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INTRODUZIONE
L’elaborato è il frutto di un percorso dinamico, composto da un’attenta analisi
degli orientamenti giurisprudenziali e di quelli dottrinali, susseguitisi nel
tempo, i quali hanno definito i caratteri attuali del ricorso straordinario al
Capo dello Stato, non senza lasciare tracce di incertezza.
Partendo da una generica osservazione degli strumenti di tutela offerti in capo
a posizioni giuridiche soggettive lese da provvedimenti amministrativi, sarà,
poi, illustrata la genesi, la struttura e lo svolgimento del ricorso oggetto di
esame, le differenze con i ricorsi di carattere ordinario e le relative posizioni
dei controinteressati e cointeressati all’interno del processo.
A fronte degli atti della Pubblica amministrazione, si può affermare che la
tutela in maggior misura penetrante e rilevante è indubbiamente quella
giurisdizionale, cementificata nell’art. 113 Cost. in relazione a tutti i
provvedimenti lesivi di diritti soggettivi o interessi legittimi. In sede
amministrativa, invece, sono proponibili ricorsi – amministrativi, appunto –
regolati non dalla Costituzione, ma unicamente dalle leggi; difatti la disciplina
generale è contenuta nel d.P.R. 24 novembre 1971, n.1199, considerato come
il riferimento normativo principale in materia, fino al d.lgs. 2 luglio 2010, che
ha approvato il testo del nuovo codice del processo amministrativo.
Pertanto, gli obiettivi perseguiti nelle pagine che seguiranno saranno
sostanzialmente tre: in primo luogo, quello di prendere il via da i non pochi
riferimenti normativi vigenti o meno in materia per esporre in maniera
uniforme e concisa in che modo sono stati modellati i caratteri dell’istituto
cardine dell’elaborato;
in secondo luogo, delineare i diritti e gli oneri attribuiti alle parti interessate nel
processo, esponendo in dettaglio le più importanti pronunce del Consiglio di
Stato;
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ed, infine, illustrare i motivi per i quali il ricorso in esame, pur essendo
considerato un “relitto storico”, permane tuttora nel nostro ordinamento.
Riassuntivamente, nel primo capitolo saranno analizzati i ricorsi
amministrativi in generale, ovverosia il ricorso gerarchico proprio ed
improprio e il ricorso in opposizione, nonché le rispettive procedure e l’ambito
di applicazione.
In seguito, verranno illustrati i caratteri del ricorso straordinario al Capo dello
Stato, tema centrale del lavoro svolto. L’esame verterà sulle origini
dell’istituto, fino ai giorni nostri; dunque, sarà svolto un opportuno
parallelismo tra passato e presente, con l’illustrazione dei motivi per i quali il
rimedio in esame è ancora attuale, secondo quanto previsto tra gli obiettivi.
Recepito dallo Stato unitario e sopravvissuto alla comparsa della giurisdizione
amministrativa ed al successivo avvento della Costituzione repubblicana, il
ricorso straordinario ha costituito un efficace rimedio alternativo al processo
amministrativo, in considerazione dei limitati costi per avviare la procedura e
del carattere meramente facoltativo dell’assistenza tecnica.
Nel paragrafo sulla “giurisdizionalizzazione” del ricorso al Capo dello Stato,
verranno affrontate le tematiche dominanti in dottrina e in giurisprudenza sulla
natura del ricorso in questione, il quale ha assunto sempre più la forma di
rimedio a carattere giurisdizionale, atteso l’intervento del legislatore con la
legge n.69 del 2009 e le recenti sentenze del Consiglio di Stato e della Corte di
Cassazione (Corte Cass., S.U., 19 dicembre 2012, n.23464) che hanno tentato
di dirimere la controversa natura a sfavore di quella amministrativa.
