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Capitolo 1 – Il fenomeno migratorio
La migrazione è sempre stata una prerogativa degli esseri umani dalla
preistoria fino ad arrivare ai giorni nostri. Essa, infatti, rappresenta infatti un
importante processo evolutivo dell’umanità ed è sempre stato caratterizzato per lo
spostamento di popolazioni verso luoghi che offrivano maggiori aspettative di vita.
È proprio il fenomeno dell’immigrazione che ha consentito la sopravvivenza degli
agricoltori e dei cacciatori, l’espansione della specie in tutto il pianeta e in territori
disabitati e un’importante crescita dei commerci, fino ad arrivare alla seconda metà
dell’Ottocento, quando si assistette alla prima fase della globalizzazione dovuta ai
miglioramenti nel settore dei trasporti
2
.
L’avvento della società moderna favorisce l’incremento i mezzi, il
potenziamento delle tecniche e il rafforzo delle infrastrutture. Ciò ha portato
inesorabilmente alla nascita di sistemi migratori interni e internazionali che
contemporaneamente alla nascita di organizzazioni politiche con forma statuale,
ha suscitato il consolidamento di manovre destinate a preordinare e regolare i flussi
migratori.
Dalla Prima guerra mondiale ad oggi è aumentata l’intensità dei movimenti
e le conseguenti ripercussioni sulla società, coinvolgendo molti paesi dell’Unione
europea. Questo ha inevitabilmente portato alla luce alcune lacune politiche
insieme all’inefficacia dei sistemi globali nell’affrontare la situazione critica di cui
si sta parlando.
Anche se negli ultimi anni sono state messe in pratica politiche più restrittive
e selettive, il fenomeno migratorio viene ancora visto come un problema urgente,
alternato a conflitti d’interesse tra i paesi di provenienza, quelli di arrivo e quelli
dei veri protagonisti, i migranti.
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G. CECCATELLI, S. TIRINI, S. TUSINI, Atlante delle migrazioni. Dalle origini dell’uomo alle nuove pandemie, Bologna,
2020.
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Secondo le Nazioni Unite il termine “migrante” indica un individuo che: “si
è spostato in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel
paese da più di un anno.
3
”
Questa definizione introduce quattro elementi: la mobilità spaziale,
l’attraversamento di un confine nazionale e il trasferimento in un altro territorio, e
infine, un soggiorno prolungato nel nuovo paese che, per definizione, vale almeno
un anno. Dunque, l’immigrato non è un “turista casuale” ma una persona che si
stanzia stabilmente per almeno un anno in un determinato territorio. Di
conseguenza, si escludono quegli individui che si spostano per motivi di lavoro
stagionali o per un periodo di tempo limitato.
Le motivazioni che portano le persone a traferirsi dal proprio paese d’origine
sono molteplici, così come sono differenti le strade che i migranti scelgono di
percorrere nello sforzo d’inserirsi nel nuovo contesto sociale.
Un aspetto cruciale da tenere in considerazione è la formazione della propria
identità alla luce delle nuove condizioni di vita, che consiste nella sovrapposizione
di più elementi sia individuali che sociali. Essi vanno a infierire sui diversi percorsi
personali dei singoli migranti: il genere, le competenze sociali, le reti di
appartenenza, il controllo delle discriminazioni culturali tra i due paesi e la
reazione del paese ospitante rappresentano delle variabili da non sottovalutare
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.
3
MAURIZIO AMBROSINI, Migrazioni, Egea, 2019, p.11.
4
M. PELLERONE E V. SCHIMMENTI, Percorsi migratori e cambiamenti identitari nella sfida all’integrazione, Franco
Angeli, Milano, 2014.
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1.1 – Le cause delle migrazioni
L’evoluzione delle tecniche produttive e la formazione di forme sociali
sempre più complesse hanno portato allo sviluppo di flussi migratori in continua
rielaborazione, conseguenza di numerose regole e comportamenti dei vari soggetti
nei diversi contesti. Non esiste una teoria generalizzata delle migrazioni, di
conseguenza non è possibile impostare un modello ufficiale che abbia lo scopo di
prevedere e localizzare i movimenti nei loro tempi e direzioni.
Per comprendere meglio il processo migratorio occorre analizzarlo sotto due
diversi punti di vista: il primo è quello individuale, poiché spesso è considerato un
mezzo di evasione per le famiglie da un ambiente ostile oppure dovuto a ragioni
di promozione professionale; il secondo è di carattere collettivo, dal momento che
spesso aiuta ad attenuare gli squilibri demografici ed economici del mondo
odierno. Per questo, la motivazione a “migrare” appare essere un accostamento di
vari fattori collettivi e individuali, che sono variabili nel tempo e nello spazio
5
. Al
giorno d’oggi, non assistiamo più a un fenomeno di invasioni e conquiste, ma
abbiamo a che fare con uno spazio giuridicamente delimitato, all’interno della
quale gli spostamenti sono moderati mediante norme precise.
