4
Il fatto stesso che le autorità giudiziarie siano di norma legate a precise
istituzioni statali, quindi ad una nazione e ad un territorio, rende ben
comprensibile la difficoltà esistente nell’applicare controlli giudiziari alla rete,
sì che non sembra del tutto inappropriata la descrizione di “far west
telematico” che molto spesso capita di leggere in articoli e pubblicazioni
riguardanti il mondo del web.
Non a caso si parla del passaggio da modelli di comunicazione di tipo
broadcast e narrowcast a un modello di tipo netcast (da molti a molti), del
passaggio quindi da un modello di comunicazione verticale e gerarchico ad
uno orizzontale, potenzialmente più democratico, in cui tende a sfumare sia la
condizione di passività del destinatario della comunicazione (finora mero
“spettatore”) sia la distinzione tra produttori e consumatori dell’informazione,
con il conseguente abbattimento dei tradizionali filtri operanti nel sistema dei
media. (Davis,1999; De Rosa,2000).
Era logico attendersi che le caratteristiche peculiari di questo nuovo mezzo di
comunicazione di massa e le potenzialità ad esso connesse, suscitassero
l’attenzione degli studiosi di scienze sociali e di teoria della politica, e che si
aprisse il dibattito sui possibili mutamenti indotti dall’attuale rivoluzione
tecnologica sui processi democratici interni alle moderne democrazie
occidentali. Secondo la Bentivegna(1999), “soprattutto l’opportunità di
stabilire rapporti diretti, privi di qualsiasi forma di mediazione ad opera di altri
soggetti, tra governanti e governati, ha dato vita alla creazione di due opposte
scuole di pensiero che hanno riprodotto la classica contrapposizione tra
apocalittici e integrati : i primi preoccupati di possibili derive plebiscitarie e
della irreversibile trasformazione della democrazia rappresentativa in
democrazia diretta; i secondi sostenitori della possibilità di rivitalizzare i
rapporti tra società politica e cittadini, colmando la distanza che si è venuta a
creare negli ultimi decenni. In entrambi i casi tuttavia, l’attenzione è stata
diretta su cosa “potrebbe avvenire” e non su cosa “sta avvenendo”. Questa
5
sorta di distorsione prospettica ha impedito, talvolta, di vedere la reale
applicazione delle nuove tecnologie, nonché il concreto contributo
eventualmente offerto alla dimensione politica”. (Bentivegna, 1999, p.9).
In quest’ottica, credo possa risultare interessante proporre un lavoro di ricerca
focalizzato su un’esperienza concreta, come quella rappresentata dall’iniziativa
del Partito radicale, che ha realizzato negli ultimi quattro mesi del 2000, quello
che è stato in assoluto il primo esperimento di elezione on-line di parte degli
organi dirigenti di un partito.
Gli spunti analitici offerti da un’operazione di questo tipo sono molteplici e
tutti di notevole rilevanza. Essi infatti, chiamano in causa il ruolo di Internet
nel delineare nuove forme organizzative e nuove logiche operative da parte dei
partiti politici, oltre a stimolare una riflessione sui potenziali cambiamenti
indotti dall’utilizzo della rete sulle forme attuali della comunicazione e della
socializzazione politica, ambiti che richiamano a loro volta quello della
formazione dell’opinione pubblica e quello della partecipazione politica.
L’esperienza radicale è stata analizzata alla luce di alcune teorie sull’impatto
politico-sociale delle nuove tecnologie di comunicazione, elaborate all’interno
della comunità scientifica internazionale. Si è anche tenuto conto di alcune
caratteristiche peculiari, storicamente rintracciabili nelle forme organizzative e
nelle modalità di lotta politica del Partito radicale, che aiutano a comprendere
perché i radicali sono stati il soggetto politico che in Italia, prima e con più
convinzione degli altri, ha creduto nelle potenzialità della rete come strumento
di democratizzazione e di azione politica.
Prima di iniziare ogni tipo di riflessione credo sia però opportuno fare alcune
precisazioni, in quanto un’analisi dell’impatto di Internet sui sistemi
democratici odierni che voglia essere rigorosa dal punto di vista scientifico e
significativa nelle sue conclusioni non può trascurare alcune questioni che si
pongono in via preliminare ad ogni attività di ricerca che verta su tale ambito.
