8
pressato dall’alto e dal basso, esemplificato in una visione plastica con la figura
del “sandwich”, cerca di interpretare con schemi concettuali tradizionali una realtà
che pur riconosce essere profondamente mutata: gli schemi di un sistema verticale
nel quale ogni fonte trova legittimazione da quella gerarchicamente superiore e
rappresenta il presupposto che valida quella gerarchicamente inferiore
6
.
Viceversa, ad un sistema verticale basato sul criterio della gerarchia si affianca
sempre più un sistema orizzontale basato sul criterio di specialità e sulla
distinzione per competenze.
1.1.2 Fonti di produzione e formanti
Le norme giuridiche
7
possono discendere solo dalle fonti di produzione
8
,
mentre viceversa dalle fonti di produzione possono discendere anche atti (ad
esempio, provvedimenti) che norme giuridiche non sono
9
.
D’altra parte, le stesse fonti del diritto sono solo una species del più vasto
genus delle formanti del diritto, abilitate dall’ordinamento a produrre atti e fatti
essere visualizzato come un “contenuto” in continua evoluzione che solo a fatica riesce a rimanere
ingabbiato nel “contenitore” rappresentato dalle concezioni giuridiche tradizionali.
6
Sistema certamente coerente, ma che probabilmente non rappresenta più l’unico strumento per
fotografare una realtà composita ed in itinere come quella che caratterizza oggi le formanti del
diritto. Con la conseguenza che al pluralismo e alla moltiplicazione delle formanti si affianca il
pluralismo degli schemi concettuali per interpretare questa realtà. Un’articolazione così
impressionante, di natura e provenienza diversificata, da far sostenere a G. SILVESTRI, La
ridefinizione del sistema delle fonti. Osservazioni critiche, in Pol. del dir, 1987, p. 150 che “la
situazione attuale delle fonti del diritto presenta aspetti di tale complessità e contraddizione da
rendere problematico l’uso del termine sistema”.
7
Le cui caratteristiche sono la generalità, l’astrattezza, la sanzionabilità, forse l’innovatività.
8
Sono fonti anche le fonti-fatto e anch’esse sono oggetto di profonde trasformazioni. Gli usi -
caratterizzati dall’opinio juris ac necessitatis e dalla diuturnitas, intesa come ripetizione uniforme e
costante di una condotta - non sono solo quelli, subordinati a leggi e regolamenti, relegati al fondo
del sistema gerarchico dalle Disposizioni sulla Legge in generale. Essi tendono ad assumere,
viceversa, un ruolo sempre più trasversale rispetto al sistema gerarchico delle fonti: e così è
possibile finanche riscontrare numerosi esempi di consuetudini che per il loro oggetto rivestono un
ruolo costituzionale e che dunque compiono la scalata del sistema verticale, ponendosi come
gerarchicamente sovraordinati rispetto alle stesse leggi ordinarie. Tuttavia, mentre la
globalizzazione ante-litteram presente prima dell’affermazione degli Stati nazionali era basata su
una lex mercatoria fondata proprio sulle consuetudini, la lex mercatoria attuale – come ricorda M.
R. FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione, Bologna, 2000, p. 90 -si caratterizza per la
rapidità, la velocità, il dinamismo, il disordine.
9
Differenti dalle fonti di produzione sono le fonti di cognizione, che favoriscono l’estrinsecarsi
delle condizioni di conoscibilità delle norme e che, dunque, sono ricognitive di norme già esistenti.
Bisogna tuttavia osservare che la “summa divisio” tra fonti di produzione e fonti di cognizione
rischia di rappresentare la prima vittima dell’evoluzione del sistema normativo: la distinzione
tende a scolorirsi non solo perché in realtà le fonti di produzione sono anch’esse fonti di
cognizione, o meglio ne sono una species, ma anche perché le fonti di cognizione tendono sempre
più a divenire una formante del diritto, capaci come sono di orientare comportamenti e di produrre
effetti giuridici. Basti pensare alla codificazione dei principi del commercio internazionale
predisposta dall’UNIDROIT.
9
che hanno effetti giuridici anche diversi dalle norme, ma talvolta molto vicini alle
norme. E mentre la congerie di formanti diverse dalle fonti era già
tradizionalmente nutrita
10
, si deve oggi constatare da una parte l’esplosione
quantitativa di questo modello, dall’altra la somiglianza di alcune di esse alle fonti
medesime
11
. L’ordinamento statuale, infatti, non può più considerarsi una
monade, coinvolto com’è nei processi di globalizzazione dell’economia e di
spiccata integrazione regionale, e dunque effetti giuridici scaturiscono anche da
una quantità industriale di atti e fatti seminormativi, spesso di scaturigine
transnazionale, ancor più spesso prodotto di entità non tipicamente pubbliche
12
.
1.1.3 Le fonti in Costituzione
La Carta Costituzionale non ha elencato in maniera tassativa le fonti del
diritto
13
, le quali si evincono dal riconoscimento di soggetti istituzionali ed organi
che emanano gli atti
14
. Si tratta di una scelta lungimirante dei padri costituenti,
atteso che un numerus clausus di fonti previsto in Costituzione sarebbe stato di
notevole intralcio al naturale adattamento dell’ordinamento al mutato scenario
istituzionale e all’evoluzione dei rapporti sociali
15
.
10
Basti pensare alle sentenze, alla dottrina, ai contratti, ai provvedimenti amministrativi.
11
Si tratta di fenomeni eterogenei che, pur non essendo ascritti tradizionalmente all’interno delle
fonti del diritto, producono delle “quasi-norme”.
12
Per cui, se resta valido l’assunto di V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, cit, p.3
secondo il quale “costituisce un dato generalmente accettato che ogni ordinamento determina le
proprie fonti legali, e con ciò stesso, conseguenzialmente, quali sono le norme che, entrando a
farne parte, perché da quelle prodotte, devono essere considerate a tutti gli effetti norme giuridiche
per antonomasia”, è anche vero che lo scenario è molto più problematico di quanto prima facie
appaia. E se CRISAFULLI ammette che “non sempre e non tutto il diritto effettivamente vigente
nello Stato è diritto sorto in forme e modi legali, per l’operare ineliminabile in qualsiasi esperienza
giuridica di fonti extra-ordinem”, è bene precisare che esistono formanti le quali, quantunque non
assimilabili a fonti del diritto, creano diritto in forme e modi legali e che sicuramente non sono
extra-ordinem, bensì integrano l’ordine costruito dalle norme. Tanto che è lo stesso CRISAFULLI,
a p. 28, ad esprimere critiche al pregiudizio dell’esclusiva statualità del diritto ed a precisare “il
carattere convenzionale della nozione prescrittiva relativamente all’ordinamento dato, delle fonti
legali”, sostenendo che va data “priorità alla scelta positiva operata dall’ordinamento” in relazione
“ai criteri formali di definizione delle fonti”, solo “ finché possibile”.
