziende del Gruppo Telecom Italia.
I fondi pensione negoziali sono i più diffusi e vi possono aderire i lavoratori che esercitano la stessa
professione o che lavorano presso aziende che seguono lo stesso CCNL.
Gli organi di questi fondi sono, in genere, il Consiglio di Amministrazione e il Collegio dei Revisori dei
conti, i cui membri devono possedere requisiti di professionalità e onorabilità fissati dalla legge.
La COVIP con una delibera del marzo 2003, “Linee guida in materia di organizzazione interna dei fondi
pensione negoziali”, ha stabilito la necessità che i fondi si dotino di un adeguato sistema informativo, di risorse
umane competenti e di una funzione di controllo interno.
Un istituto previsto sempre da ogni Statuto è quello del trasferimento presso altro fondo pensione nel
caso in cui il lavoratore non possieda più i requisiti di partecipazione al fondo per esempio nel caso in cui svolga
una nuova attività e intenda continuare a versare contributi per la sua previdenza complementare; la stessa
procedura è consentita per il passaggio ad un fondo aperto o ad una Polizza di Previdenza individuale(PIP).
In caso di dimissioni o di licenziamento o di mancata esistenza di fondi che possano accogliere i contributi
versati dall’iscritto, vi è la possibilità di riscattare da parte del singolo la propria posizione individuale.
I fondi pensione aperti sono stati istituiti per i lavoratori di un settore di attività in cui non esistono fondi
negoziali.
Questi fondi operano la raccolta delle adesioni attraverso la consegna di un prospetto informativo ai
potenziali aderenti e di una preventiva comunicazione alla CONSOB.
Per qualunque tipologia di fondi distinguiamo tra fondi a contribuzione definita e a prestazione definita.
Con il D. Lgs. 47 /2000 sono state introdotte le forme pensionistiche individuali (PIP), ovvero il 3°
pilastro della previdenza, la cui entità dei contributi è libera e le cui polizze possono essere sviluppate mediante
fondi aperti o contratti di assicurazione sulla vita.
Per questa tipologia di risparmio previdenziale il D. Lgs ha stabilito un procedimento in due
fasi:l’accumulo (versamento dei premi ) e l’erogazione della rendita in base a tempi stabiliti.
Nel panorama della previdenza complementare, è svolto un ruolo importante anche dai fondi pensione
preesistenti,ovvero quelli operanti prima del 1993 e che seguivano la disciplina dell’art. 2117 del cod. civ. (fondi
all’interno di realtà aziendali); per questi fondi è stata prevista una regolamentazione transitoria (nella l. 335 /
95)che ha consentito loro di ottenere l’allineamento alla nuova disciplina.
La disciplina fiscale dei fondi ha avuto anch’essa uno sviluppo per fasi successive(D. Lgs. 124/93,
L.335/95).
Da ultimo il D. Lgs. 47/ 2000 ha fissato norme entrate in vigore dal 1° gennaio 2001.
Con questo provvedimento si è inteso incentivare l’adesione dei soggetti potenzialmente interessati ai
fondi con l’introduzione di maggiori benefici sul piano fiscale.
Si è creata per l’iscritto, una deducibilità annuale dei contributi versati (complessivamente dal datore di
lavoro e dal lavoratore) pari al 12 % del reddito lordo annuo (non superiore comunque a 5.164,57 euro);la
condizione per fruire di questa agevolazione è subordinata al versamento di un importo della quota del TFR pari
alla metà dei suddetti contributi.
A vantaggio dei datori di lavoro, secondo tale disciplina, i contributi versati alle forme pensionistiche
complementari sono ammessi in deduzione dal reddito d’impresa senza alcun limite.
L’autorità preposta al controllo dei fondi, istituita con la L. 124/93, è la Commissione di Vigilanza sui
fondi pensione (COVIP), organismo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, istituito con lo scopo di
perseguire la corretta e trasparente amministrazione e gestione dei fondi pensione per la funzionalità del sistema
complementare.
Tra i compiti principali della COVIP ricordiamo: l’autorizzazione all’esercizio dell’attività dei fondi
pensione,l’approvazione degli statuti e dei regolamenti, l’autorizzazione alle convenzioni per la gestione delle
risorse dei fondi con gli intermediari abilitati, la valutazione dei principi di trasparenza nei rapporti con gli
iscritti, il controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile (anche mediante ispezioni).
La Commissione, infine, pubblica annualmente una Relazione, emette pareri e diffonde informazioni utili
alla conoscenza della previdenza complementare.
Capitolo II
Il contesto europeo dei fondi pensione complementari
Anche dall’analisi dei dati forniti da organismi europei si evince chiaramente che tra il 2000 e il 2050 in
gran parte degli stati membri dell’UE, la spesa per le pensioni pubbliche si incrementerà tra i 3 e i 5 punti
percentuali, tenuto conto che attualmente assorbe tra il 9 e il 15% del PIL.
Di conseguenza gli stati dell’UE sono stati chiamati a sviluppare inevitabilmente regimi integrativi
adeguati.
La Commissione europea ha analizzato la materia per la prima volta,in una comunicazione del luglio
1991, proponendo la liberalizzazione delle norme nazionali in materia di investimenti legati ai fondi.
Dopo alcuni rapporti nel 1996 e 1997, con la Comunicazione del maggio 1999 dal titolo “Verso un
mercato unico per i regimi pensionistici integrativi”, la Commissione ha valutato come opportuna l’adozione di
una direttiva finalizzata ad assicurare la massima protezione agli aderenti ai fondi pensione, a permettere a questi
ultimi di beneficiare dei vantaggi del mercato unico,a garantire la parità di trattamento tra i fornitori di pensioni
integrative connesse ad una determinata occupazione ed a consentire il mutuo riconoscimento dei regimi
regolamentati da norme prudenziali.
Dopo quest’ultima direttiva la Commissione emanò una proposta nell’ottobre del 2000 che regolava gli
investimenti dei fondi pensione.
Su questo tema la proposta di Direttiva Europea forniva una regola guida che andava sotto il nome di
“prudent man rule”, ossia le attività dei fondi pensione dovevano essere investite con tutta l’attenzione, l’abilità e
la diligenza che una persona prudente ed esperta in materia avrebbe usato nella conduzione di un’impresa con
scopi analoghi.
Il Parlamento europeo, nel luglio 2001, aveva ritenuto di proporre agli Stati membri un periodo massimo
di cinque anni entro cui adeguarsi al principio del “prudent man rule”.
L’adozione di questo principio implicava un potenziamento dei controlli interni, della qualità della
“governance” dei fondi e degli obblighi di trasparenza ed informativa.
