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Abstract
Il presente lavoro di tesi tratta il tema della maternità surrogata. L’obiettivo
dell’elaborato è quello di approfondire la pratica descrivendola nei suoi metodi e
nelle sue implicazioni etiche, delineando l’odierno scenario legislativo mondiale,
ragionando sui risvolti psicologici delle persone coinvolte e considerando la loro
esperienza da un punto di vista relazionale.
La prima sezione della tesi è dedicata alla descrizione delle tecniche di
surrogazione, alla presentazione delle statistiche inerenti alla diffusione tra
continenti e paesi, e delle normative vigenti; un approfondimento specifico viene
proposto per la situazione legislativa italiana. Segue una presentazione della
letteratura scientifica sui vissuti, pensieri e implicazioni psicologiche dei
protagonisti della pratica. Infine, viene presentata una ricerca circa le opinioni e gli
atteggiamenti dei giovani italiani verso la maternità surrogata.
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Abstract (english version)
This thesis deals with the topic of surrogacy. The goal is to deepen the practice
by analyzing its methods and ethical implications, outlining today’s legislative
scenario, thinking about the psychological implications of the people involved and
considering their experience from a relational perspective.
The first section focuses on the description of surrogacy techniques, it presents the
related statistics, the spread between continents and countries, and regulations in
force; a specific study is proposed for the Italian legislative situation. This is
followed by a presentation of the scientific literature on the experiences, thoughts
and psychological implications of the protagonists of the practice. Finally, research
is presented on the opinions and attitudes of young Italians towards surrogacy.
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Introduzione
Il lavoro di tesi è volto ad approfondire la pratica della maternità surrogata, una
tecnica di riproduzione medicalmente assistita, che permette ad una coppia o ad un
singolo di poter soddisfare il desiderio di diventare genitori, altrimenti insoddisfatto
a causa di problematiche mediche, sociali o connaturate alla tipologia di persona
che essa sia single o implicata in una relazione omosessuale. La maternità surrogata
apre a complesse problematiche di tipo legislativo, etico, sociale, medico,
psicologico e antropologico. Essa provoca diverse discipline che trovano urgenza
di esprimersi di fronte alla crescente diffusione dalla surrogacy nel mondo.
Ad oggi il panorama scientifico sul tema si presenta come frastagliato e molto
diversificato a seconda della disciplina e tal volta della metodologia utilizzata per
fare ricerca sul tema. La letteratura scientifica di matrice etico-filosofica pone delle
importanti questioni morali sul valore della donna, sulla mercificazione del loro
corpo, sul rendere il bambino oggetto del desiderio. Le ricerche condotte in ambito
psicologico suggeriscono degli esiti tendenzialmente positivi rispetto al benessere
di tutti i protagonisti implicati nella pratica, studi che tuttavia fanno riferimento a
campioni limitati che danno luogo a bias metodologici da tenere in considerazione.
Da un punto di vista giuridico si crea la necessità di seguire la rapidità dei
cambiamenti che avvengono a livello sociale e tra diversi continenti e paesi al fine
di poter tutelare gli attori che prendono parte al processo.
La maternità surrogata nonostante il suo diffondersi in tutto il mondo in modo
dinamico e veloce risulta una pratica studiata in modo ancora limitato e segmentato
rispetto ai diversi scenari che vengono a formarsi in ogni paese. Il seguente lavoro
di tesi mira ad esplorare il tema attraverso la raccolta delle evidenze scientifiche in
campo psico-giuridico. Viene proposta un’analisi della letteratura che si pone come
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scopo quello di esaminare la questione cogliendo la complessità dei dibattiti etici,
politici, psicologici e giuridici che apre.
Inoltre, la surrogacy, così come le altre tecniche di fecondazione assistita, ha creato
un insieme di credenze e ideologie nel contesto sociale in cui viviamo che si ritiene
interessante scoprire e studiare al fine di poter ricostruire l’immaginario sociale che
si sta diffondendo. Essa infatti suscita pensieri, atteggiamenti e comportamenti che
vengono in qualche modo veicolati dalle informazioni recepite quotidianamente dai
media e dalla rete sociale di appartenenza, ma anche dalle emozioni e dalle
riflessioni etiche che essa alimenta.
La tesi si struttura in due sezioni. Il tema è stato approfondito attraverso lo studio
di fonti bibliografiche recentemente pubblicate a livello nazionale e internazionale
al fine di poter costruire in modo il più possibile esaustivo lo scenario in cui si
inserisce la pratica. Vasta è la letteratura inerente alle riflessioni etiche e giuridiche
sulla questione, meno approfondita risulta essere la ricerca di matrice psicologica
sui vissuti e gli outcomes psicologici dei protagonisti coinvolti.
Allo scopo di esplorare le opinioni e gli atteggiamenti delle persone verso la pratica
è stato condotto uno studio con un campione composto da giovani adulti italiani
attraverso la somministrazione di un questionario. È stato utilizzato un database
raccolto per il Rapporto Giovani dall’Istituto Toniolo con la collaborazione della
Fondazione CARIPLO e di IPSOS LTD.
Il capitolo uno presenta un inquadramento storico e una definizione della pratica,
viene fatto un affondo sui termini utilizzati per riferirsi alla maternità surrogata e
vengono presentato le statistiche sulla diffusione della stessa.
Il secondo capitolo offre una prospettiva etico-giuridica, vengono trattate le
questioni morali maggiormente dibattute, lo stato delle norme a livello mondiale,
per poi sviluppare più nello specifico il caso italiano.