13
Inoltre, al di là del nomen juris di regolamento, la Costituzione non introduce un criterio
sostanziale per differenziare atti normativi ed atti provvedimentali in relazione a soggetti, come il
Governo, che hanno la potestà di emanare entrambi i tipi di atti.
14
Dunque, le fonti sono disciplinate solo indirettamente ed implicitamente.
15
Lungimiranza ancor più apprezzabile se si considera come i sistemi cosiddetti di civil law siano
compatibili con un “sistema chiuso” di fonti e come solo le continue interrelazioni tra sistemi
anglosassoni e sistemi continentali abbiano determinato la moltiplicazione delle fonti del diritto.
Ne consegue che è riconosciuta alle leggi ordinarie la potestà di fondare nuove fonti: il
riferimento, tra gli altri, è alla delega alla normazione della CONSOB, non prevista in
Costituzione.
10
Va precisato, tuttavia, che la Carta fondamentale istituisce un “sistema
chiuso” di fonti primarie: ne consegue un limite alla potestà della legge ordinaria,
che come norma sulla normazione può sì creare nuove fonti del diritto, ma non
può abilitarle alla produzione di norme primarie.
La Costituzione, insomma, ha istituito un sistema aperto di fonti secondarie,
ma ha reso tassative le fonti primarie: ne consegue che la legge non può istituire
fonti concorrenziali ed equiordinate a sé stessa
16
.
Il corollario è evidente: i regolamenti delle Autorità indipendenti, in
particolare quelli della CONSOB, pur quando caratterizzati da un contenuto che
sembra avvicinarli alle leggi ordinarie, non possono assurgere al rango primario.
La legge ordinaria, invece, può validamente istituire fonti non primarie non
previste in Costituzione ed abilitare queste fonti a “normare” anche in settori
coperti da riserva relativa, purché una legge o un atto avente forza di legge
stabilisca la disciplina di principio
17
.
Né l’elenco delle fonti previsto dalle Disposizioni sulla legge in generale,
d’altra parte, è di ostacolo a tale potestà.
18
1.1.4 La Costituzione
Le nuove formanti hanno determinato un “affollamento” dello scenario
normativo e quasi-normativo, ma hanno anche mutato i tratti delle fonti
tradizionali: Leitmotiv di queste mutazioni è la “detronizzazione” della legge
statale
19
.
16
Essendo la nostra una Costituzione rigida che elenca tassativamente le fonti primarie, la legge
ordinaria non può disporre della sua forza: ciò che ha reso necessario un marchingegno teorico per
giustificare la prassi della delegificazione.
17
Ne consegue che, come una norma secondaria emanata da una fonte prevista in Costituzione può
disciplinare un’area coperta da riserva da legge e già normata nelle linee essenziali da una legge
ordinaria, allo stesso modo un regolamento CONSOB può altrettanto legittimamente inerire a quel
settore.
18
L’art. 1 delle Disposizioni preliminari indica leggi, regolamenti, norme corporative ed usi e l’art.
3 delle stesse Preleggi distingue i regolamenti del Governo – allora disciplinati dalla l. 100 del
1926, costituzionalizzata nel 1928 – e i regolamenti di altre autorità, sottese alla legge e nelle
materie di competenza. I regolamenti CONSOB rientrano tra questi ultimi, ma anche se non lo
fossero l’elenco delle Preleggi non sarebbe di ostacolo alla loro legittimazione. Questo per un
triplice motivo: probabilmente quell’elenco aveva solo una funzione ricognitiva e comunque non
era tassativo; il sovrapporsi del sistema costituzionale; il grado di fonte primaria delle Preleggi,
derogabile dunque dalla legge ordinaria (e quindi, a proposito, dalla l. 216/74, e dal d. lgs. 58/98)
19
N. LUPO, Dalla legge al regolamento, cit, p. 14
11
Al vertice permane la Costituzione della Repubblica
20
: alla tradizionale
distinzione tra norme precettive
21
e norme programmatiche
22
, l’evoluzione del
sistema ha aggiunto una “summa divisio” altrettanto rilevante. Si tratta della
differenza tra principi fondamentali e altre norme della Costituzione: i primi - che
si sostanziano nei diritti inviolabili della persona
23
- risultano immodificabili
finanche da una revisione costituzionale, da leggi costituzionali
24
e dalla
normativa comunitaria
25
. Si pongono, dunque, come limite invalicabile alla
prevalenza delle norme comunitarie su quelle interne e come ostacolo maggiore
all’adesione da parte della Consulta italiana alla concezione monista perorata dalla
Corte di Giustizia delle Comunità Europee
26
.
Ancora diverso, invece, è il concetto – fortemente contestato – di
costituzione materiale
27
: all’interno di quest’ultima, ad esempio, potrebbero
20
La nostra Costituzione è scritta, rigida, perno della democrazia pluralistica, nel contempo
fondamento legittimante e parte integrante del sistema normativo.
21
Meglio sarebbe dire “norme immediatamente precettive”, in quanto fonte immediata di
produzione di norme. Tra queste, la dottrina colloca il primo comma dell’art. 47 della Cost.,
secondo cui “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina,
coordina e controlla l’esercizio del credito”.
22
Meglio sarebbe dire mediatamente precettive e, quindi, fonte sulla produzione. Tra queste
sicuramente figura il secondo comma dell’art.47, per il quale la Repubblica “favorisce l’accesso
del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e
indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.
23
A. BALDASSARRE, Diritti della persona e valori costituzionali, Torino 1997, p. 41, che
valorizza l’articolo 2 della Costituzione, come norma ricognitiva di diritti inviolabili che sono
“condizioni a priori della democrazia pluralistica”.