I lavori della Commissione si sono conclusi con l’approvazione della direttiva del maggio 2003, dopo
anni di laborioso negoziato tra i Paesi membri dell’UE.
L’obiettivo principale della direttiva è quello di regolamentare l’attività e la supervisione degli Enti
Pensionistici Aziendali e Professionali(EPAP) creando un quadro giuridico comunitario prudenziale nel pieno
rispetto delle diversità presenti tra gli Stati membri, per quanto concerne i sistemi di vigilanza degli enti
nazionali pensionistici complementari.
La direttiva si applica ai fondi che operino con il principio della capitalizzazione e pienamente distinti
dall’impresa promotrice, a prescindere che siano o meno entità giuridiche autonome.
Circa il principio di prudenza l’approccio approvato è quello proposto all’epoca e denominato “prudent
man rule” : gli investimenti devono essere adeguati rispetto alla natura ed alla durata delle passività, garantendo
sicurezza, qualità, liquidità, rendimento e diversificazione del portafoglio e dei rischi connessi;nel caso il fondo
sia promosso da un’azienda esistono vincoli quantitativi sugli investimenti nelle imprese promotrici;nel caso il
fondo sia promosso da più aziende dovranno essere osservati principi di prudenza e diversificazione.
Capitolo III
La gestione finanziaria delle risorse dei fondi pensione
Fase centrale dell’attività di un fondo pensione è quella che riguarda la gestione delle risorse economiche.
L’avvio di tale attività coincide con la raccolta delle contribuzioni alle quali si sottopongono datori di
lavoro e lavoratori aderenti; viene costituita così la base economica o capitale del fondo, da sottoporre ad un
processo di elaborazione finanziaria che consenta un accrescimento del capitale stesso, mentre la fase conclusiva
e la finalità essenziale del fondo si esprimono nell’erogazione di prestazioni previdenziali promesse.
Il D. Lgs. 124/93 e il decreto del Ministero del Tesoro N°703/96 hanno previsto una distinzione di ruoli e
di competenze tra il fondo pensione e i soggetti a cui viene affidata la gestione del patrimonio, per una sana e
prudente gestione delle risorse finanziarie e una trasparente e adeguata informazione agli iscritti.
Un fondo non può gestire direttamente le proprie risorse ma deve affidarsi a intermediari specializzati;
l’unica deroga a questo divieto è consentita, secondo la legge 335/95, nel caso in cui il fondo sottoscriva o
acquisti azioni o quote di società immobiliari e quote di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, ovvero
quote di fondi comuni di investimento mobiliare chiusi detenendo però titoli in misura non superiore al 25% del
capitale del fondo mobiliare chiuso e al 20% del valore del fondo pensione.
I fondi quindi, per la gestione dei flussi finanziari sono tenuti a stipulare convenzioni, cioè contratti, con
soggetti abilitati ovvero SIM, SGR, imprese assicurative e banche.
I gestori devono versare le risorse dei fondi in una banca cosiddetta “depositaria”che deve avere sede
statutaria in Italia o in un paese comunitario ed una dipendenza in Italia, deve disporre di un’organizzazione
aziendale adeguata all’efficiente svolgimento dei compiti tenuto conto anche delle responsabilità e deve dotarsi
di un capitale minimo fissato dalla Banca d’Italia.
Il Consiglio di Amministrazione del fondo provvede ad una selezione dei gestori e dopo averli scelti
affida loro un intero comparto o una sola linea di investimento delle risorse del fondo.
Un aspetto importante del contenuto della convenzione con il gestore riguarda l’esercizio del diritto di
voto, inerente ai valori mobiliari nei quali è investito il patrimonio, che il rappresentante del fondo può esercitare
nell’interesse degli iscritti, rispettando le istruzioni vincolanti del C.d.A.
I fondi possono sottoscrivere convenzioni con società di servizi amministrativi per le operazioni contabili
correnti e avvalersi di consulenti esterni per l’asset allocation delle risorse ed il controllo dei gestori.
I criteri di gestione che individuano le linee guida per le strategie di asset allocation, compatibili con il
fine previdenziale, sono costituiti dalla diversificazione degli investimenti e dei rischi, dall’efficiente gestione
del portafoglio, dal contenimento dei costi di transazione, gestione e finanziamento del fondo e dalla
massimizzazione dei rendimenti.
Le società di gestione devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità nella cura
dell’interesse del fondo; b)devono operare in modo che il fondo sia adeguatamente informato sulla natura degli
investimenti; c) devono disporre di una conoscenza adeguata dei valori mobiliari oggetto della gestione.
Secondo il D. M. 703/1996 le disponibilità dei fondi pensione possono essere investite in liquidità,
operazioni in contratti derivati e operazioni di pronti contro termine, ma anche in titoli di debito e di capitale, in
parti di OICVM (Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari) e in quote di fondi comuni di
investimento mobiliari ed immobiliari chiusi.
Spetta al Consiglio di Amministrazione del fondo chiuso o alla società di gestione per un fondo aperto,
delineare le linee generali della gestione finanziaria, cioè i vincoli dell’asset allocation strategica ovvero il
processo integrato attraverso il quale si giunge alla composizione desiderata di un portafoglio, identificando un
mix ottimale di attività finanziarie, su un orizzonte temporale medio-lungo.
In concreto definire le strategie di investimento significa selezionare sulla “frontiera dell’efficienza” un
portafoglio di riferimento attraverso lo strumento del benchmark, definito come l’insieme di indici dei mercati
finanziari da adoperare quale parametro di riferimento.
Ci sono poi ulteriori sostanziali differenze nelle determinanti delle strategie di investimento dei fondi
pensione a seconda che si agisca in un regime di prestazioni definite
oppure di contribuzioni definite.
Per i fondi a benefici definiti la gestione ha come obiettivo primario quello di
mantenere le “promesse” pensionistiche; diviene così importante trovare una strategia di investimento in grado
di creare un riparo dal rischio di insolvenza.
La soluzione a tale problema consiste nelle tecniche di immunizzazione che tendono a neutralizzare gli
effetti di questi rischi; quella che viene maggiormente usata per i fondi pensione è la “duration matching” attuata
attraverso un investimento in obbligazioni con durata finanziaria pari a quella del debito del fondo.
Nel caso i fondi prevedano la corresponsione di una rendita indicizzata legata alla dinamica salariale, gli
investimenti devono riguardare un lungo periodo;in tale arco temporale le attività finanziarie più idonee cioè
quelle il cui valore meglio si adegua a queste variazioni sono gli investimenti azionari perché nel lungo periodo
danno maggiore protezione.