Le motivazioni principali che stanno alla base di un trasferimento verso un
altro territorio sono le seguenti:
• La propria posizione economica, familiare, sociale o politica nel paese di
origine che non appaga le proprie ambizioni;
• Situazioni di povertà e violenza nel paese di origine;
• Persecuzioni etniche, politiche o religiose;
• Per ragioni di crescita professionale.
Soffermandosi su quest’ultimo punto è importante accennare alla cosiddetta
“fuga di cervelli” che, al giorno d’oggi, rappresenta un grave problema. Questo
fenomeno consiste nel trasferimento di determinati soggetti in un paese diverso da
quello originario per ragioni di accrescimento professionale. Ciò si verifica quando
5
M. COLUCCI, storia dell’immigrazione straniera in Italia, dal 1945 ai giorni nostri, Roma, 2018.
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gli individui con un alto grado culturale e con particolare specializzazione,
soprattutto giovani neolaureati, decidono di cambiare paese di residenza,
solitamente dopo aver ricevuto un’offerta di stipendio più alto o condizioni di vita
migliori. È evidente che, per quanto riguarda l’Italia, stiamo assistendo solamente
a una fuga di cervelli (brein drain) e non a uno scambio di cervelli (brain
exchange) e che questo fenomeno sia in continua crescita.
Per analizzare questo tipo di migrazioni, ci si è sempre serviti di due teorie:
la teoria del capitale umano
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e l’approccio neo-marxista dei rapporti centro-
periferia. La prima indirizza le decisioni del processo migratorio verso le scelte
autonome degli individui razionali che si trasferiscono per trovare un più alto
livello di istruzione negli altri paesi. La seconda, invece, utilizza una visione
macro-sociale differenziando le nazioni industrializzate e sviluppate, che
rappresentano il centro, da quelle in via di sviluppo che fanno riferimento alla
periferia. La conseguenza di questo fenomeno è denominata standard view e indica
che le migrazioni qualificate sono formate da movimenti schematici dai luoghi più
arretrati a paesi più sviluppati, eseguiti da soggetti che cercano una situazione più
redditizia.
Il nostro paese si trova ad affrontare due grandi problemi: da una parte
l’aumento del livello di formazione del capitale umano in uscita che vede come
conseguenza la diminuzione della competitività nazionale; dall’altra, si assiste a
un’insufficiente competenza dell’Italia di allettare soggetti qualificati dagli altri
Stati. Di conseguenza, questi due elementi penalizzano sempre di più il Paese in
un ambiente sempre più competitivo.
Come abbiamo visto, i fattori che portano al trasferimento da un paese ad un
altro sono molteplici e vengono ricondotti a motivi sociopolitici (persecuzioni
etniche, religiose, politiche e culturali), condizioni economiche e demografiche o
semplicemente a ragioni ambientali (disastri naturali come terremoti, inondazioni
o uragani).
6
T. SCHULTZ, Investment in human capital : the role of education and of research, New York, 1971.
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Per quanto riguarda i fattoti sociopolitici, che incoraggiano le persone a
scappare dal proprio paese, possono essere ricondotti alla presenza di guerre o
conflitti nel luogo d’origine.
Una volta presa coscienza delle motivazioni di base, è importante sottolineare
ciò che accomuna l’esperienza di chi migra, nonché la rottura di un equilibrio
esistente che implica, allo stesso tempo, una dimensione di possibile crescita o di
possibile rischio. Vengono quindi messi in evidenza principalmente gli aspetti
problematici del fenomeno migratorio, che riguardano specialmente la fase
iniziale. Il trasferimento in un nuovo paese e il contatto con abitudini, stili di vita,
valori e lingue completamente differenti recano sempre condizioni di disagio.
Inoltre, l’allontanamento dai propri cari, dal proprio Paese e dai riferimenti iconici
consolidati porta a sentimenti di distacco e perdita che necessitano di un delicato
percorso di rafforzamento d’identità. Infatti, i disagi incontrati possono rafforzare
il senso d’identità dei soggetti o, al contrario, limitare la loro inventiva provocando
sentimenti d’impotenza, che portano il migrante a subire con passività gli
avvenimenti senza alcuna capacità di reazione.
Questo processo di rielaborazione personale e relazionale rispetto al nuovo
contesto di vita dipenderà dalla capacità di assestamento delle fratture e delle
incoerenze che il fenomeno migratorio porterà nella sua vita. Infatti, in mancanza
della cognizione di ciò che ha provocato la partenza, senza comprendere con quale
peso il trasferimento sia iniziato, è complicato capire la situazione collegata al
nuovo ambiente
7
.
