3
sovietica. La classe politica privilegiava i temi patriottici e
nazionalistici e il comunismo di stampo sovietico dovette faticare
non poco per imporre la sua linea su tali tendenze.
In questo contes o storico, Kolakowski compì la sua
formazione dapprima in un collegio cattolico a Lodz, poi
nell’università della stessa città, dove poté seguire i corsi di alcuni
tra i più importanti empiristi logici polacchi e acquisire familiarità
con la filosofia analitica. Qui ebbe anche luogo la sua formazione
politica che si manifestò col suo ingresso nell’organizzazione
universitaria comunista Zwm. In quegli anni i comunisti polacchi
erano impegnati nel tentativo di demolire la supremazia culturale
del cristianesimo, frutto di una lunga tradizione. Kolakowski prese
parte a quella lotta e in ciò gli giovò la sua profonda conoscenza
della filosofia cristiana, maturata nei suoi studi giovanili. Si laureò
nel 1950, all’età di ventitré anni. Fu nominato assistente, dapprima
presso la stessa università, alla cattedra di logica occupata allora da
Tadeusz Kotarbinski, poi, all’università di Varsavia, di Adam
Shaff. Negli anni precedenti la laurea fu già autore di alcuni scritti
che gli valsero la fama di giovane promessa del marxismo
4
ortodosso. Nel 1954 si recò a Roma per seguire, come osservatore,
il «Congresso di filosofia tomista». La sua adesione al comunismo
filosovietico non durò a lungo. Dal 1956 lo troviamo infatti tra le
file, anzi tra i fondatori e massimi esponenti, del «revisionismo».
Nel 1958 venne pubblicata la sua tesi di dottorato ed ottenne
la cattedra di storia della filosofia all’università di Varsavia. In
quegli anni Kolakowski venne anche scelto per un viaggio a Mosca
il cui scopo era la creazione dell’istituto polacco di scienze sociali.
Nel 1956 venne nominato capo redattore della rivista “Mysl
Filozoficzna”, succedendo ad Adam Shaff. Nello stesso anno fu
ufficialmente censurato dal governo filosovietico.
Nel 1956 le speranze dei revisionisti sembrarono potersi
realizzare con l’ascesa al potere di Gomulka. Tali speranze furono
però presto tradite.
Il 21 ottobre 1966, nel corso di una manifestazione
studentesca, Kolakowski accusò apertamente il governo di
Gomulka di non aver mantenuto le promesse di democratizzazione
fatte dieci anni prima, nel momento della sua ascesa al potere.
Denunciò il progressivo venir meno della libertà di stampa e di
5
espressione in generale. La reazione fu immediata: l’indomani
stesso fu espulso dal partito. Due anni dopo, nel c rso di un’ondata
di repressione culturale, fu accusato d’aver seminato la corruzione
ideologica e politica tra gli studenti. Accusa in seguito alla quale fu
costretto ad abbandonare la cattedra e a proseguire la sua carriera
all’estero.
Da allora fu visiting professor p ima all’università di McGill a
Montreal, poi, dal 1969 al 1970, all’università di Berkeley in
California. Attualmente è fellow dell’All Souls College di Oxford.1
1
Per questi dati biografici: B. Piwowarczyk, Lire Ko akowski: La question de l’homme, de la
religion et de l’Église, Cerf, Parigi 1986, pp. 18-20; P. Flores d’Arcais, “Leszek Ko akowski:
Crepuscolo dell’eresia e primato dell’etica”, prefazione a L. Ko akowski, Lo spirito
rivoluzionario: Cinque saggi per una filosofia della tolleranza, SugarCo, Milano 1982, pp.
VII -XXIV; P. Veronese, Introduzione a L. Ko akowski, Il marxismo e oltre: Responsabilità e
storia, Lerici, Cosenza 1979, pp. 5-22;
6
I.2. Il periodo dell’adesione al marxismo ortodosso
Il pensiero di Kolakowski ha conosciuto un’evoluzione
continua che lo ha portato, dall’iniziale adesione al marxismo di
stampo sovietico, fino ad una netta opposizione ad esso.