Per i fondi pensione a contributi definiti l’allocazione del portafoglio avviene sulla base della
diversificazione efficiente che mira a massimizzare il rendimento atteso per ogni livello di rischio; in questo caso
la logica sottostante è quella di superare il rendimento offerto da un portafoglio composto da un mix di attività
finanziarie di riferimento:il “benchmark passivo”.
La tattica implementabile più consona per attuare tutto ciò è la gestione semiattiva che si basa sulla
separazione dell’intero patrimonio in due entità: a) la struttura portante o “core portfolio” a gestione passiva che
replica la composizione e il rendimento del benchmark passivo; b) lo “swing portfolio” a gestione attiva
liberamente assortito nel tempo.
Nella realtà dei fondi pensione per rappresentare la complessità delle strategie di investimento è
necessario costruire un benchmark o, nel caso di più comparti, più benchmark, che sia definito sulla base di
singoli indici di borsa e degli operatori specializzati come Morgan Stanley per le componenti azionarie e
J.P.Morgan, Salomon Smith Barney, Comit per quelle obbligazionarie.
Le strategie di gestione possono essere attive o passive : gli operatori che adottano strategie di portafoglio
attive vogliono conseguire una performance media esattamente pari a quella del mercato, invece in una gestione
passiva l’obiettivo dei gestori è quello di replicare la perfomance del benchmark.
Il D. Min. 703/96 ha previsto di andare incontro alle volontà degli aderenti ad un fondo disponendo che
“il fondo pensione può individuare diverse linee di investimento a una delle quali gli iscritti hanno la facoltà di
aderire per un periodo di tempo predeterminato”.
All’inizio dell’attività di un fondo, in genere, viene adottato il sistema di gestione “monocomparto”.
In tal caso l’iscritto non ha la possibilità di scegliere la destinazione dei suoi contributi, ma il C.d.A. può
individuare due o più linee di investimento di tipo bilanciato al fine di tutelare gli aderenti (il rendimento è
unico).
Nei fondi con gestioni “multicomparto” l’iscritto può scegliere tra più linee di investimento con differenti
rischi e secondo le proprie aspettative o esigenze.
Le formule più note di investimento nei comparti sono: a) a rischio elevato con prevalenza in titoli
azionari e quota residua impiegata in titoli a reddito fisso; b) a rischio medio con investimento azionario non
superiore al 50% e la restante quota investita in obbligazioni e titoli a reddito fisso; c) a rischio medio-basso con
investimenti effettuati in prevalenza a reddito fisso ed obbligazioni ed in piccola percentuale in investimenti
azionari; d) a basso rischio con protezione del capitale investito acquisendo titoli a reddito fisso ed
obbligazioni quotate.
È consentito, secondo tempi prestabiliti, all’iscritto di cambiare il comparto di adesione durante la sua
permanenza all’interno di un fondo (lo “switch”).
Capitolo IV
Il fondo Telemaco:la costituzione e gli organi sociali
A questo punto della trattazione si è ritenuto opportuno verificare “sul campo” l’operato di un fondo
pensione italiano,il Fondo Nazionale Pensione Complementare per i lavoratori delle aziende di
telecomunicazione TELEMACO, i cui contesti normativi, gestionali ed organizzativi rappresentano un esempio
tipico di fondo pensione negoziale.
Il fondo in esame è stato costituito, in forza dell’ Accordo Istituivo del 30 marzo 1998, in forma di
associazione riconosciuta, (ai sensi dell’art 12 e ss del c.c.), ha ottenuto l’autorizzazione all’esercizio dell’attività
dalla COVIP il 27 ottobre 2000 ed il riconoscimento della personalità giuridica con Decreto del Ministero del
lavoro il 22 novembre 2000.
Hanno sottoscritto l’accordo le aziende associate ad Intersind del Gruppo Telecom Italia s.p.a. e le
organizzazioni dei lavoratori SLC-CGIL, FIS-TEL CISL, UILTE-UIL.
Il fondo è basato sullo Statuto dell’aprile 2002 approvato dalla COVIP il 20 marzo 2003.
Con il recente accordo del 30 aprile 2003 è stato trasformato da fondo nazionale negoziale a fondo di
settore di tutte le aziende di telecomunicazioni associate in ASSOTELECOMUNICAZIONI(Associazione che
riunisce le imprese esercenti servizi di telecomunicazioni)assistite da Confindustria.
Oggi TELEMACO è un fondo che persegue, senza alcun fine di lucro, lo “scopo esclusivo di assicurare ai
lavoratori associati prestazioni pensionistiche complementari rispetto a quelle offerte dal sistema previdenziale
pubblico”.
L’adesione a TELEMACO è libera e volontaria e vi possono aderire i lavoratori, operai, impiegati e
quadri, non in prova, assunti a tempo indeterminato o con contratto di formazione e lavoro.
Con il nuovo accordo, possono restare associati al fondo, i lavoratori che in seguito al trasferimento di
ramo d’azienda o per effetto del mutamento dell’attività aziendale , abbiano perso i requisiti di partecipazione e
sempre che per l’impresa cessionaria o trasformata non operi analogo fondo di previdenza complementare.
Il fondo preso in esame opera in regime di contribuzione definita ed è gestito secondo il sistema
finanziario a capitalizzazione individuale.
Il funzionamento di TELEMACO è affidato ad organi di origine elettiva: l’Assemblea dei Delegati, il
Consiglio di Amministrazione ed il Collegio dei Revisori dei conti.
L’assemblea dei Delegati è costituita da 48 membri per metà eletti in rappresentanza dei soci lavoratori e
per l’altra metà in rappresentanza delle Aziende associate.
A seguito della trasformazione del fondo, le parti che hanno sottoscritto l’accordo del 30 aprile 2003,
hanno “raccomandato” l’ampliamento della composizione dell’Assemblea dei Delegati a 60 membri.
Tra i compiti di questo organo vi è quello di approvare il bilancio, eleggere i componenti del Consiglio di
Amministrazione e del Collegio dei Revisori nonché deliberare la nomina della società cui conferire l’incarico
per la revisione e certificazione del bilancio.
L’assemblea ordinaria è regolarmente costituita con la presenza di 40 delegati e delibera con il voto
favorevole di 32 di questi.
Il Consiglio di Amministrazione è costituito da 12 componenti dei quali 6 eletti dai delegati dei soci
lavoratori e 6 dai delegati delle aziende e durano in carica tre anni e possono essere eletti per non più di tre volte
consecutive.