6
Una di queste è rappresentata dall’oggettiva difficoltà nel mettere a punto dei
sistemi di monitoraggio e di misurazione che consentano un’accurata
descrizione statistica del fenomeno Internet. Risulta infatti impossibile
giungere a una determinazione certa del numero delle persone che sono
effettivamente on-line, a causa della difficoltà che si registra nel controllare in
modo puntuale tutti gli accessi alla rete. Dati univoci in tal senso non ce ne
sono, e per rendersene conto basta guardare le varie stime proposte dagli
istituti di ricerca e dagli osservatori di tutto il mondo
3
. L’unica certezza in
proposito è quella che la rete sta crescendo in maniera esponenziale. (De
Rosa,2000)
Inoltre anche il panorama tecnologico tende a mutare frequentemente, e con
esso le opportunità offerte e quindi le sperimentazioni avviate o possibili, con
ovvie conseguenze sul lavoro di ricerca volto a delineare e ad approfondire gli
effetti dell’evoluzione tecnologica sull’ambito genericamente definito come
“politico”
4
. Come avverte anche Davis quindi, “nessuno scenario concernente
Internet può considerarsi accurato”. (Davis, 1999, p.5)
Un'altra questione da chiarire è quella riguardante il significato da associare
alla parola democrazia. Ogni approfondimento su temi ad essa correlati si
complica infatti di fronte alla molteplicità dei contenuti e delle forme che il
governo del popolo può, nel concreto, assumere. Diversi sono stati nel corso
dei secoli gli approcci teorici adottati nel tentativo di definire, in maniera
sufficientemente condivisa, le caratteristiche essenziali del processo
democratico, ovviando a quello che si presenta come un problema definitorio
che può anche prestarsi a forzature e strumentalizzazioni.
Se da un lato si è giunti ad isolare diversi idealtipi di democrazia (quella
liberale, diretta, rappresentativa, ecc.), dall’altro si è cercato di individuare un
nucleo essenziale di principi e di diritti fondamentali, garantiti da apposite
procedure, il rispetto effettivo dei quali connota un regime realmente
democratico (il principio della sovranità popolare, il principio di separazione
7
dei poteri, la garanzia dei diritti fondamentali dell’individuo, ecc.). La
democrazia può dunque essere considerata come un ideale verso cui tendere,
come un processo di inclusione sociale sempre in atto, che può concretizzarsi
in forme più o meno compiute. Ed è già stato sottolineato come, in
quest’ottica, la rete tenda ad essere giudicata da molti un’opportunità unica per
la realizzazione di forme più avanzate di democrazia. (De Rosa,2000)
Volendo a questo punto procedere a una ricognizione dei principali approcci
teorici adottati da sociologi e politologi nell’analizzare l’impatto di Internet sui
diversi sistemi politici nazionali e sul loro tasso di democraticità, si può partire
proprio dalla contrapposizione segnalata dalla Bentivegna, la quale ha rilevato
l’esistenza di uno schema analitico consolidato, con la tendenza a dividersi tra
coloro che paventano rischi di scadimento verso forme degenerative di
populismo elettronico, e coloro che invece esaltano le potenzialità del web,
fino al punto di credere possibile la nascita di forme avanzate di democrazia
diretta.
L’avvento della rete infatti, sembra poter dare corpo alla previsione che
Marshall McLuhan
IV
faceva già nel 1964, quando ipotizzava che, con
l’incremento della velocità dell’informazione, la tendenza per la politica
sarebbe stata quella di allontanarsi dalla rappresentanza e dalla delega degli
elettori, per coinvolgere la comunità intera nell’atto principale della decisione.
Già prima dell’avvento di Internet del resto, non erano mancati gli esperimenti
volti ad approfondire le conseguenze dell’applicazione delle nuove tecnologie
di comunicazione sui processi decisionali interni ad una comunità democratica.
Tali esperimenti sono stati spesso condotti da veri e propri “attivisti” della
democrazia elettronica, ad esempio T.Becker
V
, responsabile nella prima metà
degli anni ’80 del progetto Haway Televote
5
e convinto assertore
IV
Citato in De Rosa (2000).
V
Citato in De Rosa (2000).