24
I profondi sconvolgimenti istituzionali, viceversa, non hanno intaccato le fonti previste dall’art.
138 della Cost., vale a dire le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali. La
distinzione tra leggi di revisione costituzionale - dunque modificative di disposizioni di testi
formalmente costituzionali o di norme implicite in tali disposizioni - ed altre leggi costituzionali –
quelle inerenti contenuti per i quali la Costituzione esplicitamente o implicitamente prevede la
forma costituzionale, nonché quelle che sono tali per scelta dello stesso legislatore – era e resta
distinzione di lana caprina, attesa l’identità di procedimento. Ne consegue che anche la discussione
circa la fonte - revisione costituzionale o altra legge costituzionale - necessaria per l’eventuale
costituzionalizzazione delle Autorità indipendenti rappresenta una questione esclusivamente
teorica.
25
Corte Costituzionale, sent. 232/1989, cosiddetta sentenza Fragd. Tale sentenza affronta il
rapporto tra la normazione comunitaria e i principi supremi dell’ordinamento: questi sono
rappresentati dai diritti inviolabili dell’uomo e, nella specie, dall’art. 24 della Cost.
26
L’affermazione dei diritti inviolabili dell’uomo come principi fondamentali della nostra
Costituzione, gerarchicamente superiori alle altre norme costituzionali e quasi Grund Norm
kelseniana del nostro ordinamento, secondo una parte della dottrina sarebbe una spia
dell’allontanamento da una concezione statolatrica e autoritaria. I diritti inviolabili – riconosciuti e
garantiti all’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali – rappresenterebbero la
manifestazione di una cultura pluralista e convenzionale, espressione del pensiero di LOCKE e
concretizzata nella transizione da uno Stato gestore ad uno Stato regolatore. In ogni caso, i diritti
inviolabili scardinano l’unità della Costituzione, tradizionalmente percepita come un monolite, e
determinano uno sfrangiamento all’interno della stessa, affermandosi come espressione di una
parte “super-rigida” della Costituzione che probabilmente non si sarebbe enucleata con tanta
prepotenza se non fosse stata “minacciata” dalla normazione comunitaria.
27
La nozione di “costituzione materiale” è stata introdotta da C. MORTATI in contrapposizione a
quella di “costituzione scritta o formale”: originariamente identificava gli orientamenti delle
12
essere introdotti il principio istituzionale del mercato ed il principio di trasparenza
nell’intermediazione mobiliare, ancorché non inseriti nel testo costituzionale
28
.
1.1.5 Riserva assoluta e riserva relativa di legge
Di portata differente, invece, è la “summa divisio” tra riserva assoluta di
legge e riserva relativa di legge
29
. Distinzione nata dal cilindro di una dottrina
particolarmente illuminata, arguta nel percepire i limiti dell’ideologia garantistica
che era alla base dell’istituto. La riserva di legge, infatti, rappresenta l’archetipo di
una concezione esclusivamente maggioritaria della responsabilità istituzionale,
tipica del liberalismo democratico ottocentesco e fondamento dello Stato gestore:
solo la legge, in quanto espressione immediata del Parlamento e quindi mediata
dei cittadini, può limitare i diritti dei cittadini stessi
30
.
Il vincolo alla legge, insomma, rappresenterebbe la maggiore garanzia dei
cittadini, che mediante la legge medesima si “autolimiterebbero”: interpretazione,
questa, che mentre è corroborata dal cospicuo numero di riserve presenti in
Costituzione, è paradossalmente minacciata proprio dalla rigidità della Carta
Costituzionale
31
. Tale concezione va oggi relativizzata da un punto di vista
maggiori forze politiche, sociali e sindacali e i comportamenti degli organi costituzionali.
Successivamente, tale sintagma è stato utilizzato per intendere ogni principio che, quantunque non
presente esplicitamente nella Carta Costituzionale, assuma a livello di diritto vivente
un’importanza superprimaria.
28
Per identificare l’impatto del principio istituzionale del mercato, fondamento della Comunità
europea, sull’ordinamento costituzionale italiano, si usa tuttavia parlare di “nuova costituzione
economica”. In particolare S. CASSESE, La nuova costituzione economica, Bari, 2002, p. 19,
afferma che le norme economiche della Costituzione – risultanti dagli artt. 41 e 43 sull’impresa e
42 sulla proprietà – sono di quattro tipi: istituiscono riserve originarie, riconoscono i diritti,
“funzionalizzano” i diritti, consentono l’espropriazione. Per “nuova costituzione economica”
CASSESE, invece, intende il complesso di norme costituzionali, leggi, opinione pubblica, prassi e
“diritto vivente”. Il giurista rimarca come, dopo le imprese pubbliche, il protezionismo, il Welfare
state, la “pubblicizzazione” dell’economia, lo Stato pianificatore e finanziatore, oggi si profila una
nuova costituzione economica, promanazione dei principi comunitari di libera circolazione,
concorrenza, limite agli aiuti di Stato. Una nuova costituzione caratterizzata da una “riduzione
dell’ambito dell’autorità statale nell’economia”, autorità che si fa “più ampia, ma meno pesante”.
29
Distinzione di origine dottrinaria, ma recepita dalla giurisprudenza e anche dal legislatore: la l.
400 del 1988, in relazione ai regolamenti governativi, non elenca le riserve assolute e quelle
relative - elenco che sarebbe stato comunque inutile, attesa la natura di fonte primaria di tale legge
– ma fa riferimento esplicito a tale distinzione, di origine dottrinaria.
30
Come ricorda N. LUPO, Dalla legge al regolamento, cit, pp. 355-356 all’origine ideologica
della riserva di legge c’è principalmente un atteggiamento di diffidenza verso l’Esecutivo,
comprensivo dell’intera Pubblica Amministrazione: la riserva di legge è riserva al potere
legislativo principalmente in contrapposizione al potere esecutivo, è dunque legata al principio di
sovranità popolare e di divisione dei poteri.
31
Paradossalmente, è proprio la Costituzione, così ricca di riserve, a rappresentare un primo
attacco alla concezione ideologica che è alla base della riserva di legge: l’esistenza di una
Costituzione rigida, parametro della validità costituzionale delle leggi, determina la
13
ideologico
32
e da un punto di vista concreto, attesa l’incompatibilità tra il lungo
iter previsto per la formazione della legge e il dinamismo della realtà. Dinamismo
che lo Stato tende ad affrontare sempre più con la regolazione e sempre meno con
l’interventismo e che quindi richiede procedure agili e flessibili.