Parallelamente i suoi interessi filosofici si sono focalizzati su
argomenti diversi. Tra le sue opere troviamo molti scritti che
riguardano il marxismo, ma troviamo anche molte opere dedicate
alla religione, al mito, scritti riguardanti la filosofia della scienza, e
altro ancora. È possibile individuare, come ha fatto Bogdan
Piwowarczyk nel suo scritto introduttivo al pensiero di Kolakowski,
tre periodi nel suo pensiero: nel primo periodo, che comprende i
testi pubblicati dal 1949 al 1955, egli accetta senza riserve le tesi
del marxismo ortodosso; nel secondo periodo, approssimativamente
indicabile nel decennio tra il 1955 e il 1965, aderisce al movimento
revisionista polacco, di cui diviene uno dei principali esponenti e
comincia a criticare, se non la teoria marxista vera e propria,
7
almeno le sue applicazioni concrete negli Stati comunisti; infine,
dal 1966 in poi, la sua critica diviene senza appello e si estende non
solo al marxismo ma allo stesso revisionismo.
La sua adesione all’ideologia marxista negli anni anteriori al
1955 aveva, per certi versi, il carattere di una vera e propria fede. Il
Kolakowski di quel periodo era convinto che nel marxismo
risiedesse la completa soluzione ai problemi umani.
Le opere di questo periodo sono scritti polemici a difesa
dell’ideologia del partito comunista. La sua scelta a favore del
comunismo testimonia la fiducia che nutriva in quel periodo per
tale dottrina. Per il Kolakowski di quel periodo la filosofia era uno
strumento di lotta politica. Essa assumeva, rispetto alla politica, una
posizione analoga a quella ricoperta dalla filosofia scolastica
rispetto alla religione cristiana. Il marxismo era da un lato erede
della grande tradizione filosofica occidentale e dall’altro era la
dottrina politica che poneva l’uomo al di sopra di tutto: il ritorno
dell’uomo al suo essere autentico, la costituzione di una società in
cui le esigenze dell’uomo vengono poste in primo piano, erano i
traguardi cui avrebbe dovuto portare il marxismo.
8
Il socialismo scientifico era, da Kolakowski, “percepito come
autentico erede della grande tradizione umanistica, e della storia
della filosofia intesa come un processo di liberazione del pensiero
umano”2; era lo strumento adatto a realizzare la liberazione
dell’uomo da ogni forma di oppressione e la restituzione al suo
essere autentico. Liberazione dell’uomo che non doveva riguardare
solo le forme di oppressione meramente fisiche ma che doveva
essere, anche e soprattutto, una liberazione intellettuale.
“Kolakowski è stato completamente soggiogato dall’idea del
messianismo rivoluzionario che annunciava la venuta della nuova
era, la liberazione ultima e la trasformazione completa della
società”3. Successivamente venne meno la sua fiducia nei confronti
del marxismo proprio nel constatare che questa speranza era
illusoria.
Kolakowski non si accorge in quegli anni, cosa che avverrà in
seguito, del contenuto mitico insito nella dottrina marxista. Crede
che il comunismo apra la strada a una concezione scientifica
2
Bogdan Piwowarczyk, Lire Ko akowski: La question de l’homme, de la religion et de
l’Église, Cerf, Paris 1986, p. 21 [trad. mia].
3
Ivi. p. 47 [trad. mia].
9
dell’uomo e della società. Il contenuto mitico del marxismo è
rilevabile principalmente in due suoi aspetti. In primo luogo
nell’idea messianica e secolare secondo la quale il marxismo
culminerà con l’avvento di una nuova era di benessere e
uguaglianza: il marxismo, quando sarà compiutamente realizzato,
porterà al paradiso in terra, ad una società in cui tutte le ingiustizie
che hanno caratterizzato le civiltà che storicamente si sono
succedute svaniranno per lasciar spazio alla perfetta realizzazione
dell’uomo. Negli stati socialisti la realizzazione di questa società
perfetta è stata spostata in avanti nel tempo. È stata presentata come
una meta per il cui raggiungimento erano necessarie politiche
repressive.