In particolare il Consiglio: a)elegge con il voto favorevole dei due terzi dei componenti il presidente ed il
Vice Presidente; b)delibera con lo stesso quorum le norme operative interne per la gestione, l’organizzazione
funzionale, amministrativa e contabile del Fondo; c) stabilisce la misura della quota di iscrizione e della quota
associativa per la copertura delle spese di gestione amministrativa; d)decide i criteri generali per la ripartizione
del rischio in materia di gestione delle risorse, ne sceglie i soggetti gestori nonché la banca depositaria e le
imprese di assicurazione.
In particolare l’attuale Consiglio di Amministrazione ha stipulato una convenzione per affidare il ruolo di
banca depositaria all’Istituto Centrale delle banche Popolari Italiane, una convenzione per la gestione
amministrativa con la società servizi Previdenziali s.p.a. ed ha dato l’incarico per la certificazione del bilancio
alla Società Deloitte & Touche.
Il Presidente che ha la legale rappresentanza del fondo, svolge i seguenti compiti: a) sovrintende al
funzionamento del fondo; b) provvede a convocare e a presiedere le riunioni del Consiglio di Amministrazione e
dell’Assemblea dei delegati e ad eseguirne le deliberazioni; c)indice le elezioni per il rinnovo dell’assemblea dei
Delegati; d)cura i rapporti con gli organismi esterni di vigilanza.
In caso di assenza o di impedimento del Presidente, i relativi poteri e funzioni sono esercitati dal Vice
Presidente.
Il Collegio dei Revisori dei conti, costituito da quattro membri effettivi e da due supplenti, è eletto per
metà dai delegati dei soci lavoratori e per l’altra metà dai delegati delle aziende.
Al Collegio dei Revisori dei conti spettano i poteri e i compiti di: a) controllare l’amministrazione del
fondo; b) vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto; c) accertare la regolare tenuta della contabilità, la
corrispondenza del bilancio alle scritture contabili e l’osservanza delle norme stabilite per la valutazione del
patrimonio sociale.
Capitolo V
Il fondo TELEMACO: prestazioni e contribuzioni
Il diritto degli associati di richiedere le prestazioni pensionistiche complementari è commisurato ai soli
contributi versati e ai rendimenti realizzati nella gestione delle risorse, al netto delle spese del fondo.
In particolare la pensione di vecchiaia si consegue alla cessazione del rapporto di lavoro a seguito del
compimento dell’età pensionabile secondo l’ordinamento previdenziale obbligatorio e con almeno dieci anni di
iscrizione al fondo; quella di anzianità invece si consegue con un’età di non più di dieci anni inferiore a quella
prevista per la pensione di vecchiaia dall’ordinamento previdenziale obbligatorio e con almeno quindici anni di
iscrizione al fondo.
Il fondo assicura a ciascun socio avente diritto l’erogazione delle prestazioni in forma di rendita vitalizia
per il tramite di un’impresa di assicurazione che deve ancora essere individuata da TELEMACO.
Il lavoratore avrà la facoltà di richiedere in contanti la liquidazione del capitale in misura non superiore al
50 % dell’importo maturato oppure potrà richiedere l’intero importo se questo risulterà inferiore all’assegno
sociale.
Trascorsi otto anni di iscrizione al fondo il socio lavoratore può conseguire un’anticipazione delle
prestazioni per: a) le spese sanitarie, le terapie e gli interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture
pubbliche; b) le ristrutturazioni e l’acquisto della prima casa per sé o per i propri figli.
Un recente orientamento della COVIP del 16 ottobre 2002 ha sottolineato l’ampliamento del novero degli
eventi per i quali è possibile richiedere anticipazioni;rispettivamente per il caso di sostenimento di spese per la
formazione e la formazione continua nonché per i congedi parentali.
Nello stesso orientamento la Commissione ha osservato che esiste la facoltà di conseguire più
anticipazioni successive, al verificarsi degli eventi previsti dalla legge.
L’ammontare finanziario degli obblighi di partecipazione a TELEMACO è composto da una quota di
iscrizione che attualmente è pari a 4,65 euro a carico del lavoratore e 4,65 euro a carico dell’azienda , da una
quota di contribuzione ordinaria e da una quota associativa che per il 2003 è di 15,50 (di cui 7,75 euro stornate
dai contributi a carico del lavoratore e 7, 75 euro stornate dai contributi a carico dell’azienda).
La quota di iscrizione e la quota associativa sono destinate alla copertura degli oneri amministrativi (spese
per il funzionamento degli uffici del fondo).
La contribuzione al fondo si realizza attraverso: a) un’aliquota a carico del socio lavoratore; b)
un’aliquota a carico della rispettiva azienda associata; c) la destinazione volontaria dell’iscritto di una quota
dell’accantonamento del TFR maturando.
Ciascuna di queste fonti di finanziamento è commisurata all’1 % della retribuzione assunta a base della
determinazione del TFR.
Per quanto riguarda l’aliquota a carico del socio lavoratore, coloro che sono stati assunti dopo il 28 aprile
1993 possono scegliere di versare al fondo il 2% della loro retribuzione mensile e per quanto riguarda la quota di
accantonamento del TFR è previsto l’integrale versamento del TFR.
Con il nuovo accordo di aprile 2003 si è stabilito che la contribuzione al fondo a carico delle aziende che
versino contributi ad altra forma complementare in misura inferiore,è commisurata alle seguenti quote della
retribuzione assunta a base della determinazione del TFR: per l’anno 2003, 0,7%;per l’anno 2004, 0,8%; per
l’anno 2005, 0,9%; dall’anno 2006, 1%.
La contribuzione al fondo a carico delle aziende che alla stessa data non versano contributi ad alcuna
forma pensionistica complementare, è commisurata a queste quote di retribuzione assunta a base della
determinazione del TFR: per l’anno 2003, 0,8%; dall’anno 2004, 1%.
Il Consiglio di Amministrazione del fondo disciplina la facoltà del lavoratore di elevare la propria
contribuzione.
La COVIP, inoltre, ha stabilito che “nell’ambito della fase di accumulo il valore dell’attivo netto destinato
alle prestazioni (ANDP) è suddiviso in quote; queste ultime sono assegnate al singolo iscritto e confluiscono
nella singola posizione individuale; il valore unitario della quota è pari all’ANDP suddiviso per il numero delle
quote in essere.”
In armonia con le disposizioni di legge in materia, lo statuto di TELEMACO prevede per il socio
lavoratore che perda i requisiti per la partecipazione al fondo la possibilità di richiedere il trasferimento della
propria posizione individuale ad altro fondo pensione, entro sei mesi dalla data di risoluzione del rapporto di
lavoro, ovvero dalla data di passaggio a dirigente a seguito del quale è possibile trasferire la posizione
individuale maturata al fondo;per il caso di nomina a dirigente nelle aziende del Gruppo Telecom Italia esiste la
possibilità di trasferimento al Fondo pensione Complementare FONTEDIR.