Per evitare che l’ipertrofia di riserve di legge presenti in Costituzione
33
si
trasformasse in una camicia di forza capace di pregiudicare l’adeguamento del
diritto alla mutevole realtà, il sistema ha reagito in due modi.
Il primo è rappresentato dalla biforcazione tra riserva assoluta di legge
34
e
riserva relativa di legge
35
: appartiene alla seconda categoria, per quanto concerne
anche la financial economy, il terzo comma dell’art. 41 della Cost., secondo cui
“la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali”
36
.
Il secondo grimaldello è rappresentato, invece, dall’interpretazione del
termine “legge” non già come sola legge formale, ma anche come atto
equiordinato alla legge
37
.
Le profonde mutazioni vissute dal sistema normativo in questi decenni,
inoltre, si sono ripercosse sulla natura dello stesso istituto.
E così, da una parte, le limitazioni di sovranità, realizzate a favore di una
struttura sovranazionale in sede comunitaria, si sono incaricate dell’onere di
relativizzazione del principio di “onnipotenza della legge” quale espressione dell’autolimitazione
dei cittadini.
32
La public choice, ma ancor di più l’esperienza dimostrano la fallacia insita nella mitizzazione
del Parlamento.
33
Tale abbondanza è una fisiologica risposta all’esperienza autoritaria vissuta dal Paese negli anni
immediatamente precedenti.
34
La quale esclude regolamenti e provvedimenti discrezionali, che non siano di pura attuazione
della legge.
35
La quale invece caratterizza settori nei quali la legge deve stabilire esclusivamente la disciplina
di principio.
36
La conseguenza è dirompente: qualora fosse passata la posizione secondo la quale il settore della
tutela del risparmio non solo è coperto da riserva di legge, ma da riserva di legge assoluta, si
avrebbe dovuto in limine escludere l’esercizio di discrezionalità negli atti normativi della
CONSOB. Con la conseguenza che l’attribuzione di poteri regolamentari attribuita alla CONSOB
fin dal decreto legge 95/1974 e oggi con il Testo Unico della Finanza, sarebbe attribuzione senza
dubbio incostituzionale. Con l’ulteriore conseguenza di un mercato finanziario iporegolato o
regolato male e di una legislazione incapace di rispondere alle continue sfide che la
globalizzazione lancia al diritto.
37
Anche decreti-legge e decreti legislativi, di conseguenza, sono atti idonei a normare una materia
coperta da riserva di legge, sia pure da riserva di legge assoluta e purché non da riserva di
Assemblea, ancorché nei rispettivi procedimenti di formazione al controllo parlamentare si
affianchino margini di discrezionalità propri dell’Esecutivo.
14
scardinare ulteriormente il background ideologico basato sulla rappresentatività
del popolo
38
.
Dall’altra, l’inquadramento dello Stato-persona in posizione equiordinata
alle Regioni e sotto il comune ombrello dello Stato-ordinamento ha “vivificato”
l’attribuzione anche alla legge regionale della potestà di coprire la riserva di
legge
39
.
1.1.6 La “ridecodificazione”
La detronizzazione della legge ordinaria sembra contraddetta, tuttavia, da
un altro fenomeno che ha ulteriormente complicato il panorama delle fonti: la
decodificazione
40
. Tale tendenza ha generato una congerie di leggi ed atti
equiordinati così pletorica da porre il problema dell’incertezza del diritto, quello
degli strumenti atti a raccogliere in micro-sistemi le leggi speciali concernenti una
medesima materia, quello della crisi del codice civile. Decadenza che, pur senza
una flessione nell’inflazione delle iniziative di fonte primaria, sembrava ridottasi
in corrispondenza del disfacimento costituzionale che aveva contraddistinto la
fine della cosiddetta “prima Repubblica”
41
.
38
Anche i regolamenti della Comunità Europea, infatti, sono considerati leggi idonee a
disciplinare materie coperte finanche da riserva di legge assoluta, e il potere di normazione in sede
comunitaria vede come protagonisti il Consiglio e la Commissione più del Parlamento Europeo. Il
Consiglio Europeo, in particolare, è composto dai ministri o comunque dai rappresentanti degli
Esecutivi nazionali. La conseguenza è che, nel caso in cui un regolamento europeo dovesse
concernere una materia coperta da riserva assoluta di legge, ai membri direttamente eletti dal
popolo sarebbe demandato un controllo minor generis rispetto a quello ad essi accordato dagli artt.
76 e 77 della Cost., concernenti decreto legislativo e decreto-legge.
39
La caducazione del principio della legge formale come detentrice del monopolio della forza si
evince anche da altri, all’apparenza non rilevanti, mutamenti normativi. Il legislatore stesso,
ancorché conscio del generalizzato uso di decreti legislativi e dell’abuso di decreti-legge, ha
ridotto il sistema di controllo sugli stessi atti e consacrato il superamento del dogma della
necessaria rappresentatività del law maker: il riferimento è all’art. 16 della l. 400 del 1988, che
esclude un obbligatorio controllo preventivo di legittimità da parte della Corte dei Conti sugli atti
del Governo aventi forza di legge. La ratio è “alleggerire” la legge ordinaria dal compito di
regolare il dettaglio, per concentrarla soprattutto sulla normazione di principio.
40
N. IRTI, L’età della decodificazione, cit. Per decodificazione – come ricorda N. IRTI Codice
civile e società politica, cit, s’intende la “follia delle leggi speciali”, che da qualche decennio
hanno assunto un carattere alluvionale e hanno abbandonato la tecnica della novella al codice
civile, provocandone la vetustà. In alcune occasioni le leggi ordinarie erano divenute strumento
addirittura per svolgere attività amministrativa. E’ il fenomeno delle cosiddette leggi-
provvedimento.