8
dell’opportunità di adottare, nell’era dei media elettronici, sistemi di voto
popolare diretto sulle politiche pubbliche.
Nella schiera dei critici convinti delle varie ipotesi di democrazia elettronica,
dove con tale espressione si volesse intendere il superamento delle tradizionali
forme di rappresentanza politica a vantaggio di un intervento diretto dei
cittadini in tutti i processi decisionali che li riguardano, può sicuramente essere
annoverato Sartori. La sua avversione nei confronti delle varie forme di
democrazia diretta non è legata a variabili dimensionali, cui Internet potrebbe
verosimilmente ovviare, ma alle controindicazioni insite in ogni ipotesi di
governo diretto del popolo. I rischi maggiori individuati da Sartori riguardano
soprattutto la tutela delle minoranze e la funzionalità stessa di un tale modello.
Lo studioso contesta quindi l’equazione “tecnologie più partecipazione uguale
maggiore democrazia”, poiché una tale semplificazione sembra oggi potersi
concretizzare solo in una sorta di democrazia referendaria, con i cittadini
chiamati ad esprimersi in tempo reale su ogni questione che li riguardi.
I problemi che si porrebbero sono molteplici e di non facile soluzione. Come
dovrebbe essere formata l’agenda referendaria? Come andrebbero formulati i
quesiti? Come si provvederebbe alla formazione dell’opinione pubblica sui
temi oggetto della decisione? Senza considerare il fatto che un processo di
questo tipo porterebbe fatalmente all’aumento della conflittualità sociale, per la
difficoltà di raggiungere mediazioni efficaci dei vari interessi coinvolti
6
.
(Sartori,1987;1997).
Anche la posizione di Marletti(1989) è critica nei confronti di chi, come ad
esempio Budge,
respinge tutte le critiche nei confronti della democrazia
diretta, giudicando che proprio grazie alle nuove forme di comunicazione
interattiva offerte dalle nuove tecnologie informatiche, non sia più
giustificabile il mantenimento della mediazione rappresentata dalle odierne
assemblee rappresentative. Tali assemblee potrebbero comunque continuare ad
esistere insieme ai partiti politici, riducendo però la loro funzione alla
9
formazione dell’agenda e alla formulazione delle alternative da sottoporre al
voto popolare (Budge,1989;1996)
VI
.
La principale critica mossa da Marletti riguarda la sottovalutazione del “fattore
tempo”, che è invece una dimensione essenziale nel processo di valutazione
delle diverse opzioni di voto, soprattutto quando queste implicano un giudizio
morale. Nessuna tecnologia può dunque, secondo lo studioso italiano,
abbreviare tale tempo. Nell’ottica di una maggiore partecipazione dei cittadini
al processo decisionale Marletti si sofferma invece sull’ipotesi di una
democrazia campionaria, concetto che si avvicina a quello di minipopulus
suggerito da Dahl e alla democrazia deliberativa di Fishkin
7
, dove è un
campione rappresentativo dell’intera popolazione che è chiamato ad esprimersi
su questioni di interesse generale. Tale proposta viene dunque a configurarsi
come una sorta di terza via a metà tra i modelli rappresentativi e quelli diretti,
attenuando i limiti insiti in ambedue i modelli. Va detto che secondo Marletti
uno slittamento verso tale modello sarebbe già in atto, visto il sempre maggior
peso che è attribuito dai media e dai partiti politici ai risultati dei sondaggi,
tanto che non manca chi parla a tal proposito, in termini dispregiativi, di
“sondocrazia” (Marletti,1989).
Merita di essere segnalata anche la posizione di Grossman che, in riferimento
all’esperienza americana, parla esplicitamente di “democrazia elettronica”, da
lui definita come “quel sistema democratico che sta incrementando
ampiamente l’influenza quotidiana delle persone sulle decisioni dello stato”
(Grossman, 1995, p.3).
La repubblica elettronica prefigurata da Grossman dovrebbe assumere in
prospettiva i caratteri di un ibrido politico, nel senso che i cittadini potranno
scegliere da chi essere governati ma anche partecipare attivamente
all’elaborazione delle leggi e delle politiche dello stato. Nel pensiero
VI
Citato in De Rosa (2000).
