5
ordinanza a compiere, eseguire, far eseguire, ordinare, vietare tutto quello
che contingentemente appare necessario e indispensabile per il
raggiungimento del fine”
1
.
Il fondamento del potere di ordinanza, dunque, sta nella legge che lo
contiene. La legge pone deroghe a se stessa, pertanto la norma attributiva
di tale potere è tipicamente norma sulla produzione e non, come tutte le
altre norme, di produzione. Questo perché, dispone solo che
l’amministrazione possa intervenire, ma non cosa deve disporre in quella
determinata situazione, in questo modo l’ordinamento consente che un
proprio organo divenga fonte di produzione giuridica, anche se
eccezionalmente e limitatamente.
Il potere di ordinanza interviene per colmare la lacuna che si forma talvolta
tra l’ordinamento normativo e lo stato di fatto.
Le ordinanze di necessità “rispondono ad un compito insostituibile: di
fungere da valvola nei casi imprevisti in cui la normazione non appronta
alcun provvedimento necessitato per intervenire” assolvendo così al
compito di “integrazione delle lacune dell’ordinamento”
2
.
Questi atti si pongono in una posizione costituzionale difficile: sia perché
esulano dal principio di legalità, sia perché violano il principio della
1
RESCIGNO, U. M. “Ordinanze e provvedimenti di necessità ed urgenza” (NNDI, Torino: Utet, 1965,
vol. XII, p. 91)
2
GIANNINI, M. S. Diritto amministrativo, vol. I, Milano, 1970, p.578
6
gerarchia delle fonti. Tale potere deve comunque sottostare a dei limiti,
infatti, il potere di ordinanza resta in ogni caso un potere vicario, privo di
pienezza di potestà legislativa e quindi non può intaccare i cosiddetti
principi generali, vale a dire la Costituzione.
Un ulteriore limite è di tipo interno, perché le ordinanze prefettizie devono
rispondere al principio della ragionevolezza, vale a dire che il potere deve
essere esercitato in maniera adeguata e proporzionata alle esigenze che ne
hanno costretto l’uso.
Proprio in un campo così delicato come quello del diritto di sciopero, che
per anni ha visto l’assenza di una disciplina legislativa, già indicata da
tempo dall’art.40 della Costituzione, l’esercizio del potere di ordinanza ha
dovuto contemperare diritti fondamentali con uno strumento fragile ed
autoritario al tempo stesso.
7
I.1.2 La precettazione “prefettizia”
La precettazione, prima della riforma operata con la legge n.146 del
1990, era disciplinata dall’art.20 del Testo unico della legge comunale e
provinciale (T.u.l.c.p.), approvato con Regio decreto il 3 marzo 1934,
n.384
3
.
Tale norma attribuiva al prefetto, oltre alla funzione surrogatoria del
Sindaco in ambito comunale (art.55, c.1), il potere di emanare “ordinanze
di carattere contigibile ed urgente in materia di edilità, polizia locale e
igiene, per motivi di sanità o di sicurezza pubblica interessanti l’intera
provincia o più comuni della medesima” (1°c.).
In base al primo comma di questo articolo, la precettazione incontra due
limiti, oltre a quello della competenza territoriale (l’intera provincia o più
comuni della medesima): il primo riguarda le finalità (sanità o sicurezza
pubblica) ed il secondo limite la competenza per materia (edilità, polizia
locale e igiene).
Spesso, tali limiti, sono stati superati ricorrendo al Testo unico delle leggi
di pubblica sicurezza (T.u.l.p.s.), approvato con R.D. 18 giugno 1931,
3
Il testo di legge è pubblicato nella G.U. del 21/6/34, n.234
8
n.773
4
. Ricorrendo a tale legge abbiamo avuto la precettazione di lavoratori
in sciopero con la vaga formula della “tutela dell’ordine pubblico”.
Infatti, l’art.2, non stabiliva alcun limite al potere di precettazione,
sancendo che “il prefetto nel caso di urgenza o per grave necessità
pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela
dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica” (1°c.).
In questo modo fino al 1990, abbiamo avuto un’“applicazione particolare
di un istituto di portata generale”
5
non concepito in funzione dello
sciopero.
Come si può notare, infatti, nessuna delle disposizioni in esame utilizza
termini come sciopero o precettazione, ma fino al 1990 per impedire uno
sciopero, all’epoca vietato, si è sempre ricorso a queste norme che hanno
resistito a lungo nel tempo tra le critiche della dottrina e tra le decisioni,
anche se non sempre coerenti, della giurisprudenza.