41
Per N. IRTI, Codice civile e società politica, Bari, 1999, pp. 8-9, nel cinquantennale del codice,
“sembra del pari in questi ultimi anni, mentre la Costituzione è messa in gioco ed i fondamenti
storici della Repubblica discussi e controversi, che il codice civile torni garante della continuità e
regolarità dei rapporti…Le circostanze storiche attribuiscono così al codice civile una sorta di
plusvalore politico”. Secondo IRTI, insomma, in quella fase storica l’indebolimento della
Costituzione e la maggiore importanza del diritto privato sembravano restituire vitalità al codice
civile. E questo, nonostante l’incessante espansione delle leggi speciali, che tuttavia mostravano di
15
La crisi del codice civile, tuttavia, è riesplosa con l’assestamento
istituzionale del Paese e con l’espansione incessante di leggi speciali che, sempre
di più, hanno assunto nuova vitalità come espressioni del principio istituzionale
del mercato nell’ottica dell’armonizzazione della disciplina comunitaria. Si
assiste, dunque, ad un fenomeno di “ridecodificazione”, contraddistinto non solo
dalla sovrabbondanza di leggi speciali, ma anche dal fatto che tali leggi sono
manifestazione di istituti sempre meno “specificanti” e sempre più “decodificanti”
rispetto ai principi del codice civile
42
.
Fenomeno, questo, che si è accompagnato alla trasformazione del ruolo
della legge – oggi tesa sempre di più a fissare le regole principali, delegando la
disciplina di dettaglio alla potestà regolamentare – e alla “consolidazione” delle
leggi speciali mediante la tecnica del testo unico
43
.
Delegificazione e consolidazione, insomma: due aspetti che
contraddistinguono il d.lgs. 58/1998, da ora Testo Unico della Finanza (TUF), che
pone fine al far west delle leggi speciali in materia di mercati finanziari. Lo stesso
TUF, in un primo momento, sembrava eroso dalle leggi speciali attuative di
direttive comunitarie, le quali dunque caratterizzavano un fenomeno di
“deconsolidazione”: una preoccupazione che, tuttavia, è destinata a svanire con
aver smarrito il “diverso significato politico” in corrispondenza all’attenuata forza dei principi
costituzionali: fenomeno che, d’altra parte, lo stesso IRTI considerava potenzialmente transitorio.
42
Le leggi speciali, insomma, diventano lo strumento della nuova costituzione economica e
dell’atteggiamento self-restraint dello Stato rispetto all’impresa economica, contrapponendosi
all’impostazione del codice civile e creando una vera e propria antinomia di principi. Problema,
questo, che suggerisce anche la necessità di una revisione del codice civile, onde evitare “che lo
statuto degli homini oeconomici torni a contrapporsi allo statuto generale del cittadino”: ciò
determinerebbe la circostanza che “tutta la disciplina del mercato si troverebbe fuori dal codice
civile”. Così N. IRTI, Codice civile e società politica, cit,, p.68.
43
Entrambi i fenomeni (rinvio ai regolamenti per la disciplina di dettaglio e consolidazione) sono
evidenti nella l. 385/1993, Testo Unico Bancario (che raccoglie tutta la normativa bancaria, ad
eccezione di quella relativa alla concorrenza, prevista dalla l. 287/1990, come modificata dal d.
lgs. 481/1992), e nel d. lgs. 58/1998, Testo Unico della Finanza. Il testo unico diventa, così, un
corpus di regole di principio concernenti una determinata materia, aggregando la pluralità di leggi
speciali e contribuendo alla certezza e all’intellegibilità del diritto; nel contempo, in materie
soggette ad una forte evoluzione come quella dei mercati finanziari, la flessibilità e l’adattamento
delle disposizioni specificanti è affidata ai regolamenti. E tuttavia, “ad assicurare che
delegificazione e self regulation non finiscano per essere spazio aperto a cadute della certezza del
diritto e degenerazione stanno pur sempre le norme di cornice del TUF con tutto il rigore delle loro
disposizioni”. Così M. BESSONE, I mercati mobiliari, Milano, 2002, p. 39. Lo stesso sistema è
utilizzato nei maggiori Paesi europei con economia di mercato: il Financial Service and Markets
Act, emanato nel Regno Unito nel 2000, delega la regolamentazione di dettaglio alla Financial
Services Authority (FSA), la quale predispone un Handbook con tutti gli atti da essa stessa
emanati; lo stesso accade in Francia, sia prima della recente riforma (la l. 597/1996 stabiliva le
regole di principio, il Comitè de la règlementation bancarie, COB, quelle di dettaglio), sia con la
recente istituzione dell’AMF. Così C. BRESCIA MORRA, Le fonti del diritto finanziario in
Europa e il ruolo dell’autoregolamentazione, in Quaderno di ricerche n. 44 2002, p. 15
16
l’attuazione diretta da parte della CONSOB delle direttive comunitarie e con
l’affermazione delle prassi della novellazione.
1.1.7 Le leggi regionali
Una considerevole novità nella geografia delle istituzioni e della sistematica
delle fonti è stata apportata dalla modifica del Titolo quinto della Costituzione,
avvenuta con leggi costituzionali 1/1999
44
e 3/2001.
Con tali riforme non solo è stata accresciuta la potestà legislativa delle
Regioni, ma addirittura si è innescato uno sconvolgimento istituzionale in senso
federalista che consente di constatare un’ennesima volta la riduzione del ruolo
della legge statale. Si può ben dire, infatti, che lo Stato-persona e le Regoni non
sono più avvinte da un nesso gerarchico, bensì sono in una posizione di
equiordinazione: entrambi sono promanazione dello Stato-ordinamento.
Per quanto riguarda la potestà legislativa, si registra una vera inversione
metodologica: il nuovo art.117 della Cost., infatti, non elenca più un numerus
clausus di settori ascritti alle Regioni, bensì attribuisce loro una competenza
generale e residuale, fissando tassativamente, viceversa, le materie appannaggio
dello Stato
45
.
La potestà legislativa primaria o piena
46
è stata devoluta anche alle Regioni
a statuto ordinario
47
: merita ricordare che, potendo le leggi regionali attuare le
direttive comunitarie concernenti settori di loro competenza
48
, si delinea un forte
44
Gli Statuti sono approvati e modificati dai Consigli Regionali solo “in armonia con la
Costituzione”: il Governo centrale oggi può solo promuovere entro tempi brevissimi questione di
legittimità costituzionale.