10
dell’autore americano quindi, grazie alle opportunità offerte dalle nuove
tecnologie di comunicazione, sarà possibile avere in qualche modo accesso al
potere ed incidere sulla sua struttura, arrivando a una forma di partecipazione
popolare al governo che sia realmente tale
8
.
Tutto ciò avrà chiaramente delle ripercussioni sul sistema di rappresentanza
classico, soprattutto sul sistema dei partiti che perderanno molte delle loro
ragioni d’essere. L’era della repubblica elettronica sarà quindi caratterizzata da
nuove procedure, nuove politiche e nuove istituzioni. Inoltre, sempre stando a
quanto asserisce Grossman, gli studi sulla politica e sul governo dovranno
modificare la loro impostazione, adottando un approccio di tipo bottom-up che
enfatizzi più gli aspetti legati alla qualità della cittadinanza che non quelli
connessi alla qualità della leadership politica (Grossman, 1995).
Forse è proprio quest’ultima notazione che riconduce tutto il dibattito al suo
punto focale. Se l’obiettivo da raggiungere è quello di una democrazia più
compiuta, sarebbe infatti semplicistico pensare che il problema si esaurisca
nello sviluppo delle nuove tecnologie di comunicazione e nella loro
applicazione al processo decisionale democratico. Un simile esito, oltre ad
apparire quasi scontato nel medio-lungo periodo, rimane comunque secondario
rispetto a una dimensione del problema che, oggi come ieri, risulta
fondamentale nel connotare positivamente o negativamente una democrazia.
È infatti la qualità della cittadinanza ad agire come variabile fondamentale in
tal senso, volendo indicare con tale espressione il livello di interesse, di
competenza e di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. È a questa
dimensione qualitativa che si richiama in ultima analisi anche Barber quando
delinea il suo modello di democrazia partecipativa, o strong democracy,
considerata la forma migliore in quanto garantita da cittadini competenti e
responsabili. Significative suonano in proposito le parole di Barber : “Una
grande dittatura richiede grandi leader. Democrazie efficaci hanno bisogno di
grandi cittadini. Noi siamo liberi solo se siamo cittadini e la nostra libertà e la
11
nostra uguaglianza durano fintanto che dura la nostra cittadinanza…Cittadini
sicuramente non si nasce ma si diventa come conseguenza dell’educazione
civica e dell’impegno politico in uno stato libero”. (Barber, 1994, p.17)
In tale ottica quindi, l’attenzione non dovrebbe essere posta sulla rete solo in
quanto strumento di interazione e di intervento diretto dei cittadini nei processi
decisionali, ma si dovrebbe guardare a Internet soprattutto come ad uno
strumento in grado di stimolare l’interesse nei confronti della vita politico-
istituzionale del proprio paese, incrementando di pari passo la partecipazione
attiva e il controllo dei cittadini sull’attività svolta dalla classe politica.
È per questo che nel concettualizzare una forma di democrazia elettronica,
sarebbe un errore associarla esclusivamente al superamento dei modelli
rappresentativi esistenti a vantaggio di forme di democrazia diretta. Una tale
espressione dovrebbe invece essere usata per connotare un sistema dove
l’accesso ai nuovi media dia origine all’acquisizione di un nuovo diritto, il
diritto alla cittadinanza elettronica appunto, il cui esercizio costituisca
un’opportunità per potenziare, in quantità e in qualità, l’agire partecipatorio dei
cittadini, riducendo almeno in parte il gap tra la società civile e la società
politica e favorendo il passaggio di settori sociali più ampi da una condizione
di cittadinanza passiva ad una di cittadinanza attiva, comunque all’interno
della tradizionale forma rappresentativa che caratterizza le democrazie attuali.
(Rodotà, 1997).
Questo tipo di approccio al web è anche quello che sembra ispirare, almeno in
parte, l’attività del Partito radicale che, soprattutto con il sito Radioradicale.it,
cerca di proporre l’idea di un sito di servizio per la cittadinanza, che dia
l’opportunità di conoscere i principali avvenimenti della vita politica,
istituzionale e giudiziaria del paese, presupposto imprescindibile per un
esercizio consapevole dei diritti politici garantiti dalla Costituzione. Si cerca
12
con Internet di continuare quanto già fatto con Radio Radicale, ma
chiaramente sfruttando le nuove, enormi potenzialità offerte dalla rete.