Il fondamento normativo di tale potere è stato a lungo criticato perché
“essendo ricavato adattando norme del periodo corporativo […], per un
verso, difficilmente armonizzabile con il restante sistema di
regolamentazione dello sciopero e per l’altro, scarsamente funzionale alle
esigenze attuali”6.
4
Il testo di legge è pubblicato nella G.U. del 26/6/31, n.146
5
GIUGNI, G. Diritto sindacale, 1991, p.256
7
RUSCIANO, M. “Lo sciopero nei servizi essenziali” (GDLRI, 1988, p 431)
9
Un sistema di norme, nato durante il fascismo, che ha resistito sia ai
cambiamenti istituzionali (la Costituzione ed il passaggio alla democrazia)
che ai cambiamenti della società (aumento dei servizi pubblici e
sindacalizzazione).
La precettazione è stata l’unica arma in possesso della pubblica autorità per
evitare la lesione di beni particolarmente rilevanti per la collettività a causa
di uno sciopero, anche se il suo uso non è stato molto frequente, quando è
stata usata “ha spesso dato cattiva prova di sé, risultando intempestiva”
7
.
Un’altra questione molto importante riguarda gli strumenti di tutela dei
lavoratori e delle organizzazioni sindacali contro la precettazione.
L’art.2 del T.u.l.p.s. prevede che “contro i provvedimenti del prefetto chi vi
ha interesse può presentare ricorso al Ministro per l’Interno”.
La giurisprudenza, riconoscendo il carattere della definitività ai
provvedimenti, ha reso possibile, oltre al controllo di legittimità del giudice
ordinario, l’immediata impugnazione davanti al giudice amministrativo,
nonché il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
La giurisprudenza
8
ha stabilito l’inapplicabilità dell’art.28 dello “Statuto
dei lavoratori”, quindi non si può ravvisare una condotta antisindacale nella
precettazione da parte del prefetto.
7
ZOPPOLI, A. Art.8 in RUSCIANO, M.-SANTORO PASSARELLI, G. Lo sciopero nei servizi
essenziali-Commentario alla legge 12 giugno 1990, n.146 Milano: Giuffrè, 1991, n.34, p.108
8
Tr. Napoli 23/2/77 n 1425 (DG, 1978, pp. 424-436)
10
Infatti, secondo il giudice, il prefetto non può essere considerato un datore
di lavoro né un suo dipendente, così come non si può fare ricorso all’art.37
della legge 300/70 che cita “gli altri enti pubblici”, tentando di far rientrare
tra questi il prefetto.
11
I.1.3 Il vaglio della Corte Costituzionale
Nonostante le numerose critiche, la Corte dichiarò la legittimità
costituzionale dell’art.20 del R.D. 383/34 con la sentenza n. 4 del 12/1/77
9
.
Già in precedenza la Consulta era stata chiamata ad esprimersi sullo
smisurato potere di cui era titolare il prefetto in virtù dell’art.2 del
T.u.l.p.s..
La Corte, con la sentenza n.8 del 1956
10
, ammise la legittimità dell’art.2 ma
indicò la necessità di un riesame legislativo della materia che tenesse conto
del rispetto dei principi generali dell’ordinamento, nonché a limitare nel
tempo l’efficacia di questi provvedimenti, richiedendo un’adeguata
motivazione.
Ma nonostante i suggerimenti della Corte, il legislatore non intervenne e le
precettazioni continuarono a fondarsi sull’art.2, fu così che la questione ben
presto si ripropose.
Con la sentenza n.26 del 1961
11
, la Corte dichiarò l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 2 solo “nei limiti in cui esso attribuisce ai
prefetti il potere di emettere ordinanze senza il rispetto dei principi
dell’ordinamento giuridico. Tali principi sono da ritenersi violati a) se sia
9
La sentenza è pubblicata in Gcost, 1977, I, pp.20-25 e FI, 1977, I, pp.276-278
10
La sentenza è pubblicata in FI, 1956, I, 1051
12
invaso il campo riservato all’attività degli organi legislativi e degli
altri
organi costituzionali dello Stato, b) se, pur conservando alle ordinanze
prefettizie forma ed effetti di atti amministrativi ba) non siano osservati
i precetti della Costituzione, bb) si sia provveduto nei casi in cui la
Costituzione stabilisce che la legge disciplini direttamente una determinata
materia, bc) ovvero nei casi in cui la legge, conferendo al prefetto il potere
di emettere ordinanze di necessità ed urgenza, non indichi i criteri idonei a
limitare la discrezionalità”.