Sarà analizzata in dettaglio la sentenza delle Sezioni Unite della Suprema
Corte n. 2065 del 28 gennaio 2011, con la quale è stata introdotta la possibilità
di adire il giudice dell’ottemperanza in caso di inadempimento del decreto
presidenziale o, ancora, di sollevare questioni di legittimità costituzionale
nell’ambito della procedura straordinaria, nonché una trasformazione dei
poteri decisori originariamente attribuiti al Ministro in meri adempimenti di
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natura formale, in quanto la legge sopra citata ha reso definitivamente
vincolante il parere del Consiglio di Stato.
La riforma del 2009, se da un lato ha suscitato alcune perplessità che saranno
illustrate nella sede opportuna, da un altro lato è stata salutata sia come un
opportuno adeguamento dell’ordinamento italiano ai principi della CEDU, sia
come il completamento dell’evoluzione del ricorso straordinario sotto il profilo
giuridico e dell’autonomia.
Tuttavia, nonostante la diversità di fonti delle due tipologie di rimedi –
amministrativo e giurisdizionale – che comporta differenze di carattere
ontologico, vanno rinvenuti tratti analoghi sotto il profilo procedurale, come
l’impulso di parte, il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e,
in particolar modo, il principio del contraddittorio, vale a dire principi che
determinano un’identità di ratio.
Occorre precisare fin da ora che, in risposta al principio di economia
processuale, si esclude la contemporanea pendenza dei due procedimenti. Il
ricorrente in sede amministrativa può proporre ricorso giurisdizionale,
rinunciando nei termini alla definizione del primo gravame; allo stesso modo,
l’interessato può proporre ricorso amministrativo dopo quello giurisdizionale,
alle stesse condizioni. Tale principio, tuttavia, soccombe al brocardo latino
electa una via, non datur re cursus ad alteram quando si parla di ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica, dal momento che una volta
proposto tale rimedio, non è più esperibile il secondo e viceversa.
Per ampliare il discorso relativo al principio del contraddittorio, nel secondo
capitolo sarà analizzata la posizione del cointeressato nel processo
amministrativo in generale, nonché nel ricorso straordinario al Capo dello
Stato, evidenziando, attraverso un’analisi giurisprudenziale degli anni recenti e
di quelli passati, come la parte in questione sia divenuta da necessaria a
meramente eventuale.
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I cointeressati, infatti, in quanto soggetti portatori di un interesse analogo o
identico a quello del ricorrente principale, hanno la possibilità di impugnare il
provvedimento in maniera autonoma, attesa la diretta lesione dello stesso nei
loro confronti. Il punto focale dell’analisi tratterà la soluzione adottata dal
T.A.R. Friuli Venezia Giulia nella sentenza del 27 giugno 2011, n.321, alla
luce del nuovo codice del processo amministrativo, in merito la possibilità di
effettuare la trasposizione in sede giurisdizionale. Come vedremo, se il T.A.R.
ha dichiarato l’inammissibilità della trasposizione ad opera dei cointeressati, la
Suprema Corte si è espressa in senso contrario.
Per converso, nel terzo ed ultimo capitolo della trattazione, si analizzerà la
posizione dei controinteressati sia nel processo amministrativo che nel ricorso
straordinario al Capo dello Stato .
Si parlerà, dunque, degli elementi elaborati dal collegio del Consiglio di Stato
per classificare tale categoria di soggetti, ovverosia l’elemento sostanziale, il
quale si caratterizza in un interesse di natura eguale e contraria a quello che
legittima il ricorrente ad agire in giudizio e deve essere qualificato alla
conservazione dell’atto, nel senso che tale interesse deve nascere dal
medesimo provvedimento impugnato e non già da atti successivi, dai quali
deriverebbe soltanto un interesse di fatto non tutelabile in sede processuale;
e l’elemento formale, che consiste nell’esplicita menzione del
controinteressato nel provvedimento impugnato o comunque nell’agevole
individuabilità dello stesso in base all’atto.