Il capitolo terzo prende in considerazione gli elementi psicologici della surrogacy
attraverso una lettura individuale e relazionale, tratta il costrutto di “genitorialità”,
per poi approfondire i vissuti e gli outcomes psicologici dei genitori sociali, del
figlio, dei donatori di gamete, della madre gestante, del partner di quest’ultima e
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dei loro figli biologici.
Il quarto capitolo riporta i risultati dello studio sulle opinioni o sugli atteggiamenti
dei giovani adulti italiani verso la maternità surrogata, viene indagata la diffusione
della pratica, il modo in cui gli atteggiamenti del campione cambiano in base all’età,
al genere, al titolo di studio, all’area geografica in cui si risiede, all’orientamento
politico, alla religiosità e all’essere genitori.
Il seguente lavoro di tesi, dunque, è volto a rendere maggiormente consapevoli i
professionisti interessati alla maternità surrogata. La ricerca si configura come un
approfondimento ragionato circa le diverse sfaccettature che si aprono di fronte alla
poliedricità della surrogacy. Lo scopo è quello di poggiare la prima pietra per la
costruzione di un pensiero complesso e dinamico circa la questione presa in esame
con l’auspicio che le future ricerche possano svilupparsi considerando le peculiarità
culturali e i limiti metodologici.
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1. Maternità surrogata: inquadramento storico e definizione
della pratica
1.1. Inquadramento storico
Nel 1985 a Cleveland, Ohio, un gruppo di ricercatori scrive il primo report
scientifico sul caso del trasferimento di un embrione, creato a partire da un ovulo
di una donna sottoposta precedentemente ad isterectomia, nell’utero di un’altra
donna, definita surrogata. La madre genetica aveva in passato usufruito
dell’inseminazione medicalmente assistita di un embrione fecondato in vitro
derivante dal suo stesso ovulo. Nonostante il successo dell’impianto nel grembo
della donna, a 28 settimane di gestazione l’utero spontaneamente si ruppe e si rese
necessario l’intervento di isterectomia. Il bambino morì a causa di una sindrome da
stress respiratorio, lasciando nell’aspirante coppia genitoriale un forte desiderio
inesaudito di avere un figlio geneticamente legato a loro. Fu chiesto alla clinica di
considerare la possibilità di poter trasferire l’embrione nell’utero di un’amica
completamente in salute, di anni 22 e madre di altri due bambini con gravidanza
senza complicazioni. L’ovulo della futura madre venne fecondato con lo sperma
del marito e fu impiantato nell’utero dell’amica con grande successo, creando la
prima maternità surrogata. Gli studiosi nell’articolo sottolineano l’importanza che
una scoperta scientifica di tale calibro può avere per le donne, desiderose di un figlio
con legame genetico, ma con alle spalle ripetuti e inspiegabili aborti, anomalie
uterine congenite, o qualsiasi malattia dell’utero che possa precludere la
conclusione di una gravidanza avente successo (Utian, Sheean, Goldfarb, & Kiwi,
1985).
Nel corso del tempo la società, evolvendo, ha dato luogo ad uno sviluppo della
tecnica, all’affinarsi delle metodologie, ma non solo: la tecnologia ha permesso di
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offrire sostegno a coloro che per motivi medici, genetici, strutturali non possono
intraprendere una gravidanza. Con un andamento direttamente proporzionale allo
sviluppo della prassi, è andato evolvendosi un pensiero critico di natura psicologica,
antropologica, sociale, ma soprattutto etica sulla surrogazione.
1.2. La terminologia
Fondamentale risulta essere il delineare primariamente il significato che si cela
dietro al linguaggio utilizzato per riferirsi alla pratica. Il termine maternità surrogata
trova la sua traduzione inglese nel sostantivo Surrogacy, viene detta anche
“surrogacy matherhood” o in italiano “surrogazione di maternità”, “sostituzione di
maternità”, “utero in affitto” e “gestazione per altri” (Gpa). Ogni espressione
sopraindicata fa riferimento alla medesima pratica, ciò che pone una differenza
sostanziale nella scelta della terminologia da utilizzare è l’accezione eticamente
intesa, positiva o negativa che si vuole far trasparire. “Maternità surrogata” viene
inteso come termine neutro e scientificamente imparziale dal punti di vista etico;
“gestazione per altri” viene utilizzato con il fine di donare alla pratica una
connotazione positiva, per evidenziare che lo scopo dell’azione è caratterizzato da
un animo altruistico e benevolo della donna che regala alla coppia la possibilità di
iniziare un’esperienza di genitorialità, contornando l’azione della dolcezza del dono
ad una coppia sfortunata; il termine “utero in affitto” ha invece un’accezione
negativa, che viene usata per porre luce sulla mercificazione del corpo della donna
e sulla riflessione etica circa il compenso economico dato alla madre biologica,
aprendo ad uno scenario di tipo economico, di diritti e doveri (Sgorbati, 2016).
Fondamentale risulta essere l’attenzione da porre nell’utilizzo di una terminologia
come “gestazione per altri” la quale secondo Chini (2016) opacizza la persona, in
quanto tale, decisa ad accogliere il nascituro, ubicandola in ombra rispetto
all’azione che si porta a compiere. Inoltre, spesso viene utilizzata per delineare una
maternità surrogata cosiddetta altruistica anche quando tale non è, sottolinea la
studiosa.