In seguito a questa sentenza, il potere di precettazione basato sull’art.2 del
T.u.l.p.s. ne uscì fortemente ridimensionato, infatti, i ricorsi alla
precettazione basati su questa norma si ridussero a pochi casi, di
conseguenza crebbero le precettazioni fondate sull’art.20 del T.u.l.c.p..
Ma anche l’utilizzo di questa norma non ebbe vita facile. Nel 1974 il
prefetto di Rieti ordinò a dodici unità del personale ausiliario di una scuola
di riprendere il servizio durante uno sciopero a tempo indeterminato.
Secondo il prefetto, lo sciopero aveva leso il diritto alla salute degli utenti.
Il pretore di Rieti sollevò la questione di illegittimità costituzionale
dell’art.20 del R.D. 383 per contrasto con gli artt. 40, 70, 76 e 77 della
11
La sentenza è pubblicata in FI, 1961, I, 888
13
Costituzione, nonché con i principi generali dell’ordinamento
costituzionale.
Secondo il pretore, che si richiamava la precedente sentenza n.26/61 in
relazione all’art.2 T.u.l.p.s., l’ordinanza “consentirebbe l’emanazione da
parte dell’autorità amministrativa di provvedimenti assolutamente
discrezionali aventi ad oggetto non solo la concreta limitazione di diritti
fondamentali (nella specie, il diritto di sciopero) ma anche l’individuazione
dei casi e delle situazioni in cui tali limitazioni possono essere disposte
situazioni concrete, materia che la Costituzione stabilisce sia disciplinata
dalla legge”.
Ma la Corte non ebbe dubbi nel rigettare la questione, utilizzando diverse
motivazioni.
E’ contestata l’equibarabilità tra l’art. 20 T.u.l.c.p. e l’art.2 T.u.l.p.s.,
innanzi tutto perché hanno finalità diverse (tutela dell’incolumità pubblica
il primo, tutela dell’ordine pubblico, invece, il secondo) e, in secondo
luogo, comportano un differente grado di delimitazione del potere attribuito
all’autorità pubblica.
Questa affermazione smentisce coloro i quali avevano fondato il potere di
precettazione sull’art.2 al quale molti prefetti avevano fatto ricorso con
l’avvallo della giurisprudenza amministrativa.
14
L’unica cosa che accomuna le due disposizioni riguarda il contenuto dei
provvedimenti che non mai è prestabilito dalla legge ma è rimesso alla
scelta discrezionale dell’organo, a seconda delle circostanze, le quali non
sono né previste né prevedibili.
Secondo la sentenza n.4/77 della Corte Costituzionale, tale valutazione vale
anche nei riguardi dell’art.20 T.u.l.p.c. perché le ordinanze di precettazione
fondate su questa norma “sia che si rivolgano a destinatari determinati,
prescrivendo loro un comportamento puntuale, sia che dispongano per una
generalità di soggetti e per una serie di casi possibili, ma sempre entro i
limiti, anche temporali, della concreta situazione di fatto che si tratta di
fronteggiare, sono provvedimenti amministrativi, soggetti, come ogni altro,
ai controlli giurisdizionali esperibili nei confronti di tutti gli atti
amministrativi”.
A proposito del contemperamento tra il diritto alla salute e il diritto di
sciopero non bisogna dimenticare che, con la sentenza n.31 del 1969
12
, la
Corte Costituzionale affermò che “lo sciopero non può essere esercitato in
misura lesiva di altri princìpi costituzionali indirizzati alla tutela di beni
pariordinati a quelli affidati alla tutela di categoria oppure alle esigenze
necessarie ad assicurare la vita stessa della comunità e dello Stato”.
12
La sentenza della Corte Costituzionale del 17/3/69, n.31 è pubblicata in Gcost, 1969, p.446-447
15
La sentenza n.4/77 escluse l’incostituzionalità, oltre che rispetto all’art.40,
anche in relazione agli art. 70, 76, e 77 della Costituzione
13
, ed ai principi
generali dell’ordinamento costituzionale, in quanto “la norma impugnata
non attribuisce una potestà legislativa bensì una competenza ad emettere
atti amministrativi di urgenza, sindacabili in sede giurisdizionale in
situazioni né astrattamente né tempestivamente prevedibili con legge”.