Il secondo mito che opera nel marxismo è quello del ritorno
alle origini. La nuova società che si realizzerà è perfetta in quanto
rende possibile il ritorno dell’uomo alla sua vera essenza. L’uomo
cessa di essere uno strumento nelle mani dei capitalisti per
riappropriarsi della sua essenza e realizzare le sue inclinazioni
naturali. “Il comunismo è la riconciliazione dell’esistenza empirica
dell’uomo con la sua essenza; il ritorno dell’uomo a se stesso, alla
10
sua propria humanitas, il superamento della tensione tra ciò che è
veramente l’uomo e ciò che appartiene alla contingenza della vita”4.
Se il marxismo era lo strumento per la liberazione dell’uomo,
la religione, al contrario, era da Kolakowski percepita come
strumento di oppressione. La religione, e in particolare la Chiesa
cattolica, era accusata di essere un “ostacolo all’emancipazione
dell’umanità”5. La Chiesa, “per meglio realizzare le sue vedute,
determina interamente il destino dell’uomo in una storia «santa»
che non dipende minimamente dagli sforzi umani e di cui l’uomo
non è il soggetto ma semplicemente un oggetto”6. La storia «santa»
della Chiesa è storia dello spirito divino. In tale storia l’uomo non è
protagonista. Non è artefice della storia ma oggetto di essa. La
Chiesa, privando l’uomo della posizione centrale nella storia, riesce
a porlo sotto il suo controllo. L’uomo non è nulla rispetto a Dio. Tra
Dio e l’uomo, è la Chiesa ad essere mediatrice. Chiesa che si pone
quindi come tnutaria del bene e della verità. Questo potere, così
abilmente acquisito dalla Chiesa, è stato poi utilizzato da sempre a
4
Ivi. p. 47 [trad. mia].
5
Ivi. p. 23 [trad. mia].
6
Ivi. p. 26 [trad. mia].
11
favore delle classi dominanti, che lo hanno utilizzato per legittimare
la loro posizione e sfruttare le masse oppresse.
Kolakowski in questo periodo contrappone: da un lato la
scienza, strumento di emancipazione e di unica conoscenza vera del
mondo; dall’altro la religione, con il suo fondamento mitico,
destinata ad essere superata da un sapere scientifico. “La Sacra
Scrittura [...] è una raccolta di leggende bibliche e di miti creati in
determinate condizioni storiche, che non hanno nulla a che vedere
con la verità. Essa non possiede alcun valore scientifico e non serve
che a scopi politici”7. La Bibbia viene ridotta ad un insieme di
superstizioni e miti creati a fini politici in una determinata
situazione storica.
Kolakowski accusa la Chiesa di sottomettere l’uomo ad una
verità già data tramite la rivelazione e di privarlo così
dell’indipendenza della propria ragione. La ragione umana è tenut ,
secondo la Chiesa, ad accettare una verità già data. L’accettazione
di questa verità fa sì che venga mantenuta una stretta stabilità
sociale che perpetua le disuguaglianze e l’oppressione, impedendo
7
Ivi. p. 29 [trad. mia].
12
l’emancipazione dell’uomo.
Come esempio della situazione in cui la Chiesa pone l’uomo,
Kolakowski cita il mito del peccato originale. Attraverso il peccato
originale vengono imputate, ad ogni singolo uomo, colpe di cui egli
non è direttamente responsabile. È la stessa appartenenza al genere
umano a portare con sé la colpa. L’uomo, caricato di questo
fardello, non può salvarsi dalla dannazione senza l’aiuto della
Chiesa: di per sé non è privo di peccato ma già peccatore. La
funzione del mito del peccato originale è per Kolakowski proprio
quella di rendere l’uomo dipendente dalla Chiesa: attraverso di esso
le masse oppresse vengono paralizzate dal pessimismo e dalla
paura.
Un altro mezzo utilizzato dalla Chiesa allo stesso fine è
l’adozione della filosofia tomista quale sua filosofia «ufficiale». La
filosofia tomista offre infatti una concezione della realtà ordinata
gerarchicamente. Tale teoria giustifica così le disuguaglianze sociali
presenti nella società capitalista e scoraggia ogni tentativo, come
quello marxista, di riorganizzare la società secondo principi di
uguaglianza. “La Chiesa, dichiarando la necessità dell’autorità dello
13
Stato, affermandone la sua origine divina e condannando ogni
rivoluzione sociale, favorisce, secondo Kolakowski, la politica
imperialista”8.