Secondo l’accordo dell’aprile 2003, le posizioni individuali dei dipendenti delle aziende che applicano il
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro i quali, al momento dell’avvio del fondo di settore , risultino iscritti ad
altre forme di previdenza complementare di tipo collettivo, possono essere trasferite al fondo TELEMACO.
Il dipendente può, in alternativa, trasferire la propria posizione ad altra forma complementare o riscattarla
ovvero mantenerla nel fondo di provenienza nell’eventualità sia previsto dallo statuto del fondo stesso.
L’opzione del lavoratore deve essere comunque comunicata all’azienda di appartenenza entro 90 giorni
dalla data di ricezione dell’ informativa prevista e della scheda di adesione.
Capitolo VI
Il fondo TELEMACO: la gestione delle risorse finanziarie e l’erogazione delle rendite
Esaminando le caratteristiche della popolazione del fondo si nota l’elevato tasso di adesione che risulta
pari a circa l’81,6% del totale dei dipendenti delle aziende.
Al 31 dicembre 2002 risultano iscritti a TELEMACO 56.849 soci lavoratori attivi su un bacino di
potenziali iscritti pari a circa 70000 aderenti.
Le aziende associate al 31.12.2002 sono 35 tra cui le tre maggiori per numero di iscritti sono: Telecom
Italia, TIM e Telesoft.
Il buon successo riscosso da TELEMACO tra i lavoratori è indicativo dell’elevata sensibilità dei
destinatari all’attuale tema della previdenza ed al tempo stesso della sostanziale credibilità delle aziende e dei
sindacati che ne hanno voluto la costituzione.
Per quanto riguarda la composizione degli iscritti , la popolazione del fondo si caratterizza per l’elevato
peso degli ultraquarantenni che rappresentano circa il 60% del totale.
La gestione delle risorse economiche è stata per l’anno 2002 destinata ad operazioni di pronti contro
termine con un rendimento lordo complessivo pari ad oltre 3 milioni di euro pari a circa il 3,27%.
Nel conto economico del fondo è di interesse la voce “variazione dell’attivo netto destinato alle
prestazioni” (ANDP), per il 2002 risultato ammontante a oltre 81 milioni di euro tale valore sommato all’attivo
netto del 2001 consente al fondo di poter gestire per il 2003 un attivo netto pari ad oltre 188 milioni di euro.
Il Consiglio di Amministrazione, nella seduta dell’aprile 2002, ha provveduto a definire la modifica
statutaria relativa all’impiego delle risorse attraverso quattro linee di gestione con differenti profili di
rischio/rendimento passando dal monocomparto al multicomparto.
Il nuovo assetto della gestione delle risorse del fondo, pur essendo operativo a decorrere dall’anno 2003,
avrà una prima fase ancora in gestione monocomparto per poi passare dal 1° gennaio 2004 alla gestione
multicomparto.
Il multicomparto fornirà ai lavoratori un diverso numero di portafogli bilanciati che li potranno
accompagnare per tutto il ciclo della loro vita lavorativa e pertanto sarà consentito a ciascun lavoratore di attuare
liberamente le proprie scelte.
Il multicomparto si baserà su quattro tipi di strategie che conterranno un mix di prodotti azionari e
obbligazionari i cui risultati annualmente saranno esposti e comunicati a tutti gli iscritti al fondo.
Le quattro strategie sono così denominate: a) orange (crescita), formata da 70% azioni e 30%
obbligazioni; ad un alto rischio di investimento è contrapposta la possibilità di forti crescite e notevoli profitti;
b) yellow (bilanciato), formata da 50% azioni e 50% obbligazioni; mentre una metà del capitale sarà soggetta ad
un maggiore rischio di investimento, per l’andamento alternato delle contrattazioni nel mercato azionario, l’altra
metà resterà protetta dalla decisa stabilità degli investimenti obbligazionari; c) green (prudente), formata da 25%
azioni e 75% obbligazioni; orientata in prevalenza al mercato obbligazionario pur con una accentuazione della
componente azionaria, mantenendo un livello di rischio medio/basso; d)blue (conservativo), formata da 10%
azioni e 90% obbligazioni; in relazione alla forte stabilità dei mercati obbligazionari il rischio di investimento è
decisamente basso.
Per la selezione dei gestori finanziari il C.d.A. ha stabilito di avvalersi dell’assistenza tecnica di una
società di consulenza finanziaria, che è stata individuata nella PICTET società finanziaria svizzera specializzata
nella gestione del risparmio.
Sono stati altresì individuati i gestori finanziari: a) Deutsche Bank; b) AXA Investment; c)Mellon
Global; d) Fin.Eco Investimenti; e) Ras Asset management.
Ma le convenzioni con questi sono ancora in fase di analisi del C.d.A. e della COVIP.
TELEMACO, come già evidenziato, ha previsto la conversione in rendita di quanto accumulato sulla
singola posizione individuale attraverso i contributi versati ed il rendimento conseguito.
La rendita viene corrisposta da una compagnia di assicurazioni che in base ad una convenzione riceve il
montante, e dopo appositi calcoli, provvede ad erogarla, quindi in pratica tutto ciò si traduce tecnicamente nella
sottoscrizione di una polizza con rendita immediata a premio unico che utilizza coefficienti di conversione basati
sulle tavole di mortalità di uomini e donne approntate dalla Ragioneria Generale dello Stato.
Attualmente esistono varie tipologie di rendite che possono essere scelte dal lavoratore: a)rendita annua
vitalizia; b) rendita annua vitalizia con reversibilità; c) rendita annua certa per cinque anni, più rendita annua
vitalizia differita di cinque anni; d) rendita annua certa per dieci anni, più una rendita annua vitalizia differita di
dieci anni.
La rendita può essere rivalutabile, nel qual caso l’indicizzazione della prestazione può essere riferita a
parametri ben definiti.
Un potenziale iscritto, oltre l’informativa del calcolo della rendita, dovrebbe essere a conoscenza degli
scenari possibili relativi al rendimento delle contribuzioni versate al fondo pensione al fine di poter comprendere
il grado di copertura (pensione complementare lorda/ultima retribuzione lorda) assicurato dal fondo stesso.
Quindi ciascun lavoratore prima di iscriversi dovrà valutare dapprima la percentuale della pensione del
sistema pubblico obbligatorio rispetto alla retribuzione ipotizzata a fine rapporto e solo successivamente sarà in
grado di scegliere la modalità di contribuzione al fondo da lui ritenuta più confacente alle sue aspettative (
prefigurando una sommatoria tra le due percentuali di copertura).