7
E. SCISO, I flussi migratori e le sfide d’Europa, Bologna, 2020.
12
1.2 – I flussi migratori
Si inizia a parlare di vere e proprie migrazioni dal XIV secolo durante l’epoca
moderna, poiché dall’età preistorica in poi gli spostamenti interessavano solo
gruppi ristretti di persone che si dislocavano entro spazi circoscritti.
Nell’età moderna, infatti, vi erano due elementi che venivano sfruttati
soprattutto dalle comunità europee: le colonie e i nuovi mondi da esplorare e
popolare.
È importante accennare a quattro distinti flussi migratori: il primo va dal
Nord al Nord del mondo e coinvolge circa 50 milioni di persone, soprattutto
giovani che nei paesi di arrivo godono degli stessi diritti rispetto ai paesi da cui
provengono. In questo caso, solitamente, si parla di mobilità internazionale. È
importante sottolineare che grazie all’abolizione delle frontiere interne nell’area
Schengen si è venuto a creare un spazio di libera circolazione. Esso nacque nel
1985, con il provvedimento proposto da cinque Stati dell’Unione europea di
rimuovere i controlli alle frontiere interne. Dopo le terribili conseguenze delle due
guerre mondiali c’è voluto molto tempo per garantire sicurezza e riacquisire
fiducia da parte delle persone.
La creazione dell’area Schengen ha collaborato ad instaurare un clima di
serenità e collaborazione. Infatti, ad oggi, questo spazio ridimensiona l’Europa e
comprende 26 Stati europei più tre extra UE, che hanno deciso di abolire i controlli
alle frontiere contribuendo a creare un territorio dove è possibile circolare
liberamente
8
.
Il secondo flusso va dal Sud al Sud del mondo e riguarda circa 70 milioni di
persone. Si tratta di trasferimenti che generalmente sono più facili di quelli diretti
verso il Nord globale, ma, allo stesso tempo, danno accesso a pochi diritti (ad
esempio per quel che riguarda il ricongiungimento familiare).
Il terzo flusso riguarda circa 20 milioni di persone e consiste negli
spostamenti dal Nord al Sud del mondo. In questo caso, di rado si usa il termine
immigrazione. Solitamente si tratta di giovani alla ricerca di lavoro e opportunità
8
S. BONTEMPELLI, Fortezza Europa, Bologna, 2019.
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migliori o di anziani che desiderano trasferirsi in luoghi meno costosi per poter
sfruttare al meglio la pensione. Tutte queste persone raramente riscontrano
problemi all’ingresso del paese di arrivo poiché, grazie al passaporto conservano i
diritti sociali e politici di cui si avvalevano nel loro paese d’origine.
Altri 70 milioni sono i migranti che si spostano sull’asse Sud-Nord del mondo
(solitamente le persone che definiamo immigrati).
Essendo il fenomeno migratorio al centro del dibattito mediatico e politico,
attualmente si tende a considerare come principali rotte quelle Sud-Nord del globo.
Tuttavia, la questione è ben più complicata. Come si evince dal grafico sottostante
(figura 1), i dati raccolti dal Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari
Economici e Sociali mostrano che nel 2016 la percentuale di flussi migratori Sud-
Sud superava di circa 5 milioni quella Sud-Nord
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.
Figura 1: Movimenti migratori globali
10
.
L’immagine ideata dal World Economic Forum (figura n.2) mette in luce le
principali rotte migratorie del pianeta, raggruppando le zone e le regioni al cui
interno è concesso muoversi liberamente, superando i confini tra Stati, quali gran
9
Ibidem.
10
Department of Economic and Social Affairs, Trends in International Migrant Sotck: The 2016 Revision.
14
parte dell’America Latina e dell’Europa. A questo proposito, è interessante porre
l’attenzione su alcuni elementi. In primo luogo, si possono osservare le rotte
interne sia al continente asiatico sia a quello africano in cui si evidenziano una
moltitudine di spostamenti interni. Inoltre, si rileva la presenza di corridoi bilaterali
che riguardano soprattutto quei luoghi soggetti a particolari instabilità politiche,
come gli Stati Uniti e il Medio Oriente (in particolare Siria, Iraq, Turchia ed
Egitto).
Figura 2: movimenti migratori globali più significativi
11
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È importante mettere in evidenza l’alto numero di decessi che riguarda
l’Europa. Infatti, secondo i dati raccolti dal Missing Migrant Project promosso
dallo IOM (International Organization for Migration), gli spostamenti verso
questo continente apparirebbero essere quelli che registrano il più importante
numero di morti in tutto il mondo.
Secondo i dati pubblicati dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati nel 2014 si registrano 3.539 decessi dinanzi a 216.054 arrivi. Il 2015
registra 1.015.079 arrivi a fronte di 3.772 decessi; l’anno successivo il quadro è
11
World Economic Forum, Migration and Its Impacton Cities, pag. 23, Ottobre 2017.