45
A. D’ATENA, Materie legislative e tipologia delle competenze, in Quaderni costituzionali
2003/1. Si evidenzia come la collaudata tecnica dell’elencazione delle materie permane, “salvo –
ovviamente – che per la direzione. Per l’evidente ragione che, rovesciata la prospettiva
enumerativa, l’elencazione si riferisce, ormai (analogamente a quanto si riscontra nel
costituzionalismo federale), allo Stato, anziché alle Regioni”.
46
Tale potestà è caratterizzata dall’esclusività della competenza regionale e da una vera e propria
riserva di legge regionale: in passato era devoluta esclusivamente alle Regioni a statuto speciale.
47
Gli unici limiti sono rappresentati dalla Costituzione, dai vincoli derivanti dall’ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali.
48
La cosiddetta “legge La Pergola”, num. 86/1989, già assegnava tale potere alle Regioni a statuto
speciale nelle materie di competenza esclusiva; potere esteso anche alle Regioni a statuto
ordinario, nelle materie di competenza bipartita, dalla legge comunitaria per il 1998. Potere che
oggi trova formale costituzionalizzazione all’art. 117, quinto comma della Cost.: “Le
Regioni…nelle materie di loro competenza…provvedono all’attuazione e all’esecuzione…degli
atti dell’Unione Europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato”.
E’ tematica particolarmente interessante alla luce del disegno di legge Bottiglione - atto del Senato
n. 2386 del 2003 -, destinato a sostituire la legge La Pergola, e degli statuti regionali, che
potrebbero introdurre delle vere e proprie “leggi comunitarie regionali”. Ed è tematica interessante
17
svuotamento dei compiti dello Stato-persona in intere materie, by-passato dal
rapporto diretto che s’instaura tra l’Unione Europea e le Regioni. Permane,
inoltre, la potestà bipartita o concorrente
49
, ma con la novità dovuta al fatto che le
materie di competenza regionale sono profondamente lievitate
50
.
La “tutela del risparmio” e “i mercati finanziari”, tuttavia, sono materie
opportunamente riservate alla legislazione statale, interessate come sono da
un’intrinseca interrelazione con la dimensione internazionale che sarebbe stato
assurdo contraddire favorendo normazioni particolaristiche. Non mancano,
tuttavia, perplessità interpretative per quanto concerne il criterio di competenza
inerente all’”esercizio del credito”
51
.
Risulta interessante, quindi, verificare come la decodificazione, l’inflazione
di leggi statali e la richiesta di regolazione rappresentano solo uno specchietto per
le allodole: in realtà la legge statale è bersaglio di spinte concentriche che ne
risucchiano in misura crescente i poteri
52
e che demitizzano sempre più la
concezione maggioritaria alla base della democrazia parlamentare
53
.
anche perché un analogo potere è rafforzato, con la cd. procedura di Lamfalussy, anche per la
CONSOB.
49
Nelle materie di competenza concorrente, il limite alla potestà legislativa regionale è
rappresentato da non meglio precisati “principi fondamentali”, che il Governo è delegato ad
individuare e che si presuppone essere l’unità della nazione, i diritti inviolabili, la solidarietà tra
Regioni, il principio di sussidiarietà verso l’alto nelle singole materie, il criterio di progressività
nel sistema tributario.
50
Potestà statale e potestà regionale, inoltre, hanno un comune limite: quello del rispetto dei
vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
51
S. CASSESE Mercati finanziari, Stato e Regioni, p. 3, e R. COSTI Regioni e credito: i profili
istituzionali, p. 9, entrambi in Banca Imp. Soc., 2003 n.1. Entrambi evidenziano come il
legislatore costituzionale sia stato alquanto impreciso e “distratto”. Da una parte, infatti, assegna
alla competenza esclusiva statale la “tutela del risparmio”, omettendo di fare riferimento
all’esercizio del credito, che pure è l’altra componente dell’attività bancaria. Dimenticanza, questa,
che può essere risolta assegnando anche l’esercizio del credito alla competenza esclusiva statale:
infatti, sono di competenza statale “i mercati finanziari” (e quindi imprese, operazioni, utenti e
regolazione degli stessi), “i rapporti con l’Unione Europea” e “la tutela della concorrenza”.
Dall’altra, tuttavia, il nuovo art. 117, comma 2 della Cost. assegna alla competenza bipartita “casse
di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario
a carattere regionale”. Ciò che costituisce un “pasticcio” per CASSESE e un “bell’esempio di
approssimazione” per COSTI: tali categorie di banche, infatti, erano previste dall’art. 1 della legge
bancaria del 1936, ma non sono più presenti con il TUB. Ne consegue che deve intendersi presente
una competenza bipartita sulle “banche regionali”, salvo stabilire i criteri per individuare tale
nozione.
52
Va considerata anche la crescente rilevanza dei regolamenti regionali. Il sesto comma dell’art.
117 della Cost., come introdotto dalla legge costituzionale 3/2001, dispone che: “La potestà
regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni.
La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia”. La potestà regolamentare
regionale, così, erode due volte la potestà del legislatore statale: la prima, perché si attribuiscono
poteri ai regolamenti, anche indipendenti e delegificati; la seconda perché non si tratta di
regolamenti statali.
53
Una trasformazione della costellazione dei poteri che potrebbe trovare definitivo coronamento
nell’istituzione del Senato delle Regioni sul modello del Bundersrat tedesco e nell’attribuzione allo
18
1.2 I REGOLAMENTI
1.2.1 I regolamenti governativi
Il depotenziamento della legge può essere letto soprattutto in un’altra ottica:
quella della delegificazione e dell’accresciuto ruolo assunto dai regolamenti
governativi, disciplinati oggi dall’art. 17 della l. 400 del 1988
54
. Tali regolamenti
non sono rilevanti ai fini della disciplina dei mercati finanziari, ma gli spunti
interpretativi offerti dalla loro sistematizzazione risulteranno particolarmente utili
ai fini della comprensione del rule making della CONSOB.
Il primo comma dell’art. 17 opera una tripartizione dei regolamenti
governativi
55
.
I primi sono i regolamenti di esecuzione stricto sensu, che sono
funzionalizzati solo ad attuazione ed interpretazione delle leggi, le quali hanno già
disciplinato l’oggetto compiutamente e nel dettaglio
56
.