Quanto più il fondo pensione saprà garantire diverse opzioni di contribuzione (tra quella di base e quella
volontaria) e di TFR (in percentuale o nella totalità) quanto più avrà successo nel proporre l’iscrizione ad un
lavoratore.
Gli uffici del fondo TELEMACO stanno, in proposito, studiando con MEFOP s.p.a.(Società per lo
sviluppo del mercato dei fondi pensione, creata da una convenzione tra il Ministero dell’Economia e delle
Finanze e il Mediocredito Centrale s.p.a., la cui maggioranza azionaria è di proprietà del Ministero e poco più
del 40% è dei fondi pensione, tra cui la partecipazione di TELEMACO è dello 0,75% del capitale), un motore di
calcolo che permetterà ad ogni aderente in base ai propri parametri(tra cui età e contribuzione) di calcolare la
percentuale della pensione del sistema pubblico obbligatorio rispetto alla retribuzione ipotizzata a fine rapporto.
Capitolo VII
Aspetti attuali, proposte e soluzioni per un concreto sviluppo della previdenza complementare
In sede europea sta prevalendo sul tema dei sistemi pensionistici un approccio di “coordinamento aperto”
tra i paesi, finalizzato a fornire indicazioni di massima sugli obiettivi da perseguire con le politiche sociali, con
l’obiettivo di mantenere la solidità finanziaria dei sistemi pensionistici e delle garanzie di copertura
previdenziale e di lotta alla povertà con interventi volti ad erogare una pensione minima (sociale) agli indigenti.
È di tutta evidenza, inoltre, il problema della consistente accelerazione dell’invecchiamento in tutti i paesi
europei, dovuta a tre fattori principali: a)il costante aumento della speranza di vita; b) l’età del pensionamento
della generazione del boom demografico; c) il calo della fertilità dopo gli anni 70.
Ne deriva comunque una politica della previdenza differente paese per paese in base ai sistemi
pensionistici vigenti, tanto è vero che il problema della sostenibilità finanziaria della spese per la previdenza, non
preoccupa tutti allo stesso modo: si passa da sistemi finanziati a ripartizione come quello italiano e tedesco in cui
il prelievo a carico degli attivi è usato per finanziare le pensioni in essere, a quello in cui i fondi pensione
prevalgono, come nel caso britannico ed in quello olandese.
Così mentre lo schema a ripartizione (come in Italia) è entrato in crisi anche per le trasformazioni del
mercato del lavoro, per gli altri il sistema va rivisto e ritarato secondo nuove ipotesi di sviluppo anche dei fondi
pensione.
Nell’indicare le proprie strategie l’Unione Europea ha posto l’obiettivo di elevare il tasso di occupazione
per la forza lavoro femminile e i lavoratori in età compresa tra i 55 ed i 64 anni, secondo le indicazioni delle
conferenze di Lisbona e di Stoccolma ponendo mano alle riforme sociali e del mercato del lavoro.
Per il Commissario Europeo alle finanze Pedro Solbes, nel “Rapporto sulle finanze pubbliche dei paesi
dell’Unione monetaria”, per il 2003 snodo decisivo per ogni governo responsabile è quello di realizzare in tempi
brevi le riforme strutturali necessarie per ridurre i loro deficit a partire da quella più importante che è la riforma
previdenziale.
Il Commissario ha indicato ai governi quattro direzioni lungo le quali procedere: 1) mettere mano ad una
riforma del mercato del lavoro che aumenti il tasso di popolazione attiva; 2) ridurre con misure incisive il debito
pubblico e le spese del suo finanziamento; 3) riforma dei sistemi previdenziali passando al sistema contributivo;
4) adottare ulteriori provvedimenti per promuovere i fondi pensione integrativi.
Le ultime due indicazioni sono particolarmente rivolte soprattutto al nostro Paese che ha la spesa
pensionistica più alta in rapporto al PIL.
È importante che il nostro Governo rispetti gli impegni presi ai vertici di Lisbona (2000), Stoccolma
(2001) e Barcellona (2002), quanto ad aumento di tassi di occupazione e dell’età effettiva del pensionamento che
permettano di ridurre la spesa per pensioni ed aumentare il gettito contributivo.
L’analisi di politica economica della Commissione Europea sostiene che il Governo italiano dovrebbe
sostituire i provvedimenti “una tantum” (condoni e cartolarizzazioni) con interventi strutturali.
Le riforme adottate negli ultimi dieci anni hanno ottenuto alcuni risultati: aumentato i contributi
previdenziali, ridotto il tasso di sostituzione (il rapporto tra prima pensione ed ultima retribuzione), aumentato
l’età pensionabile, rivisto il metodo di calcolo della pensione.
Per controbilanciare tali effetti non si è riusciti a costruire concretamente il secondo pilastro del sistema
pensionistico.
L’Italia è il Paese in cui i risultati della previdenza complementare sono i più deludenti; le cause di questo
ritardo sono da imputarsi a: a) l’eccessiva burocratizzazione delle procedure autorizzative; b) la mancanza di
una comunicazione adeguata ad i potenziali iscritti; c)gli svantaggi competitivi esistenti tra fondi negoziali ed
aperti; d) gli svantaggi relativi per alcune categorie di lavoratori; e)l’insufficienza degli incentivi riconosciuti
per la devoluzione del TFR a piani previdenziali.
Servirebbe una campagna di informazione capillare che spiegasse agli italiani che il sistema previdenziale
è cambiato e che nessuno dei nuovi assicurati avrà diritto in futuro alle stesse prestazioni di coloro che andranno
in pensione nei prossimi dieci o quindici anni.
Un primo fattore chiave di intervento è il rendimento generato dal capitale accumulato che assume un
ruolo fondamentale in via diretta per la capacità di generare capitale a scadenza, e quindi di incrementare la base
su cui fondare le prestazioni previdenziali e , in via indiretta, perché offre un’informazione di immediata
percezione del vantaggio fiscale dell’investimento.
Una seconda variabile è la durata del periodo di contribuzione: in concreto, la proposta si potrebbe
realizzare prevedendo a favore dei lavoratori dipendenti, che aderiscano entro tre anni dalla data di prima
occupazione alle forme pensionistiche complementari o individuali, nonché dei soggetti di età non superiore ai
30 anni che aderiscano a queste forme, una speciale detrazione di imposta pari al 19% dei contributi destinati a
queste forme.