Sarà esaminata la figura dell’intervento litisconsortile, disciplinato dal codice
di procedura civile e applicato in maniera analogica a quello amministrativo;
sulla stessa linea, non potrà mancare un’esposizione relativa alle differenze
con l’istituto eventuale dell’intervento adesivo dipendente posto in essere dai
cointeressati o, comunque, dai soggetti legittimati a proporlo.
Inoltre, saranno illustrati gli ulteriori meccanismi di difesa previsti per
l’attuazione del contraddittorio attraverso l’istituto dell’opposizione di terzo,
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introdotto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 177 del 17 maggio
1995, e il ricorso incidentale, previsto dall’art. 42 del nuovo codice del
processo amministrativo.
A conclusione dell’organico studio giurisprudenziale, sarà elaborata una
sostanziosa casistica incorporata di pronunce dei T.A.R e del Consiglio di
Stato dell’ultimo decennio, a dimostrazione di quanto sia un problema ancora
attuale quello di individuare dei caratteri ben definiti nella materia oggetto di
trattazione.
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CAPITOLO I
IL RICORSO STRAORDINARIO AL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
Sommario: §1. Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica:
1.1. I ricorsi amministrativi: ricorso gerarchico e in opposizione. – 1.2.
Il ricorso straordinario al p.d.R: 1.2.1. Genesi. – 1.2.2. Struttura e
ambito di applicazione – 1.2.3. Il principio di alternatività. – 1.2.4.
Presentazione. – 1.2.5. Fase decisoria.- 1.3. “Giurisidizionalizzazione”
del ricorso al p.d.R.
§1.1. I ricorsi amministrativi: ricorso gerarchico e in opposizione.
Il ricorso amministrativo, nel diritto amministrativo italiano, è l’istanza
diretta ad una pubblica amministrazione al fine di ottenere una tutela della
propria situazione giuridica soggettiva, nella specie di interesse legittimo,
ovvero, nei casi di giurisdizione esclusiva, di diritto soggettivo. Esso si
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configura come un mezzo di tutela giustiziale
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e non giurisdizionale, mediante
il quale è riconosciuta al cittadino la facoltà di sindacare l’attività della p.a.
Tradizionalmente, i ricorsi amministrativi sono distinti in:
- ordinari, cioè ricorsi che hanno per oggetto un provvedimento
amministrativo non definitivo, che si risolvono nell’ambito del settore
amministrativo stesso cui appartiene l’autorità che ha emanato l’atto
impugnato e determinano la pronuncia dell’ultima parola da parte dell’autorità
amministrativa designata (cfr. ricorso gerarchico e ricorso in opposizione);
- straordinari, cioè ricorsi che, invece, hanno per oggetto atti
amministrativi definitivi, che realizzano una tutela “esterna”, dal momento
che si risolvono al di fuori del settore amministrativo cui appartiene l’autorità
che ha emanato l’atto (cfr. ricorso straordinario al Capo dello Stato);
- impugnatori, quando hanno ad oggetto un atto amministrativo ritenuto
lesivo;
- non impugnatori, quando, invece, hanno ad oggetto un mero
comportamento della P.A. o la costituzione o modificazione di un rapporto
giuridico in cui è coinvolta la pubblica amministrazione stessa (come ad
esempio il ricorso alle commissioni di vigilanza per l’edilizia economica e
popolare) e che, pertanto, hanno carattere eccezionale ed atipico.
Ma passiamo ad una rassegna dettagliata dei rimedi in questione, attraverso
l’analisi delle forme dei ricorsi previste dal D.P.R. n. 1199/1971.
Ricorso gerarchico
Il ricorso gerarchico è un rimedio amministrativo ordinario esperibile nei
confronti di atti amministrativi non definitivi, per motivi di legittimità e di
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Così M. CALABRO’, Modelli di tutela non giurisdizionale: i ricorsi amministrativi, Report annuale –
2013 – Italia, www.ius-publicum.com, “La funzione giustiziale viene intesa come attività della p.a.
diretta a risolvere al proprio interno, ma in modo imparziale e obiettivo, un conflitto con il cittadino
senza esigenza del ricorso al potere giudiziario.”