I secondi sono i regolamenti di integrazione, emanati allorché la legge ha
già normato, quantunque in maniera non esaustiva, una materia non coperta da
riserva assoluta o, oggi, da riserva alle Regioni. In questo vasto genus, tra l’altro,
è presente la species dei regolamenti di disciplina dell’organizzazione e del
funzionamento della Pubblica Amministrazione, che incide su materie già coperte
da leggi in virtù della riserva relativa prevista dall’art. 97 della Cost.
I terzi, particolarmente rilevanti, sono i regolamenti cd. “indipendenti”, che
vertono su materie “fortuitamente” prive di disciplina legislativa e non coperte da
una riserva di legge, neanche relativa
57
.
stesso della potestà di eleggere sei giudici costituzionali. Modificazioni, queste, fissate dal
disegno di legge costituzionale di modifica della parte seconda della Costituzione che risulta essere
l’elaborazione della cosiddetta “bozza di Lorenzago”, trasfusa nel disegno di legge num. 2254
comunicato alla Presidenza del Senato il 17 ottobre 2003.
54
D’altra parte, è evidente in questo caso come la sistematica delle fonti sia l’immediato riflesso
delle opzioni istituzionali scelte: risulta unanimemente affermato, infatti, che il rapporto tra
regolamenti legislativi e regolamenti governativi involge problemi costituzionali di relazioni tra il
potere legislativo ed il potere esecutivo.
55
Trait d’union è il procedimento di formazione, caratterizzato da una delibera del Consiglio dei
Ministri, dal parere del Consiglio di Stato, dal controllo della Corte dei Conti e dall’emanazione
con dPR.
56
G. AMATO, Rapporti fra norme primarie e secondarie(aspetti problematici), Milano, 1962,
ricorda come regolamenti di questo genere sono sempre stati emanati e sono possibili anche in
materie coperte da riserve assolute di legge
57
La l. 400/1988 ha dunque riconosciuto la potestà di un intervento regolamentare in materie
“vuote”, sguarnite di un precedente intervento legislativo, senza che con ciò si precluda una
successiva disciplina legislativa. L’auto-attribuzione da parte del Governo della potestà
regolamentare non è assolutamente sinonimo di riserva di regolamento. Nonostante questa
precisazione, i regolamenti indipendenti sono stati oggetto di una feroce critica: si è sostenuto, ad
19
Ulteriore rispetto alla tripartizione elencata al primo comma, ma
particolarmente interessante, risulta essere l’ipotesi del “regolamento delegato”
prevista al secondo comma dell’art. 17: si tratta di un regolamento che verte su
una materia non coperta da riserva di legge assoluta, quando la legge ha fissato
una normativa generale e ha disposto l’abrogazione di leggi precedenti sotto la
condizione sospensiva dell’entrata in vigore del regolamento stesso
58
. La l.
400/1988
59
recepisce un escamotage dottrinario volto ad evitare
l’incostituzionalità della legge delegante
60
: non sono i regolamenti delegati ad
acquistare forza di legge, ma è la legge successiva che abroga la precedente
secondo il naturale meccanismo della lex posterior, con l’unica differenza
ascrivibile alla circostanza che condiziona tale abrogazione all’an e al quando del
“fatto” - entrata in vigore del regolamento
61
.
Non va trascurato, tuttavia, che alcuni regolamenti indipendenti ed alcuni
regolamenti delegati assumono un ruolo che sarebbe riduttivo considerare di
esempio, che non ci sono materie assolutamente sguarnite di normazione; che tale potestà
violerebbe il principio di legalità, il quale, nella sua accezione formale, richiederebbe una base
legale necessaria; che una simile attribuzione “indurisce in senso autoritario il sistema”, in maniera
maggiore perfino alla legge 100/1926. Obiezioni cui si è rispettivamente controbattuto – come
ricorda N. LUPO, Dalla legge al regolamento, cit, p. 273 - che: si tratta di una norma di chiusura;
la presenza di riserve di legge a contrario esclude una nozione così vincolante del principio di
legalità; il Governo è oggi parte integrante di un ordinamento che assicura adeguate garanzie, tra
cui non sono da escludere l’affermazione del sistema maggioritario e del bipolarismo.
58
A. PIZZORUSSO, Delegificazione, in Encicl. del Dir. Aggiorn.III. Si tratta, chiaramente, di
regolamenti potenziati, autorizzati dalla legge ad intervenire su materie prima disciplinate dalla
legge: un ennesimo esempio, insomma, di riduzione dei compiti normativi della legge
parlamentare. Si pone, tuttavia, il problema dell’introduzione di strumenti per evitare la
“rilegificazione” ed il complesso coesistere di criterio gerarchico e cronologico nell’intreccio tra
leggi e regolamenti
59
L’art. 17, secondo comma, della l. 400 stabilisce infatti che: “Con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono
emanati i regolamenti per la disciplina delle materie non coperte da riserva assoluta di legge
prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della
potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e
dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme
regolamentari”.
60
Una ricostruzione diversa renderebbe la legge delegante incostituzionale, perché, conferendo al
regolamento la potestà di abrogare leggi precedenti, istituirebbe una fonte a sé concorrenziale.
Analoghi problemi di costituzionalità sorgerebbero se si spiegasse la delegificazione come lo
strumento con cui la legge successiva degrada a fonte secondaria la legge precedente che verteva
su una determinata materia. D’altra parte, l’esigenza di flessibilità richiede di sottrarre determinate
materie ai meccanismi procedimentali della legge ordinaria. E così se MORTATI giustificava
costituzionalmente i regolamenti prodotti dalla delegificazione - richiedendo tuttavia la loro
sottoposizione a sindacato di legittimità costituzionale -, altri autori – ed in particolare
MODUGNO - creavano un escamotage dottrinario volto a predisporre gli anticorpi nei confronti
di un eventuale giudizio di costituzionalità della legge delegante.
61
Quello che sembrerebbe un artificio dottrinario, insomma, diventa l’unica possibile sintesi tra
l’impossibilità della legge di disporre della propria forza e la necessità di una regolamentazione
più dinamica e di un diritto più reattivo.
20
normazione secondaria, e ciò ha spinto la Corte Costituzionale ad interrogarsi
sulla possibile loro sottoponibilità a sindacato di legittimità costituzionale
62
.