Un’altra linea di intervento potrebbe riguardare l’introduzione di specifiche disposizioni che valgano
esplicitamente ad accrescere il volume delle risorse versate,incentivando la devoluzione del TFR alla previdenza
complementare.
Un’altra proposta che consente di ampliare il numero di iscritti è quello di dare facoltà, a tutti i soggetti, di
aderire indifferentemente ai fondi pensione negoziali di riferimento, o in alternativa ai fondi aperti.
Un altro importante risultato cui tendere riguarda una diffusa semplificazione dell’attuale normativa sui
fondi pensione, con particolare attenzione all’iter costitutivo dei fondi pensione negoziali, allineando i tempi di
avvio di un fondo pensione italiano alla media di quelli degli altri paesi europei.
Come già esposto in precedenza, tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003 è ripreso l’iter parlamentare
relativo al disegno di legge delega in materia previdenziale, presentato dal Governo nel dicembre del 2001, le cui
direttrici principali sono: 1) la tutela dei diritti pensionistici acquisiti e gli incentivi alla permanenza al lavoro
con garanzia del diritto di ottenere le prestazioni pensionistiche già maturate; 2) misure di sostegno alla
previdenza complementare; 3) riordino degli enti pubblici di previdenza ed assistenza obbligatorie.
Le modalità attraverso le quali il provvedimento intende perseguire tali obiettivi sono individuati: a)
nell’adozione di misure finalizzate ad incrementare i flussi di finanziamento alle forme pensionistiche
complementari, mediante, in particolare il conferimento del TFR maturando; b) nello sviluppo del grado di
concorrenza del sistema; c) nella razionalizzazione del sistema di vigilanza sull’intero settore della previdenza
complementare, anche attraverso la semplificazione delle procedure amministrative attualmente in essere; d)
nella revisione della disciplina fiscale al fine di ampliare le agevolazioni esistenti sia in ordine alla deducibilità
dei contributi sia per quanto attiene alla tassazione dei rendimenti.
La COVIP attribuisce notevole importanza ad un intervento legislativo finalizzato a creare le condizioni
che consentano di implementare l’afflusso delle risorse alla previdenza complementare e tra le proposte che la
Commissione ha voluto fornire agli organi competenti vi sono: a) il perfezionamento dell’unitarietà e
omogeneità del sistema di vigilanza sull’intero settore della previdenza complementare; b) l’esigenza di
individuare meccanismi volti a consentire la devoluzione alla previdenza del TFR; c) la valorizzazione del
ruolo del responsabile di fondo pensione aperto e l’individuazione di meccanismi atti a favorire formule
partecipative dei lavoratori nel caso di adesioni a fondi aperti su base contrattuale collettiva; d) la revisione della
disciplina fiscale della previdenza complementare nell’ottica di una maggiore linearità e semplicità attuativa.
La destinazione del TFR maturando ai fondi pensione, prevista dal disegno di legge delega in materia
previdenziale, è coerente con l’obiettivo di sviluppare la previdenza complementare perché consente al
lavoratore di integrare in modo significativo la pensione di base e determina un consistente accumulo di risorse
nei fondi pensione.
Buona parte del tasso di sostituzione (rapporto pensione/ultima retribuzione), che sarà generato dalla
previdenza complementare non è aggiuntivo a quello che sarebbe prodotto dal TFR qualora fosse mantenuto in
azienda, in questo ultimo caso i lavoratori otterrebbero comunque un tasso di sostituzione significativo, il
risultato aggiuntivo realizzato tramite il conferimento ai fondi pensione deriva dal più elevato rendimento
ipotizzato ed è quindi legato all’effettivo andamento dei risultati degli investimenti prescelti.
Il conferimento del TFR ai fondi pensione determina comunque l’insorgenza di rischi di mercato in capo
al lavoratore sulle somme via via accantonate e può non rispondere all’obiettivo della conservazione del potere
d’acquisto nel tempo.
A disposizione dei fondi sussistono peraltro diverse opzioni per l’offerta di linee di investimento a basso
rischio nelle quali potrebbero essere trasferiti i flussi derivanti dalle quote annuali di TFR.
Una prima possibile soluzione è rappresentata dalla previsione di comparti assistiti da una garanzia
rilasciata da intermediari finanziari in grado di compensare gli aderenti nell’ipotesi di rendimento inferiore alla
rivalutazione annuale del TFR.
Un sistema solo in parte diverso è rappresentato dall’adozione da parte dell’intermediario gestore di
strategie di protezione destinate alla minimizzazione della probabilità del mancato conseguimento di un risultato
minimo, costituito dal tasso di rivalutazione del TFR.
Qualora gli iscritti ai fondi ritenessero assolutamente prioritario non perdere con la devoluzione del TFR
ai fondi pensione la garanzia alla conservazione del potere d’acquisto offerta a quest’ultimo, si ritiene che il
modo più semplice per soddisfare tale esigenza sarebbe quello di prevedere linee di investimento destinate
all’acquisto di titoli indicizzati all’inflazione emessi da emittenti di assoluta affidabilità.
Poiché il TFR , finora, ha avuto per le aziende una funzione di finanziamento interno, è ovvio che le
imprese nella trattativa con il Governo intenderanno acquisire alcune compensazioni o faranno in modo di
“liberare” il TFR con una gradualità temporale.
Al fine di stimare l’impatto finanziario ed economico per le imprese che debbono rinunciare parzialmente
o totalmente al flusso di finanziamento rappresentato dall’accantonamento annuale per il TFR, sono stati
proposti (dall’ABI e dall’ASSOGESTIONI) due scenari di devoluzione del TFR: a)un primo scenario in cui si è
considerata una quota di devoluzione alla previdenza complementare pari al 30%; b) un secondo scenario nel
quale si è considerata la totale devoluzione del TFR.
Per le imprese, a fronte della perdita della disponibilità del TFR, è prevista, nella legge delega, una
“compensazione” degli oneri subiti, attraverso l’individuazione di facilitazioni di accesso al credito, in
particolare per le piccole e medie imprese, di equivalente riduzione del costo del lavoro e di eliminazione del
contributo relativo al finanziamento del fondo di garanzia del TFR.
Per il lavoratore il TFR in azienda offre una parziale garanzia di rendimento reale, per contro, le gestioni
patrimoniali dei fondi pensione possono offrire soltanto la garanzia implicita in una politica di investimento
conservativa.
La soluzione per ovviare a questa mancanza di garanzia potrebbe consistere nell’adozione del TFR come
benchmark della gestione del portafoglio del fondo pensione.
Conclusioni
Siamo alla vigilia di un momento cruciale in cui devono essere prese decisioni importanti per il futuro
previdenziale delle generazioni che oggi vivono e lavorano in Italia.