Il merito che il filosofo polacco ttribuisce al comunismo è di
liberare l’uomo da ogni superstizione. Il comunismo emancipa
l’uomo dai vincoli mitologici, cui è sottoposto quale appartenente
ad una cultura costruita per soggiogare le masse al controllo di una
classe dominante. Il comuniso rompe col passato per restituire
all’uomo un’esistenza autentica, per restituirgli la propria libertà di
autodeterminazione. Agisce qui una dicotomia tra cultura con
fondamento mitologico e cultura emancipata. Il comunismo svolge,
per Kolakowski, una funzione illuministica. “L’uomo deve liberarsi
da tutti questi intralci [mitologici], rivoluzionare le sue condizioni
di vita e rigettare la cieca obbedienza e la fiducia nelle autorità.
Deve ritrovare la fiducia nella ragione umana e nel suo esercizio
autonomo, operato nella scienza. Il comunismo rompe con ogni
superstizione e restituisce all’uomo la sua dignità, attraverso la
8
Ivi p. 41 [trad. mia].
14
ragione fondata sulla scienza”9.
Il marxismo di Kolakowski, dietro un’apparenza di adesione
cieca alla dottrina «ufficiale», presenta già alcune importanti
particolarità che acquisteranno in seguito maggiore peso e
determineranno gli ulteriori sviluppi del suo pensiero.
Innanzitutto è da notare il suo interesse, seppure ancora di
carattere critico, nei confronti della religione e in generale verso
ogni forma di spiritualità. Kolakowski sotto questo aspetto, tra i
pensatori comunisti, rappresenta indubbiamente un caso particolare:
era interessato, seppure in modo inizialmente polemico, alla
filosofia patristica e alla filosofia scolastica – in particolare a
Sant’Agostino e a San Tommaso D’Aquino – .
La seconda particolarità del suo pensiero, già chiaramente
percepibile dagli scritti appartenenti a questo periodo, è il suo
atteggiamento nei confronti della tradizione filosofica. Kolakowski
non rifiuta in blocco tale tradizione, affermando come fecero molti
pensatori marxisti che l’intera tradizione filosofica non era altro che
9
Ivi. p.44 [trad. mia].
15
un mezzo per sottomettere le classi più deboli, ma vede nel
marxismo la diretta conseguenza di tale tradizione.
Infine appare già chiaramente quello che è il problema che
più sta a cuore a Kolakowski: il problema dell’uomo. Tutta la sua
filosofia parte e termina con l’uomo. Alle spalle dei radicali
cambiamenti di direzione nel pensiero di Kolakowski ciò che
rimane costante è l’attenzione verso questo problema. Anzi questo è
il problema cui può essere ricondotta l’intera sua opera, e proprio
l’impossibilità di dare risposte adeguate ad esso è stata la spinta che
ha causato l’evoluzione del suo pensiero, che, partita dal
socialismo, si è diramata in svariate direzioni.
16
I.3. Il periodo revisionista
In quello che Piwowarczyk indica come secondo periodo nel
pensiero di Kolakowski, comprendente le opere scritte tra il 1955 e
il 1965, avviene una svolta. La svolta consiste nel fatto ch egli
assume un atteggiamento critico nei confronti del marxismo.
Nel 1956 “si apre una nuova fase del marxismo polacco. È a
partire da quest’anno che prende vigore il cosiddetto «revisionismo
marxista», iniziato da un articolo di Kolakowski, e che ved tra i
suoi protagonisti anche Baczko e in seguito Schaff”10. i instaurò in
Polonia un nuovo clima culturale: venne avviata una riflessione su
ciò che era stato il marxismo concretamente; su come esso era stato
applicato negli Stati che lo avevano adottat come sistema politico
e culturale, ed in particolare in Polonia.
10
Francesco Coniglione, N l segno della scienza: La filosofia polacca del Novecento, Franco
Angeli, Milano 1996, pp. 262- 63.