Risulta lampante, per concludere, come molti problemi che attanagliano i
regolamenti governativi risultano essere a fortiori presenti per quelli della
CONSOB
63
.
1.2.2 I regolamenti non governativi
I regolamenti non governativi tradizionali, vale a dire diversi dai
regolamenti delle Autorità indipendenti, sono disciplinati dall’art. 3 delle
Disposizioni Preliminari al Codice Civile e non erano previsti dalla Costituzione
fino alla legge costituzionale 3 del 2001.
Vanno senz’altro annoverati in questo genus i regolamenti ministeriali ed
interministeriali
64
: sebbene considerati gerarchicamente sottordinati a quelli
governativi, alcuni di essi prevalgono sulle fonti non primarie in virtù del
principio di competenza. E’ il caso dei regolamenti del Ministero dell’economia e
delle finanze, destinatari di ampie deleghe da parte del TUF secondo un
62
N. LUPO, Dalla legge al regolamento, cit, pp. 113 e ss. Mentre la sent. 354/1998 non escludeva
tale sindacato sui regolamenti delegati, la sent. 427/2000 negava tale evenienza, demandando il
controllo al giudice ordinario; la pronuncia 251/2001, tuttavia, ha riaperto la questione,
ammettendo in un caso problematico che un regolamento delegato possa essere oggetto di
questione di costituzionalità quando eccede contenutisticamente la legge “delegificante”. Un
revirement, quest’ultimo, suscettibile anche di sviluppi ulteriori, che potrebbero perfino interessare
quei regolamenti della CONSOB cui sta più stretta la collocazione nelle fonti secondarie.
63
A riprova di ciò è possibile evidenziare tre elementi che fungono da trait d’union tra regolamenti
governativi e regolamenti della CONSOB. Il primo è il coinvolgimento, nella fase di gestazione di
taluni regolamenti governativi, delle forze sociali: basti ricordare, a questo proposito, che
l’Osservatorio sulle semplificazioni istituito nel 1999 ha tra le altre attribuzioni quella di
“consentire forme stabili di consultazione con le parti sociali, le autonomie territoriali e gli altri
soggetti interessati ai processi di regolazione”. Il secondo è l’istituzione del Comitato per la
Legislazione, previsto dal 1999 all’art. 16 bis del regolamento della Camera: ideato per intervenire
necessariamente sui disegni di legge di delegificazione di determinate materie a favore del
Governo, opera anche per “progetti di legge recanti norme di delegazione legislativa o disposizioni
volte a trasferire alla potestà regolamentare…di altri soggetti (diversi dal Governo) materie già
disciplinate con legge”. E se la dottrina è unanime nel ricomprendere tra questi altri soggetti le
Autorità indipendenti, sillogisticamente bisogna ammettere la possibilità di delegificazione a
favore della CONSOB. Il terzo è l’estensione alle Autorità indipendenti del controllo esercitato
con l’analisi tecnico-normativa (ATN) e soprattutto con l’analisi dell’impatto della regolazione
(AIR), espressione invece dell’analisi costi-benefici.
64
Tali regolamenti sono stati ritenuti costituzionalmente legittimi dalla sent. 90/1979 della Corte
Costituzionale ed oggi sono regolati dal terzo comma dell’art. 17 della l. 400/1988. Sono
gerarchicamente sottordinati a quelli governativi, possono inerire solo materie di competenza
propria o di autorità inferiori, vanno previamente comunicati al Presidente del Consiglio e possono
normare solo successivamente all’ascrizione di tale potere da parte della legge.
21
meccanismo di “delegificazione di fatto” analogo a quello introdotto a favore del
rule making di CONSOB e Banca d’Italia
65
.
Differenti sono, viceversa, i regolamenti di Comuni e Province
66
: per alcuni
di essi
67
, ed in particolare per quelli incidenti sui rapporti interprivati
68
, la dottrina
ha avanzato un parallelismo con i regolamenti della CONSOB. E’ bene
evidenziare, tuttavia, che – anche prima della legge costituzionale 3/2001, la
quale li prevede esplicitamente e probabilmente istituisce, al sesto comma dell’art.
117
69
della Cost., un caso di riserva di regolamento per l’organizzazione interna -
tali atti già costituivano il precipitato dell’autonomia garantita costituzionalmente
dagli artt. 114 e 128 della stessa Cost
70
.
65
Si farà successivamente cenno ai regolamenti previsti dal TUF, ad esempio, in materia di nuove
categorie di strumenti finanziari, servizi d’investimento e servizi accessori (art. 18) e in materia di
fondi comuni (art. 37).
66
E oggi anche delle Città metropolitane.
67
I regolamenti degli Enti locali rappresentano una galassia eterogenea: ad atti semplicemente
amministrativi si affiancano, infatti, regolamenti interni, quelli caratterizzati da un flebile esercizio
di discrezionalità su materie di importanza residuale, ma anche regolamenti ritenuti dalla dottrina
fonti sub-primarie per la loro intensa normatività e per la possibilità di provocare effetti giuridici
perfino su diritti soggettivi costituzionalmente garantiti dei privati.
68
Sono senz’altro questi ultimi - ed in particolare i regolamenti comunali su edilizia ed
urbanistica, come il piano regolatore comunale - a destare maggiore interesse: presentano elementi
sussistenti anche nei regolamenti della CONSOB, come evidenziano M. S. GIANNINI, CONSOB,
p. 53 e A. PREDIERI, La posizione istituzionale della Consob nell’apparato amministrativo, p.
193 in Consob. L’istituzione e la legge penale.
69
Per i regolamenti degli Enti minori, è stabilita una “riserva di regolamento” in relazione alle
funzioni esercitate, da correlare anche alla potestà statutaria attribuita ora dal secondo comma
dell’art. 114 della Cost. Così G. C. ROLLA, L’autonomia dei comuni e delle province, in La
Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo Titolo quinto, Torino 2001, p. 157.
70
In particolare l’art. 128, oggi abrogato, disponeva che “Le Provincie e i Comuni sono enti
autonomi nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le
funzioni”. Questa norma in realtà aveva già portato M. S. GIANNINI, Autonomia, in Riv.Trim Dir.
Pub. 1951, p. 851, ad affermare, per quanto concerne i regolamenti di auto-organizzazione, una
potestà propria di indirizzo politico-amministrativo derivante dalla propria comunità.