VII
In questo senso il ruolo del web dovrebbe essere quello di una nuova,
importantissima agenzia di socializzazione politica, con delle potenzialità e
delle attrattive maggiori rispetto a quelle dei media tradizionali.
Volendo ricorrere alla classificazione proposta da Almond e Verba
VIII
rispetto
ai diversi tipi di cultura politica esistenti, si potrebbe quindi dire che, per chi ha
una visione ottimistica riguardo all’impatto del web sui regimi democratici
contemporanei, le potenzialità della rete dovrebbero condurre al superamento
da parte di ampi settori della popolazione di una cultura politica di tipo
parrocchiale o di sudditanza, per giungere invece all’acquisizione di una
cultura di tipo partecipativo, caratterizzata da elevati livelli di consapevolezza,
di aspettative e di partecipazione politica.
Tali cambiamenti nella cultura politica della collettività, dovrebbero in teoria
avvenire non tanto o non solo perché Internet sta creando le condizioni
tecniche per un intervento diretto dei cittadini nei processi politici, ma
soprattutto perché la rete sembra poter rimuovere quegli ostacoli che oggi
impediscono l’accesso libero e universale a un numero rilevante di fonti
informative.
Come segnala Dahlgren infatti, la conoscenza completa dei fatti e degli atti
pubblici costituisce una delle quattro dimensioni fondamentali che
contribuiscono a formare la cultura civica di una nazione e, in quanto tale,
gioca un ruolo decisivo sulla consapevolezza dei cittadini e sulla loro
propensione ad un impegno attivo nella vita pubblica. (Dahlgren,2000).
Lo stesso Dahlgren fa però cenno al fatto che gli ostacoli alla diffusione di tale
conoscenza possono essere di varia natura, e che Internet può incidere
positivamente solo su quelli di natura tecnica ed economica, permanendo però
VII
A.Cuzzocrea, “In rete nel nome della libertà e della democrazia”, intervista a Rino Spampanato su Il ducato
on-line, (www.uniurb.it), Settembre 2000.
VIII
Citati in Rush (1994).
13
gli ostacoli che possono essere genericamente definiti di natura culturale, in
quanto le persone, oltre a manifestare la concreta volontà di accedere a tali
fonti una volta che queste siano disponibili, devono anche essere messe in
grado di comprendere e contestualizzare le informazioni che ricevono.
In definitiva il ruolo della rete può solo potenzialmente essere un ruolo
positivo, e a questo proposito in seno alla comunità scientifica internazionale
permangono dei dubbi sul fatto che i cambiamenti indotti dalla rete sul sistema
dell’informazione possano incidere positivamente sul livello della cultura e
della partecipazione politica di strati significativi della popolazione.
Bimber ad esempio, non crede a questa eventualità e segnala come
storicamente nella società americana, quella da lui presa in considerazione,
nessun cambiamento avvenuto nella struttura del sistema dell’informazione ha
sortito automaticamente degli effetti rilevanti in questo senso. In riferimento
alla situazione odierna, Bimber è quindi scettico sulla possibilità che le
trasformazioni in atto possano determinare cambiamenti significativi nella
cultura politica degli americani, pur se l’introduzione di sistemi di voto e di
registrazione via Internet dovrebbe in qualche modo contribuire ad innalzare di
qualche punto percentuale il livello della partecipazione elettorale. I
cambiamenti maggiori dovrebbero invece verificarsi, oltre che nella struttura
del sistema dei media, anche nelle modalità organizzative ed operative dei
soggetti politici. (Bimber,2000).
Quella di Bimber non è una posizione isolata nell’ambito accademico
americano e, man mano che si procede allo studio di quanto sta concretamente
avvenendo negli Stati Uniti, cresce lo scetticismo sulla possibilità di una
rivitalizzata partecipazione democratica sotto l’impulso delle nuove
opportunità offerte dal web. Secondo Davis ad esempio, non c’è finora alcuna
evidenza che ciò sta avvenendo, né che avverrà in futuro. “Lo scenario di un
elettorato attivo, informato, che reperisce informazione grazie al web e usa la
rete per dare espressione alle proprie istanze, è realistico solo se applicato a
14
quei gruppi e a quegli individui che sono già politicamente interessati ed attivi.