In merito al presunto contrasto con l’art.40 C., la Corte dichiarò che l’art.20
T.u.l.p.c. “non ha alcun necessario riferimento al diritto di sciopero,
l'esercizio del quale può semplicemente rappresentare talora una delle
svariatissime situazioni suscettibili di dare occasione all’adozione di
un’ordinanza contingibile ed urgente nelle materie dalla anzidetta
disposizione indicate ”.
E siccome il legislatore non aveva provveduto ancora ad emanare la legge
regolatrice dello sciopero, i limiti “coessenziali” al diritto di sciopero
(come già indicato nella sentenza n.123 del 1962) vanno pertanto desunti
dalla legislazione vigente, se compatibili.
La Corte concluse affermando che i limiti al diritto di sciopero trovano il
loro fondamento nella Costituzione: la tutela della salute (art.32 C.) e
l’incolumità delle persone (cui hanno riferimento i motivi di sicurezza),
13
Ricordiamo che l’art.70 C. affida la funzione legislativa esclusivamente al Parlamento, derogabile con
la delega al Governo come disciplinato dall’art.76 C. L’art.77 C., invece, disciplina il potere di emanare
decreti-legge
16
espressioni dei diritti inviolabili dell’uomo in base all’art.2 C. e dunque
preminenti rispetto al diritto di sciopero
14
.
Nonostante questa importante sentenza, restava un nodo da sciogliere, vale
a dire se la precettazione affievolisca il diritto di sciopero degradandolo ad
interesse legittimo, e in tal caso la giurisdizione è del giudice
amministrativo, oppure la precettazione si limita a riconoscere il
travalicamento dei limiti “coessenziali” del diritto di sciopero, e n tal caso
la competenza è del giudice ordinario
15
.
La sentenza della Corte fu molto criticata.
Le risposte della Corte non sembrarono esaustive e soprattutto in contrasto
con le recenti sentenze, tutte tese a ridurre il potere di emanare ordinanze
con carattere di necessità ed urgenza
16
.
Perplessità forti provocò la totale assenza di dubbi attorno
all’incostituzionalità della norma che viene assolta “con formula piena”
17
.
Alcuni speravano che il momento storico della regionalizzazione avesse
potuto spazzare via "un relitto degli ordinamenti del passato” considerato il
fatto che “i poteri prefettizi (sono) tipici di una amministrazione
centralizzata ed autoritaria”
18
14
Come già ribadito nella sentenza n.123 del 1962 (Gcost, 1962, p.1528 e ss.)
15
VALLEBONA, A. Apporto della giurisprudenza costituzionale al diritto del lavoro, 1988, p.113
16
POLACCO, P. “Legge e provvedimento amministrativo in materia di sciopero” (Gcost, 1977, I,
pp.264-279)
17
CARLASSARE, L. “Ordinanze prefettizie e diritto di sciopero” (Gcost, 1977, I, pp. 258-263)
18
PIZZORUSSO, A. ”Venti anni dopo” (FI, 1977, I, pp.276-277)
17
Alcuni commenti furono sarcastici: “La sentenza ha il sapore di un
ultimatum: mette in mora il legislatore, ma mette alle corde anche il
sindacato.[…].La riserva di legge è saltata. Rotti gli indugi la Corte si è
messa a cercare alleati fuori dell’ordinamento giudiziario […] e lo ha
trovato subito, bello e pronto: è un’autorità politico-amministrativa che
agisce istituzionalmente per fronteggiare situazioni difficili con rozza
efficacia, ma con la necessaria tempestività e duttilità”
19
.
Un’altra critica sottolineò che i provvedimenti ex art.20 “possono trovare
una giustificazione solo in un reale e grave pericolo a cui venga ad essere
esposta la collettività. […] in tale prospettiva un provvedimento di
'precettazione’ potrà sottrarsi ai dubbi di illegittimità costituzionale solo
quando (e nella misura in cui) consenta un efficace intervento reso
indispensabile dall’esigenza di salvaguardare quegli ‘interessi
assolutamente preminenti’ messi in pericolo dall’astensione dal lavoro di
particolari gruppi di lavoratori e non altrimenti tutelabili”
20
19
ROMAGNOLI, U. in AAVV (a cura di Branca, G.) Commentario della Costituzione (artt.35-40),
Bologna-Roma: Zanichelli, 1979, p.318
20
CORSO, F. “Sciopero nei pubblici servizi e “precettazione“ prefettizia (DG, 1978, p.433)