L’assetto pensionistico italiano dovrebbe bilanciarsi, diversamente dallo stato attuale, con un primo
pilastro a ripartizione (previdenza obbligatoria) alleggerito gradualmente in parte dalla contribuzione e con un
secondo pilastro a capitalizzazione (previdenza complementare) maggiormente arricchito di risorse economiche
(contributi e TFR).
Per raggiungere una tale configurazione del sistema occorre provvedere a: a) assicurare condizioni di
convenienza economica per i lavoratori che aderiscano alla previdenza complementare favorendoli riducendo
l’aliquota di imposta sostitutiva (dall’attuale 11% al 6,25%), garantendo per i primi anni di iscrizione ai fondi
una detrazione del 19% dei contributi versati, eliminando la soglia di deducibilità per le quote dell’intero TFR
che vengano versate dal lavoratore con il suo consenso a fronte di una disponibilità aziendale o contributiva per
tutti; b) consentire un sicuro rendimento di quanto versato ai fondi provvedendo a massimizzare la riduzione del
rischio finanziario offrendo ai lavoratori ampie possibilità di scelta dell’investimento, migliorare l’efficienza dei
gestori della previdenza complementare con particolare attenzione alle spese ed alla commissioni previste nelle
convenzioni con società di servizi, assicurazioni, investitori finanziari; c) assicurare una pluralità di forme di
accumulazione finalizzate alla previdenza complementare consentendo libertà di iscrizione da parte degli
aderenti ai fondi, con possibilità per tutti di iscrizione a fondi aperti o chiusi; facilitando i processi di
trasferimento dei contributi e di quanto maturato in un fondo, presso un altro fondo nel momento in cui il
lavoratore cambi il rapporto di lavoro o muti il suo stato giuridico; d) semplificare la normativa generale sui
fondi pensione per facilitare la loro costituzione provvedendo ad abbreviare i tempi di autorizzazione da parte
dell’autorità di vigilanza, semplificare le procedure e le normative per i nulla osta operativi a fronte di modifiche
regolamentari o statutarie che intervengono nei fondi.
Per la vigilanza la COVIP nel maggio 2003 ha proposto un intervento articolato su due piani: a)rivolto
agli aspetti sostanziali della gestione dei fondi; b) rivolto all’analisi della struttura organizzativa;per la
semplificazione amministrativa la COVIP prevede: 1) una accelerazione dei tempi per l’autorizzazione al fine di
favorire rapidamente la raccolta di adesioni; 2)una riduzione dei controlli di tipo preventivo per l’approvazione
di modifiche statutarie o di regolamenti; 3)una immediata operatività delle deliberazioni dei fondi per i passaggi
dal monocomparto al multicomparto.
La Direttiva Europea del maggio 2003 ha dato chiari indirizzi sui fondi pensione finalizzati a creare un
quadro giuridico comunitario di riferimento: a) libertà di investimento con un approccio prudenziale per
garantire sicurezza, liquidità, rendimento, diversificando i portafogli ed i rischi connessi; b) libertà di
circolazione dei lavoratori unita ad un’operatività transfrontaliera dei fondi; c)libertà ai fondi di offrire servizi di
tipo previdenziale all’interno dell’UE; d) libertà di costituire sistemi di vigilanza.
Siamo vicini ad obiettivi estremamente importanti per l’UE: 1) assicurare la protezione degli iscritti ai
fondi; 2)favorire l’efficienza dei mercati finanziari; 3)mutuo riconoscimento dei regimi regolamentati da norme
prudenziali.
In Italia il fondo pensione TELEMACO rappresenta nella sua evoluzione normativa, gestionale e
organizzativa un esempio delle tendenze legate agli interventi legislativi di riforma via via introdotte nel sistema
previdenziale italiano.
Il Fondo , in conseguenza alla trasformazione in fondo di settore avrà una pluralità di rappresentanti
datoriali per l’allargamento ad un maggior numero di imprese attive oltre al Gruppo Telecom e cioè Wind,
Omnitel e H3G.
La costituzione dei fondi a livello di settore o di categoria deriva dall’adesione al principio dell’autonomia
collettiva che trova oggi, proprio nel livello contrattuale di categoria, il momento centrale del sistema italiano di
relazioni industriali.
La tendenza a favore dei fondi citati è quindi il risultato della dinamica della negoziazione e della
valutazione delle parti sociali.
Un momento importante, di salvaguardia delle scelte previdenziali già operate,riguarda i dipendenti
iscritti al fondo Cometa (metalmeccanici) che sono confluiti nel Contratto Nazionale degli esercenti servizi di
telecomunicazione (i lavoratori di Omnitel e Infostrada), per loro è pevisto il processo di trasferimento di
ciascuna posizione individuale nel fondo TELEMACO.
Un altro aspetto dell’evoluzione della normativa del fondo esaminato riguarda l’investimento delle risorse
economiche:è stato deciso dal Consiglio di Amministrazione nell’aprile 2003, di passare dal monocomparto al
multicomparto per favorire le scelte degli iscritti tra un profilo di investimento a maggior rischio rispetto a quello
di tipo conservativo senza rischi.
Di tale decisione è stata interessata l’Autorità di Vigilanza , che, dopo aver esaminato le tipologie di
investimento, ha dato l’autorizzazione in presenza di positivi riscontri nel rispetto delle regole previste dal D.M.
703/96 art. 2, circa i criteri di gestione delle disponibilità dei fondi (diversificazione degli investimenti e dei
rischi).
Al riguardo sono state di recente deliberate dal C.d.A. di TELEMACO le convenzioni con i gestori
abilitati agli investimenti; questi opereranno a favore del fondo non appena ottenuta l’approvazione della
COVIP.
Un elemento di particolare risalto per il Fondo è il livello di adesione dei lavoratori che ha raggiunto
l’81,6% (56849 aderenti su 70000 potenziali), valore di tutto rispetto, segno inconfondibile dell’elevata
sensibilità dei dipendenti alle problematiche sulla previdenza a cui ha contribuito anche la diffusione di una
scheda informativa ai dipendenti ampia, completa e di facile comprensione.
Si prefigura pertanto, un proseguimento favorevole della gestione del fondo TELEMACO che ha
dimostrato, con le continue attenzioni rivolte all’ordinamento legislativo ed alle opportunità di investimento,
nonché alla sua apertura da fondo negoziale a fondo di settore, di saper percorrere strade sicure orientate alla
certezza dei risultati a favore dei suoi iscritti ai quali saprà assicurare pensioni integrative future ai tanti giovani e
meno giovani oggi aderenti.