Per loro, le opportunità offerte da Internet sono realmente rivoluzionarie nel
permettere la raccolta di informazioni, l’interazione con i vari soggetti
pubblici, lo scambio di idee con altre persone e l’organizzazione della loro
attività. Ma la maggioranza che è meno interessata e coinvolta politicamente,
non viene automaticamente avvicinata alla vita politica attiva per il semplice
fatto che vi sia in corso una rivoluzione tecnologica”. (Davis, 1999, p.23)
Davis inoltre, riprendendo la tesi di Putnam, segnala anche alcuni rischi
potenziali che nel lungo periodo potrebbero accompagnarsi alla diffusione di
massa delle nuove tecnologie di comunicazione.
Putnam analizza infatti il continuo declino della cultura civica e il conseguente
decremento della partecipazione elettorale negli Stati Uniti, individuandone
una delle cause nella technological tranformation of leisure, ovvero nell’
impiego tecnologico del tempo libero. In pratica lo studioso statunitense
sostiene che lo sviluppo tecnologico starebbe portando alla privatizzazione e
alla individualizzazione del nostro tempo libero
9
, distruggendo molte
opportunità di formazione di capitale sociale e riducendo quindi l’interesse
verso la sfera pubblica, con tutte le conseguenze che ne derivano. L’abitazione
emergerebbe sempre più come centro della vita sociale e la sfera pubblica si
starebbe sempre più schiacciando su quella privata, venendosi a configurare
una sorta di secessione dalla società. (Putnam,1995).
Anche se l’osservazione di Putnam è riferita più che altro al ruolo della
televisione, lo stesso tipo di ragionamento è, secondo Davis, facilmente
estendibile anche ad Internet.
Le posizioni finora richiamate a proposito dell’esperienza americana,
sembrano essere valide anche in riferimento allo scenario italiano, dove
l’ingresso della politica nella rete non ha dato finora luogo a quelle
trasformazioni così profonde che erano state da alcuni ipotizzate. La distanza
tra la dimensione politica e i cittadini non sembra essersi ridotta, la
15
partecipazione alla vita politica è rimasta sostanzialmente stabile ed i rapporti
di scambio e di confronto tra i cittadini continuano ad essere di identica
intensità rispetto al passato. (Bentivegna, 1999).
Le cause di tutto ciò vengono dalla Bentivegna individuate sia nel contesto
esterno, ad esempio la scarsa ricettività nei confronti delle nuove tecnologie da
parte del mondo politico e il basso livello di alfabetizzazione informatica nel
nostro paese, sia in quegli stessi elementi che vengono considerati rilevanti
possibilità della rete ma che, nel contempo, possono trasformarsi nel loro
contrario. Considerando ad esempio l’enorme incremento dell’offerta
informativa a contenuto “politico” determinato dalla diffusione di Internet,
anche la Bentivegna segnala come tale maggiore disponibilità possa non sortire
alcun effetto positivo sul coinvolgimento dei cittadini-elettori, e in casi limite
addirittura acuirne il disinteresse e la distanza nei confronti del mondo
politico. Le sue considerazioni sono analoghe a quelle di Bimber e di
Dahlgren. Ottenere informazioni tramite la rete infatti, è un’operazione
piuttosto elaborata e costosa in termini di tempo e di impegno per il soggetto
che deve essere particolarmente motivato e capace di costruirsi un percorso di
ricerca, disponendo inoltre di una capacità di rielaborazione delle informazioni
molto limitata. A ciò va aggiunto anche il problema della verifica della
veridicità delle notizie, tanto più sentito in un contesto dove, al momento,
risulta più facile che altrove nascondersi dietro nomi e sigle fittizie.
Anche la conclusione cui giunge la Bentivegna è dunque che “l’utente nelle
condizioni migliori per sfruttare le potenzialità informative offerte dalla rete è
quello già caratterizzato da un forte interesse per la vita politica e per il suo
funzionamento”. (Bentivegna, 1999, p.29). Così come accade per gli altri new
media, si può quindi affermare che la rete non attiva nuovi interessi in soggetti
disinteressati, ma li rafforza in soggetti già interessati.(Graber, 1996).
IX
IX
Citato in Bentivegna (1999).